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Tag: natura

Il cavallo e l’asino 🐎

“L’unione fa la forza” dice il proverbio, e condividere le fatiche con qualcun altro è sicuramente un vantaggio per tutti…

E’ difficile che i bambini collaborino tra di loro (e soprattutto con noi genitori) per fare qualcosa di faticoso, ma questa favola di Esopo aiuta a spiegare ai bambini che dare una mano a chi è in difficoltà non solo è un bel gesto, ma potrebbe forse evitare a tutti di fare uno sforzo più grande in futuro.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del cavallo e l’asino!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il cavallo e l’asino raccontata da Silvia!

Il cavallo e l’asino 🐎 storia completa


C’erano una volta un cavallo e un asino che vivevano nella tessa stalla.
Il loro padrone voleva bene ad entrambi, e non mancava mai di attenzioni verso ciascuno di loro.
Però, quando si trattava di portare i sacchi di farina da vendere giù al mercato, sulla groppa del cavallo, fiero ed altezzoso, ne caricava solo un paio, mentre sulla groppa dell’asino buono e mansueto, ne caricava molti di più.

All’asino andava bene così, lui ci era abituato e sapeva che quello era il suo lavoro. In più ammirava veramente la bellezza del cavallo, e quindi si era convinto che fosse giusto preservare il suo splendore non caricandolo di troppi pesi.

Un giorno però, andando al mercato, il loro padrone non si rese conto di aver caricato troppo l’asino, così che dopo pochi chilometri l’asino cominciò a camminare con fatica.

Il padrone purtroppo era tutto preso dal parlare con un suo amico che faceva la stessa strada, e non si rese conto di quanta fatica facesse l’asino, così l’asino si rivolse al cavallo.

– Cavallo, amico mio – disse l’asino – mi potresti dare una mano? Ho il fiato corto e faccio fatica a camminare, prenderesti uno dei miei sacchi di farina?
Il cavallo lo guardò a malapena e fece finta di non aver sentito.

L’asino continuò il suo faticoso cammino sbuffando.
Dopo un po’ però le gambe gli cominciarono a traballare.
– Cavallo, amico mio, ti prego dammi una mano, non ce la faccio a portar tutto questo peso, tra poco cadrò…
– Se il padrone ti ha caricato di tutti quei sacchi è perché sa che li puoi portare – rispose stizzito il cavallo.

L’asino abbassò la testa e continuò a camminare.
Ma non ce la faceva davvero più.

– Cavallo amico mio, ti supplico, prendi almeno uno dei miei sacchi e aiutami.
– No! – rispose secco il cavallo – tieniti i tuoi sacchi e non mi disturbare più!
E, per sottolineare il fatto che non lo avrebbe aiutato, allungò il passo distanziandolo di una decina di metri.

L’asino allora decise che ne aveva abbastanza e si lasciò cadere al suolo con un sordo tonfo.
Solo allora il padrone si accorse di quello che stava succedendo.

– Povera bestia mia, che stupido sono stato a caricarti di così tanti sacchi, aspetta ora te li tolgo di groppa – e così fece.
– Tieni anche un po’ d’acqua e riposati qui all’ombra dell’albero – continuò il padrone.
Finalmente l’asino aveva un po’ di pace e ristoro.

– Cavallo, vieni qua! – ordinò il padrone – ora i sacchi di farina li porterai tutti tu!
Il cavallo spazientito ed infuriato per la cosa non poté che obbedire al padrone che gli caricò sulla groppa tutti i sacchi di farina.
“Che stupido che sono stato” pensò il cavallo “Se avessi ascoltato l’asino e l’avessi aiutato prendendomi uno dei suoi sacchi di farina, adesso non farei tutta questa fatica…”

E proseguirono il viaggio, il cavallo sbuffando dalla fatica e della sua stupidaggine, e l’asino finalmente con la groppa libera e senza pesi godendosi la passeggiata fino al mercato.

Morale della favola: meglio condividere le fatiche con gli altri prima che tutte le fatiche ricadano solo su di noi.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La cornacchia vanitosa 🐦

Se la natura ti ha fatto nascere cornacchia, è inutile che cerchi di essere un pavone… meglio essere sé stessi e volersi bene per quello che si è.

La cornacchia vanitosa spiega come sia inutile cercare di somigliare a qualcun altro, anche se ci piacerebbe tantissimo, ma è meglio imparare ad apprezzare se stessi e le caratteristiche che ci contraddistinguono.

E’ una delle più famose favole di Esopo, conosciuta anche con il titolo “La cornacchia e le piume del pavone” nella versione di Fedro.

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della cornacchia vanitosa!

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La cornacchia vanitosa 🐦 storia completa


C’era una volta una cornacchia, tutta nera. Un giorno, mentre volava sopra il bosco, vide su un prato dei bellissimi pavoni. Si fermò quindi sopra il ramo di un albero ad ammirarli.

I pavoni si accorsero presto che la cornacchia stava appollaiata lì sul ramo ad osservarli, e, da gran vanitosi che erano, fecero tutti la ruota con la coda.
La cornacchia, abbagliata dalla bellezza della loro coda, volò via.

Andò così a specchiarsi nell’acqua dello stagno, e si vide così brutta che decise di non mostrarsi più in giro per la vergogna.

Invidiosa del magnifico comportamento e delle splendide piume dei pavoni, iniziò a spiarli ogni giorno in gran segreto, da un albero un po’ più nascosto del precedente.
La cornacchia si accorse così che, sparse per il prato, c’erano delle penne cadute dalle code dei pavoni e lasciate lì sul prato. Decise, quindi, di aspettare il tramonto per poterle andare a prendere di nascosto.
Non appena riuscì a raccoglierne cinque, volò via e andò a nascondersi in un posto riparato, dove con un po’ di colla le attaccò alla sua coda.

Il mattino dopo andò ad ammirare nelle acque dello stagno la sua nuova coda di pavone, pensando: “Adesso sono anche io bella come i pavoni. Andrò dalle mie compagne cornacchie e le farò morire di invidia!”.
La cornacchia andò quindi dalle sue compagne, che, vedendola, iniziarono veramente a morir d’invidia. Quella coda con le penne di pavone era davvero bellissima.

Purtroppo, però, l’arroganza della cornacchia non la trattenne dal prendere in giro le sue compagne, dicendo loro che erano brutte e con le penne spelacchiate.
Le compagne cornacchie, arrabbiate come non mai, la cacciarono via a beccate, dicendole di non farsi più vedere.

La cornacchia volò via, e andò a consolarsi sul ramo d’albero da cui guardava di solito i pavoni.
“Le mie compagne cornacchie non mi meritano” pensò, “meglio andare a vivere con i pavoni. Siccome ormai sono bella come loro, non saranno invidiosi”.
E così la cornacchia volò sul prato in mezzo a tutti i pavoni, salutandoli felicemente.

Ma i pavoni, vedendo arrivare in mezzo a loro questa cornacchia spelacchiata, con in più attaccate alla sua coda alcune delle loro bellissime penne, rubate chissà quando, non la presero molto bene.
Iniziarono a correrle dietro per scacciarla dal loro prato e cercavano anche di beccarla. Alla fine la cornacchia dovette prendere il volo ed andare via.

Umiliata e triste, la cornacchia si staccò le penne di pavone dalla coda, e con la testa bassa, tornò dalle sua compagne cornacchie che ridendo e scherzando la accolsero di nuovo tra loro, perché erano le sue amiche di sempre.

Morale: non bisogna cercare di somigliare a qualcun altro ma apprezzarsi per ciò che si è.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il cervo e il leone 🦌🦁

Se una tua caratteristica fisica proprio non ti piace, forse non hai ancora capito come sfruttarla al meglio.

Questa favola di Esopo è più nota come “Il cervo alla fonte e il leone”, e dà una lezione importante: la bellezza e la forza fisica non sempre ci aiutano, mentre alcune nostre caratteristiche che ci sembrano più fragili possono addirittura salvarci la vita dai pericoli. Noi di fabulinis abbiamo cercato di rendere questa favola il più possibile adatta per tutti i bambini.

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Il cervo e il leone 🦌🦁 storia completa


C’era una volta, in una grande foresta, un bellissimo cervo, con delle maestose corna tutte ramificate.

Il cervo era talmente orgoglioso delle sue corna, così belle, grandi e ben proporzionate, che andava spesso al laghetto per ammirarle specchiandosi nelle sue acque.
Passava ore e ore a guardare il suo riflesso nell’acqua, ogni giorno sempre più fiero.

Il cervo, però, non poteva proprio sopportare di vedere quelle maestose corna e quel corpo atletico tenuti su da delle zampe così magre e ossute. Faceva veramente fatica ad accettare quel contrasto.

Un giorno però, mentre era al laghetto tutto intento a specchiarsi, sentì un rumore insolito. Alzò lo sguardo e vide a qualche decina di metri da sé, un leone.
Il leone lo stava guardando dritto negli occhi e ad un certo punto ruggì con forza.
Il cervo capì immediatamente che doveva fuggire il più velocemente possibile, altrimenti il leone gli sarebbe saltato addosso con un paio di balzi.

Così il cervo fece uno scatto e si addentrò nella foresta.
Il leone non fu da meno e si diede subito all’inseguimento del cervo.

Il cervo conosceva bene tutti i sentieri del bosco, e sapeva che, se voleva salvarsi, avrebbe dovuto portare il leone verso la montagna, dove un torrente aveva scavato una profonda gola che lui avrebbe potuto saltare, mentre il leone non ci sarebbe mai riuscito.
Ma il leone lo inseguiva con balzi sempre più grandi, e si stava avvicinando sempre di più.

Il cervo capì che, se continuava a correre in quel modo, il leone gli sarebbe stato addosso in pochi balzi. Così iniziò a zigzagare per tutto il bosco, saltando siepi e arbusti grazie alle sue zampe snelle e scattanti.
Il leone iniziò ad essere in difficoltà. Finché si trattava di correre dritto, poteva raggiungere facilmente il cervo. Ma ora la sua preda continuava a saltare a destra e a sinistra ininterrottamente, e lui non riusciva ad avere la stessa agilità.

Il cervo a poco a poco guadagnava terreno sul leone, finché ecco! Vide le prime rocce della montagna!
Il cervo sapeva che poteva mettersi in salvo, doveva solo arrivare al torrente e saltare dall’altra parte della riva.
Il leone intanto iniziava a dare i primi segni di cedimento, ma non si era ancora dato per vinto.
Finché il cervo, arrivato al torrente, raccolse tutte le forze che gli rimanevano e… Hoop! Con le sue agili zampe posteriori spiccò un balzo che lo portò dall’altra parte della riva.
Era in salvo.

Il leone arrivò alla riva del torrente e si fermò bruscamente. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a saltare dall’altra parte.
I due si fissarono a lungo negli occhi, sapendo entrambi che la caccia era stata solo rimandata ad un altro giorno. Poi il leone si voltò e andò via lentamente.

Il cervo, col cuore ancora in gola, guardò giù nel torrente. C’era un punto in cui si formava una pozza e l’acqua era più ferma. Il cervo vide la sua immagine, con le esili e snelle zampe che facevano tanto contrasto con le corna grandi e maestose.
Quelle zampe per lui così brutte e tanto denigrate, però, lo avevano appena tratto in salvo dal leone.
Le sue corna erano sicuramente meravigliose, ma le sue zampe, anche se non erano la parte più bella del suo corpo, erano la cosa più utile ed efficace che possedeva.
Decise quindi di non criticarle più, anzi di averne molta cura.

Da quel giorno smise perciò di guardarsi nelle acque del laghetto, e non dimenticò mai la lezione imparata quel giorno.

Morale: le cose che ci sembrano inutili, a volte, si rivelano piu’ utili di quanto si potesse mai immaginare.

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La lepre e la tartaruga 🐇🐢

“Chi va piano va sano e va lontano” dice il proverbio…

La lepre e la tartaruga è una favola che ci dà due importanti insegnamenti: il primo è che non bisogna mai sottovalutare gli altri avendo la presunzione di essere migliori, il secondo è che con calma e pazienza si possono raggiungere molti traguardi.

Questa favola l’ha scritta Esopo secoli fa, ma il suo insegnamento è molto valido ancora oggi.

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La lepre e la tartaruga 🐇🐢 storia completa


C’era una volta una lepre che si vantava di correre più veloce di tutti quanti, e ogni volta che poteva prendeva in giro la povera tartaruga, che invece camminava sempre piano piano.
– Guarda come sei lenta! – le gridava – nel tempo in cui tu fai un passo, io sono già dall’altra parte del bosco!
La tartaruga non faceva troppo caso alle parole della lepre, e continuava tranquilla per la sua strada.

Un giorno la lepre era più antipatica del solito, e anche la buona e brava tartaruga alla fine si decise a risponderle.
– Non vantarti troppo, anche la lepre più veloce del mondo può essere battuta, sai?
– Ah sì? E da chi mai potrei essere battuta? Vuoi provare a battermi tu?
– Perché no?! – rispose la tartaruga.
– Allora ti sfido! – disse la lepre mettendosi a ridere di gusto.

Il giorno dopo, al mattino presto, i due si incontrano, si misero d’accordo sul percorso da fare e, dopo uno sguardo di sfida, partirono come due missili verso il traguardo.
Solo che la lepre, dopo un paio di balzi, si rese conto di essere talmente avanti rispetto alla tartaruga che decise di fermarsi: la tartaruga aveva fatto solo pochi centimetri.
La lepre quindi, vedendo quanto era lenta la sua avversaria, decise di fare un sonnellino, tanto in un paio di balzi l’avrebbe sicuramente ripresa.

Dopo un po’ si risvegliò di soprassalto: aveva sognato che la tartaruga era già al traguardo! Cercò subito con lo sguardo la sua avversaria ma la vide pochi metri più in là, nemmeno a un terzo del percorso. La lepre si rilassò subito e, certa ormai che la tartaruga non avrebbe mai potuto vincere vista la sua lentezza, pensò di andare a fare uno spuntino.
Ogni tanto seguiva con lo sguardo la tartaruga, ma era già mezzogiorno e la tartaruga era a poco più di metà del percorso.

La lepre decise, quindi, di andare a pranzare da alcuni suoi amici. Mangiò e si divertì a parlare con loro del più e del meno senza preoccuparsi: la tartaruga era ancora molto lontana dall’arrivo…
Dopo mangiato, e tranquillizzata dalla grande lentezza dell’avversario, la lepre decise di fare un altro sonnellino, decisamente più tranquillo del precedente.

Anche fin troppo tranquillo, perché quando si svegliò stiracchiandosi, era già il tramonto!
Venne presa dal panico. Cercò disperata la tartaruga, ed eccola là: era a pochi centimetri dal traguardo!
La lepre partì come una furia, correndo disperata per riagguantare la tartaruga, ma ormai era troppo tardi: quando arrivò al traguardo la tartaruga era già lì ad aspettarla.

La lepre capì di aver sottovalutato quella sfida, e che in realtà avrebbe dovuto impegnarsi di più. Per essere davvero sicura di vincere, avrebbe dovuto arrivare subito al traguardo, così poi poteva andarsene dove voleva.
– Non essere triste amica mia – le disse la tartaruga – tutti possiamo perdere una volta nella vita, e comunque ricordati che chi va piano, va sano e va lontano!

Morale: se si è troppo presuntuosi e si crede di essere migliori degli altri, si rischia di restare senza niente in mano… ma c’è un altro insegnamento: a volte ci vuole molta calma per ottenere ciò che si desidera.

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Il topo di città e il topo di campagna 🐁🐀

Non si è mai contenti di quel che si ha e di dove si vive, ma chi lascia la via conosciuta per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova…

Il topo di città e il topo di campagna, nella sua versione originale di Esopo (e poi di Orazio), racconta le avventure di due topini, uno di città e l’altro di campagna che, entrambi stufi della loro vita, stressante per uno, noiosa per l’altro, decidono di fare scambio di casa. Ma non sanno a che guai vanno incontro e quanto sia difficile vivere in un posto di cui non si conosce nulla!

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Il topo di città e il topo di campagna 🐁🐀 storia completa


C’era una volta un topino che viveva in città, e che un giorno decise di fare una gita in campagna.
Era stufo della vita frenetica che faceva ogni giorno e voleva rilassarsi un po’ tra i prati verdi e all’ombra di qualche grande albero.

Mentre riposava tranquillo, passò di lì un topino di campagna.
– Buongiorno – gli disse il topino di campagna.
– Buongiorno a te! – rispose il topino di città. – Sei di queste parti?
– Certamente, abito con la mia famiglia un po’ più in là, vicino a quel boschetto.
– Come ti invidio… – gli disse il topino di città – tu stai qui tranquillo e sereno senza preoccupazioni, io invece devo correre tutto il giorno di qua e di là per non farmi prendere!

– Ma scusa, tu da dove vieni? – chiese incuriosito il topino di campagna.
– Vengo dalla città.
– Ma allora sei tu quello fortunato! Lì in città avete tutte le comodità del mondo e anche cibo in abbondanza! Qui ci sono periodi in cui si fa la fame…

– Guarda amico mio, ti propongo uno scambio. Io vengo a vivere qui in campagna e tu vai a vivere da me in città, ci stai?
– Va bene, ci sto! – rispose tutto contento il topino di campagna.
E così i due si avviarono alle rispettive nuove case.

Al topino di città non sembrava vero di poter finalmente stare tranquillo per un po’, senza dover correre dalla mattina alla sera. Per il topino di campagna, il solo pensiero di avere una dispensa piena di cibo, da poter usare a proprio piacimento, era più di un sogno che si realizzava.
Il topino di città, all’inizio, trovava anche divertente il dover andare a caccia ogni giorno di un piccolo pezzo di formaggio o il doversi ingegnare su come raccattare una briciola di pane. In città aveva messo su grasso in abbondanza e aveva un po’ di pancetta da smaltire.

Invece il topino di campagna, finalmente, non doveva più preoccuparsi di dover ogni giorno trovare un modo per riempirsi la pancia: bastava entrare in cucina e servirsi. L’unico inconveniente era il dover stare attento al padrone di casa, a sua moglie, ai due figli e ai tre terribili gatti che in ogni momento cercavano di fargli la pelle.

I giorni e le settimane passavano. Dopo un mese, il topino di città iniziò a rimpiangere le grandi abbuffate che faceva a tutte le ore del giorno. Adesso era già tanto se raggranellava qualche pezzettino di pane raffermo o una fetta di formaggio ammuffita.
Il topino di campagna, invece, non ne poteva più di rischiare la vita ogni volta che entrava in cucina per rubare un pezzettino di formaggio: il batticuore e la paura erano troppo per lui.

Così decisero entrambi di ritornare indietro da dove erano venuti e si incontrarono a metà strada.
– Ciao amico topo di campagna!
– Ciao amico topo di città!
I due si abbracciarono, e si ringraziarono per le esperienze che avevano potuto fare scambiandosi la casa. Soprattutto, avevano imparato ad apprezzare ciò che possedevano e che era inutile essere invidiosi l’uno dell’altro. Giurarono solennemente che sarebbero rimasti per sempre amici e ciascuno, felice, corse veloce a casa sua.

Morale: meglio una vita più semplice ma serena, che una vita brillante ma piena di pericoli.

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Al lupo! Al lupo! 🐺

Gli scherzi sono una cosa bellissima, ma non bisogna esagerare, sennò alla fine nessuno ti prende più sul serio e si rischia di fare una brutta fine…

Come insegna la morale della favola Al lupo al lupo, conosciuta anche come Lo scherzo del pastore, a forza di dire le bugie non si viene più creduti neanche quando dice la verità.

E’ una delle favole di Esopo più famose, noi di fabulinis abbiamo preparato una versione perfetta da raccontare ai bambini a cui scappa qualche piccola bugia di troppo…

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Al lupo! Al lupo! 🐺 Storia completa


C’era una volta, in un piccolo paesello in mezzo alla campagna, Loris, un pastorello un po’ monello. Lui si divertiva sempre a fare un sacco di scherzi.

Da qualche giorno, però, alcuni cacciatori avevano avvistato nel bosco vicino al paese un grosso lupo, che si aggirava in cerca di cibo. Quella notte, infatti, dal gregge di un vicino erano sparite delle pecore, molto probabilmente prese e mangiate dal lupo.

Il giorno seguente, suo papà decise che per Loris era giunto il momento di dare una mano al lavoro in fattoria. Gli disse quindi di fare la guardia al suo gregge di dieci pecore, durante la notte.
Non doveva far altro che stare nella parte alta del fienile, dove nessun lupo sarebbe potuto arrivare. Se per caso avesse sentito dei rumori strani o addirittura fosse riuscito a vederlo, avrebbe dovuto correre in strada e gridare “Al lupo! Al lupo!”. Così anche i vicini sarebbero accorsi e avrebbero dato una mano ad acciuffarlo.

Loris, da bravo ragazzo, quella sera si mise a guardia delle pecore, ma il tempo passava e non succedeva niente.
– Uffa! Io qui mi annoio…
Una pecora lo guardò belando: Beee…
Loris le fece la linguaccia, e continuò a sorvegliarle.

Le ore sembravano non passare mai, le pecore dormivano tranquille, ma del lupo non c’era nessuna traccia.
La noia era talmente tanta che si stava per addormentare, quando gli venne in mente uno scherzo che avrebbe divertito tutto il paese.

Scese giù dal fienile e corse in strada gridando – Al lupo! Al Lupo! – e in men che non si dica mezzo paese era già uscito dalle proprie case col forcone in mano, pronto a dar la caccia al lupo.
Suo papà gli corse incontro e gli chiese:
– Dimmi ragazzo mio, dove hai visto il lupo?
Loris, sorpreso da tanto trambusto, non sapeva cosa rispondere.
– Scusatemi tutti, mi stavo annoiando tanto a far la guardia alle pecore che ho pensato di farvi uno scherzo…

Gli abitanti del paese, un po’ arrabbiati per essere stati tirati giù dal letto a quell’ora della notte, ma sollevati dal sapere che non c’era il lupo, tornarono borbottando nelle loro case.
E Loris tornò a far la guardia alle pecore, tutto contento e divertito per lo scherzo ben riuscito.

La notte seguente fu uguale. Loris si annoiava talmente tanto che, ad un certo punto, decise di replicare lo scherzo della notte precedente. Corse di nuovo in strada gridando – Al lupo! Al Lupo! – e in men che non si dica mezzo paese era già uscito dalle proprie case col forcone in mano, pronto a dar la caccia al lupo.
– Dimmi ragazzo mio, dove hai visto il lupo? – gli chiese suo papà.
– Scusatemi tutti, mi stavo annoiando tanto a far la guardia alle pecore che ho pensato di farvi uno scherzo…

Questa volta gli abitanti del paese la presero meno bene, e il suo papà, dopo averlo sgridato sonoramente, lo rimandò di corsa a far la guardia al fienile.
Ma per Loris era troppo divertente veder uscire di casa in pigiama tutti i suoi vicini, così decise di continuare a fare lo scherzo ogni santa notte.

Solo che dopo un po’ la gente, stufa di questo stupido scherzo, non lo stava più ad ascoltare. Si girava nel letto e continuava a dormire.

Finché, una notte, Loris corse ancora in strada gridando – Al lupo! Al lupo! – ma nessuno si degnò di uscire di casa.
Così rimase triste e solo in mezzo alla strada, il suo scherzo ormai non funzionava più. Ritornò quindi al suo fienile e si mise comodo sulla paglia a far la guardia alle pecore.

Ma poco dopo sentì uno strano rumore provenire da fuori, si alzò per guardare meglio verso la porta e cosa vide? Il lupo! Era entrato nel suo fienile!

Loris finalmente poteva dare dimostrazione della sua bravura e del suo coraggio, scese dall’altra parte del fienile e corse in strada gridando – Al lupo! Al lupo! – con tutta l’aria che aveva nei polmoni, ma nessuno, anche stavolta, si degnò di uscire di casa.
– Al lupo! Al lupo! – continuò a gridare il povero Loris. Ma nessuno ormai credeva più alle sue parole.
– Al lupo! Al lupo! – si sgolò Loris.
– Loris, piantala! – gli gridò uno dei vicini.
Fu allora che Loris capì che nessuno lo avrebbe ascoltato, proprio ora che invece stava dicendo la verità.

Loris sapeva di averla fatta grossa questa volta, perché infatti quando tornò a controllare il fienile, le pecore non c’erano più! Il lupo le aveva portate via tutte!
E adesso chi lo sentiva il papà?!

La sgridata per Loris fu esemplare. Loris promise solennemente di non dire mai più bugie e di smetterla di fare scherzi di cattivo gusto come quello, perché, quando ci sono in giro i lupi, non si scherza!

Morale della favola: a forza di dire le bugie non si viene più creduti neanche quando dice la verità.

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Filastrocche sugli animali 🐦

Le filastrocche divertenti che parlano di animali.

Queste sono filastrocche per bambini ispirate ad alcuni degli animali che più ci stanno a cuore, e che ci tengono compagnia, chi con il suo canto, chi con il suo caratteristico verso.

Queste filastrocche le ha scritte Lulù, con la sua solita leggerezza e simpatia.

Indice delle filastrocche

L’uccellino ferito 🐦

Ho visto un uccellino ferito in un prato,
non ho capito se è caduto o cosa è stato,
forse la sua mamma gli insegnava a volare
e lui però non è riuscito ad imparare.

Si sente solo, si sente smarrito,
non ha capito perché è ferito,
eppure aveva ascoltato per benino,
in cosa ha sbagliato, si sente un cretino.

I suoi fratelli gli volan vicino,
eppure hanno fatto lo stesso cammino,
perché loro sì e invece lui no,
è molto triste tutto ciò.

Ma noi non siamo tutti uguali,
chi mette prima o dopo le ali,
chi vola veloce e va lontano,
chi gira intorno a un deltaplano.

Il nostro uccellino adesso ha capito,
si guarda l‘ala un poco smarrito,
ma guarirà, questo lo sa,
e riprenderà il volo, ma con mamma e papà!

I due uccellini amici 🐦🕊

Due uccellini sono in un prato,
uno dei due però è azzoppato,
non si sa bene come è successo
e purtroppo, è proprio mal messo.

L’altro uccellino si ferma a guardare
e non capisce che cosa può fare,
gli lecca la zampa, lo vuole guarire,
è molto triste vederlo patire.

Gli porta un vermetto, lo vuol consolare,
è l’unica cosa che adesso può fare.
Deve pensare, lui è ancora piccino,
ma ha un cuore grande, come un mastino.

Per quanto ci pensi non c’è nulla da fare
e solo il tempo lo può risanare,
può stargli vicino, farlo mangiare,
la compagnia non gli deve mancare.

Passano i giorni e sono poi tanti,
l’uccellino sta bene, ce l’ho qui davanti,
comincia a saltare sulla zampina,
è buona cosa, mi dice una vocina…

Allora ho capito che l’amore fa tanto,
sono stato bravo e un po’ me ne vanto,
niente è nessuno ci potrà separare,
se guardi su in cielo ci vedrai volare.

Lo scambio 🌱

Un giorno mentre ero in giardino,
si è avvicinato un uccellino,
era stanco e molto assetato
e nella mano un po’ d’acqua ho versato.

Con molta paura ha iniziato a bere
dalla mia mano, come fosse un bicchiere,
poi ha preso il volo e si è allontanato
e, secondo me. un bacino mi ha inviato.

Dopo qualche giorno è ritornato,
nel suo beccuccio un seme ha portato,
lo ha fatto cadere vicino a me
e mi son chiesta:” chissà che seme è!”.

Quel seme dopo è germinato
e un grande albero è diventato
e mi ricorda quell’uccellino,
che ha scambiato un po’ d’acqua con un semino.

Il gattino 🐈

Oggi ho preso in mano un gattino
e l’ho girato vedendo il pancino;
tante tettine, un nido d’amore
e ho sentito batter forte il suo cuore.

E allora ho iniziato a pensare
a quante boccucce poteva sfamare,
se abbia 4 o 10 tettine,
se faccio il conto c’è da impazzire.

Ci son tanti gatti sparsi nel mondo
e tante persone gli portan conforto,
chi lascia il cibo fuor dal portone
e chi li fa entrare per poche ore.

E poi ci sono i più fortunati
che addirittura sono stati acquistati,
dal pelo raso o morbidosi,
per tutti i gusti si rendon preziosi.

Essi sono di compagnia
anche se a volte se ne vanno via,
riescono a tranquillizzare gli ansiosi
e se ci giocano li rendon gioiosi.

Non si può dire altro dei gatti,
se non che fanno molti misfatti,
addio alle tende o ai cuscinoni,
in fin dei conti i gatti son…birboni!

La zanzara Pitì 🦟

Son una zanzara e mi chiamo Pitì,
a nessuno piaccio ma son fatta così,
ho un triste compito, son fastidiosa
io pungo tutti e mi diverto a iosa.

Forse non tutti sanno perché,
siamo noiose e facciamo male, ahimè,
il nostro ronzio è per attirare un compagno,
lo cerco sempre attorno allo stagno.

Non sono cattiva, ho questo difetto,
non piaccio ai bambini, soprattutto a letto,
vi do un consiglio, lasciatemi fuori
perché se entro sono dolori.

Ogni animale è diverso dall’altro,
c’è chi è buono e chi invece tutt’altro,
son piccolina, mi puoi anche schiacciare,
solo così mi riuscirai a debellare.

Questa è la storia della zanzara Pitì,
è durata poco, solo per un dì,
forse è servita la sua esistenza
o forse per noi è meglio star senza!

La mantide cerca marito 👰‍

Una mantide religiosa si vuole sposare
ma non trova nessuno che la porti all’altare.
Tanti maschietti ci vorrebbero andare
ma non c’è nessuno che lo osa fare.

Questo insetto infatti è un po’ strano
se allunghi una zampa la mangia pian piano.
È molto strana questa cosa qui
ma purtroppo la Mantide fa proprio così.

Prima di tutto non è molto bella,
però ha un corpo da modella,
le lunghe zampe sono una figura
da far invidia a qualsiasi creatura.

La sua nomea gira in qua e in là
non ha amicizie e lei questo lo sa,
ma non importa, lei è fatta così
È alta e snella e si piace così.

L’eleganza del merlo 🐦

Un merlo passa
e poi vola via
ha fatto notare
la sua grande maestria
nel prendere il volo
e nel camminare
a testa alta
senza tanto pensare.

Col suo manto nero
di estrema eleganza
con gli altri uccelli
dà dimostranza
che non serve avere
un colorato piumaggio
e una livrea
non ti dà il coraggio.

Per quanto si dice
che il nero non è bello
se hai un bel portamento
diventa un gioiello,
il becco arancione
gli dona quel tocco
di estrema eleganza
in un corpo un po’ tozzo..

Persino le uova
che fa sono belle,
un tocco di cielo
e qua e là delle stelle.

La rinascita della farfalla 🦋

Oggi ho visto che nella piscina
era caduta una farfallina,
sbatteva le ali, voleva volare
ma non ce la poteva proprio fare.

La tirai fuori delicatamente
ma il suo respiro era assente,
io non sapevo che cosa fare
e la misi al sole ad asciugare.

Aveva le ali trasparenti
con delle strisce fluorescenti
e due antenne sul suo capino
e un corpicino marroncino.

E dopo vidi che respirava
e l’ala di destra piano vibrava,
voleva aiutarsi e darsi calore,
voleva togliersi da quel torpore.

E poi a un tratto cominciò a volare
e poco dopo sopra a un fiore girare.
L’avevo aiutata a tornare in vita,
la mia preghiera era stata esaudita

Le sette paperelle 🦆

Ho visto al lago sette paperelle,
eran fratelli e anche sorelle,
la loro mamma le guardava
e in mezzo ai bagnanti le accompagnava.

Alcuni bambini si misero ad osservare
mentre altri continuavano a giocare,
c’era anche chi giocava al pallone
mentre gli adulti prendevano il sole.

Un pezzetto di pane galleggiava
e mamma papera lo beccheggiava,
giunsero di corsa i piccolini
con l’entusiasmo di tutti i bambini.

Non più uno solo ma a decine
furono i pezzi, non c’era fine,
ognuno aveva un pezzo di pane
e quindi le papere continuavano a mangiare.

E dopo essersi ben ingozzate
presero il largo, un poco ingrassate,
guardarono indietro per un saluto
e presero il largo con fare piaciuto.

La gazza e il corvo ⚪⚫

Una gazza disse al corvo:

“lo sai il bene che ti voglio
son più bella e ho dispiacere,
ho le piume bianche e nere
che sono belle da vedere.

Il tuo piumaggio non è elegante
e di te se ne dicono tante,
che vai a caccia di serpenti
e metti ogni cosa sotto i denti.

C’è poi un detto un po’ strano
e si riferisce a un umano.
Se ti si incontra nella notte buia
c’è da aver proprio paura.

Poi si fan dei paragoni
che non sono certo buoni.

Ma il Signore ti ha creato
e un motivo avrà trovato,
ogni animale ha un suo perché,
ma non spetta dirlo a me.

Il tuo amore è fedele,
solo una ti appartiene,
una vita sempre insieme,
nulla lei adesso teme.

Ora andiamo a passeggiare,
siamo amici, non lo scordare
e se i bimbi mi guarderanno
su di te porrò il mio sguardo.

Ti dovranno ben vedere,
nulla a loro può accadere,
e vedran che da vicino
anche tu sei un po’ carino”.

Il bruco con lo scotch 🐛

Ho visto un bruco giallo e marrone
e mi ha fatto proprio impressione,
mentre su e giù egli strisciava
la coda sbatteva sulla strada.

Tun, tun, tun ad ogni passo,
vederlo andare era uno spasso,
però il bruco aveva un problema,
non era possibile, non se ne accorgeva?

Passo di lì il Gufo dottore
e vide il lombrico che, senza ragione,
strisciava per terra con grande fatica.
Non era giusto, non era vita!

Gli andò vicino, gli diede un’occhiata,
voleva vedere la camminata,
aveva dello scotch in fondo alla coda,
capì così perché zigzagava a iosa.

Chiamò a raduno i suoi aiutanti
e subito questi si fecero avanti,
l’uccello Carmelo tirò con il becco,
mentre Pallino aiutò lo stesso.

Con gli artigli districò lo scotch
e in poco tempo questo si staccò,
avevano fatto un bel lavoro,
ora il bruco poteva andar da solo.

Si girò indietro, guardò i suoi amici
e vide che questi erano felici.
Diede uno sguardo e salutò…
e una farfalla da terra si alzò.

Il topolino birichino 🐭🐱

Un gattino riposava
nella cuccia e non si alzava,
mamma gatto lo chiamava
ma il micetto non l’ascoltava.

Mentre dormiva passò un topolino
e vide il gattino nel suo cestino,
si avvicinò pian pianino
e lo morsicò sul sederino.

“Ahi che dolore, povero me”
Disse il micio tra sé e sé,
il sederino intanto gonfiava
e il topolino sghignazzava.

“Perché mi hai fatto tanto male,
io sono buono, non lo scordare
e la mia pappa con te ho condiviso,
il riso e il formaggio abbiamo diviso.”

Il topolino aveva sbagliato,
come poteva aver scordato
che il gattino era suo amico,
perché mai lo aveva ferito?

Chiese perdono al povero gatto
del misfatto che aveva fatto,
era davvero molto pentito
e del micetto fu di nuovo suo amico.

L’orsetto lavatore 🐻

Un orsetto lavatore
si lavava a tutte le ore
e quando aveva quasi ultimato
ricominciava tutto daccapo.

Passò di lì un maialetto
e lo vide fare il bagnetto.
“Non si deve lavarsi mai,
se lo fai sei nei guai”.

Il procione non capiva
quel che questi gli suggeriva
con un tono un po’ acceso,
beh, lo aveva quasi offeso!

“Perché mai dovrei lasciare
di far quello che mi pare,
a me piace esser bello
e lavarmi nel ruscello”.

Il maialetto non capiva,
era d’indole impulsiva,
e sbeffeggiò così l’orsetto
che nuotava nel laghetto.

Non aveva grandi amici,
tutti gli altri eran felici,
di mangiare, di saltare
e fra di loro anche giocare.

Forse il suo era un difetto,
l’esser bello, esser perfetto!
Si doveva rassegnare
e con gli altri insieme stare.
Era bello avere amici,
sol così si è felici.

I sette uccellini 🐤🐤🐤🐤🐤🐤🐤

Dentro un’anfora
nel mio giardino
un cinguettio
udii vicino.

Mi avvicinai
allora pianino
posi l’orecchio
dentro al buchino.

Di colpo vidi
uscir un uccellino
le piume eran gialle
era un canarino?

No, non poteva
essere quello
poteva forse
esser un fringuello.

Ma cosa dico,
è una cinciallegra,
che fregatura
che mi son presa.

Aveva covato
sette ovetti
e tutti quanti
uscirono lesti.

Non sanno ancora
bene volare,
ci tocca dunque
allora aspettare

E quando son pronti
se ne potranno andare
e il mio giardino
potran visitare.

Dopo che avranno
dato uno sguardo
voleran via
senza nessun traguardo.

Ma tanta strada
non deve fare
dovrà a Giugno
ancor ritornare

Ritroverà
la stessa casetta,
cioè l’anfora
che l’aspetta!

La rana invidiosa 🐸

Ho visto una tortora
in un giardino,
vicino al laghetto
del mio vicino.

Tra rane e pesci
essa volava
mentre una rana
vicino saltava.

Fece un sobbalzo,
lei sapeva volare
mentre la rana
sapeva saltare.

Voleva imparare
a far quella cosa,
tutti l’avrebbero
invidiata a iosa.

Che ci voleva,
lo poteva fare
si mise in posa
per osservare.

Allargò le zampe,
si fece anche male,
ma non importa,
doveva imparare.

Si mise d’impegno,
slanciò le zampine
e cadde in terra
in mezzo al cortile.

Tenta e ritenta,
non c’era nulla da fare.
La rana saltava,
lei doveva volare!

Il passerotto occhialuto 🐦👓

Un passerotto mentre volava
contro ogni cosa si schiantava
e non riusciva a capire il perché,
sapeva volare, altro non c’è!

Il passerotto era carino,
aveva un musino birichino,
un piccolo becco molto appuntito
ma alcune volte era ferito.

Andando a sbattere continuamente,
a volte si faceva male e a volte niente,
ma molto spesso era ammaccato
e qualche volta anche tagliato!

Mamma passero lo portò dal dottore,
un gufo saggio e molto sornione:
guardò il musino e poi gli occhietti
che non trovò proprio perfetti.

Doveva trovare una soluzione
per il passerotto e aveva ragione.
Tutta la notte restò alzato
ma un rimedio aveva trovato.

Quel povero passero tanto carino
non ci vedeva da vicino!
Prese due lenti, un fil di ferro,
li mise insieme e fece un modello,
forse un po’ strano ed inusuale
di occhialino, per poter volare.

Ora se guardi lassù nel cielo
e vedi brillare a ciel sereno,
è il passerotto, ma non lo fissare
perché si potrebbe… vergognare!

Chi sono

Lulù - fabulinis.com

Ciao sono Lulù, sono una nonna con molteplici passioni fra cui quella di attingere da esperienze quotidiane spunti per scrivere una fiaba o una filastrocca. Sono appassionata di tutto ciò che è bello. Non mi pongo obiettivi ma mi piacerebbe un giorno riuscire a pubblicare un libretto con i miei racconti. 😊

www.tiraccontounastoriablog.com

Filastrocche sulla primavera 🌼

Le filastrocche che profumano di sole e prati fioriti.

Queste divertenti filastrocche ispirate alla primavera e tutto quello che ci ruota attorno, vi terranno compagnia fino all’arrivo dell’estate.

Ma ora godetevi la dolcezza e la poesia delle simpatiche filastrocche di Lulù.

Indice delle filastrocche

La primavera e l’inverno 🌼⛄

La primavera è una bella signora
con tante collane e una corona
fatta di semi e tanti fiori
una miriade di svariati colori.

Arriva correndo in compagnia
del sole e del vento, in armonia.
Vuole portare tanta allegria
mentre l’inverno deve andar via.

Le passa davanti un bel ragazzino
che sta correndo col suo motorino
Ha anche il casco, è molto eccitato
e sta correndo lungo un fossato.

Vede passare una coppietta
lui che va piano ma lei che va in fretta.
Un picnic vogliono fare
poi mettersi a l sole a crogiolare.

Incontra una donna con un cagnolino
che gioca a palla nel suo giardino.
Tutti vorrebbero poter uscire
e il calor sul corpo sentire.

Ma qualcuno non è fortunato
ed è in casa molto ammalato.
Il signor inverno se ne deve andare
per molto tempo a riposare.

Lei è molto amica del caro inverno,
lui è un vecchio ed ha il cappello,
la barba bianca come la neve
e il suo passo è proprio greve.

Egli ama la bella signora
dai lunghi capelli e una bella chioma,
dalla risata accattivante
che lo fa “sciogliere” sempre all’istante.

Fece di tutto per non andar via,
voleva stare in sua compagnia.
Ecco, diciamo che è innamorato
della fanciulla che gli toglie il fiato.

Ma egli ben sa che non deve sperare,
è troppo vecchio, si deve rassegnare.
Per la primavera egli è un caro fratello,
anche se in fondo una volta era bello.

Ma non ci vuole proprio pensare
È giunta l’ora, lo deve salutare!

Maggio 🌞

Eccoci a Maggio, il mese del sole,
di verdi prati per far capriole.
I fiori sono di tanti colori,
per tutti i gusti e tutti i cuori.

Il vento intenso fa dondolare
le fronde degli alberi, lo senti arrivare…
I nidi sui rami stan quasi cadendo
mentre le uova si stanno schiudendo.

La primavera è proprio strana,
un po’ caldo e freddo nella stessa settimana.
Se c’è il sole si sta bene fuori
ma con le nuvole mettiamo i maglioni.

Se poi piove è tutto un pantano,
le rane nei fossi si danno la mano.
Si danno la mano per far un girotondo,
per loro la pioggia è la fine del mondo!

Ma adesso che vi ho parecchio annoiata
con una filastrocca non proprio azzeccata,
auguro a tutti una bella giornata.
Col sole o con il vento la primavera è arrivata!

La farfalla innamorata 🦋

Volteggia leggera,
si posa su un fiore
e hanno quasi
lo stesso colore.

Sbatte le ali,
vuol corteggiare
quell’esile fiore,
ha bisogno di amare!

Il fiore la osserva
e la sente pesare
sull’esile stelo
“Ma se ne vuole andare?

Ero felice,
mi godevo il sole
e questa farfalla
quasi marrone

mi sa che non mi vuole
proprio lasciare,
ma ha capito
che non c’è niente da fare?

Lei è una farfalla
io sono un fiore
e tra noi due
non può sbocciare l’amore.

Posso darle riparo,
farla riposare,
ma non c’è altro
che io possa fare!”

La farfallina
allora ha capito,
il piccolo fiore
può esser solo suo amico.

No, non si può accontentare,
lei cerca l’amore
che lui non può dare.

Con molta tristezza
e un velo nel cuore
riprende il suo viaggio
in cerca d’amore!

La natura incontrollata ⛈

C’era il sole lassù nel cielo
anche se questi non era sereno,
dall’altra parte c’era la luna
la sua presenza era inopportuna.

Ecco di corsa arrivare le stelle
erano tante ed erano belle.
Facevano però una confusione
in un contesto senza ragione.

Ma cosa stava succedendo nel cielo,
era sereno o pioveva davvero?
E come mai la neve imbiancava
quel terreno che la gente lavorava?

Passarono insieme moltissimi uccelli,
alcuni brutti alcuni belli.
Non si capiva proprio più niente,
c’era qualcosa di imminente.

Era sbagliata la confusione
che c’era in cielo, non c’era ragione.
Ognuno lassù era fuori posto,
se c’era la luna il sole è nascosto
e se pioveva non c’eran le stelle,
sembrava che ognuno fosse ribelle.

Ecco era marzo, il pazzerello,
quello del sole e dell’ombrello,
quello che a volte fa nevicare
e il raccolto danneggiare.

Era arrivata la primavera
e sulla terra ognuno spera,
in belle giornate di sole o di pioggia
solo così la natura s’invoglia
di dare frutti, un buon raccolto,
le camminate quando il sole è già sorto.

Allora il Signore lassù nel cielo
si diede da fare e in un baleno
tutto fu bene sistemato
e il Signore tirò di fiato!

Il trattore verde pisello 🚜

Ho visto un trattore
sfrecciare lontano.
andava veloce
però contromano.

Il suo colore
era verde pisello
disegnato sul cofano
un bel pipistrello.

Correva per strada
e infine nei prati
e i miei occhi
eran incantati.

Volevo salire
sul grande trattore,
volevo guidare
a tutte le ore.

Di giorno, di notte
non era importante
bastava guidare
per sentirmi grande.

Mi avvicinai
allora pianino,
guardai su in alto,
ero proprio piccino!

Chi lo guidava
era un gran omaccione,
mi diede uno sguardo
mi fece terrore.

Tornai allora a casa,
presi i miei giochi
e ve lo assicuro,
non erano pochi.

Presi il trenino,
le mie macchinine
e il mio trattorino
con le ruote piccine.

Avevo anch’io
la mia fattoria
con tanti animali
e chiesi alla zia:

“Ti prego, giochiamo
io prendo il trattore,
le mucche, le pecore
il vecchio furgone.”

Giocammo insieme
per tantissime ore.
Da grande, sicuro
avrei fatto il fattore!

Chi sono

Lulù - fabulinis.com

Ciao sono Lulù, sono una nonna con molteplici passioni fra cui quella di attingere da esperienze quotidiane spunti per scrivere una fiaba o una filastrocca. Sono appassionata di tutto ciò che è bello. Non mi pongo obiettivi ma mi piacerebbe un giorno riuscire a pubblicare un libretto con i miei racconti. 😊

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Il leone e il topo 🦁🐭

Le dimensioni e la forza contano, ma a volte un prezioso aiuto può arrivare anche da un piccolo topino

La favola di Esopo de Il leone e il topo ha qualcosa da insegnare a tutti noi.

Mostra come in certe situazioni anche chi è piccolo (il topolino) può essere di grande aiuto, e come chi è grande e forte (il leone) viene ricompensato se rinuncia a fare il prepotente.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del leone e il topo!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il leone e il topo raccontata da Silvia!

Il leone e il topo 🦁🐭 storia completa


C’era una volta, nella grande foresta, un maestoso leone, che si riposava all’ombra di un grande albero.
Stava controllando se in lontananza c’erano delle prede da poter cacciare, ma in quel momento non vedeva niente di interessante.
Così il pomeriggio passava lento. All’orizzonte non c’era nessuna preda da poter prendere e la pancia iniziava a brontolare dalla fame.

– Forse è meglio se mi sposto da qui e vado a cacciare in un’altra zona – si disse, abbastanza infastidito al pensiero di doversi alzare.
Ma proprio quando ormai aveva deciso di alzarsi ed andare via, ecco un piccolo topolino corrergli proprio davanti alle zampe.

Il leone colse al balzo l’occasione e, con uno scatto felino, bloccò la coda del topino con la zampa.
Il topino, che sperava di non essere visto, iniziò ad urlare disperato quando sentì di essere bloccato.
Il leone già pregustava il piccolo bocconcino come antipasto e si stava leccando i baffi.

Ma il topino, con le lacrime agli occhi iniziò a supplicarlo.
– Non mi mangiare, signor leone, ti prego non mi mangiare!
Il leone sorrise e iniziò a tirare con la zampa il topino verso di sé.
– Non mi mangiare, signor leone – continuò il topino – non ti sazierei che per pochi minuti da tanto sono piccolo.

Il leone pensò che questo era vero: quel topolino gli avrebbe placato la fame giusto per il tempo di alzarsi da lì.
– E poi le mie piccole ossicine rischierebbero di andarti di traverso in gola.
Anche questo era vero, pensò il leone, che smise di trascinare verso di sé il topolino.
– Se mi lascerai andare ti sarò riconoscente per tutta la vita! – disse infine il topo.
Il leone, mosso più dalla fatica di ingoiare quel piccolo pasto che dalla pietà per il topolino, lo lasciò andare.

– Vai topolino, forse un giorno ci rivedremo…
Il topolino ringraziò solennemente con grandi inchini e bacia-zampe, e poi scomparve tra le sterpaglie della foresta.

Il leone si decise infine ad andare in cerca di altre prede. Si incamminò dentro la foresta, ma dopo essere avanzato un po’ ecco che all’improvviso un legaccio fatto di corda lo intrappolò.
Il leone capì subito che quella era la trappola costruita da qualche cacciatore, e sapeva benissimo che da quel tipo di trappole non c’era scampo.

Il leone tirò con tutte le forze per cercare di liberarsi, ma più tirava, più il legaccio gli si stringeva alle zampe e gli faceva male. Dopo molti tentativi il leone si rassegnò, e si mise ad attendere il proprio destino.
Ma ad un tratto sentì qualcosa che stava lavorando sulla corda.
Guardò meglio e si accorse che il topolino di prima stava cercando di tagliare il legaccio con i suoi denti aguzzi.

– Non preoccuparti, signor leone, tra poco sarai di nuovo libero.
Il leone fu sorpreso dal gesto del topolino. Non si sarebbe mai aspettato che un animaletto così piccolo avrebbe potuto salvargli la vita.
– Topolino mio, io ti ho risparmiato la vita, e ora tu salvi la mia, questo ti fa grande onore!
Il topolino intanto lavorava veloce, e in pochi attimi il leone fu libero.

– Signor leone, quando si dà la parola d’onore, la si mantiene!
– Certo topolino mio e io ti ringrazio moltissimo per avermi liberato da questa trappola terribile. Ora siamo pari, e per tutta la vita anche io ti sarò riconoscente.

I due si salutarono, e andarono ognuno per la propria strada.
Ma il leone aveva imparato una lezione importantissima: bisogna essere gentili con tutti, anche con il più piccolo degli esseri viventi, perché l’aiuto più importante della vita potrebbe arrivare proprio da lì.

Morale: anche i più piccoli possono essere di grande aiuto, e chi è grande e forte non deve fare il prepotente.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il brutto anatroccolo 🐣

Il brutto anatroccolo è la fiaba che insegna a credere in sè stessi e non perdere mai la fiducia nelle proprie capacità.

Questa favola scritta in origine da Andersen aiuta a spiegare al tuo piccolo che col tempo diventerà un magnifico cigno, anche se al momento c’è qualcuno che al momento gli dice il contrario.

Soprattutto puoi spiegargli che non è l’aspetto esteriore che conta, ma la fiducia in sè stessi e la forza di non perdere mai la speranza che domani sarà un giorno migliore.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del brutto anatroccolo!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il brutto anatroccolo raccontata da Silvia!

Il brutto anatroccolo 🐣 racconto completo


C’era una volta un’anatra che stava aspettando la schiusa delle sue uova, poste nel nido fatto sulla riva di un laghetto all’interno del campo di una fattoria.
Poco a poco le uova si schiusero tutte, e ne uscirono dei bellissimi pulcini tutti dorati. Però mancava ancora un uovo, quello più grande di tutti, lui tardava a schiudersi.

Finalmente l’uovo si aprì e… Che sorpresa! Mamma anatra e i suoi fratellini videro uscire da quell’uovo più grande del normale uno strano anatroccolo, tutto grigio e goffo!
I suoi fratellini lo ribattezzarono subito “Brutto Anatroccolo” e non mancavano mai di prenderlo in giro e fargli gli scherzi.

Mamma anatra cercava di difenderlo come poteva, e quando era triste il Brutto Anatroccolo correva da lei a farsi stringere e coccolare.
Ma purtroppo anche le altre anatre che abitavano il laghetto lo deridevano e lo prendevano in giro, tanto che il poverino tornava sempre a casa con i lacrimoni agli occhi.

Un giorno il Brutto Anatroccolo decise che ne aveva abbastanza di tutte quelle stupide anatre che lo trattavano male.
– Andrò dove troverò delle anatre che mi sapranno apprezzare per quello che sono – si disse, e spiccò un volo incerto con le sue piccole alette.

Non riuscì ad andare molto lontano, e per la stanchezza si fermò in uno stagno lì vicino, dove vide arrivare uno stormo di anatre selvatiche.
– Forse loro mi accetteranno meglio di come mi hanno accettato le anatre della fattoria – pensò.

Il Brutto Anatroccolo si avvicinò piano piano allo stormo che stava riposando sulle acque dello stagno, e quando fu abbastanza vicino si presentò facendo la riverenza.
– Salve a tutte signore anatre selvatiche io sono…

Ma non fece in tempo a finire la frase che già le anatre selvatiche lo stavano additando e deridendo.

– E cosa saresti tu? Un anatroccolo mostriciattolo? – e continuarono a ridere.
Il povero anatroccolo, deluso, amareggiato e pieno di lacrime, scappò via anche da lì, finché stremato dal volo non si fermò sulle rive di un altro stagno non molto lontano.

Lì vide degli splendidi e candidi cigni che nuotavano con grazia ed eleganza sullo specchio d’acqua.
Erano così belli che il Brutto Anatroccolo ne rimase incantato.
Più li guardava e più pensava: “quanto vorrei essere bello come loro…”

Così, senza nemmeno accorgersene, aveva nuotato verso di loro, fino ad arrivare praticamente in mezzo al gruppo.
“Forse mi beccheranno e mi cacceranno anche loro” pensò l’anatroccolo “ma preferisco che siano a farlo loro, che sono bellissimi davvero, piuttosto che quelle stupide anatre vanitose…”

Ma invece che deriderlo e cacciarlo, i cigni gli corsero tutti incontro, salutandolo e abbracciandolo.
Il Brutto Anatroccolo non capiva, e chiese: – come mai non mi deridete e non mi prendete in giro per quanto sono brutto?
Una di loro gli rispose – brutto tu?! Ma se stai per diventare uno splendido cigno!

– Cigno io?! – rispose sbalordito il Brutto Anatroccolo
Tutti i cigni si misero a far di sì con la testa e gli sorrisero con calore.
– Aspetta qualche giorno e vedrai…

E fu così che dopo pochi giorni il Brutto Anatroccolo si svegliò, ed andatosi a specchiare nello stagno vide che tutte le sue piume grigiastre erano diventate bianche come il latte, e la sua goffaggine si era trasformata in un portamento elegante ed aggraziato: era diventato un cigno!

E quanto era bello, il più bello di tutto lo stagno!
– Quando ero ancora un Brutto Anatroccolo, non avrei mai immaginato che un giorno sarei stato così felice!
E spiccò il volo insieme a tutti i suoi nuovi amici.

Morale della favola: solo credendo sempre in sè stessi e nelle proprie capacità alla fine si riesce a diventare grandi accettandosi per quello che si è.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La volpe e la cicogna 🦊

Chi la fa l’aspetti… e i proverbi non mentono mai!

Le favole di Esopo hanno sempre una morale da insegnarci, questa favola ad esempio spiega che se si fa uno scherzo a qualcuno, bisogna essere pronti anche a riceverne.

Questa fiaba può essere utile se si ha a che fare con un bimbo a cui piace fare gli scherzi ma che poi si arrabbia molto quando è il suo turno di riceverne uno…

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della volpe e la cicogna!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la volpe e la cicogna raccontata da Silvia!

La volpe e la cicogna 🦊 favola completa


C’erano una volta una Volpe e una Cicogna, che avevano fatto amicizia. La Volpe allora pensò di invitare a pranzo la nuova amica.
Ma quando dovette decidere cosa preparare, la Volpe pensò bene di fare un piccolo scherzetto alla signora Cicogna.

Preparò un succulento brodino di verdure, e lo servì su un un bel piatto di porcellana, con i bordi molto bassi e invitò la Cicogna ad assaggiarlo.

La cicogna, sentito il profumino del brodo, si sedette a tavola e cercò di bere il brodino ancora fumante.
Ma con il suo lungo e appuntito becco la Cicogna non riusciva a bere dal piatto basso che la volpe le aveva preparato.

La Volpe, che si stava divertendo un sacco alle spalle della cicogna, la invitava a bere e faceva finta di non capire coma mai non le piacesse.

La cicogna aveva ben capito lo scherzo della Volpe ma decise di far buon viso a cattivo gioco.
– Scusami signora Volpe, ma oggi non mi sento molto bene, penso tornerò a casa a riposare – disse la cicogna congedandosi dalla volpe.

Qualche giorno dopo fu la cicogna a invitare la Volpe a pranzo.

La cicogna aveva preparato un magnifico piatto a base di pesce ma lo aveva messo in un vaso trasparente dal collo lungo e stretto, dove il suo becco riusciva ad entrare alla perfezione.

Ma il muso della volpe invece era troppo grosso per arrivare fino in fondo, e più la volpe cercava di infilarcelo, più si arrabbiava.

L’odorino invitante del pesce che non avrebbe potuto mangiare, la stava facendo uscire di testa, finché ad un certo punto, stufa di essere presa in giro, sbottò:
– Mi hai ingannata Cicogna mia! Hai messo il cibo in questo vaso dal collo lungo e stretto di proposito per non farmi mangiare! Io me ne vado!

La cicogna guardò la volpe con aria soddisfatta e le rispose:
– Chi la fa, l’aspetti!
E continuò a mangiarsi beata il suo bel pranzetto a base di pesce.

Morale della favola: se prendi in giro qualcuno ricordati che poi prenderanno in giro anche te!

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La fata del lago ⭐

Le fate sono creature magiche che hanno il potere di rendere felici le persone.

La nostra fata allieta le giornate della valle con il canto della sua voce.

Ma un giorno il canto della fata sparisce! Tutto diventa più difficile, e tutte le persone della valle iniziano a sentirsi sempre più tristi…

Ma la nostra fata saprà far ritornare il sorriso ed il buonumore a tutti.

Questa fiaba è tratta da un racconto popolare originario della Val d’Aosta, buon divertimento!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare La fata del lago raccontata da Silvia!

La fata del lago ⭐ storia completa


C’era una volta un lago dove, nascosta dentro una grotta, viveva una splendida fata.
Nessuno degli abitanti della valle però l’aveva mai vista, perché era abilissima a nascondersi e se necessario a trasformarsi in qualche animaletto per sfuggire dalle persone.
Tutti però l’avevano sentita cantare, la sua voce era così bella e armoniosa che, anche le più dure giornate di lavoro, sembravano più leggere ascoltandola.

Un giorno due piccoli pastorelli che stavano controllando le loro pecore, sentirono la voce della fata cantare. Era così vicina che i due si nascosero dietro un albero per paura di essere visti, ed infatti dopo un attimo comparve nel prato la bellissima fata dai capelli color blu come il mare.
Il più piccolo dei due esclamò:
– E’ la fata del lago!

Il più grande non fece in tempo a tappargli la bocca che la fata si girò verso di loro, sorpresa.
La fata, a questo punto fuggì via veloce e si rifugiò dentro al bosco.
I due pastorelli cercarono invano di rincorrerla, ma lei fu troppo veloce e dopo poco non riescirono più a vederla, era sparita.
I due tornarono a casa di corsa, volevano raccontare a tutti dell’incontro con la fata, ma appena entrarono in casa sentirono il papà che diceva alla mamma:

– Oggi ad un certo punto la fata del lago ha smesso di cantare… non l’abbiamo più sentita, arrivare a fine giornata senza il suo canto è proprio dura…
I due pastorelli si guardarono i faccia, forse la fata aveva smesso di cantare proprio per colpa loro, pensarono entrambi, e se ne stettero zitti zitti.

E infatti da quel giorno la fata non cantò più, e tutti gli abitanti della valle si sentivano sempre più tristi e stanchi dal duro lavoro.
Il canto della fata mancava a tutti.
I due pastorelli pensarono di averla combinata proprio grossa, e decisero di rimediare.

Si misero a cercare la grotta della fata per tutto il lago, finché un giorno mentre ne stavano esplorando una, sentirono dei singhiozzi di pianto provenire dal fondo.
– Signora fata del lago? – disse il più grandicello dei due pastorelli.
– Non avvicinatevi! Cosa volete da me?! – rispose piangendo la fata.
– Volevamo solo scusarci per l’altra volta, non era nostra intenzione farle prendere paura…

– Non ho preso paura… è solo che voi mi avete vista!
– Ci scusi se l’abbiamo vista, eravamo solo curiosi e…
– Ma perché non vuole essere vista? Lei è così bella! – interruppe il pastorello più piccolo.
– Non è vero! – rispose la fata, piangendo ancora di più – sono orribile!
I due pastorelli si guardarono in faccia meravigliati.

– No, no signora fata, lei è proprio bella! – continuò il più piccolo.
– Come fai a dire che sono bella con questi orribili capelli blu! Tutte le altre fate hanno i capelli color dell’oro, io invece ho i capelli color del mare… – e scoppiò in un altro pianto.
I due pastorelli rimasero ammutoliti per quella strana spiegazione. Per loro due la fata era la donna più bella che avessero mai visto.

– Mi creda signora fata che per noi lei è bellissima… e poi la sua voce lo è ancora di più, da quando non la sentiamo più cantare, tutti gli abitanti della valle sono più tristi…
La fata pian piano smise di piangere.
– Davvero senza il mio canto tutti gli abitanti della valle sono più tristi?
I due pastorelli annuirono con forza.

La fata stette un attimo in silenzio.
– E davvero nonostante i miei capelli color del mare voi pensate che io sia bella?
I due pastorelli annuirono con ancor più forza.
La fata li guardò negli occhi, non mentivano.
– Se promettete di non dire a nessuno dove sta la mia grotta, tornerò a cantare per tutti gli abitanti della valle.
– Promettiamo! – dissero in coro i due pastorelli.

La fata sorrise, e i due pastorelli pieni di felicità e orgoglio per aver risolto la questione, si misero a saltare e gridare di gioia.
I due salutarono la fata e corsero subito verso casa, e già dopo pochi passi, sentirono alle loro spalle la meravigliosa voce della fata riprendere a cantare.

Tutti gli abitanti della valle, sentendo di nuovo il canto della fata, si fermarono ad ascoltare incantati. Di colpo erano di nuovo tutti felici, e quella sera stessa fecero una gran festa in onore della fata, con canti balli e un gran banchetto.
E i due pastorelli erano i bimbi più felici di tutti.

⚜ Fine della fiaba ⚜

La grande diga 🌊

Il pianeta è ammalato, gli animali del mondo riusciranno a salvarlo?

In questa fiaba breve a sfondo ecologico, tutti gli animali riuniti prendono in mano le sorti del nostro pianeta, e decidono di trovare una “cura” ai danni prodotti dalla troppa plastica che ormai rischia di avvelenare tutti noi.

La grande diga 🌊 storia completa


Un giorno i rappresentanti di tutti gli animali del mondo decisero di riunirsi in una assemblea generale: il pianeta si era ammalato, e la malattia si chiamava “plastica”.
Naturalmente la causa della tragedia era la cattiva condotta dell’uomo, storicamente poco attento al rispetto della natura.
A sollevare la questione erano stati i pesci, poi gli uccelli marini, poi gli orsi polari, le foche, e in poco tempo tutte le specie capirono che dovevano lottare insieme per la sopravvivenza.

Un capodoglio che aveva ingerito grosse quantità di plastica, prima di morire, arenato in spiaggia, aveva sussurrato ad un gabbiano: “salvate il mondo”.
L’uccello, con il cuore spezzato, volò per giorni per diffondere il messaggio del povero cetaceo.
Tutti gli animali capirono che era tempo di unire le forze, e dai poli all’equatore ci fu un movimento epocale, alla ricerca di una misura straordinaria.

La plastica era ovunque, in frammenti, in agglomerati, in grosse isole galleggianti, e avanzava, minacciosa, letale.
Molte creature trovarono la morte in mezzo alla plastica: alcune mentre la combattevano, altre, ignare, mangiandola, altre ancora intrappolate nei sacchetti: era la fine.
Ci fu un grande scompiglio tra gli animali più astuti e intelligenti: i delfini cercarono di insegnare alle altre creature acquatiche a riconoscere il pericolo, gli albatros organizzarono squadre di soccorso e sulla terra, i lupi e le volpi, ormai alleati, pianificarono strategie difensive.

Ma non era sufficiente allearsi e combattere: bisognava estirpare il male.
Tutti i rappresentanti, durante l’assemblea generale, avevano proposto una soluzione.
Gli animali di grossa taglia avevano pensato di trasportare la plastica in un’isola deserta, ma anche quella era una soluzione temporanea, perché le maree avrebbero sparpagliato di nuovo l’immondizia in ogni luogo.
I pesci, rischiando la vita, volevano seppellire la plastica negli abissi, ma anche dal fondo sarebbe emersa, tornado a galla minacciosa.

Gli uccelli volevano impiegare la plastica per fare un enorme nido, ma il pericolo era evidente: i piccoli, una volta schiuse le uova, avrebbero mangiato i frammenti, e avrebbero fatto la stessa fine delle altre vittime.
Le povere tartarughe, con il guscio deformato dalle trappole di plastica, avevano proposto di formare una barriera tra la spiaggia e il mare, ma le onde, con il tempo, avrebbero distrutto tutto.
Le scimmie, ormai esperte nel riutilizzo dei rifiuti, avevano proposto di costruire delle città in plastica, ma anche in quel caso, molti animali potevano rimanere soffocati o intrappolati nelle strutture: del resto gli animali non sono esperti in opere ingegneristiche.

In realtà, come osservò un orso bruno attempato, un animale esperto in ingegneria poteva essere coinvolto: il castoro.
I castori non sono animali famosi per la loro astuzia, per cui non si erano pronunciati durante l’assemblea.
Timidi, simpatici e impacciati, i castori avevano già combattuto una guerra infinita contro il bracconaggio: infatti la loro pelliccia è molto pregiata.

Tuttavia i castori non si erano mai lasciati abbattere, e continuavano senza sosta a costruire dighe principalmente per due motivi: per proteggere le loro tane costruite sull’acqua e per difendersi dai predatori, grazie ai fossati che si formano dalla stagnazione dell’acqua intorno alle strutture.
Gli animali presenti in assemblea proposero di costruire le dighe in plastica non solo per formare una protezione efficiente per le tane che ospitano i castori, ma anche per impiegare tutto quel materiale sparso in ogni angolo della terra.

Il più anziano dei castori, convocato urgentemente in assemblea, abbozzò un progetto: formare una specie di stagno grazie a bottiglie e sacchetti di plastica, poi costruire una rete di canali molto fitta per conservare il cibo da consumare nel periodo invernale e infine articolare le vie di fuga e le varie tane.
Per realizzare un progetto così laborioso i castori avrebbero dovuto contare su tutti gli animali: gli elefanti per trasportare tutto il materiale, i pellicani e i cormorani per raccogliere i sacchetti, tutti i roditori per modellare la plastica cercando di non ingerirla, e tanti altri esemplari per coordinare i lavori in tutto il pianeta.

L’assemblea durò per giorni, fino a quando il re, il leone, che fino a quel momento era stato in silenzio, seduto sul trono, malinconico per quanto stava accadendo al regno animale, posò la sua corona e indossò un elmetto da operaio.
Ci fu un grande stupore per quell’insolito gesto, ma poi il leone sorrise, e con il cuore pieno di fiducia pose la sua grossa zampa sulla spalla del vecchio castoro e disse: “che tutti gli animali possano salvare il mondo, e che la diga sia l’opera più importante della storia”.

Passarono di lì alcuni uomini, minacciosi, con un fucile in mano: avevano visto tutti quegli animali e volevano portare a casa dei trofei.
Uno di loro, però, fece un passo indietro vedendo un leone con l’elmetto da operaio in compagnia di un vecchio castoro, e cercò di capire.

Per un uomo non è facile cogliere tanto amore in un solo gesto, riconoscere l’umiltà di un re che ripone la sua fiducia in un goffo roditore con la coda larga e piatta, notare che gli attriti tra creature diverse possono essere messe da parte per qualcosa di tanto importante come la sopravvivenza.

I suoi compagni alzarono il fucile, e allora il leone si mise davanti al castoro, per fare scudo con il suo corpo.
Solo allora gli uomini si fermarono, pronti ad ammirare tanto coraggio.
Faceva caldo, tanto caldo.
Prima di andare via, tirarono fuori dell’acqua dagli zaini, e una volta dissetati, consegnarono le bottiglie di plastica ai castori.

⚜ Fine della fiaba ⚜
fabulinis ringrazia Rossana Costantino per aver condiviso con tutti noi questa bella fiaba a sfondo ecologico.

La volpe e l’uva 🦊🍇

La volpe vuole l’uva appesa in alto sul tralcio di vite, ma anche saltando più in alto che può non ci arriva…

La volpe e l’uva è una famosissima favola di Esopo, che ci dà un insegnamento molto importante: non bisogna disprezzare qualcosa solo perché non lo si può ottenere, come fanno spesso le persone che non ammettono la possibilità di fallire.

Capita a tutti di fallire in qualcosa, ma non per questo bisogna svalutare o disprezzare quello che prima era l’oggetto del desiderio. Piuttosto sarebbe meglio accettare con molta umiltà la sconfitta e impegnarsi meglio per la prossima sfida che la vita ci porrà davanti.

Questa favola breve scritta in origine da Esopo è arrivata a noi grazie anche a Fedro e a mille versioni successive, questa è la versione di fabulinis.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della volpe e l’uva!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la volpe e l’uva raccontata da Silvia!

La volpe e l’uva 🦊🍇 storia completa


C’era una volta una volpe che vagava tranquilla per il bosco. Aveva appena bevuto ad un ruscello e si stava avventurando in cerca di cibo verso i campi coltivati, appena fuori dal paesello vicino.

Era già mattina inoltrata, e la fame iniziava a farsi sentire con sonori brontolii provenienti dal pancino.
Ad un certo punto, dopo aver camminato per un po’, vide una bella vigna piena di bellissimi grappoli d’uva.

La volpe controllò che non ci fossero pericoli in vista e si avvicinò furtiva ad uno dei grappoli, quello che le sembrava più vicino.
Non c’era nessuno nelle vicinanze. Era il momento perfetto per fare un bel salto e prendersi il grappolo d’uva!

La volpe quindi prese la rincorsa e… hop! Fece un balzo cercando di afferrare coi denti il grappolo, ma niente: non ci arrivò.
La volpe allora prese un po’ più di rincorsa e hop! Fece un altro balzo, ma anche questo non era abbastanza alto per riuscire ad arrivare al grappolo d’uva.
La volpe allora provò a prendere una rincorsa ancora più lunga e hop! Niente, non arrivò a prendere il grappolo d’uva.
Intanto il suo pancino brontolava sempre più dalla fame.

La volpe provò e riprovò. Le mancava sempre un soffio per prendere il grappolo d’uva ma non c’era verso, non riusciva ad arrivarci.
Stremata dalla fatica e dalla fame, la povera volpe guardò se nella vigna c’erano altri grappoli, magari più bassi, da poter prendere. Ma niente, erano tutti più in alto di quel grappolo che lei aveva cercato con tutte le sue forze di acciuffare.

La volpe diede un ultimo lungo sguardo al bel grappolo d’uva che tanto aveva sognato di mangiare, e per non ammettere di non essere riuscita nella sua impresa, si disse:
– Meglio così, tanto di sicuro quel grappolo era ancora acerbo e mangiarlo mi avrebbe solo fatto venire mal di pancia! – anche se sapeva benissimo che non era vero.

Così, sconsolata e ancora più affamata, ritornò con la coda tra le gambe nel suo boschetto. Si mise a caccia di qualcos’altro da mangiare, cercando questa volta di adocchiare qualcosa che avrebbe sicuramente preso.

Morale della favola: è facile e tipico di chi è arrogante disprezzare ciò che non si può avere. Meglio impegnarsi con molta umiltà per ottenerlo o trovare un’altra soluzione.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Lola e Margherita 🌼


Lola è triste ma la sua nuova amica Margherita sa come fare per farla tornare felice!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Ascolta qui l’audiofiaba della storia del signor tempo:

Lola e Margherita 🌼


C’era un sole meraviglioso e caldo quella mattina, si sentivano voci di bambini e mamme allegre. Margherita uscì nel bosco.
Dovete sapere che Margherita era un fiore speciale. Non era una una normale margherita con i petali bianchi, i suoi petali erano tutti colorati ed erano magici. La sua mamma le aveva infatti appena confidato che dai suoi petali Margherita poteva sprigionare una polvere magica per attirare l’attenzione dei bambini che incontrava e, parlando con loro, avrebbe potuto rallegrarli se erano tristi. Margherita non vedeva l’ora di provare!

C’era tranquillità nell’aria, una tranquillità che contagiò anche Margherita fino a che, però, vide una bimba un po’ triste che camminava. Aveva una bella maglia verde, pantaloni rosa, uno zaino tutto colorato e un paio d’occhiali verdi proprio come la sua maglietta. Margherita continuando ad osservarla pensò, tra sé e sé, che magari quella bambina così carina era un po’ triste perchè non aveva molta voglia di andare a scuola. Così decise che avrebbe aspettato prima di parlare con lei.

Passarono un po’ di giorni ed ecco che si ritrovò la stessa bimba davanti agli occhi ed era ancora triste.
Margherita pensò alle parole che le aveva detto la sua mamma e decise di far uscire la polverina magica. Incrociò subito lo sguardo della bimba. Lei incuriosita cercò di capire da dove venissero tutti quei puntini luminosi. Si guardò intorno e vide questo fiore bellissimo, tutto colorato, un po’ come i suoi vestiti. Decise di avvicinarsi per toccarlo e così “MAGIA!” il fiore iniziò a parlare.”Buongiorno bambina io mi chiamo Margherita e tu?”

“Ciao io sono Lola” rispose la bambina che non credeva ai suoi occhi
“Si lo so i fiori non parlano! Posso farti una domanda? Perchè la mattina vai a scuola sempre triste?”
“Odio i miei occhiali! Le altre bambine sono così belle senza!” Margherita si avvicinò a Lola e l’abbracciò forte, poi disse “Secondo me i tuoi occhiali sono molto belli! Me li presti?”

Lola era un po’ preoccupata, la mamma le diceva sempre che non erano un giocattolo.
“Dai prestameli solo per un pochino , voglio vedere come ci si vede!” disse Margherita.
A quel punto la bambina glieli porse e Margherita se li infilò. In quello stesso istante Lola iniziò a sentirsi strana: tutto ciò che la circondava era diventato appannato, i colori erano sbiaditi e, nonostante fosse tanto vicino a lei, non riusciva a vedere bene neanche Margherita.
La piccola scoppiò a piangere.

“Non posso stare senza i miei occhiali, non riuscirei nemmeno a giocare, a correre, restituiscimeli subito per favore” implorò Lola singhiozzando.
Margherita le restituì gli occhiali e cercò di spiegarle che c’erano dei bambini, proprio come lei, che avevano bisogno di quelle due piccole lenti per vedere meglio. “Non devi sentirti diversa o più brutta! Sei bellissima comunque!”

Lola asciugò le lacrime e riprese i suoi occhiali, se li mise e tutto tornò chiaro, bello com’era sempre. “Ora possiamo anche giocare: riesco a vedere anche te!” Tutte e due scoppiarono in una grande risata e trascorsero insieme tutto il pomeriggio, giocando e divertendosi.

Lola, da quel giorno capì, grazie a Margherita, che i suoi occhiali non la rendevano diversa, anzi! Grazie a loro, lei riusciva a fare tutto quello che facevano le altre bambine! Finalmente non era più triste!
La nostra Margherita era contentissima di aver aiutato Lola grazie alla sua magia e si incamminò in cerca di qualche altro bambino da rendere felice.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️
fabulinis ringrazia di cuore l’amica Ilaria Pasquali per aver condiviso qui la sua fiaba.

La cicala e la formica 🐜

La cicala balla e canta mentre la formica fa provviste per l’inverno che sta per arrivare… chi delle due arriverà meglio preparata all’arrivo del freddo?

La cicala e la formica è una favola famosissima, scritta da Esopo secoli fa e arrivata fino a noi grazie a Jean de La Fontaine.

La morale della favola ci insegna che, se si vuole arrivare preparati ad affrontare i momenti difficili, è necessario impegnarsi e lavorare sodo!

Questa è la versione di fabulinis, ma ci piace citare anche Gianni Rodari che ha una diversa “visione” della morale della favola:

Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della cicala e la formica!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la cicala e la formica raccontata da Silvia!

La cicala e la formica 🐜 racconto completo


C’era una volta un’estate calda calda, e una cicala a cui non piaceva né sudare né far fatica. L’unica cosa che le piaceva fare era cantare tutto il giorno.

Sotto il ramo dell’albero dove stava sdraiata comoda la cicala, passava avanti e indietro una formica, tutta indaffarata a portare sulla sua schiena un sacco di cose: pezzetti di cibo, sassolini, legnetti ecc.
La cicala, vedendo quanto era sudata la formica, iniziò a prenderla in giro:
– Vieni quassù con me, signora formica. Fa più fresco e, mentre ti riposi, cantiamo insieme qualche canzone – e, così dicendo, iniziò a cantare.

– Grazie mille per l’invito, signora cicala, ma io sono molto indaffarata a mettere via provviste per l’inverno e a sistemare la mia casetta per proteggermi dal freddo, quando arriverà – e, così dicendo, continuò ad andare avanti e indietro per il prato, indaffarata.
– Ma l’estate è ancora lunga – continuò la cicala – e l’inverno ancora lontano. Non preoccuparti adesso, ci sarà tempo più avanti per mettere via le provviste!

La formica scosse un po’ la testa e continuò imperterrita il suo lavoro, senza più badare alla cicala.
– Fai come vuoi, formica mia. Io intanto mi godo questa meravigliosa giornata standomene qui rilassata a riposare – e la cicala riprese a cantare un’altra canzone.

Ma i giorni e poi i mesi passarono veloci, ed ecco che, puntuale, arrivò l’inverno, col suo freddo e col suo ghiaccio.
La cicala vagava per i campi e i prati arrabattandosi come poteva, recuperando qua e là qualcosa da mangiare e riparandosi dal freddo dove capitava.

Vagando vagando, una sera in cui il buio era sceso molto presto, incontrò una piccola casetta con la finestrella illuminata. La cicala aveva tanta fame e tanto freddo, così bussò alla porta.
La porta si aprì ed uscì la formica. Quella era la sua casetta costruita con fatica durante tutta l’estate, dall’interno si sentiva arrivare un bel calduccio e un odorino di cibo molto invitante.

– Buonasera signora cicala, cosa ti porta qui da me?
– Buonasera signora formica – rispose tutta infreddolita la cicala, tremando nel leggero cappottino che aveva addosso. – Ho freddo, ho fame e non ho un tetto dove passare la notte.

La formica guardò la cicala con compassione.
– Ah signora cicala, come ricordo bene le calde giornate d’estate in cui, mentre io faticavo per metter via provviste e costruirmi una casa, tu, beata sul tuo ramo al fresco e all’ombra, cantavi cantavi e cantavi… Beh, facciamo così: entra, per questa volta ti aiuterò e ti darò da mangiare e un letto per dormire. Tu però prometti che la prossima estate mi aiuterai a far provviste.

La cicala, imparata la lezione, promise che avrebbe fatto la brava e ringraziò di cuore la formica per l’aiuto.

Morale: chi non fa nulla, non ottiene niente, è per questo che bisogna impegnarsi.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Riccioli d’Oro e i tre Orsi 👱‍♀️🐻🐻🐻

Cosa succede se una bimba un po’ monella entra in casa di una famiglia di orsi?

Riccioli d’oro è una bimba un po’ birbante che, senza permesso, entra nella casa della famiglia dei tre orsi.

Poveri i tre orsi che si ritroveranno tutta la casa sottosopra…!

Come se la caverà Riccioli d’oro?

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Riccioli d’Oro e i tre Orsi!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Riccioli d’Oro e i tre Orsi raccontata da William!

🌟 Favola breve 🤏

Giornata stancante? Vai di fretta? Abbiamo preparato anche la versione breve di Riccioli d’Oro e i tre Orsi!

Riccioli d’Oro e i tre Orsi 👱‍♀️🐻🐻🐻 racconto completo


C’era una volta, nel folto di un grande bosco, la casetta della famiglia degli orsi.
Dentro ci vivevano il papà orso, mamma orsa e il piccolo orsetto, che quel giorno erano tutti intenti a fare qualcosa:
Papà orso stava leggendo il giornale, mamma orsa stava preparando la zuppa per il pranzo e il piccolo orsetto stava giocando.

Ad un certo punto la mamma orsa esclamò:
‒ E’ pronta la zuppa!
Tutti si sedettero a tavola e presero la loro scodella, ma non appena l’assaggiarono si accorsero subito che era ancora troppo bollente per essere mangiata.

‒ Mentre aspettiamo che la zuppa si raffreddi, faremo una bella passeggiata nel bosco ‒ disse papà orso.
‒ Bella idea! ‒ rispose mamma orsa.
‒ Siiiii! ‒ esclamò il piccolo orsetto tutto felice.
Così i tre orsi uscirono di casa dimenticandosi di chiudere a chiave la porta.

Poco dopo, arrivò davanti la loro casa una bambina il cui nome era Riccioli d’Oro, per via dei suoi capelli ricci e dorati.
Riccioli d’oro bussò alla porta:
‒ C’è nessuno? ‒ disse, ma non ebbe risposta e, vedendo che la porta era aperta, decise di entrare a curiosare un po’.
Sentì subito un profumo delizioso di zuppa calda nell’aria e vide sul tavolo le tre scodelle. Siccome sentì arrivare un certo languorino allo stomaco, decise di assaggiare la zuppa.

Prese un cucchiaio di zuppa dalla scodella più grande ma si accorse subito che era troppo bollente per i suoi gusti, così assaggiò quella nella scodella media, che invece era troppo fredda! Infine prese la scodella più piccolina e, siccome la zuppa era perfetta, la mangiò tutta.

Poi Riccioli d’Oro, sentendo la pancia piena, decise di riposarsi un pochino su una delle poltrone del salotto. Cercò di salire su quella più grande, ma per lei era troppo alta. Così provò quella media, che però era troppo scomoda. Alla fine si sistemò sulla poltroncina piccolina, che era comodissima, ma Riccioli d’Oro iniziò a dondolarsi avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro… finchè la poltroncina non si ruppe in mille pezzi!

Stanca e infastidita per la poltroncina che si era rotta proprio nel momento in cui si stava divertendo di più, Riccioli d’Oro decise di salire a riposarsi al piano di sopra, dove si trovava la camera da letto dei tre orsi.

Si sdraiò sul letto più grande, che però era troppo alto! Provò allora il letto medio, ma era troppo largo! Alla fine si sdraiò sul lettino piccolino, che era perfetto per lei, e si addormentò.

I tre orsi finalmente tornarono dalla loro passeggiata e con sorpresa trovarono la porta di casa aperta.
Entrati, il papà orso esclamò:
‒ Chi ha assaggiato la mia zuppa?!
E mamma orsa a sua volta esclamò:
‒ Chi ha assaggiato la mia zuppa?!
Mentre il piccolo orsetto, con voce triste disse:
‒ Chi ha mangiato tutta la mia zuppa…?!

Poi papà orso si voltò verso il soggiorno e, notando tutti i cuscini della sua poltrona messi in disordine, disse:
‒ Chi si è seduto sulla mia poltrona?!
Anche mamma orsa disse:
‒ Chi si è seduto sulla mia poltrona?!
Il povero orsetto invece, guardando la sua poltroncina rotta in mille pezzi, disse tristemente:
‒ Chi ha rotto la mia poltroncina…?!

I tre orsi decisero di andare al piano di sopra, da dove sentivano arrivare un sonoro russare…
Papà orso, vedendo il suo letto tutto sottosopra, esclamò:
‒ Chi ha dormito nel mio letto?!
E mamma orsa disse anche lei:
‒ Chi ha dormito nel mio letto?!
Mentre il piccolo orsetto, tutto arrabbiato disse:
‒ Chi sta dormendo nel mio lettino!?

Mamma e papà orsi si girarono a guardare meravigliati la bimba che beatamente dormiva dentro il lettino del loro bambino ed esclamarono tutti all’unisono:
‒ E tu chi sei?!
Solo allora quella monella di Riccioli d’Oro si svegliò di soprassalto, guardando terrorizzata i tre orsi che le stavano attorno e, senza aspettare un attimo di più, prese a correre giù per le scale come un fulmine, infilò la porta di casa e corse via nel bosco senza mai farsi più rivedere.

I tre orsi si guardarono in faccia attoniti e senza parole, grattandosi la testa per l’accaduto.

Presto papà orso sistemò la poltroncina del piccolo orsetto, mentre la mamma prese un po’ della sua zuppa e quella del papà per metterla nella ciotolina del loro cucciolo, così finalmente mangiarono tutti la zuppa felici e contenti!

⚜ Fine della fiaba ⚜

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L’uccellino sopra il pino 🐦🌲

Se cerchiamo di andare oltre le apparenze forse troveremo un tesoro…

“L’uccellino sopra il pino” è un racconto breve che può aiutare noi genitori a spiegare ai bambini quanto sia importante andare oltre alle apparenze. L’uccellino non lo fa, e si perde un tesoro…

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare l’uccellino sopra il pino raccontata da Silvia!

L’uccellino sopra il pino 🐦🌲 storia completa


C’era una volta un uccellino che, dopo aver volato tutto il giorno, decise di prendersi una piccola pausa. Andò così a riposarsi sopra il ramo di un pino.
L’uccellino, che era ancora giovane ed inesperto, vide sui rami delle belle pigne e pensò che fossero i frutti dell’albero.

– Adesso mi faccio una scorpacciata di questi frutti! – disse. Prese una pigna nel becco e cominciò a masticarla, ma con sua grande sorpresa non ne riusciva a mangiare nemmeno un pezzettino.
– Com’è possibile che questo frutto abbia un gusto così simile al legno?! – si chiese perplesso l’uccellino, e ci riprovò.

Ma niente, il gusto di quelle pigne era veramente amaro e legnoso, per non parlare poi di quanto fossero dure.
– Hai dei frutti molto belli albero mio, ma sono disgustosi e duri come la pietra!
Il pino che fino a quel momento era stato calmo e buono, sentendo quelle parole si arrabbiò molto. Iniziò a scuotersi così forte che l’uccellino per la paura si alzò in volo.

– Le mie pigne non sono fatte per essere mangiate – disse allora il pino – ma al loro interno contengono un gran tesoro.
– Sarà – ribatté l’uccellino che stava volando in cerchio sopra l’albero – ma a me non piacciono, tientele pure! – e volò via.
Il pino un po’ risentito, ma sollevato dal fatto che il piccolo e insolente uccellino fosse andato via, si rimise a godersi sereno la giornata.

Poco dopo sotto i rami del pino passò un bambino, che notò subito un sacco di pigne cadute per terra.
Quando il pino aveva fatto scappare l’uccellino, aveva fatto cadere anche molte delle sue pigne.
Il bambino si chinò a raccoglierle, e da alcune uscirono i pinoli, i semi contenuti nelle pigne.

– Quanti pinoli! – esclamò il bambino – la mamma ci potrà fare una torta buonissima! – e ne raccolse più che poteva.
Il pino guardò felice la scena e pensò che il bambino aveva compreso bene il valore delle sue pigne.

E fu così che l’uccellino se ne andò via a stomaco vuoto ed il bambino si riempì la pancia con la squisita torta ai pinoli fatta dalla sua mamma.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Il corvo e la volpe 🐦🦊

Bisogna stare sempre attenti a chi ci fa troppi complimenti, potrebbe avere un secondo fine non proprio altruistico…

L’insegnamento di questa favola di Esopo è molto chiaro: non bisogna cedere alla vanità ma restare umili, anche se qualcuno ci fa dei complimenti bellissimi, perché potrebbero non essere sinceri.

Difatti alla volpe, che riempie di complimenti il corvo, non interessa per nulla la sua bellezza: lei vuole solo rubargli il formaggio!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del corvo e la volpe!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il corvo e la volpe raccontata da Silvia!

Il corvo e la volpe 🐦🦊 storia completa


C’era una volta un corvo che, fermo su un ramo, si guardava intorno in cerca di qualcosa da mangiare.
L’occasione arrivò presto.

Non molto lontano, una famigliola stava facendo un bel picnic, e in un angolo, sopra il telo steso a terra, aveva messo un bel cesto pieno di pezzi di formaggio.
Il corvo si lanciò in picchiata, con una rapida mossa prese un pezzo di formaggio e volò via lontano, sopra il ramo di un alto albero. Era tutto contento.

Sotto il ramo dove si era posato il corvo, stava passando una volpe, che notò subito il pezzo di formaggio nel suo becco. Si sedette lì sotto e pensò: “Quanto mi piacerebbe mettere le zampe su quel pezzo di formaggio…”. Ma il corvo era su un ramo troppo alto e lei non ci sarebbe mai arrivata con un salto. Forse, però, poteva farcela usando la sua astuzia. Si sa, le volpi sono molto furbe.

– Buongiorno signor corvo, ma che belle penne che hai! – disse la volpe.
Il corvo, sentendo queste parole, guardò giù e la vide. Conoscendo il tipo, il corvo si fece subito sospettoso. “Come mai la volpe mi fa questi complimenti?” si chiese; ma la volpe continuò:
– Hai anche un gran bel portamento!

Al corvo iniziò a piacere tutta questa adulazione. “Be’, effettivamente ho delle bellissime penne nere” pensò, e iniziò a sbattere le ali per metterle bene in mostra.
– E che bel becco che hai, sembra proprio il becco di un re!
Al corvo non pareva vero di ricevere tanta attenzione. Sentir lodare il suo becco, poi, era una cosa bellissima.

– Se solo potessi sentire una dolce melodia provenire da quel becco… vorrei proprio sentire che meravigliose canzoni puoi cantare… – continuò la volpe con un tono sempre più adulatorio.
Il corvo era al settimo cielo per la felicità. Dopo così tanti complimenti doveva dimostrare alla volpe quanto bravo era nel canto, così aprì il becco e:
– Cra! Cra! Cra!

E mentre il corvo cercava di dare sfoggio delle sue abilità di cantante, il pezzo di formaggio scivolò via dal becco. La volpe, che aspettava lì sotto, aprì la bocca e il formaggio ci finì dritto dritto dentro.

La volpe, tutta contenta per essere riuscita a guadagnarsi il pranzo usando solo la sua astuzia, salutò con la zampa il corvo, ringraziò e se ne andò via per il sentiero del bosco.
Il corvo, poverino, era rimasto con le ali e il becco aperti per la sorpresa. “Dovevo stare più attento” pensò mentre guardava la volpe allontanarsi.

“La prossima volta che qualcuno mi farà così tanti complimenti non mi lascerò ingannare così facilmente. Cercherò di capire se sono complimenti sinceri o se sono solo un modo per ottenere qualcosa da me”. E volò via, in cerca di qualcos’altro da mangiare.

Morale: non bisogna mai fidarsi di chi fa troppi complimenti.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Lo sposo di Topina 🐭

Quale sarà lo sposo migliore per la piccola Topina?

Questo racconto breve e divertente racchiude un insegnamento importante, forse più per i genitori che per i piccoli: a volte, nella foga di volere il meglio per i nostri figli, noi genitori dimentichiamo di ascoltare il loro parere. Lo si fa in buona fede, ma ogni tanto forse è meglio fermarsi e rifletterci sopra.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

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Lo sposo di Topina 🐭 storia completa


C’era una volta una Topina che viveva ancora coi genitori. Per loro era la miglior Topina del mondo, e adesso che si era fatta grande avrebbe dovuto meritare un marito speciale.
Se per il papà di Topina bastava un bravo e gentile topino come marito, per la mamma invece un topo non era abbastanza, lei voleva di più.
La mamma di Topina non voleva che cercasse come marito un topo qualunque, per lei voleva il meglio del meglio! Così iniziò a discuter col papà, e furono urla e grida.

– Ma cosa hai contro un bel topino giovanotto, onesto e lavoratore? – chiedeva il papà alla mamma.
– Mia figlia è troppo bella e intelligente e non sposerà mai un topo! Per lei esigo qualcuno di eccezionale! – rispondeva lei.
– E allora se vuoi qualcuno di eccezionale perché non chiedi al Sole!?
La mamma di Topina ci pensò su e disse:
– Sì, credo che il Sole sia un marito all’altezza della mia piccola.
– Allora andiamo a chiedere al Sole – rispose sconsolato il papà.
– Andiamo!

Peccato che nessuno dei due chiese il parere a Topina, che sospirò e li seguì senza dire nulla.
Andarono quindi dal Sole.
– Signor Sole – disse la mamma – guarda la nostra piccola, non pensi che sia una ragazza degna di sposare una persona eccezionale e forte come te?
Il Sole, che di sposarsi non aveva nessuna intenzione, rispose:
– Vedo, la piccola Topina è sicuramente una delle più belle che io abbia mai visto, però vi devo deludere, c’è qualcuno che è più forte di me ed è…

Proprio in quel momento un Nuvolone coprì il Sole, che non riuscì a finire la frase.
Mamma e papà topo capirono che il Nuvolone era più forte del Sole, e gli chiesero se voleva sposare la Topina.
– Io non mi merito la vostra splendida figliola – rispose il Nuvolone – c’è qualcuno che è più forte di me ed è il vento!

All’istante iniziò a soffiare un forte vento che spazzò via il Nuvolone e fece rotolare tutti i topini fino a fermarsi contro un muro poco più in là.
La famiglia dei topini si rialzò pulendosi i vestiti e ricomponendosi i capelli scompigliati dal vento, e mamma e papà topo gli chiesero se voleva sposare la loro Topina.

– Veramente io non sono all’altezza di sposare la vostra incantevole Topina, c’è qualcuno che è ancora più forte di me, ed è il muro contro cui siete andati a sbattere, nemmeno io posso far nulla per abbatterlo.
Mamma e papà topo si girarono allora verso il Muro. Era un muro umido, fatto di pietre e mattoni tutto coperto di muschio.

La mamma di Topina stava per chiedergli se voleva sposarla quando Topina, che fino ad allora era rimasta zitta e tranquilla, esplose dicendo:
– Eh no! Un vecchio e ammuffito muro no! Va bene il Sole, va bene il Nuvolone e va bene anche il Vento, ma un umido muro fatto di pietre e mattoni non lo sposerò mai!

Il povero Muro, che era lì da secoli ed aveva resistito a qualsiasi tipo di intemperia, ci rimase un poco male a vedersi descritto così, ma disse:
– Vostra figlia ha ragione, è vero che io son più forte del vento impetuoso, ma c’è qualcuno che è ancora più forte di me!
– E chi sarebbe? – chiesero in coro mamma e papà topo.
– Un topolino! – rispose il muro.

Mamma e papà topo si guardarono in faccia increduli.
– Solo un topolino può scavare dentro di me e passarmi attraverso – continuò il muro.

Il papà di topina sorrise e anche la mamma fu finalmente convinta che un bel topino era lo sposo migliore per Topina.
I tre tornarono a casa felici e contenti, e così Topina fu libera di scegliersi come sposo il topino che più le piaceva.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Topo Tip non fa la nanna

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