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Tag: amicizia

Il principe felice 🤴

Un grande cuore può nascondersi ovunque, anche dentro una fredda statua di metallo.

Tutti possiamo fare molto per aiutare gli altri, e il racconto Il principe felice mostra che perfino una statua ci può riuscire grazie all’aiuto di un valido amico.

Questa fiaba originariamente scritta da Oscar Wilde, ci insegna che la cosa migliore che si possa fare è donare quanto si ha di più prezioso agli altri, così da essere amati e ricordati per sempre.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del principe felice!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il principe felice raccontata da Silvia!

Il principe felice 🤴 storia completa


C’era una volta un principe, ma non un principe qualunque, lui era un Principe felice.
Durante il suo regno ci fu pace e prosperità, tanto che alla sua morte tutta gli abitanti della città decisero di erigere in suo onore una statua tutta d’oro, con zaffiri per occhi e rubini sull’elsa della spada.
Così da quel giorno la statua del Principe felice fece sempre compagnia alla gente della città.

Ma passarono molti anni, talmente tanti che le persone quasi non si ricordavano più del perché quella statua si chiamasse “il Principe felice”.
Una sera di fine estate una rondine, che stava volando verso sud per passare l’inverno al caldo, decise di riposarsi ai piedi della statua.

– Qui troverò un po’ di riparo – pensò la rondine.
Stava per mettere la testolina sotto l’ala per dormire quando una goccia le cadde addosso. Guardò il cielo, ma lo vide tutto stellato e senza una nuvola.
– Che strana cosa, piove col cielo sereno – e rimise la testa sotto l’ala.
Ma un’altra goccia le cadde addosso, alzò la testa e non vide nulla di strano.
– Ma guarda te, questa statua non riesce a ripararmi nemmeno dalla pioggia, disse guardando verso il viso del principe felice, e fu allora che cadde un’altra goccia, proprio sulla sua testa.

La rondine capì: quelle non erano gocce di pioggia, erano lacrime che cadevano dagli occhi della statua. Spiccò il volo e andò a vedere meglio.
– Cosa ti succede statua, perché piangi? – chiese la rondine.
– Sono il Principe felice, e piango perché da qui posso vedere tutte le miserie del mio popolo, e il mio cuore anche se di piombo, è molto triste.

– Mi spiace molto – disse la rondine, colpita dall’espressione addolorata della statua.
– Cara rondine, tu potresti aiutarmi. Giù in quella casa c’è una donna molto povera, il suo lavoro di ricamatrice non le permette di guadagnare abbastanza soldi per curare il suo bambino malato. Le porteresti il rubino che ho incastonato nella spada? – disse il Principe felice.
– Ma io devo volare verso sud… – replicò la rondine.
Ma lo sguardo pieno di lacrime del principe la commosse.
– Va bene, solo per questa notte rimarrò qui e ti aiuterò.

La rondine prese il rubino e lo portò alla donna, e quando vide suo figlio a letto con la febbre alta si fermò un attimo sopra il suo viso a rinfrescarlo col suo battito d’ali.
Poi tornò dal Principe felice e riposò.
La sera seguente la rondine disse al principe che sarebbe partita.

– Rondine mia, resta ancora una notte. Vedo un giovane che è affamato e vive al freddo in quella casa, prendi uno degli zaffiri che mi fanno da occhi e portaglielo.
La rondine sul momento protestò, ma il principe insistette, e il buon cuore della rondine lo accontentò e portò lo zaffiro al giovane.
Il giorno dopo la rondine cercò di salutare il Principe, ma lui le chiese di rimanere un’ultima notte: c’era una piccola fiammiferaia da aiutare, non aveva venduto nemmeno un fiammifero, e di certo non avrebbe passato una bella notte se non avesse ricevuto aiuto.

– Portale l’altro zaffiro che ho per occhio – la disse il Principe felice.
– Ma così rimarrai cieco! – esclamò la rondine.
– Non importa.
Così la rondine prese lo zaffiro e lo portò alla piccola fiammiferaia, che non sapeva come ringraziarla dalla gioia.
La rondine tornò dal principe, e notò che il suo viso era più sereno. Ma ora era cieco e non poteva lasciarlo così da solo.

– Tu ora non puoi più vedere la gente della tua città… rimarrò io al tuo fianco, e sarò i tuoi occhi – gli disse.
– Ma rondine mia, tu devi andare al caldo verso sud!
Ma la rondine non volle lasciarlo e iniziò a volare per tutta la città e raccontargli tutto quello che vedeva. Quando incontrava un mendicante, un povero o un bisognoso, prendeva una fogliolina d’oro dal corpo della statua del Principe felice e andava a portargliela.

Finché la statua del Principe felice divenne tutta grigia e spoglia, senza più neanche una fogliolina d’oro sopra.
Ma nonostante questo, ora gli abitanti della città erano tutti un po’ più felici.
Finalmente sul viso del Principe c’era un gran sorriso, e la rondine non smise mai di fargli compagnia.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il primo albero di Natale 🎄

Tanto tempo fa non c’erano gli alberi di Natale perchè nessuno li aveva ancora inventati! Ma chi sarà mai stato quindi ad avere questa splendida idea?!

Questa simpatica fiaba risponde in modo semplice e allegro a questa domanda; è stata ripresa da una leggenda nordica che noi di fabulinis abbiamo pensato di riscrivere usando un po’ di immaginazione.

Ecco allora una storia natalizia, adatta a questo periodo dell’anno in cui i bambini sognano e sperano di vedere realizzare i loro desideri.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del primo albero di Natale!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il primo albero di Natale raccontata da Silvia!

Il primo albero di Natale 🎄 racconto completo


La vigilia di Natale, nel tardo pomeriggio, Babbo Natale camminava nel bosco col suo sacco in spalla, tutto nervoso…
Tra poco sarebbe dovuto partire con la sua slitta per portare i doni ai bambini di tutto il mondo, ma un pensiero lo tormentava.
Rifletteva su come lo spirito del Natale fosse cambiato negli ultimi anni.

Certo, i bambini erano felici di ricevere giocattoli e dolci, ma lui avrebbe voluto che cantassero e ballassero con le loro famiglie per festeggiare il Natale, cosa che purtroppo ormai accadeva sempre più raramente.
Avrebbe voluto riportare di nuovo tutta questa gioia ai bambini, ma non gli era venuta nessuna bella idea.
“Adesso ne parlerò con il mio aiutante Gimpy.” pensò. “Dobbiamo incontrarci per organizzare la distribuzione dei regali, magari insieme riusciamo a trovare una soluzione anche per questa cosa.”

Gimpy stava già aspettando Babbo Natale nella casetta in mezzo al bosco da dove partivano tutti i regali. Appena vide Babbo Natale gli corse incontro, ma si fermò, vedendolo così cupo.
– Cosa succede, Babbo Natale? Non sei pronto per andare a portare i regali ai bambini?-
– Non lo so – rispose Babbo Natale. – Quest’anno mi sento tanto stanco, forse è successo qualcosa che mi ha fatto perdere l’entusiasmo. Cibo e giocattoli vanno bene, ma bisognerebbe trovare un’idea nuova per rendere davvero felici le persone, per farle di nuovo cantare e ridere di gioia…

– Ci avevo pensato anch’io sai, ma non è così facile – disse Gimpy pensieroso.
– Lo so – continuò Babbo Natale, – E io ormai sono troppo vecchio. A forza di pensare ad inventare qualcosa, mi è perfino venuto mal di testa. Se si va avanti così, rischiamo che il Natale diventi una festa come tutte le altre, e questo mi renderebbe davvero molto triste.

Nel frattempo era arrivata la sera. La luna ormai saliva in cielo e il tempo iniziava a stringere, perciò decisero di fare una passeggiata: camminare nel bosco li avrebbe forse aiutati a trovare un po’ di ispirazione.
Cammina cammina, giunsero ad una grande radura circondata da piccoli e grandi abeti. Era un posto bellissimo. La neve brillava sui rami degli alberi e, sotto la luce della luna, sembrava fatta d’argento.
Gli abeti scuri per la notte e bianchi per la neve formavano un paesaggio incantato.

Rimasero però colpiti da un abete in particolare: aveva dei ghiaccioli che penzolavano dalla punta dei rami e che scintillavano per i riflessi di luce. Non avevano mai visto niente di simile.
Gimpy si avvicinò a quell’abete ed esclamò: – Che meraviglia! Babbo Natale, non è bellissimo quest’albero?
– Sì, davvero… – rispose Babbo Natale.

Erano lì incantati a guardarlo, quando Gimpy all’improvviso disse – Dammi delle mele!
– Mele? – chiese meravigliato Babbo Natale
– Su, veloce, ho avuto un’idea. Dobbiamo legarle con delle cordicelle in modo da poterle appendere all’abete.

Babbo Natale era molto perplesso, ma iniziò a cercare nel suo grande sacco e trovò sia delle mele che un po’ di corda.
Fabbricò dei piccoli lacci con la corda e, dopo averci legato le mele, le diede a Gimpy. L’elfo le prese, le lucidò bene fino a farle diventare di un rosso acceso e le appese all’albero. Quando finì sorrise soddisfatto.
– Già che ci siamo, attacchiamoci anche delle noci – continuò Gimpy.
Babbo Natale era sempre più confuso, non riusciva a capire dove l’elfo volesse andare a parare. Ma lo vedeva così deciso che non replicò.

Gimpy sfregò le noci su un panno speciale che portava sempre con sé, così da farle diventare dorate.
Quando ebbero finito, Gimpy chiese ancora: – Per caso nel tuo sacco hai delle luci, Babbo Natale?
– Purtroppo no, ma ho delle candeline, e dei fiammiferi per accenderle.
– Perfetto! – gridò Gimpy con gioia. Così presero anche tutte le candeline e le misero sui rami dell’abete e sulla sua cima. Poi le accesero.

Lo spettacolo era meraviglioso.

Nel buio, questo piccolo albero brillava come una stella, le mele mandavano riflessi rossi e le noci lo facevano splendere come se fosse d’oro. Gimpy batteva le mani e rideva felice, mentre Babbo Natale non era più arrabbiato.
Gimpy, serio ma felice, guardò Babbo Natale e disse – Ora portiamo l’albero giù in paese così com’è.
Così fecero. Giunsero in paese a notte fonda, quando tutti ancora dormivano. Gimpy indicò la porta della casa più povera del villaggio, la aprì piano e aiutò Babbo Natale a portare dentro l’abete.

Lo sistemarono in mezzo al salotto e Babbo Natale ci lasciò sotto anche un sacco di belle cose: dolci, giochi, mele e noci. Poi, sempre in silenzio, andarono via.
La mattina dopo, il più piccolo dei bambini che abitavano in quella casa si alzò per primo e, come sempre, andò in salotto.
Immaginate quanto grande fu lo stupore nel vedere lo spettacolo dell’albero addobbato!

Corse subito a svegliare mamma, papà e i fratelli, e tutti, sbalorditi per quella meravigliosa sorpresa, cominciarono a ballare e cantare intorno all’albero tenendosi per mano.
La gioia era talmente grande che non guardarono nemmeno i regali: l’albero era il vero dono per tutti.
I vicini, sentendo tutto quel cantare, corsero a vedere e a poco a poco tutto il paese si riversò in quella casa.

Rimasero tutti incantati e volevano tutti un abete così in casa loro!
Andarono nel bosco a prendere un abete e lo addobbarono con mele, noci e luci, proprio come quello fatto da Babbo Natale e Gimpy.
Quando fu sera, in ogni casa si poteva vedere brillare un albero e si potevano sentire canti di Natale.

Nel giro di pochi anni tutte le famiglie del mondo iniziarono ad addobbare un abete per Natale.
Ma la cosa più importante era che Babbo Natale era riuscito a rendere unica e indimenticabile la festa del Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Lo scherzetto della strega Greta 🎃

Chi la fa l’aspetti, dice il proverbio… infatti Adele insieme ai suoi amici (ed anche ad una simpatica zia strega…) riuscirà a dare una bella lezione a chi si prende gioco dei bambini.

Halloween è una tradizione che ormai conosciamo bene anche in Italia, e “Dolcetto o scherzetto” è una frase familiare a tutti. Così noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia tutta nostra, simpatica ed adatta a tutti i bambini.

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della strega Greta!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare lo scherzetto della strega Greta raccontata da Silvia!

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Lo scherzetto della strega Greta 🎃


Nella notte di Halloween, una strega pazzerella volava sulla sua scopa sopra i tetti del paese.

Greta, questo era il suo nome, stava andando dalle sue amiche, e siccome era in gran ritardo, volava via talmente veloce che perfino i gatti neri avevano paura di lei.
Lei e le altre sue compari avrebbero fatto grande festa, perché quella era la notte di Halloween, la notte delle streghe!

Vola sopra un tetto, vola attorno ad un campanile, vola dentro un vicolo, ecco che per la strada vide una compagnia di bambini tutti mascherati.
Erano tutti bimbi che andavano di casa in casa a chiedere “dolcetto o scherzetto”, per riempirsi le tasche di caramelle.
Incuriosita, Greta si fermò dietro ad un albero a guardare la scena. Dovete sapere che anche lei aveva una nipotina grande come loro. Si chiamava Adele ed era tanto simpatica.

I bimbi stavano bussando ad una grande porta di legno, e dopo poco uscì un uomo grande e grosso, con la barba lunga così.
Quando l’uomo si sentì chiedere “dolcetto o scherzetto”, fece una grossa risata. I bambini porsero comunque i loro sacchettini per raccogliere le caramelle, ma quel cattivone grande e grosso ci mise dentro solo dei piccoli pezzi di pane raffermo. Dopodiché chiuse loro la porta in faccia, ridendo sonoramente.

I bambini ci rimasero molto male, i più piccoli di loro avevano le lacrimone agli occhi. Non si aspettavano una cattiveria simile.
La strega Greta, dopo aver visto tutta quella brutta scena, decise che quell’omone si meritava una bella lezione.

Con due parole magiche si trasformò in una bambina travestita da piccola strega, e si avvicinò alla compagnia di bimbi.
– Ciao bambini, io mi chiamo Greta!
I bimbi, ancora un po’ tristi per l’accaduto, la guardarono chiedendosi da dove saltasse fuori.
– Ho visto tutta la scena – continuò Greta – e penso che quel cattivone grande e grosso si meriti una bella lezione!
Gli occhi dei bimbi più grandi si ravvivarono subito – Quella bimba ha ragione! – disse uno di loro, e corsero tutti incontro a Greta.
– Guardate qui – disse Greta.

Dalla sua borsa tirò fuori una boccetta color giallo fosforescente, versò un paio di gocce su una zucca intagliata che stava lì vicino, e… magia! La zucca iniziò a fare delle facce bruttissime!
Alcuni bimbi furono molto impressionati da quella magia e stavano per mettersi a piangere dalla paura.
– Non temete, questa zucca adesso andrà a far morire di paura quel cattivone!
– Siiiii! – gridarono insieme tutti i bambini.

Mentre la zucca piano piano si avviava verso la porta della casa, Greta versò un altro paio di gocce su un grande lenzuolo, su un secchio di latte ed infine su un rastrello.
Ed ecco che una piccola squadra di oggetti fluttuanti nell’aria stava per bussare alla porta della casa.
Greta e tutti i bambini, intanto, si erano nascosti dietro ad un muretto, per gustarsi la scena.
Quando finalmente il rastrello bussò alla porta, da dentro la casa si sentì una grossa risata, e poco dopo l’omone grande e grosso aprì la porta.

Immaginate che spavento quando di fronte a sé trovò una zucca intagliata che fluttuava a mezz’aria, un lenzuolo che sembrava un fantasma e un rastrello ed un secchio che sbattevano tra di loro, facendo un gran fracasso!
L’uomo, per quanto fosse grande e grosso, non riuscì nemmeno a gridare per la paura, e corse via dentro casa.
Ma la zucca, il lenzuolo, il rastrello e il secchio lo inseguirono ululando per tutte le stanze.

Il pover’uomo correva da una stanza all’altra terrorizzato, gridando:
– Scusate! Scusate! Ho capito, sono stato cattivo! Scusate!
Finché non andò in cucina, aprì la dispensa, prese tutti i dolci che aveva e li portò fuori ai bambini.
– Scusatemi bambini, scusatemi! Sono stato cattivo! Eccovi tutti i miei dolci!

I bambini, vedendo l’omone portare fuori tutti quei dolci, scattarono da dietro il muretto e corsero a prenderli. Ma non li presero tutti, ne lasciarono un poco anche all’uomo grande e grosso, perché così anche lui poteva festeggiare la notte delle streghe!
L’omone promise che l’anno successivo li avrebbe aspettati con ancora più dolci e caramelle, e i bambini tutti contenti poterono finalmente andare a bussare alla porta della casa vicina.

“Dolcetto o scherzetto?”

Nella confusione e felicità generale, i bambini non si erano accorti che Greta era sparita in groppa alla sua scopa, riprendendo il suo normale aspetto.
Meglio così. Per la strega Greta quello che davvero era importante era il sorriso di quei bambini in festa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il viandante 🚶

Le fiabe popolari sono piene di spunti e insegnano, tra le altre cose, ad aguzzare l’ingegno per riuscire a cavarsela in ogni situazione.

Il viandante è una rielaborazione dell’antica fiaba “La minestra di sassi” che noi di fabulinis abbiamo riscritto con la nostra fantasia. E’ una fiaba che fa capire cosa significa la condivisione: infatti, se si condivide ciò che si ha, alla fine si è tutti più felici.

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Il viandante 🚶 storia completa


C’era una volta un viandante che camminava per i boschi. Quel sentiero lo avrebbe riportato a casa dopo tanti anni trascorsi viaggiando.
Era sera e la stanchezza iniziava a farsi sentire. “Meglio cercare un posto dove poter fermarsi a riposare e mangiare qualcosa” pensò, ma di taverne o locande non ce n’era nemmeno l’ombra.
Finché, cammina cammina, vide una casetta con le luci accese. Si avvicinò: dentro c’era un bel fuocherello che ardeva scoppiettante. Bussò quindi alla porta.

Arrivò ad aprire una vecchietta che lo squadrò dalla testa ai piedi.
– Buonasera – disse il viandante.
– Cosa vuoi da me?! – rispose burbera la vecchietta.
– Cerco solo un po’ di caldo ed un riparo per la notte.

– Questa non è una locanda! E io non ospito estranei! – rispose ancora più arrabbiata la vecchietta.
– Non essere così scontrosa, mia signora, non pensi che sarebbe un mondo migliore se ci aiutassimo l’un con l’altro?
– Ah si? E chi aiuterà me? Io non ho nulla da darti, nemmeno un tozzo di pane…
– Mi basta poter dormire sotto un tetto, non chiedo altro…

Dopo un po’ di insistenza, finalmente, la vecchietta lo fece entrare. Quando fu dentro casa, il viandante si guardò attorno: la casa era pulita, ben tenuta e con dei bei mobili e lui si accorse che la vecchietta proprio povera non doveva essere. Così le domandò:
– Mia signora, lo so che ho chiesto solo un letto per dormire, ma possibile che non ci sia proprio nulla da mettere sotto i denti?
– Non ho da mangiare nemmeno per me, figurati se ho qualcosa da darti…

– Mi spiace molto per te, comunque se tu non hai nulla da dare a me, forse ho io qualcosa da dare a te.
La vecchietta lo guardò con aria interrogativa, così il viandante continuò.
– Viaggiando ho imparato alcuni trucchetti per preparare delle gustose zuppe usando solo alcuni sassi.
– Solo dei sassi? – chiese meravigliata la vecchietta.

– Certo, mi basta solo una pentola piena d’acqua e un mestolo, poi al resto ci penso io.
La vecchietta incuriosita corse a prendere la pentola, la riempì d’acqua e la mise sul fuoco.
A quel punto il viandante tirò fuori dalla tasca alcuni sassolini bianchi tutti lisci e tondi, li buttò nell’acqua della pentola e cominciò a mescolare.

La vecchietta guardava prima il viandante e poi la pentola curiosa e incredula.
– Sono proprio curiosa di vedere come fai a fare una zuppa con solo dei sassi – disse.
Il viandante sorrise continuando a mescolare – sassi di questa qualità fanno ottime zuppe, solo che stavolta non sono sicuro del risultato – disse con un’aria preoccupata – sai, li ho usati molte volte nei miei viaggi e penso che ormai non diano più il sapore di una volta… se avessi solo una tazza d’orzo per rendere più densa la zuppa…

– Ora che ci penso forse un po’ di orzo dovrei averlo – la vecchietta si alzò, andò alla dispensa e tornò con una tazza piena d’orzo, che il viandante versò nella pentola continuando a mescolare.
La vecchietta era sempre più incuriosita.

– Se avessimo anche qualche patata e qualche carota, questa zuppa uscirebbe veramente buona… ma inutile pensarci – continuò il viandante.
– Forse qualcosa in cantina dovrei avere – disse la vecchietta, che si alzò e tornò con alcune patate, delle carote e anche una cipolla.

Il viandante le buttò in pentola e continuò a mischiare – questa zuppa sarà proprio buona – disse – se ci fosse anche un pochino di carne avremmo un patto degno di una regina!
– Degno di una regina? – esclamò la vecchietta, che subito corse in dispensa e tornò con un bel pezzettino di carne tagliato a cubetti.
Il viandante prese e buttò nella pentola continuando a mescolare. Dopo un po’ disse che la zuppa era pronta, tolse i sassolini dalla pentola, e i due si misero a mangiare.

Fu una cena squisita, una delle migliori che la vecchietta avesse mai fatto.
– No avrei mai pensato che da dei semplici sassolini potesse uscire una zuppa così buona! – esclamò alla fine la vecchietta.
Poco dopo andarono a dormire, entrambi passarono un’ottima notte, e al mattino il viandante trovò pure la colazione pronta!

Quando fu il momento di salutarsi, la vecchietta lo ringraziò immensamente per averle confidato il segreto della zuppa coi sassi.
Il viandante sorrise e le disse:
– Basta avere qualcosa per darle un po’ di gusto!
E si incamminò per il sentiero che lo avrebbe riportato a casa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Lo zucchero filato 🍭


Chi troppo vuole nulla stringe, dice il proverbio

Se potessi esprimere un desiderio chiederei… dello zucchero filato! Ma non ditelo ad Alfio…

Alfio, baciato dalla fortuna di incontrare una fata che gli regalerà tre desideri, capirà presto come la vera felicità sia fatta di piccoli gesti fatti col cuore.

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Lo zucchero filato 🍭 storia completa


C’era una volta Alfio, un bimbo curioso e un po’ monello, che un giorno stava gironzolando per il boschetto dietro casa.
Era alla ricerca di nuovi sassolini per la sua collezione, quando ad un tratto sentì una vocina che chiedeva aiuto.
Alfio drizzò le orecchie ma non riusciva a capire da dove provenisse quella vocina.

– Devi guardare più in basso! E stai attento a non calpestarmi! – disse la vocina
Alfio, che fino a quel momento stava cercando tra gli arbusti e sui rami degli alberi, abbassò lo sguardo, e quello che vide lo colse di sorpresa.
C’era una piccola fata che aveva un piede bloccato sotto un ramoscello. Per lei era come fosse un tronco, e non riusciva più a volare.

Alfio si chinò per vedere meglio, non aveva mai visto una fata prima di allora, ne aveva sentito parlare solo nelle fiabe.
– Aiutami bimbo, e ti sarò riconoscente – disse la fata.
Senza pensarci Alfio prese il ramoscello e lo scostò, lasciando così finalmente libera la fata.
– Grazie mille bimbo mio, per sdebitarmi ti farò un dono. La persona a cui vuoi bene potrà esprimere tre desideri e vederli realizzati.
– Grazie mille signora fata!
La fata sorrise e sparì volando via nel bosco.

Alfio, tutto contento, corse verso casa, dove incontrò Serena, la sua inseparabile amica che abitava lì vicino.
– Serena, Serena! Non sai cosa mi è capitato!
Serena lo guardò stupita e chiese:
– E cosa ti è capitato Alfio?
– Ero nel boschetto qua dietro e ho incontrato una fata con un piede bloccato da un ramoscello. Io l’ho liberata ed in cambio lei ha promesso che realizzerà tre desideri di una persona a cui voglio bene!

– Ma è bellissimo! – esclamò Serena – chissà cosa desidererà quella persona… se fossi io adesso vorrei un sacco di zucchero filato!
E come per magia Serena si ritrovò in mano uno stecco con una montagna di zucchero filato sopra.
Alfio, come anche Serena, rimase sbalordito.

– Ma no Serena! Hai sprecato uno dei desideri per dello zucchero filato! Potevi almeno chiedere una cassa di cioccolato!
E arrabbiato come non mai Alfio cercò di strappare lo zucchero filato di mano a Serena, ma per la foga inciampò e si ritrovò per terra con tutto lo zucchero filato tra i capelli.

– Ecco così impari a fare il monello, adesso hai tutto lo zucchero filato appiccicato ai capelli e non si può più mangiare! Ti meriteresti solo zucchero filato al posto dei capelli per punizione!
E come per magia i capelli di Alfio si trasformarono tutti in zucchero filato!
Serena, sempre più stupita e meravigliate, non perse l’occasione: prese una ciocca di zucchero filato e se lo mangiò.

– Ahi! – gridò Alfio – Mi strappi i capelli!
– Ti ho solo strappato dello zucchero filato… ed è pure buono! – si mise a ridere Serena.
– Noo che vergogna! Non posso rimanere così, chissà come mi sgriderà la mamma!
Serena intanto cercava di avvicinarsi per prendere un altro po’ di zucchero filato, ma Alfio scappava.

– Ti prego Serena fammi tornare i capelli come prima!
– Ma così sprechiamo l’ultimo desiderio!
– Ti prego Serena… – Alfio stava per mettersi a piangere.
– E va bene, però mi prometti che dopo mi compri dello zucchero filato!?
Alfio fece di si con la testa.

– Allora, vorrei che ti tornassero i capelli come prima!
E come per magia ad Alfio tornarono tutti i capelli.
Alfio capì che aveva sbagliato a comportarsi così con Serena. Lei desiderava del semplice zucchero filato, e quello le bastava per essere felice.
Così corse in casa a prendere i soldini e poi, mano nella mano, andarono al mercato a prendere lo zucchero filato.

⚜ Fine della fiaba ⚜

La fata del lago ⭐

Le fate sono creature magiche che hanno il potere di rendere felici le persone.

La nostra fata allieta le giornate della valle con il canto della sua voce.

Ma un giorno il canto della fata sparisce! Tutto diventa più difficile, e tutte le persone della valle iniziano a sentirsi sempre più tristi…

Ma la nostra fata saprà far ritornare il sorriso ed il buonumore a tutti.

Questa fiaba è tratta da un racconto popolare originario della Val d’Aosta, buon divertimento!

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La fata del lago ⭐ storia completa


C’era una volta un lago dove, nascosta dentro una grotta, viveva una splendida fata.
Nessuno degli abitanti della valle però l’aveva mai vista, perché era abilissima a nascondersi e se necessario a trasformarsi in qualche animaletto per sfuggire dalle persone.
Tutti però l’avevano sentita cantare, la sua voce era così bella e armoniosa che, anche le più dure giornate di lavoro, sembravano più leggere ascoltandola.

Un giorno due piccoli pastorelli che stavano controllando le loro pecore, sentirono la voce della fata cantare. Era così vicina che i due si nascosero dietro un albero per paura di essere visti, ed infatti dopo un attimo comparve nel prato la bellissima fata dai capelli color blu come il mare.
Il più piccolo dei due esclamò:
– E’ la fata del lago!

Il più grande non fece in tempo a tappargli la bocca che la fata si girò verso di loro, sorpresa.
La fata, a questo punto fuggì via veloce e si rifugiò dentro al bosco.
I due pastorelli cercarono invano di rincorrerla, ma lei fu troppo veloce e dopo poco non riescirono più a vederla, era sparita.
I due tornarono a casa di corsa, volevano raccontare a tutti dell’incontro con la fata, ma appena entrarono in casa sentirono il papà che diceva alla mamma:

– Oggi ad un certo punto la fata del lago ha smesso di cantare… non l’abbiamo più sentita, arrivare a fine giornata senza il suo canto è proprio dura…
I due pastorelli si guardarono i faccia, forse la fata aveva smesso di cantare proprio per colpa loro, pensarono entrambi, e se ne stettero zitti zitti.

E infatti da quel giorno la fata non cantò più, e tutti gli abitanti della valle si sentivano sempre più tristi e stanchi dal duro lavoro.
Il canto della fata mancava a tutti.
I due pastorelli pensarono di averla combinata proprio grossa, e decisero di rimediare.

Si misero a cercare la grotta della fata per tutto il lago, finché un giorno mentre ne stavano esplorando una, sentirono dei singhiozzi di pianto provenire dal fondo.
– Signora fata del lago? – disse il più grandicello dei due pastorelli.
– Non avvicinatevi! Cosa volete da me?! – rispose piangendo la fata.
– Volevamo solo scusarci per l’altra volta, non era nostra intenzione farle prendere paura…

– Non ho preso paura… è solo che voi mi avete vista!
– Ci scusi se l’abbiamo vista, eravamo solo curiosi e…
– Ma perché non vuole essere vista? Lei è così bella! – interruppe il pastorello più piccolo.
– Non è vero! – rispose la fata, piangendo ancora di più – sono orribile!
I due pastorelli si guardarono in faccia meravigliati.

– No, no signora fata, lei è proprio bella! – continuò il più piccolo.
– Come fai a dire che sono bella con questi orribili capelli blu! Tutte le altre fate hanno i capelli color dell’oro, io invece ho i capelli color del mare… – e scoppiò in un altro pianto.
I due pastorelli rimasero ammutoliti per quella strana spiegazione. Per loro due la fata era la donna più bella che avessero mai visto.

– Mi creda signora fata che per noi lei è bellissima… e poi la sua voce lo è ancora di più, da quando non la sentiamo più cantare, tutti gli abitanti della valle sono più tristi…
La fata pian piano smise di piangere.
– Davvero senza il mio canto tutti gli abitanti della valle sono più tristi?
I due pastorelli annuirono con forza.

La fata stette un attimo in silenzio.
– E davvero nonostante i miei capelli color del mare voi pensate che io sia bella?
I due pastorelli annuirono con ancor più forza.
La fata li guardò negli occhi, non mentivano.
– Se promettete di non dire a nessuno dove sta la mia grotta, tornerò a cantare per tutti gli abitanti della valle.
– Promettiamo! – dissero in coro i due pastorelli.

La fata sorrise, e i due pastorelli pieni di felicità e orgoglio per aver risolto la questione, si misero a saltare e gridare di gioia.
I due salutarono la fata e corsero subito verso casa, e già dopo pochi passi, sentirono alle loro spalle la meravigliosa voce della fata riprendere a cantare.

Tutti gli abitanti della valle, sentendo di nuovo il canto della fata, si fermarono ad ascoltare incantati. Di colpo erano di nuovo tutti felici, e quella sera stessa fecero una gran festa in onore della fata, con canti balli e un gran banchetto.
E i due pastorelli erano i bimbi più felici di tutti.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Lola e Margherita 🌼


Lola è triste ma la sua nuova amica Margherita sa come fare per farla tornare felice!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Ascolta qui l’audiofiaba della storia del signor tempo:

Lola e Margherita 🌼


C’era un sole meraviglioso e caldo quella mattina, si sentivano voci di bambini e mamme allegre. Margherita uscì nel bosco.
Dovete sapere che Margherita era un fiore speciale. Non era una una normale margherita con i petali bianchi, i suoi petali erano tutti colorati ed erano magici. La sua mamma le aveva infatti appena confidato che dai suoi petali Margherita poteva sprigionare una polvere magica per attirare l’attenzione dei bambini che incontrava e, parlando con loro, avrebbe potuto rallegrarli se erano tristi. Margherita non vedeva l’ora di provare!

C’era tranquillità nell’aria, una tranquillità che contagiò anche Margherita fino a che, però, vide una bimba un po’ triste che camminava. Aveva una bella maglia verde, pantaloni rosa, uno zaino tutto colorato e un paio d’occhiali verdi proprio come la sua maglietta. Margherita continuando ad osservarla pensò, tra sé e sé, che magari quella bambina così carina era un po’ triste perchè non aveva molta voglia di andare a scuola. Così decise che avrebbe aspettato prima di parlare con lei.

Passarono un po’ di giorni ed ecco che si ritrovò la stessa bimba davanti agli occhi ed era ancora triste.
Margherita pensò alle parole che le aveva detto la sua mamma e decise di far uscire la polverina magica. Incrociò subito lo sguardo della bimba. Lei incuriosita cercò di capire da dove venissero tutti quei puntini luminosi. Si guardò intorno e vide questo fiore bellissimo, tutto colorato, un po’ come i suoi vestiti. Decise di avvicinarsi per toccarlo e così “MAGIA!” il fiore iniziò a parlare.”Buongiorno bambina io mi chiamo Margherita e tu?”

“Ciao io sono Lola” rispose la bambina che non credeva ai suoi occhi
“Si lo so i fiori non parlano! Posso farti una domanda? Perchè la mattina vai a scuola sempre triste?”
“Odio i miei occhiali! Le altre bambine sono così belle senza!” Margherita si avvicinò a Lola e l’abbracciò forte, poi disse “Secondo me i tuoi occhiali sono molto belli! Me li presti?”

Lola era un po’ preoccupata, la mamma le diceva sempre che non erano un giocattolo.
“Dai prestameli solo per un pochino , voglio vedere come ci si vede!” disse Margherita.
A quel punto la bambina glieli porse e Margherita se li infilò. In quello stesso istante Lola iniziò a sentirsi strana: tutto ciò che la circondava era diventato appannato, i colori erano sbiaditi e, nonostante fosse tanto vicino a lei, non riusciva a vedere bene neanche Margherita.
La piccola scoppiò a piangere.

“Non posso stare senza i miei occhiali, non riuscirei nemmeno a giocare, a correre, restituiscimeli subito per favore” implorò Lola singhiozzando.
Margherita le restituì gli occhiali e cercò di spiegarle che c’erano dei bambini, proprio come lei, che avevano bisogno di quelle due piccole lenti per vedere meglio. “Non devi sentirti diversa o più brutta! Sei bellissima comunque!”

Lola asciugò le lacrime e riprese i suoi occhiali, se li mise e tutto tornò chiaro, bello com’era sempre. “Ora possiamo anche giocare: riesco a vedere anche te!” Tutte e due scoppiarono in una grande risata e trascorsero insieme tutto il pomeriggio, giocando e divertendosi.

Lola, da quel giorno capì, grazie a Margherita, che i suoi occhiali non la rendevano diversa, anzi! Grazie a loro, lei riusciva a fare tutto quello che facevano le altre bambine! Finalmente non era più triste!
La nostra Margherita era contentissima di aver aiutato Lola grazie alla sua magia e si incamminò in cerca di qualche altro bambino da rendere felice.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️
fabulinis ringrazia di cuore l’amica Ilaria Pasquali per aver condiviso qui la sua fiaba.

Riccardino impara a condividere 🎁

Condividere le cose tra bambini spesso è difficile, ma questo racconto li aiuterà.

In questa fiaba troviamo un bello spunto per aiutare i bambini a imparare a condividere i giocattoli e quindi le esperienze con gli amici.

Tutti i genitori sanno che prima o poi il piccolo imparerà a farlo, ma se lo (e ci) aiutiamo con un piccolo racconto, forse diventa un po’ più facile affrontare questo argomento, a volte così delicato.

Guarda la videofiaba raccontata da Cristina

🔊 Ascolta qui l’audiofiaba della storia del signor tempo:

Riccardino impara a condividere 🎁


Quella mattina splendeva un sole fantastico e Margherita decise di fare una passeggiata in tranquillità: a quell’ora tutti i bambini erano a scuola.
Dovete sapere che Margherita era un fiore speciale. Era sì una margherita ma i suoi petali erano tutti colorati e, soprattutto, erano magici. Potevano infatti sprigionare una polvere speciale che attirava l’attenzione dei bambini che incontrava. A quel punto lei, parlando con loro, avrebbe potuto rallegrarli se erano tristi. E Margherita era sempre entusiasta di ridare il sorriso a un bimbo!

Il nostro fiore iniziò a camminare e notò subito che dagli alberi cominciavano a cadere le foglie, l’autunno era alle porte.
In lontananza sentì le voci di un bimbo e di una mamma che sembravano discutere.
“Riccardo, devi imparare a condividere i tuoi giocattoli con gli amici altrimenti nessuno vorrà giocare più con te”.
Margherita guardò la scena da lontano, ma riuscì a vedere benissimo la faccia di quel bimbo che a dire la verità era proprio triste e pensieroso.

Il mattino seguente Margherita guardò attentamente tutti i bimbi che passavano fino a che notò il bimbo del giorno prima che camminava con un orsetto di peluche. Così si avvicinò piano piano e sprigionò la polverina magica dai suoi petali colorati, ma, a differenza di tutte le altre volte, questo bimbo si spaventò: “Ma che cos’è questa cosa??” e camminò più velocemente per allontanarsi dalla polverina. Margherita non poteva credere ai suoi occhi, in genere i bambini si facevano conquistare, questa volta no!

Il mattino seguente Riccardino ripassò di li sempre un po’ triste.
“Devo farmi venire in mente un’idea!” pensò Margherita e così più il bambino andava verso la sua direzione più lei si afflosciava. Ad un certo punto il bimbo si piegò verso il fiore e disse “Che strano! Le margherite hanno i petali bianchi, perché questa è così colorata??”. Proprio in quell’istante Margherita parlò: “Ciao”
Il bimbo indietreggiò spaventato: “I fiori non parlano, devi essere un mostro!”

“Ma quale mostro, vieni qui e parliamo un po’”. Il bimbo si lasciò convincere e si sedette vicino al fiore, che gli chiese subito il motivo della sua tristezza. Riccardo prese coraggio e raccontò allo strano fiore che lui quella mattina a scuola avrebbe voluto giocare con i suoi compagni, ma loro volevano il suo peluche. Lui ci teneva troppo e non voleva prestarlo a nessuno.

“Qualche giorno fa è stato il mio compleanno e i miei genitori mi hanno regalato questo morbido orsetto di stoffa! A me piace portarlo a scuola, ma non voglio prestarlo a nessuno! Ho paura che si possa rompere… e così finisce sempre che gioco da solo.”
“Ma a te piace più giocare con i tuoi amici o solo?”
“Con loro ma non voglio prestare a nessuno il mio gioco” rispose Riccardino.

Margherita allora disse: “Mmmmm… Provo a darti un piccolo consiglio: domani porta a scuola il tuo orsacchiotto, quando i bimbi si avvicineranno per giocare chiedendoti il peluche tu glielo darai dicendo però di fare attenzione a non romperlo”. Riccardo, un po’ incerto, guardò il bel fiore e promise di fare come gli aveva consigliato.

La mattina seguente Riccardo, come sempre, prese il suo orsacchiotto e andò a scuola. Arrivò, lo tirò fuori dallo zaino e subito il suo migliore amico Lorenzo si avvicinò dicendo: “Ehi Riccardo facciamo a scambio di giochi?”

Riccardo ricordando la promessa fatta a Margherita rispose: “Sì, ma per favore fai attenzione a non romperlo perché ci tengo molto”.
Lorenzo trattò molto bene l’orsacchiotto di Riccardo, il quale capì di aver fatto bene a seguire il consiglio di Margherita.

Fu così che Lorenzo e Riccardo finirono per passare tutta la mattinata a giocare insieme. Margherita li guardava da lontano, felicissima di aver aiutato un altro bambino.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️
fabulinis ringrazia di cuore l’amica Ilaria Pasquali per aver condiviso qui la sua fiaba.

La storia del signor Tempo 🕑

Come spiegare il concetto di tempo e il passare delle stagioni ai bambini

Con il passare delle stagioni, il mondo si trasforma e scatena la curiosità dei bambini. Questo racconto può aiutarti a rispondere a domande sul come e il perché i periodi dell’anno sono diversi tra loro. E non c’è risposta migliore di una fiaba, visto che ti permette di spiegare al tuo bimbo la realtà e aiutarlo a crescere e comprendere il mondo, senza però allontanarlo dalla sua fantasia.
Qui sotto trovi sia il video che il testo, buon divertimento!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Ascolta qui l’audiofiaba della storia del signor tempo:

La storia del signor Tempo 🕑 storia completa


– Mamma, quanto è lunga un’ora?
– Mamma, quante sono cento ore?
– Ma quando finisce il tempo?…
Chiedeva spesso Dino alla sua mamma.
La mamma, un giorno, decise di rispondergli raccontando la storia del signor Tempo.

C’era una volta, tanto tanto tempo fa, in un paese molto molto lontano, il Signor Tempo. Era un uomo buono ma girava per le vie sempre imbronciato e scontento perché, a suo dire, i giorni trascorrevano tutti uguali. Il suo sogno era quello di creare nelle giornate cambiamenti e varietà, per stupire gli uomini ma soprattutto i bambini.

Decise allora di rivolgersi ai suoi quattro cari amici poiché lo aiutassero a realizzare questo suo grande desiderio. Cosi tutto sarebbe diventato più bello e vivace. Bastò chiamarli a gran voce una volta per vederli arrivare immediatamente: il Vecchio Soffione, il Mago Nevoso, la Strega Terriccia e la Fata Ondina. Lo ascoltarono attentamente mentre esponeva il suo problema e al volo ciascuno di loro aveva già trovato la soluzione.

– Io sono il Vecchio Soffione e la cosa che so fare meglio, come dice il mio nome, è soffiare per far arrivare il vento. Il vento porterà le nuvole in cielo, farà cadere le foglie degli alberi e i ricci con le castagne. I bambini si divertiranno a raccoglierle! Così facendo porterò l’autunno, la stagione delle foglie rosse, gialle e arancioni, della ripresa della scuola e degli animali che vanno in letargo.


– Io sono il Mago Nevoso e porterò ; con me il freddo e la neve. Arriverà l’inverno, la stagione in cui tutti dovranno coprirsi ben bene. I bambini potranno giocare a palle di neve aspettando l’arrivo di Babbo Natale!

– Eccomi qua, è arrivato il mio turno! Sono la Strega Terriccia, una strega buona s’intende. .. Io gironzolo qua e là sussurrando alla terra, ai fiori, agli alberi e alle tartarughe: “Sveglia. .. sveglia… sveglia”. Tutta la natura, ascoltando il mio richiamo, si risveglia con gioia perché è in arrivo la primavera. La stagione dove tutto rifiorisce, dove tutto si colora! Dove tutti i bambini possono finalmente tornare a giocare nei prati e nei parchi.

– Ora tocca a me! Sono la Fata Ondina. Dopo la primavera io porterò l’estate, la stagione del sole, del mare e del gelato. È il tempo più spensierato e allegro, con i bambini che si godono la vacanza e il caldo.
Il Signor Tempo accolse tutte queste idee e con aria soddisfatta disse:

– Bene, bene. Faremo proprio come voi proponete. Arriverà l’autunno e poi l’inverno. Dopo sarà il tempo della primavera a cui seguirà l’estate. E così Via, in un susseguirsi senza fine. Allora, amici miei, mettiamoci al lavoro! Uno per tutti e tutti per uno!

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia la psicopedagogista Gabriella Arcobello per aver condiviso con noi questa fiaba molto educativa.

L’amico fifone 😱

Il coraggio non ce l’hanno tutti, ma con l’astuzia ci si può salvare la vita!

Questo piccolo racconto farà sorridere te e il tuo bambino: due piccoli amici che vivono una bella aventura, ognuno la affronterà a modo suo, uno in modo un po’ astuto e l’altro un po’… da fifone!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare l’amico fifone raccontata da Silvia!

L’amico fifone 😱 storia completa


Marco e Stefano erano amici inseparabili, e quel giorno erano andati nel boschetto dietro casa a giocare a fare gli indiani.
Avevano entrambi in mano il loro arco di legno e sulle spalle portavano la faretra con dentro le frecce dalla punta a ventosa.

Marco prese una freccia e la tirò contro un grande albero, ma non prese bene la mira e mancò il bersaglio.
– Guarda qua, ti faccio vedere io come si tirano le frecce! – lo prese in giro Stefano, che prese la mira, tese l’arco e scoccò la freccia. Ma anche Stefano mancò il bersaglio.
Marco si mise a ridere e Stefano, arrabbiatissimo, continuò a lanciare frecce finché non riuscì a prendere il tronco dell’albero.
– Visto che ci sono riuscito! – disse Stefano facendo la linguaccia a Marco.

Marco continuava a ridere e i due presero a rincorrersi per il bosco cercando di lanciarsi le frecce addosso.
Quando, ad un tratto, sentirono un forte rumore provenire da dietro un grande cespuglio.
Marco e Stefano si fermarono ad ascoltare, e d’istinto presero entrambi l’arco e tesero le frecce in direzione del cespuglio.

Un istante dopo, dal cespuglio spuntò il faccione di un orso!

Stefano dalla paura scoccò la freccia che, neanche farlo apposta, finì dritta dritta sul naso dell’orso, e poi scappò a gambe levate lasciando Marco da solo di fronte all’orso.
L’orso, si guardò la punta del naso a cui si era attaccata la freccia con la ventosa, poi guardò l’incolpevole Marco aggrottando le sopracciglia.
Intanto Stefano con un balzo si era rifugiato sopra il ramo di un alberello, su cui purtroppo non c’era posto anche per Marco.

Marco guardò l’amico e cercò anche lui un albero su cui potersi rifugiare, ma niente, erano tutti alberi grandi e grossi e i rami erano troppo alti per lui.
Non aveva scampo, doveva ingegnarsi in un altro modo, e così gli venne un’idea:

– Mi fingerò morto così non mi attaccherà – si disse, e si buttò a terra chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro.
L’orso incuriosito dalla scena uscì dal cespuglio, si tirò via dal naso la freccia e andò verso Marco.

L’orso non era poi così grande, anzi, era abbastanza piccolino perché in realtà si trattava di un cucciolo!
Avanzò verso Marco, ed iniziò ad annusarlo, prima i piedi, poi le mani ed infine il viso. Marco cercava di trattenere il fiato meglio che poteva.
L’orsetto gli annusò per bene il volto, poi il naso, le orecchie e poi… gli diede una gran leccata, e tutto soddisfatto se ne andò via.

Marco finalmente riuscì a prendere aria e fece un gran sospiro di sollievo. Intanto arrivò Stefano che aveva visto tutta la scena dall’albero ed era appena sceso.
– Come stai Marco, tutto bene?
– Sì sì, tutto bene… – disse Marco pulendosi i vestiti mentre si rialzava.
– Bella l’idea di fingerti morto, così l’orsetto se ne è andato via!
– Già…

– E dimmi, ho visto che l’orso ti ha sussurrato qualcosa all’orecchio, cosa ti ha detto?
Marco guardò Stefano e sorrise:
– Beh, mi ha detto di giocare con degli amici meno fifoni la prossima volta!
I due bambini scoppiarono a ridere: Stefano era stato davvero fifone! Ma si volevano bene e continuarono a giocare insieme.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il libro che ha paura

Il libro che ha paura

Adele e l’albero di mele 🍎

Ma se rubano le mele ad Adele, come può sua mamma farle la torta di mele?

Adele e l’albero di mele è una fiaba che ci insegna a rispettare le cose degli altri, e soprattutto a non essere troppo golosi…

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Adele e l’albero di mele raccontata da Silvia!

Adele e l’albero di mele 🍎 storia completa


C’era una volta un bellissimo melo, che faceva bella mostra di sé nel giardino di Adele, una bimba simpatica e piena di vita.
Ad agosto, quando le mele erano belle mature e pronte da cogliere, tutti i bimbi del paese facevano a gara ad arrampicarsi sul melo per farne una scorpacciata.

L’albero di mele per fortuna era fatato, e le sue mele ricrescevano veloci dal mattino alla sera, in continuazione.
La mamma di Adele era ben contenta che i bimbi mangiassero così tanta frutta, e li faceva entrare volentieri nel giardino.

Il problema era che essendo le mele così buone, i bambini oltre a mangiarle, ne portavano via sacchi interi! Così che alla sera non ne restava nemmeno una per farci la torta…
Adele ci rimaneva sempre male, perché desiderava tanto mangiare la torta di mele della sua mamma, ma sua mamma non se la sentiva di impedire ai bambini di prendere le mele da loro giardino.

Cosa potevano fare?

Per fortuna quel giorno passava di lì Greta, la zia di Adele, che in realtà era una strega, ma Adele siccome era ancora piccolina, non lo sapeva!
La zia Greta, vedendo Adele così triste, le chiese cosa non andava, e la piccola le rispose che voleva tanto una torta di mele fatta dalla mamma, ma a fine giornata non c’erano mai abbastanza mele per prepararla.

Greta parlò con la mamma, e insieme decisero che era ora di dare una regolata a tutti questi bimbi ingordi.
Così la zia di Adele prese a passeggiare attorno all’albero di mele, in quel momento sopra i rami non c’era nessuno.

Greta confabulava tra sé e sé con parole strane e magiche, dopo di che toccò l’albero e sorrise tutta soddisfatta! Prese poi un cartello, ci scrisse sopra, “Mangia quante mele vuoi, ma non portarne via più che puoi!” e lo appese davanti al melo.
– Vedrai che già da stasera la mamma avrà tutte le mele necessarie per fare la torta! disse la zia Greta ad Adele.

Proprio in quel momento arrivò nel giardino un bambino che Adele conosceva bene, Lucio.

– Ciao Adele, salgo su a prender un po’ di mele! – gridò il ragazzo mentre con un balzo saliva sul ramo del melo, senza nemmeno dare bada al cartello.
– Ciao Lucio… – rispose Adele che avrebbe tanto voluto anche lei salire sul melo, ma era ancora troppo piccolina per riuscirci.

Lucio iniziò a mangiare una mela, poi, non visto si riempì le tasche della giacchetta e dei pantaloni. Alla fine, non sapendo più dove metterne, decise di scendere e tornare a casa.
Ma mentre cercava di scendere successe una cosa strana: Lucio rimase completamente appiccicato al tronco dell’albero!

– Aiuto, aiuto! – cominciò a gridare Lucio – son rimasto appiccicato al tronco del melo!
Adele, sua zia e la mamma accorsero.
– Ragazzo mio, quante mele hai mangiato? – chiese Greta.
– Una soltanto! – rispose Lucio.
– E quante mele hai nelle tasche?

Lucio rimase in silenzio, aveva capito che non era giusto approfittarsene, così una ad una tirò fuori di tasca tutte le mele e le diede in mano alla mamma di Adele.
Come per magia Lucio si staccò dall’appiccicoso melo e la mamma di Adele gli mise in mano una delle mele sorridendo.

– Tieni, sei stato bravo, te la meriti.
Lucio ringraziò tutto contento, salutò Adele e corse a casa.
Subito dopo arrivarono altri due ragazzi, che riempiendosi le tasche di mele, fecero la stessa fine di Lucio, appiccicati al tronco del melo.

– Ma il cartello non lo avete letto? – li rimproverò Greta.
I due scossero la testa, svuotarono le tasche e finalmente furono liberi di tornare a casa con un’altra mela in mano.
E così fu per tutti gli altri ragazzi del paese.

A fine giornata il melo era nuovamente senza un solo frutto attaccato ai rami, ma siccome tutti i ragazzi avevano restituito le mele prese in eccesso, adesso Adele si ritrovava con tante di quelle mele che la sua mamma di torte poteva prepararne addirittura dieci!
In men che non si dica nel paese si sparse la voce che dal melo fatato si potevano prendere solo le mele di cui si aveva veramente bisogno.

In questo modo tutti i bimbi e ragazzi dovevano venire più spesso nel giardino di Adele, e così lei si ritrovava sempre con un sacco di amici con cui giocare.
Ma, soprattutto, da quando la sua mamma la sera poteva cogliere le mele di cui aveva bisogno, ogni giorno a merenda c’era sempre torta di mele per tutti!
E Adele e tutti i bimbi erano felici.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il buco. Ediz. illustrata

Il buco. Ediz. illustrata

Il sentiero ‘torna indietro’ ↩️

I veri amici non ti abbandonano mai, soprattutto quando ti cacci nei guai…

Il sentiero torna indietro è un racconto breve che spiega ai bambini come per fortuna, nel momento del bisogno e quando si finisce nei guai, ci sono gli amici pronti ad aiutarci, anche se sarebbe meglio non cacciarsi nei pasticci…

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il sentiero torna indietro raccontata da Silvia!

Il sentiero ‘torna indietro’ ↩️ storia completa


Adele, Lino e Dino giocavano vicino ad uno stagno.

Lino e Dino erano fratelli gemelli, ma avevano due caratteri completamente diversi. Lino era introverso e tranquillo, Dino era un chiacchierone sempre a caccia di guai.
Adele li conosceva perché erano suoi compagni di classe a scuola, e quel pomeriggio avevano deciso di fare un giretto tutti assieme.

Quindi, corri di qui, corri di là, arrivarono fino allo stagno che c’era appena prima del bosco.
Mamma e papà avevano detto loro di stare attenti a quel boschetto, perché era fatato, e chi ci entrava finiva sempre per cacciarsi in strane situazioni.

Iniziarono a giocare e a lanciare sassi nello stagno per vedere le onde che si formavano sull’acqua. Adele e Lino si divertivano un mondo, ma Dino dopo poco già si era stancato e voleva trovare qualcosa di più interessante da fare.
Si guardò intorno e vide, sopra la foglia di una ninfea, una grossa rana. Ma non era una delle solite rane: era molto più bella ed aveva uno strano ciuffetto rosso sulla testa.

Dino cominciò a tirarle addosso dei sassolini. La rana, che all’inizio saltava di qua e di là per schivare i sassolini, iniziò ad infastidirsi e schizzò dell’acqua verso Dino, che invece si divertiva sempre di più.
Alla fine Dino riuscì a colpirla in testa con un sassolino e si sentì dire:
– Ahi! Smettila di tirarmi sassi, o trasformo te in un sasso!

Dino, che non credeva alle sue orecchie, invece di smetterla, iniziò a lanciare sassolini con maggior foga.
Adele e Lino, sentendo il gran ridere di Dino, corsero verso di lui.
Dino riuscì a colpire di nuovo la rana con un sassolino, ma proprio in quel momento la rana si infuriò.
– Basta! Ne ho avuto abbastanza! Bimbo gradasso, trasformati in un sasso!
E puff ! Dino si trasformò in un gran bel sasso grigio, con striature bianche.

Adele e Lino non credevano ai loro occhi.
– E che ti serva da lezione! – disse la rana che adesso guardava Adele e Lino con aria soddisfatta.
– Lo perdoni signora rana – disse Lino che già stava per piangere – è un combina guai, ma è un bravo fratello!
– Di questo sono sicura, ma se vuoi che tuo fratello riprenda il suo aspetto, devi prendere il sentiero del bosco che porta dalla fata Dorina. Lei sa come farlo tornare come prima. Ma stai attento, perché quello è un sentiero fatato: ogni volta che girerai la testa per guardare indietro, tornerai al punto di partenza!

La rana quindi fece tre balzi e sparì dietro un grosso cespuglio, dove riprese le sue sembianze di Strega.
La rana, infatti, era la strega Greta, zia di Adele (Adele però non sapeva ancora di avere una zia strega), che aveva deciso di dare una piccola lezione a quel monello di Dino e infondere maggiore coraggio a Lino.

Lino fece un gran sospiro, prese coraggio e iniziò a camminare per il sentiero che portava dalla fata Dorina.
– Stai attento Lino! – gli gridò Adele.
Lino si girò per dirle che sarebbe stato attento, ma come per magia si ritrovò al punto di partenza accanto ad Adele…
Lino riprese il sentiero, e poco dopo vide uno scoiattolo che gli corse tra le gambe. Lui si girò e… puff ! si ritrovò di nuovo accanto ad Adele.

La cosa andò avanti così per almeno una decina di volte. Lino partiva, stava via alcuni minuti, e poi Adele lo vedeva ricomparire sempre lì, accanto a lei e al suo fratello Dino-sasso.
Adele, per la noia, si era seduta sulla riva dello stagno a guardare le libellule.
– Non è colpa mia! – le disse Lino dopo l’ennesima volta che con un puff ! le ricompariva accanto – è che ad ogni minimo rumore io mi distraggo e guardo sempre indietro!

Ad Adele venne in mente un’idea.
– Adesso ti tappo le orecchie con questi fazzolettini di carta, vedrai che così non sentirai più rumori e non sarai distratto.
– Grande idea Adele! – Lino si tappò le orecchie e ripartì più determinato di prima.
Cammina cammina, era ormai nel fitto bosco, dove tutti gli strani rumori di animali e uccelli erano più forti. Ma lui li sentiva appena, e riusciva ad andare avanti senza girarsi. Così, finalmente, arrivò ad una piccola casetta con una porta piccola piccola: era la casetta di fata Dorina.

Lino si tolse i tappi dalle orecchie e bussò.
– Chi è? – chiese la fata andando ad aprire la porta.
– Mi chiamo Lino, mio fratello Dino è stato trasformato in sasso da una rana e solo lei può aiutarmi!
Alla fata sembrò strano che una rana potesse trasformare in sasso i bambini, e intuì che forse era stato uno scherzetto della strega Greta, sua amica… Prese quindi un vasetto, ci versò dentro del liquido verde e lo diede a Lino.

– Tieni ragazzo, versa questa pozione magica sul sasso e vedrai che tuo fratello tornerà in un batter d’occhio quello di prima.
– Grazie mille signora fata! – disse Lino. Prese il vasetto e corse più veloce che poteva verso lo stagno. Ormai i rumori strani e a volte paurosi del bosco fatato gli facevano poca paura.

Finalmente era arrivato da Adele, aprì il vasetto, versò il liquido verde sul sasso e puff ! Dino era di nuovo quello di prima, solo ricoperto dal verde gelatinoso della pozione magica.
– Bleah! – disse schifato Dino, ma poi, ripulitosi un pochino, corse ad abbracciare e ringraziare il fratello per averlo tirato fuori da quel guaio.

I tre bambini tornarono così a giocare assieme, e dal bordo dello stagno una rana dal ciuffo rosso li guardava tutta contenta.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Il gigante egoista 😡

Chi allontana da sè i bambini non può che diventare solo, vecchio e triste; e nel suo cuore albergherà soltanto un freddo inverno…

Questa fiaba si ispira al racconto originale di Oscar Wilde semplificandola un poco per farla apprezzare anche ai bimbi più piccoli.

Noi di fabulinis siamo d’accordo con l’autore: i bambini ci faranno anche dannare, questo è certo, ma portano luce e gioia nella nostra vita. Portano la primavera.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del gigante egoista!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il gigante egoista raccontata da Silvia!

Il gigante egoista 😡 storia completa


C’era una volta un gigante che era andato a trovare il suo amico orco e insieme avevano deciso di fare un lungo viaggio in giro per il mondo.
La casa del gigante aveva un grande giardino pieno di alberi e fiori, e tutti i bambini del paese, visto che lui non era più lì, avevano iniziato ad andarci a giocare ogni giorno.

Ma, dopo sette lunghi anni, il gigante ritornò. Vedendo tutti quei bambini giocare nel suo giardino, li cacciò via e decise di costruire un muro per impedire che tornassero di nuovo.
Una volta finito il muro, ci mise sopra un gran cartello con scritto “VIETATO ENTRARE” e si chiuse dentro casa.
Era inverno, e finalmente il gigante poteva godersi il suo bel giardino in santa pace e senza tutti gli schiamazzi dei bambini.

I bambini del paese ci rimasero molto male per il gesto egoista del gigante, ma non potevano farci nulla e dovevano trovare altri posti dove giocare. Ma nessun altro giardino era così bello come quello del gigante.

Arrivò la primavera e il gigante ogni giorno controllava che nel suo giardino non ci fossero bambini. Un giorno però si accorse di una cosa strana: fuori dal muro del suo giardino gli alberi e i fiori ricoprivano i prati e riempivano campi, mentre dentro al suo giardino pareva ancora inverno con ghiaccio e neve ovunque…

Il gigante, egoista com’era, fece finta di niente e continuò a vivere rinchiuso dentro le mura del suo giardino.
Ma anche l’estate arrivò e dentro il giardino del gigante imperversava ancora l’inverno. Senza i bambini il suo giardino si era rifiutato di tornare vivo e pieno di fiori!

Il gigante, con tutto quel continuo freddo finì per ammalarsi, e passava le sue giornate a letto, controllando sempre dalla finestra che nel suo giardino non ci fossero bambini.

E arrivò l’autunno e poi un altro inverno, finché il gigante, sempre più malato, sentì il canto di un uccellino.
Era quasi primavera e al gigante quello era sembrato il canto più bello del mondo.
Si alzò a fatica per vedere da dove arrivasse quella melodia e notò un uccellino fermo sul davanzale che cantava felice.

Il cuore del gigante si riempì di felicità: finalmente anche nel suo giardino gli uccellini erano tornati a cantare! Poi si sporse e guardò giù nel suo giardino.
C’erano tre bambini che giocavano felici, e ovunque correvano facevano sparire il ghiaccio e la neve dal suo giardino, riportando i fiori e l’allegria.

I tre bambini avevano fatto un buco nel muro e si erano intrufolati dentro, ma il gigante finalmente aveva capito: era solo grazie a loro se adesso anche nel suo giardino era tornata la primavera e gli uccellini avevano ripreso a cantare.
Il gigante scese in giardino. I bambini, quando lo videro, scapparono terrorizzati e si nascosero dietro il tronco di alcuni alberi.

Ma il gigante li rassicurò subito:
– Non voglio farvi del male bimbi miei, anzi, voglio ridarvi tutto il mio giardino!
E prese subito a buttare giù il muro che aveva costruito.
Man mano che lo buttava giù, invece di sentirsi stanco, si sentiva sempre più pieno di forza e vigore, ed il suo cuore si riempiva di gioia.

Tra i bambini del paese si sparse subito la voce che il gigante era diventato buono, e il suo splendido giardino si riempì di nuovo di bambini festanti.
Il gigante finalmente si sentiva felice passando le giornate a giocare insieme ai bambini. E da quel giorno in quel giardino fu sempre primavera.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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