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Categoria: halloween

La casa abbandonata 🏚

Il coraggio di due bambini salverà i nonni e tutto l’intero villaggio!

Come mai i nonni di Tristan e Matilda non si fanno più sentire da prima dell’estate? Cos’è successo al paese in cui vivono e tutte le case sembrano abbandonate?

Scopriamolo insieme…

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della casa abbandonata!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la casa abbandonata raccontata da Silvia!

La casa abbandonata 🏚 racconto completo


C’era una volta, tanto tempo fa un villaggio sperduto ai bordi di una grande foresta.
In quel villaggio, in una bella casetta immersa nel verde e vicino ad un piccolo ruscello vivevano i nonni di Tristan e Matilda.

Era già autunno e purtroppo era da prima dell’estate che i bambini e i loro genitori non avevano più notizie dei due vecchietti, così il loro papà decise di andare a far loro visita.

Prese il calesse, vi caricò sopra le loro poche cose, fece montare i due bimbi e la moglie e partirono per il villaggio, al quieto passo del somarello che li trainava.

Il mattino di due giorni dopo arrivarono infine a destinazione. Rimasero alquanto stupiti di non trovare anima viva, tutte le poche casupole che formavano il villaggio sembravano disabitate.

Arrivarono quindi alla casa dei nonni. La trovarono completamente chiusa e sprangata, come se da mesi nessuno vi abitasse più.
Forzando la porta con un bastone riuscirono ad entrare, ma trovarono solo polvere stantia che ricopriva tutto. Dei due nonni non c’era l’ombra.
Molto preoccupati Tristan e Matilda cominciarono a cercarli in lungo e in largo per il bosco vicino, ma non trovarono nessun indizio. Non c’era nemmeno la possibilità di chiedere informazioni a qualcuno, dato che le case erano praticamente tutte chiuse.

I nonni sembravano spariti nel nulla senza lasciare traccia.

La mamma aveva comunque rassettato e pulito alla bell’e meglio la casa e il papà aveva cacciato della selvaggina per cena. Avevano deciso di rimanere in quella casa finchè non avessero capito che fine avessero fatto i nonni.

Giunse quindi la sera, il tiepido sole arancio sbiadito faceva capolino sulle cime degli alberi sulla collina, e un venticello fresco e umido di muschio accarezzava dolcemente la casa e il villaggio.

La famiglia di Tristan e Matilda era tutta riunita attorno al tavolo, il fuoco crepitava gentilmente nel camino e il profumo di carne arrosto riempiva la stanza. Erano tutti tristi per la mancanza dei nonni, ma erano sicuri che il giorno dopo li avrebbero ritrovati.
Qualcuno bussò alla porta.

Tristan, Matilda e i loro genitori si girarono tutti di scatto verso la porta. Il papà si alzò con circospezione, pesò ogni passo fino alla porta, poi l’aprì piano, facendola lentamente cigolare.

– Buonasera! – urlarono tre ragazzini nella penombra.
Il papà quasi trasalì per la sorpresa, poi vedendo che si trattava di tre ragazzini sorrise e li invitò ad entrare in casa.

Loro però indietreggiarono facendo di no con la testa. Tristan e Matilda si affacciarono sulla soglia per vederli.
– Non possiamo entrare, ci è proibito… siamo qui per invitarvi alla festa di benvenuto che vi abbiamo organizzato nella piazza del villaggio questa sera, vi aspettiamo! – disse uno di loro con una voce bassa e monotona, priva di espressione.

Senza aggiungere altro, i tre ragazzetti si voltarono e s’incamminarono rapidamente verso il centro del paese
Tristan e Matilda, sorpresi da quella visita, ma curiosi di farsi dei nuovi amici chiesero:
– Possiamo andare con loro per giocare un po’ mentre vi aspettiamo in piazza?!
Il papà esitò un attimo, poi acconsentì.

– Mi raccomando però state attenti che è già buio! – gridò loro mentre ormai si allontanavano.
I due ragazzi cercarono di recuperare i tre ragazzi, li intravidero proprio mentre arrivavano in centro paese.
Qualcosa però fece scattare un campanello di allarme in Matilda:
– Fermati Tristan! – disse sottovoce – c’è qualcosa che non mi piace…

Anche Tristan si fermò preoccupato, nell’aria si sentiva l’eco di strane e surreali voci che supplicavano di avere pietà e farli ritornare alla loro originaria vita.

I due fratelli quasi pietrificati dalla paura, si presero per mano. Non vollero però scappare, anzi, con cautela e riparati dal muretto di una casa si avvicinarono per vedere meglio cosa stava succedendo nella piazza.

Videro con i loro occhi i tre ragazzini trasformarsi in tre demonietti malvagi, che saltavano e ridevano davanti ad un gran falò sopra il quale vagavano degli spiriti.

Ma non erano spiriti qualunque, erano in realtà tutti gli abitanti del villaggio trasformati in fantasmi da un malvagio sortilegio dei demonietti.

– Guarda la! I nonni! – esclamò Tristan a Matilda senza pensare che i tre demonietti avevano l’udito molto fino… infatti uno di loro si voltò nella loro direzione con sguardo malevolo.

Tristan e Matilda si nascosero sotto il muretto sperando di non essere visti, poi carponi ripresero la via di casa dei nonni per avvisare mamma e papà.

Corsero a perdifiato senza mai voltarsi indietro, speravano di non essere stati scoperti dai demonietti. Arrivati sulla soglia di casa trovarono mamma e papà che si apprestavano ad uscire.

– Dobbiamo scappare! – esclamò Matilda.
– E perché mai? – chiese la madre.
– I tre ragazzi di prima sono in realtà tre demonietti che hanno trasformato in fantasmi tutti gli abitanti del villaggio, e vogliono trasformare anche noi! – disse Tristan.

– Nella piazza del villaggio arde un grande falò attorna al quale ci sono anche gli spiriti dei nonni! – continuò Matilda.
– Ma voi due siete impazziti… – aggiunse il loro papà guardandoli con occhi stupiti.
– E invece no! – gridò uno dei demonietti spuntando fuori dall’ombra proprio in quel momento brandendo una bacchetta magica. Toccò il papà di Tristan e Matilda con la punta della bacchetta e lo trasformò all’istante in uno spirito.

La mamma gridò, ma fu toccata anche lei dalla bacchetta e trasformata in fantasma.
Tristan voleva urlare, ma preso dall’impeto di vendicare i genitori, con un calcio fece cadere il diavoletto che perse la bacchetta magica.
Prontamente Matilda raccolse la bacchetta da terra e con un colpo ben assestato toccò il diavoletto che sparì in una nuvoletta di fumo grigio.
Senza sapere se potesse funzionare, d’istinto Matilda toccò anche i due fantasmi di mamma e papà che ritornarono all’istante se stessi.

– Dobbiamo andare a liberare i nonni e tutti gli abitanti del villaggio! – esclamò Tristan. Matilda approvò con un cenno del capo e corsero di nuovo alla piazza del paese.

Tristan lanciò un grande sasso in mezzo alla piazza per distrarre gli altri due demonietti, mentre Matilda di soppiatto e velocemente ne colpiva uno alle spalle facendolo sparire in una nuvoletta di fumo.

– Ma cosa…?! – il terzo demonietto non fece in tempo a rendersi conto di quello che era successo al suo compagno che era ormai anche lui una grigia nuvoletta di fumo.

Matilda allungò la bacchetta toccando i loro nonni, che finalmente poterono riabbracciare dopo tanto tempo, e poi ad uno ad uno tutti gli abitanti del villaggio furono riportati alla normalità.

Il giorno dopo ci fu una grande festa al villaggio. La bacchetta magica fu spezzata e buttata nel grande falò e Tristan e Matilda furono osannati come due grandi eroi.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Una spaventosa casa infestata

Una spaventosa casa infestata

La leggenda di Sleepy Hollow 🐎

A Sleepy Hollow circolano strane leggende su un nero Cavaliere senza testa che spaventa l’intera valle…

Questo racconto, originariamente scritto da Washington Irving, è forse più famoso per il film di Tim Burton con protagonisti Johnny Depp e Christina Ricci.

E’ forse anche il più “pauroso” tra tutti i racconti di Halloween pubblicati fino ad adesso su fabulinis, tenete quindi ben abbracciati i vostri bimbi più piccoli! 😉

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della leggenda di Sleepy Hollow!

🔊 Audiofiaba 😴

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La leggenda di Sleepy Hollow 🐎


C’era una volta, in una di quelle ampie insenature sulla sponda orientale del fiume Hudson, una piccola valle conosciuta con il nome di Sleepy Hollow.

Le leggende narrano che l’intera valle sia stata un tempo stregata da un vecchio sciamano indiano, che teneva lì i suoi riti magici. Così nel tempo la valle si riempì di storie e leggende, tutte che parlavano di spiriti e fantasmi non proprio amichevoli…

La più famosa parlava del “Cavaliere senza testa di Sleepy Hollow”, un nero cavaliere in sella al suo cavallo la cui particolarità era quella di essere senza testa.

Alcuni dicevano che fosse il fantasma di un soldato dell’Assia, la cui testa era stata portata via da una palla di cannone, e affermavano che il suo fantasma, ogni tanto soprattutto la notte di Halloween, uscisse alla furiosa ricerca della sua testa perduta.

A Sleepy Hollow un giorno capitò anche Ichabod Crane, un giovane insegnante inviato da New York allo scopo di istruire i bambini della zona.

Ichabod Crane era un bravo maestro, e di tanto in tanto aiutava i contadini del paese a fare il fieno, riparare le staccionate o portare i cavalli al fiume, mentre la sera si deliziava a raccontare storie fantastiche agli stessi figli dei contadini, suoi alunni.

Una di queste sere nella fattoria dei Van Tassel, Katrina, la figlia del buon contadino Baltus, gli raccontò la bizzarra leggenda del Cavaliere senza testa di Sleepy Hollow.

Ichabod rimase molto affascinato sia dalla bella Katrina, che dalla misteriosa storia del fantasma del Cavaliere senza testa.

Quella notte Ichabod fece sogni molto strani tra cui un incubo dove il Cavaliere senza testa gli portava via dalle braccia Katrina, la ragazza di cui si era appena innamorato.
Si svegliò di soprassalto, per fortuna era soltanto un brutto sogno.

Quella mattina, camminando verso la scuola e passando di fronte alla fattoria dei Van Tassel, Ichabod scoprì forse il significato del brutto sogno di quella notte.

Vide in lontananza Katrina che sorrideva a Brom Van Brunt, il ragazzo più in vista, famoso e muscoloso di Sleepy Hollow; anche Brom sorrideva a Katrina e la salutava con affetto.
Forse a portare via Katrina dalle sue braccia non sarebbe stato il Cavaliere senza testa, ma Brom…

Ichabod non si perse d’animo e decise comunque di corteggiare la bella ragazza, anche se questo avrebbe voluto dire rivaleggiare con il bello e forte Brom Van Brunt.

Dopo l’estate arrivò presto l’autunno e un bel giorno Ichabod si fece prestare un cavallo da un contadino e uscì a farsi una trottata per la valle.
Da tutte le parti vedeva una vasta distesa di grandi campi pieni di zucche gialle e arancioni pronte per la festa di Halloween.

Mentre osservava tutte quelle belle zucche fu colpito da una zucca già intagliata posta su un muretto vicino al sentiero: sembrava guardarlo sorridendogli in modo beffardo, quasi che la risata si sentisse per davvero echeggiando per la valle.

Ichabod scosse la testa e spronò il cavallo allontanandosi dal campo di zucche. Era così bello vagare per la valle che non si accorse nemmeno che il sole stava ormai tramontando.

Ritornò indietro che ormai era sera e al paese si stava già celebrando la festa per Halloween.

Canti, balli, risa e un sacco di leccornie accompagnarono la lieta serata dei compaesani. E alla fine, quando era ormai già notte fonda in molti si radunarono intorno al falò a raccontar storie e leggende.

Come potete immaginare la storia principale riguardava lo spettro preferito di Sleepy Hollow, il Cavaliere senza testa, che negli ultimi tempi era stato visto diverse volte pattugliare il paese e, si diceva, legare il suo cavallo di notte tra le tombe del cimitero vicino alla chiesetta del bosco.

Questa chiesetta, proprio perché appartata nel bosco, sembrava il posto ideale per diventare il ritrovo preferito degli spiriti. Quello era anche il ritrovo preferito del Cavaliere senza testa e il luogo in cui lo si incontrava più di frequente.

Tutti questi racconti colpirono profondamente i pensieri di Ichabod, che li ascoltava assorto e rapito. Ma mentre ascoltava una delle storie raccontate delle anziane donne del paese, vide con la coda dell’occhio Katrina che, seduta dall’altra parte del falò, stringeva dolcemente la mano a Brom, entrambi anche loro assorti dal racconto di una nonna.

A Ichabod gli si spezzò il cuore, in quel momento capì che non avrebbe mai conquistato il cuore di Katrina, così decise di ritornare a casa sua prima che la festa finisse.

Ichabod, col cuore infranto e le lacrime che a stento tratteneva dagli occhi, cavalcava piano col suo cavallo verso casa. Sull’intera valle aleggiava una densa foschia intervallata qua e là da qualche casa o fattoria. Nel silenzio della notte, si sentivano solo i versi delle civette e degli allocchi.

Tutte le storie di fantasmi e folletti che aveva sentito quella sera ora si affollavano nella sua testa. La notte diventava sempre più buia; le stelle sembravano sprofondare nel cielo nascoste da nere nubi.

Non si era mai sentito così triste e solo. E nel suo vagabondare con la testa piena di pensieri, non si era accorto di aver imboccato il sentiero che portava proprio alla chiesetta nel bosco, il luogo in cui erano state ambientate molte delle storie di fantasmi che aveva appena ascoltato.

Ichabod, sovrappensiero, alzò lo sguardo e si ritrovò di colpo davanti alla chiesetta, si guardò sperduto attorno e iniziò a fischiettare per farsi coraggio. Il suo cuore cominciò a battere forte, raccolse tuttavia tutto il suo coraggio, diede due colpi al cavallo e cercò di oltrepassare la chiesetta il più rapidamente possibile.

Ma il cavallo si imbizzarrì e si impennò, non ne voleva sapere di andare oltre. Quando finalmente Ichabod riuscì a domare il cavallo, si accorse che non era solo.

Nel buio dall’altra parte del ponte, sembrava esserci un cavaliere di grandi dimensioni avvolto in un grande mantello nero, montato su un cavallo nero di corporatura possente.

Ichabod spronò forte il cavallo e iniziò la fuga per tornare verso il paese, ma il cavaliere lo seguì.
Mentre cavalcava veloce Ichabod si girò per vedere meglio chi lo inseguiva, e ne ebbe la conferma: era proprio lui, il Cavaliere senza testa!

Ichabod spronò ancor di più il suo cavallo, ma sentì qualcosa di molto caldo colpirgli la testa, e poi ci fu un lampo accecante. In quel momento il suo cavallo inciampò e capitombolò a terra portando con sé anche Ichabod…

La mattina seguente il cavallo fu trovato che mangiava serenamente il fieno nella fattoria del suo padrone.

Ichabod invece non fece la sua comparsa né a colazione né a pranzo, e anche quando venne l’ora di cena, di Ichabod non c’era ancora nessuna traccia.

Tutti nel paese iniziarono allora a cercarlo, nel tratto di strada che portava alla chiesetta vennero ritrovate le tracce degli zoccoli del cavallo e, cosa curiosa, fu ritrovato il cappello dello sfortunato Ichabod, sopra una grande zucca intagliata di Halloween…

Di Ichabod non si ebbe mai più nessuna notizia.

Il misterioso evento causò molti mormorii nel paese, e fiorirono quindi numerose nuove leggende sul Cavaliere senza testa e su Ichabod, l’insegnante scomparso.

Anni dopo il buon contadino Baltus Van Tassel si recò a New York per condurre degli affari, e mentre passeggiava per il grande Central Park, fu avvicinato da un distinto signore che lo salutò con affetto.

Baltus guardò meglio il signore e sgranò gli occhi quando riconobbe che si trattava di Ichabod Crane!
Quasi avesse visto un fantasma Baltus fece un balzo all’indietro.

Ichabod sorrise e lo calmò, Baltus ancora incredulo gli chiese che fine avesse fatto e come mai sparì così all’improvviso da Sleepy Hollow.
Ichabod allora gli raccontò di come quella sera di Halloween il suo cuore infranto dalla sua bella figlia Katrina lo avesse ridotto quasi alla pazzia, ma poi non sapeva aggiungere più nulla.

Di quella notte aveva solo ricordi confusi e poco chiari. si ricordava solo che, il mattino seguente, senza sapere come, si risvegliò sopra ad un battello che ormai stava già ormeggiando a New York, con un gran bel mal di testa e senza il suo cappello.

Ah, e anche che stranamente era avvolto in un grande mantello nero che non aveva la minima idea da dove arrivasse…

⚜ Fine della fiaba ⚜

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FrankenPlush 🧸

Anche i pelouche brutti e birichini possono avere un cuore d’oro…

Noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia di Halloween che fosse anche carica di un significato più profondo: solo perchè non si è perfetti non vuol dire che non si abbia un cuore a cui poter dare tanto amore e affetto.

Ma soprattutto che se impariamo ad andare oltre le apparenze possiamo essere tutti più felici, perché l’abito non fa il monaco… 😉

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di FrankenPlush!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare FrankenPlush raccontata da Silvia!

FrankenPlush 🧸


Stano era un bambino molto curioso, non stava mai con le mani in mano e amava trafficare smontando e rimontando i suoi giochi.

Era quasi il giorno di Halloween e a Stano venne una bizzarra idea: per fare uno scherzo alla sua sorellina Sveva, avrebbe realizzato uno spaventosissimo peluche e gliel’avrebbe messo nel lettino prima della nanna. Lei si sarebbe spaventata moltissimo e lui avrebbe riso a crepapelle!

Allora andò nella sua cameretta, prese alcuni dei suoi pupazzi, i più rovinati e maltrattati, li scucì e li ricompose con ago e filo.
Il risultato era alquanto bizzarro.

Questo nuovo pupazzo aveva la testa di un gatto blu a cui mancava un occhio (sostituito da un bottone attaccato male), con un orecchio di un orsetto e l’altro di un cagnolino.

Il corpo era quello di un panda a cui avevano fatto qualche strana operazione chirurgica, ricucito alla fine con del filo di lana rosso. Un braccio era quello di una zebra mentre l’altro era di un topolino.

Come gambe, Stano aveva usato due robuste zampette di elefante, mentre sulla schiena del pupazzo regnava trionfante la pinna di uno squalo.
Stano ammirava compiaciuto la sua creazione.

“Sono stato proprio bravo!” si diceva tra sè, “bravo come il dottor Frankenstain!” ridendo in modo sguaiato “ah! ah! ah!”.
Ricordando in modo vago la storia del dottor Frankenstein, raccontatagli da suo cugino Corrado proprio quell’estate, voleva ricopiare fedelmente il momento in cui “la creatura” prendeva vita.

Prese tutta una serie di cianfrusaglie, cavi, fili e tubetti per costruire una finta centrale elettrica con cui dare vita alla sua creazione.
Come fosse un segno del destino, in lontananza si sentiva il rombo di alcuni tuoni e qualche lampo iniziava a farsi vedere. Stava arrivando un bel temporale.

Stano accese tutte le luci della stanza e infilò un paio di occhiali da sole, dopodichè afferrò una levetta di legno e l’abbassò.
– E ora prendi vita mio FrankenPlush!

Ci fu un lampo fortissimo fuori dalla finestra e poi un fragoroso rombo di tuono. Per un paio di secondi la luce andò via.

Per lo spavento Stano si rifugiò sotto le coperte del suo lettino. Quando sbirciò fuori dalle coperte il suo FrankenPlush era sparito.
“Dov’è finito il mio FrankenPlush?!” si chiese.
Un agghiacciante urlo di Sveva arrivò dal soggiorno.

Stano preoccupato per la sorellina, ma allo stesso tempo terrorizzato, si precipitò a vedere cos’era successo in soggiorno.
Non poteva credere ai suoi occhi: Sveva, con in mano una spada laser giocattolo, cercava di togliersi dalla gamba qualcosa… FrankenPlush!
Il pupazzo era aggrappato alla gamba di Sveva e con il braccio da zebra cercava di toccarle il viso.

Stano si precipitò a salvare sua sorella, afferrò con forza FrankenPlush e lo strattonò via.
– Lascia stare la mia sorellina, cattivo pupazzo! – gli urlò contro.

FrankenPlush per tutta risposta gli fece la linguaccia e una pernacchia e scappò via, infilando la porta di casa.

Stano non fece in tempo a capire che cosa fosse successo che sentì l’anziana vicina di casa urlare per lo spavento. Guardò allora fuori di casa e vide la vecchina semistesa a terra che, mentre si faceva aria col fazzoletto, per lo spavento gridava “Un mostro! Un mostro!”

Mentre Stano si infilava le scarpe, un altro urlo si udì poco lontano. Doveva fare in fretta! Inforcò la bici e partì all’inseguimento.

FrankenPlush aveva già sconvolto un paio di vicini, la signora del chiosco di fiori (a cui aveva rubato un mazzetto di fiori), il panettiere (dove aveva dato un morso ad una focaccia con le olive, sputazzando poi le olive…) e il bar, dove la barista per lo spavento si era rovesciata addosso un caffè macchiato caldo in tazza di vetro col manico in metallo e senza zucchero, che stava servendo al bancone.

“Ma è velocissimo! Meno male che gli ho messo delle zampette di elefante, pensa se usavo quelle del giaguaro…” pensava Steno tra sé, mentre lo inseguiva.
In meno di dieci minuti FrankenPlush aveva già terrorizzato mezzo quartiere.

Stano, mentre pedalava in cerca di una pista da seguire, sentì d’improvviso il pianto di una bambina che proveniva dal parchetto. La raggiunse e le chiese cosa fosse successo.

– Un mostriciattolo mi ha rubato la bambola… – e continuò a piangere tra i singhiozzi.
– Hai visto dov’è andato? – le chiese Stano, la bambina gli indicò la strada che portava al fiume. Stano la consolò, l’abbracciò e le promise che avrebbe cercato di riportarle la bambola, poi prese la bici e pedalò veloce giù al fiume.

Lo trovò lì, seduto immobile sulla riva con la bambola in mano. La stava fissando con uno sguardo intenso e curioso.

Stano si avvicinò cautamente per non farsi sentire, ma FrankenPlush non sembrava badargli. Arrivò fino al suo fianco, il pupazzo ruotò la testa dando uno sguardo veloce verso di lui, poi tornò a guardare la bambola.

FrankenPlush mostrò la bambola dal sorriso raggiante, gli occhi dolci e la faccia paffutella a Stano, poi con la sua zampetta di topolino indicò il suo viso ricucito e raffazzonato, e anche tutto sé stesso.

Cercò pure di farfugliare qualcosa, i suoi occhi erano tristi e se avessero potuto avrebbero versato qualche lacrima.
Stano capì: – Mi stai chiedendo perchè ti ho fatto così… ?
FrankenPlush annuì debolmente.

Stano non sapeva cosa rispondergli, per lui era stato un semplice scherzo, ma ora la sua creazione era lì davanti a lui, brutta e fatta male, ma piena di vita. E non capiva perché tutti avessero così paura di lui.

Stano si sedette vicino a FrankenPlush in silenzio, poi gli accarezzò la testolina. Il pupazzo si inclinò leggermente verso di lui, finché Stano non lo abbracciò forte forte.

– Ti voglio bene FrankenPlush, sei il pupazzo più straordinario che io abbia mai avuto – disse Stano.
FrankenPlush si strinse forte al suo braccio, ringraziandolo.

– Dobbiamo riportare la bambola alla bambina! – disse di soprassalto Stano ricordandosi della promessa fatta.
Corsero allora con la bici al parchetto, la bambina stava attendendo ansiosa la sua cara bambola.

Quando vide FrankenPlush la bimba si ritrasse paurosa, ma poi il pupazzo gliela porse gentilmente e cercò di scusarsi a suo modo. La bambina prese fra le braccia la sua bambola e guardando in faccia FrankenPlush, vide che aveva lo sguardo buono di chi vuole scusarsi.

La bimba gli sorrise, ora non aveva più paura di lui, anzi chiese come si chiamava.
– FrankenPlush! – rispose orgoglioso Stano.

Passarono quindi da tutte le persone che FrankenPlush aveva spaventato per scusarsi delle marachelle e rimediare se possibile.

La signora del bar, all’inizio molto arrabbiata, dopo le scuse lo prese in braccio e lo coccolò con amore. Il panettiere finì per regalargli una focaccia, la fioraia dopo una bella chiaccherata con Stano disse che FrankenPlush era il pupazzo più straordinario del quartiere e la vicina di casa, colpita dalla dolcezza di Frankenplush gli chiese se voleva passare ogni tanto a farle compagnia.

Tutti dopo che lo ebbero conosciuto per davvero, non ebbero più paura di lui.

Neppure Sveva, che appena lo rivide scappò a nascondersi dietro al divano, ma poi dopo che FrankenPlush la abbracciò dolcemente facendo le fusa, iniziò a riempirlo di bacetti e carezze.

E tutte le volte che poteva cercava di rubarlo al fratello per giocarci insieme.
Non capita tutti i giorni di avere un pupazzo che salta, balla, fa le linguacce e anche le pernacchie!

FrankenPlush era finalmente felice, e la sera Stano lo prendeva con sé, lo metteva nel lettino e gli teneva forte la zampetta.
Così tutti e due avrebbero fatto di sicuro dei magnifici e stupendi sogni.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il pipistrello Brighello 🦇🎃

Questo simpatico pipistrello ci insegna che, per migliorare la propria vita e trovare la felicità, bisogna avere il coraggio di credere nelle proprie forze senza arrendersi.

I racconti di Halloween spesso sono storie di paura, e non a torto! Noi di fabulinis, però, abbiamo voluto inventare una storia simpatica, per i più piccolini, che possono così divertirsi senza per forza spaventarsi 😉

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del pipistrello Brighello!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il pipistrello Brighello raccontata da Silvia!

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Il pipistrello Brighello 🦇🎃 storia completa


C’era una volta un pipistrello che si chiamava Brighello.
Lui Abitava tutto solo in una torre alta alta di un castello vicino ad un bosco, questa torre però era tutta piena di buchi, di spifferi e ci entrava tanto freddo, e quando faceva il temporale il povero pipistrello si ritrovava sempre zuppo e fradicio.
Brighello, poverino, non ce la faceva più, così sentì che ne aveva abbastanza e una notte decise di andare via dalla sua torre umida e sgangherata.

Quella notte era proprio quella di Halloween ed era tanto buia, c’era anche qualche lampo in lontananza, ma Brighello prese coraggio e volò via lo stesso, deciso a trovare una nuova casetta.
Cominciò a cercarla dal bosco vicino al castello e, vola vola, nel bosco incontrò un gufo.

– Buona sera signor gufo!
– Buona sera a te pipistrellino mio, dimmi, cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween, non vedi che là ci sono dei lampi? Forse arriverà il temporale…

Il pipistrello decise quindi di raccontare tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signor gufo?

Il gufo gli rispose:
– Io abito in quest’albero, dentro quel buco, però per te caro pipistrello mio non c’è posto…
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signor gufo!

Salutò il gufo e continuò a volare nel bosco finché non incontrò una volpe.
– Buonasera signora volpe!
– Buonasera pipistrello, cosa ci fai in giro con questcon questo buio nella notte di Halloween ?
Brighello allora raccontò la sua storia anche alla volpe:

– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora volpe?
La volpe allora gli rispose:
– Io ti darei anche un lettino nella mia piccola tana, però sta sotto terra, e i pipistrelli come te non riescono a volare li dentro… Sarebbe una trappola per te!
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signora volpe!

Salutò la volpe e continuò a cercare. Questa volta uscì dal bosco e si ritrovò sopra un grande prato, dove la luna ogni tanto riusciva a farsi vedere in mezzo alle nuvole scure e minacciose.
Vola vola e vola a Brighello venne in mente un’idea:
– Chiederò aiuto alla luna!
Così Brighello volò sempre più in alto finché non riuscì a vedere in viso la luna che stava sonnecchiando.

– Buona sera signora luna!
– Buona sera a te pipistrellino mio – disse la luna sbadigliando – cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween?
Il pipistrello prese coraggio e raccontò tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora luna?

La luna gli rispose:
– Buon pipistrello mio, vola verso la montagna, li dovresti trovare una grotta dove abitano tanti pipistrelli come te, sono sicura che accetteranno ben volentieri la tua compagnia e ti lasceranno stare con loro!
– Grazie! Grazie infinite signora luna, non so come ringraziarla!

E, salutata la luna, Brighello iniziò a volare verso la montagna. Arrivato lì, vide la grotta e vide che dentro c’era della luce.
Fu subito fermato però da un pipistrello che faceva la guardia all’ingresso!
– Chi sei tu?! Cosa ci fai qui?!
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta…

Sentito il racconto di Brighello, la guardia gli disse:
– Allora penso proprio che tu abbia trovato la tua nuova casetta! Entra dentro alla nostra grotta, sono sicuro che tutti i miei amici pipistrelli ti accoglieranno ben volentieri, tra pipistrelli ci si deve sempre aiutare!
– Davvero posso stare con voi? – rispose tutto emozionato Brighello.
– Ma certo! Anzi, proprio stasera stiamo facendo una festa per Halloween, e la festa diventerà ancora più bella se si aggiunge un nuovo amico! Vieni con me!

Il pipistrello di guardia prese Brighello e lo portò al centro della grotta, dove si stava cantando, ballando e festeggiando.
– Fermi tutti! – disse la guardia – Voglio presentarvi Brighello, un pipistrello solo soletto in cerca di una nuova casa.
Dal gruppo di pipistrelli parlò uno di loro, che doveva essere l’anziano saggio, capo della tribù.
– Se vuoi, caro pipistrello mio, questa sarà la tua nuova casa, e questa la tua nuova famiglia.
Brighello non stava più in sé dalla gioia, tanto che riuscì solo a dire un fortissimo:
– Siiiiiii!

Allora tutti i pipistrelli corsero ad abbracciarlo e salutarlo, e subito dopo ripresero le danze in suo onore!
Da quel giorno Brighello non fu più solo, aveva finalmente trovato una bella casetta, e, cosa più importante aveva trovato tantissimi amici!

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Mr Zukky e il pipistrello

Mr Zukky e il pipistrello

Lo scherzetto della strega Greta 🎃

Chi la fa l’aspetti, dice il proverbio… infatti Adele insieme ai suoi amici (ed anche ad una simpatica zia strega…) riuscirà a dare una bella lezione a chi si prende gioco dei bambini.

Halloween è una tradizione che ormai conosciamo bene anche in Italia, e “Dolcetto o scherzetto” è una frase familiare a tutti. Così noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia tutta nostra, simpatica ed adatta a tutti i bambini.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della strega Greta!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare lo scherzetto della strega Greta raccontata da Silvia!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Lo scherzetto della strega Greta 🎃


Nella notte di Halloween, una strega pazzerella volava sulla sua scopa sopra i tetti del paese.

Greta, questo era il suo nome, stava andando dalle sue amiche, e siccome era in gran ritardo, volava via talmente veloce che perfino i gatti neri avevano paura di lei.
Lei e le altre sue compari avrebbero fatto grande festa, perché quella era la notte di Halloween, la notte delle streghe!

Vola sopra un tetto, vola attorno ad un campanile, vola dentro un vicolo, ecco che per la strada vide una compagnia di bambini tutti mascherati.
Erano tutti bimbi che andavano di casa in casa a chiedere “dolcetto o scherzetto”, per riempirsi le tasche di caramelle.
Incuriosita, Greta si fermò dietro ad un albero a guardare la scena. Dovete sapere che anche lei aveva una nipotina grande come loro. Si chiamava Adele ed era tanto simpatica.

I bimbi stavano bussando ad una grande porta di legno, e dopo poco uscì un uomo grande e grosso, con la barba lunga così.
Quando l’uomo si sentì chiedere “dolcetto o scherzetto”, fece una grossa risata. I bambini porsero comunque i loro sacchettini per raccogliere le caramelle, ma quel cattivone grande e grosso ci mise dentro solo dei piccoli pezzi di pane raffermo. Dopodiché chiuse loro la porta in faccia, ridendo sonoramente.

I bambini ci rimasero molto male, i più piccoli di loro avevano le lacrimone agli occhi. Non si aspettavano una cattiveria simile.
La strega Greta, dopo aver visto tutta quella brutta scena, decise che quell’omone si meritava una bella lezione.

Con due parole magiche si trasformò in una bambina travestita da piccola strega, e si avvicinò alla compagnia di bimbi.
– Ciao bambini, io mi chiamo Greta!
I bimbi, ancora un po’ tristi per l’accaduto, la guardarono chiedendosi da dove saltasse fuori.
– Ho visto tutta la scena – continuò Greta – e penso che quel cattivone grande e grosso si meriti una bella lezione!
Gli occhi dei bimbi più grandi si ravvivarono subito – Quella bimba ha ragione! – disse uno di loro, e corsero tutti incontro a Greta.
– Guardate qui – disse Greta.

Dalla sua borsa tirò fuori una boccetta color giallo fosforescente, versò un paio di gocce su una zucca intagliata che stava lì vicino, e… magia! La zucca iniziò a fare delle facce bruttissime!
Alcuni bimbi furono molto impressionati da quella magia e stavano per mettersi a piangere dalla paura.
– Non temete, questa zucca adesso andrà a far morire di paura quel cattivone!
– Siiiii! – gridarono insieme tutti i bambini.

Mentre la zucca piano piano si avviava verso la porta della casa, Greta versò un altro paio di gocce su un grande lenzuolo, su un secchio di latte ed infine su un rastrello.
Ed ecco che una piccola squadra di oggetti fluttuanti nell’aria stava per bussare alla porta della casa.
Greta e tutti i bambini, intanto, si erano nascosti dietro ad un muretto, per gustarsi la scena.
Quando finalmente il rastrello bussò alla porta, da dentro la casa si sentì una grossa risata, e poco dopo l’omone grande e grosso aprì la porta.

Immaginate che spavento quando di fronte a sé trovò una zucca intagliata che fluttuava a mezz’aria, un lenzuolo che sembrava un fantasma e un rastrello ed un secchio che sbattevano tra di loro, facendo un gran fracasso!
L’uomo, per quanto fosse grande e grosso, non riuscì nemmeno a gridare per la paura, e corse via dentro casa.
Ma la zucca, il lenzuolo, il rastrello e il secchio lo inseguirono ululando per tutte le stanze.

Il pover’uomo correva da una stanza all’altra terrorizzato, gridando:
– Scusate! Scusate! Ho capito, sono stato cattivo! Scusate!
Finché non andò in cucina, aprì la dispensa, prese tutti i dolci che aveva e li portò fuori ai bambini.
– Scusatemi bambini, scusatemi! Sono stato cattivo! Eccovi tutti i miei dolci!

I bambini, vedendo l’omone portare fuori tutti quei dolci, scattarono da dietro il muretto e corsero a prenderli. Ma non li presero tutti, ne lasciarono un poco anche all’uomo grande e grosso, perché così anche lui poteva festeggiare la notte delle streghe!
L’omone promise che l’anno successivo li avrebbe aspettati con ancora più dolci e caramelle, e i bambini tutti contenti poterono finalmente andare a bussare alla porta della casa vicina.

“Dolcetto o scherzetto?”

Nella confusione e felicità generale, i bambini non si erano accorti che Greta era sparita in groppa alla sua scopa, riprendendo il suo normale aspetto.
Meglio così. Per la strega Greta quello che davvero era importante era il sorriso di quei bambini in festa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Masino e la Strega Micilina 🧙‍♀️

Anche i misteri più fitti si risolvono con un po’ di astuzia

Masino e la Strega Micilina è un racconto popolare di origine piemontese, dove le streghe sono chiamate “masche”. Ne parla anche Italo Calvino nella sua raccolta “Fiabe Italiane”, questa è la versione scritta da fabulinis, buon racconto!

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Masino e la Strega Micilina!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Masino e la Strega Micilina raccontata da Silvia!

Masino e la Strega Micilina 🧙‍♀️ racconto completo


Masino veniva dal paese di Pocapaglia, era un tipo molto sveglio ma era partito per fare il soldato in giro per il mondo. Mancava molto ai suoi compaesani perché, essendo così in gamba riusciva a risolvere sempre i misteri del paese e i guai di tutti i suoi abitanti.

Pocapaglia è una paesino nato sul versante di una collina talmente ripida che gli abitanti legavano un sacchetto sotto la coda delle galline, per evitare che le uova rotolassero giù fino in pianura, quando venivano deposte.

E qui inizia la nostra storia: infatti, non passava notte senza che la Strega Micilina sbucasse fuori dai boschi, furtiva, per portarsi via, con il suo malefico soffio, capre, pecore e buoi, mentre rientravano alle stalle.

Gli abitanti avevano acceso grandi falò per illuminare la via e avevano organizzato spedizioni per ritrovare gli animali rubati, ma la Strega Micilina sorprendeva i pastori alle spalle stordendoli col suo terribile soffio. Purtroppo le orme lasciate dalle scarpe della Strega, sparivano nel sottobosco senza lasciare traccia, l’unica cosa che rimaneva erano ciuffi di pelo scuri attaccati ai cespugli.

I contadini alla fine, per disperazione, rinchiusero nelle stalle gli animali, e si riunivano tutti, la sera, attorno al fuoco acceso nel bel mezzo della piazza, per piangere questo triste destino. Nel frattempo, mucche, pecore e capre diventavano sempre più magre… e la Micilina continuava a rubarle lo stesso, approfittando del fatto che i contadini in piazza non facevano la guardia alle stalle.

I Pocapagliesi, ormai, avevano talmente tanta paura da non riuscire a prendere nessuna decisione, e l’unica cosa che ormai riuscivano a fare era sperare che arrivasse Masino. Ma Masino era sempre in giro per il mondo a fare il soldato e nessuno sapeva quando sarebbe tornato.

Pensa e ripensa, decisero di andare dal Conte.

Il Conte viveva chiuso nel castello in cima alla collina, ed aveva una schiera di soldati al suo servizio. Gli abitanti erano sicuri che tutti questi guerrieri non avrebbero avuto difficoltà a catturare la Strega Micilina.

Così, una mattina, salirono al castello, e lo trovarono in un cortile pieno di soldati mentre si lisciava la lunga barba nera e ben pettinata.
I contadini si inchinarono, toccando quasi terra con la testa; e il più vecchio di loro, fattosi coraggio, prese a parlare.

– Signor Conte – disse – siamo venuti qui per chiedervi aiuto per risolvere un problema, solo Vostra Signoria è in grado di liberarci da questa sventura. Nei boschi vive nascosta la Strega Micilina, e di notte arriva furtiva e ci porta via tutte le bestie. Noi non possiamo che disperarci senza fare nulla, perché non siamo armati e basta il suo soffio malvagio per buttarci a terra. Imploriamo perciò Vostra Signoria di mandare i soldati a far la guardia e prendere la ladra.

– Se mando i soldati – ribattè il Conte – devo mandare anche il capitano; ma il capitano la sera deve giocare a tombola con me, perciò se ne resta qui.

I contadini si gettarono ai piedi del Conte, lo supplicarono di aver pietà di loro e di concedere il suo aiuto, ma invano.

Alla fine il Conte, infastidito, chiuse la discussione dicendo:
– Io di streghe non ne ho mai viste, quindi la Strega Micilina non esiste!
E fece cenno ai soldati, i quali cacciarono via i contadini.

I Pocapagliesi, quella sera, si ritrovarono attorno al falò ancora più disperati di prima. Discutevano sul da farsi, e alla fine il più vecchio disse:
– Dobbiamo proprio cercare Masino.

Furono tutti d’accordo, e, sapendo che si trovava in Africa, gli scrissero per chiedergli di tornare.

Fu così che Masino arrivò a Pocapaglia una sera, e trovò tutti i suoi compaesani disperati accanto al fuoco. Quando lo videro, gli fecero una gran festa ed erano tutti curiosi di conoscere tutte le sue avventure.
Ma lui volle prima sapere perché l’avevano fatto tornare.

I contadini raccontarono tutta la storia della Strega e del Conte, e alla fine Masino disse:
– Forza e coraggio! A mezzanotte andrò io nel bosco e vi porterò la Strega, parola di Masino. Ma devo prima sapere tre cose.

– Che cosa vuoi sapere? – fecero i contadini rincuorati.
– Barbiere, quanti clienti ha avuto in questo mese?
– Tutti i presenti sono stati sbarbati e rasati da me nell’ultimo mese. Ho tagliato tante di quelle barbe e tanti di quei capelli che potrei riempirci un fosso! – rispose il barbiere.

– Ciabattino, quante scarpe ha riparato nell’ultimo mese?
– Eh, nessuna, qui i contadini vanno tutti scalzi e il mio mestiere serve ben a poco… – disse con voce triste il calzolaio.

– E tu, cordaio, quante corde hai venduto ultimamente? – chiese ancora Masino.
– Ho venduto tutto quello che avevo in bottega: corde, funi, canape e corregge: non mi è rimasto nulla!

– Adesso so quanto mi basta, svegliatemi a mezzanotte e manterrò la mia promessa – concluse Masino. E si mise a dormire.

A mezzanotte in punto lo svegliarono. Masino si scrollò il sonno di dosso, bevve una ciotola di brodo bollente e se ne andò, addentrandosi da solo nel bosco scuro.

I contadini rimasero seduti attorno al fuoco in silenzio, fino a quando il fuoco morì. Attesero ancora e, quando ormai albeggiava, ecco tornare Masino e portare dietro di sè, tirandolo legato ad una fune, il signor Conte dalla lunga, lucida e nera barba.

– Questa è la vostra Strega! E’ il signor Conte, che, guarda un po’ non vi aveva voluto aiutare.
Tutti lo guardarono meravigliati, poi Masino continuò:
– Ho capito che non potesse essere uno spirito perché aveva bisogno di legare le bestie per portarle via; dunque il ladro doveva essere un essere umano. Ma non era nessuno di voi, perché voi camminate scalzi senza scarpe o zoccoli ai piedi, e c’erano invece le orme. Tutti, poi, avete barba e capelli corti, perciò non potevate lasciare ciuffi di pelo attaccati ai cespugli. Ma il Conte ha la barba lunga, e in più porta le scarpe e ha a disposizione molte funi.»

– E il terribile soffio che ci buttava a terra? – Chiesero i Pocapagliesi.

– Macché soffio! Portava con sè un bastone coperto di stracci, con il quale vi colpiva per tramortirvi: voi lo sentivate fischiare nell’aria e, quando vi risvegliavate dal colpo, vi ritrovavate con la testa pesante e senza ferite. Perciò credevate di essere stati abbattuti da un soffio, ma in realtà vi aveva solo dato una bella legnata. Ma adesso del Conte che cosa ne volete fare? – concluse Masino.

I contadini iniziarono a vociare e a parlarsi uno sopra l’altro: qualcuno proponeva di mettere il Conte al rogo, altri volevano gettarlo nel fiume, magari chiuso in un sacco con quattro gatti arrabbiati…

Il Conte, in ginocchio, invocava pietà e chiedeva perdono.

Infine Masino chiese a tutti di tacere e disse:
– Morto non serve a nessuno. Possiamo però approfittare del fatto che conosce il bosco come le sue tasche e che, per fingersi la Strega, è abituato a stare sveglio di notte. La mia proposta è questa: lo manderemo di notte a raccogliere legna nel bosco e portarvela già in fascine. E, già che c’è, potrà dare l’allarme se un lupo o qualunque altro pericolo si avvicina al paese. Così sarà stato utile a tutti e potrà ripagare il suo debito con tutti voi.

I contadini furono d’accordo, ed il Conte lavorò per loro, finché la barba gli divenne bianca e non ebbe più le forze per farlo. Ma a quel punto era ormai diventato amico di tutti in paese e i Pocapagliesi si presero cura di lui durante la sua vecchiaia.

Masino però non potè vedere invecchiare il conte e rifiorire Pocapaglia, perché appena risolto questo mistero ripartì per il mondo, tanto adesso di lui non avevano più bisogno.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La strega Rossella.

La strega Rossella.

Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀

Che barba e che noia stare tutto il tempo da soli al cimitero…

Scheletrino e il suo nuovo amico Fantasmino si lanciano in un’avventura alla ricerca del Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore, ma il “Grande Mago” non sembra volerli accontentare…

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Scheletrino!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Sheletrino raccontata da William!

Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀 racconto completo


Era una notte buia buia e Scheletrino stava guardando il primo spicchio di luna crescente nel cielo pieno di stelle.

Scheletrino abitava in un piccolo e sgangherato cimitero di montagna, talmente piccolo che praticamente c’erano solo mamma, papà e le due bisbetiche zie… Una noia mortale.

A fargli compagnia c’erano solo gli animaletti del bosco e la luna d’argento.

Ma quella sera buia buia, mentre guardava la luna spostarsi piano piano nel cielo, sentì uno strano rumore provenire da appena fuori il cancello del cimitero.

Scheletrino corse a vedere cosa succedeva, e dietro ad una delle siepi vide qualcosa color bianco etereo che si muoveva.

Si avvicinò piano piano, senza far rumore, quando all’improvviso, dalla siepe…

‒ Bhoooooo!

Scheletrino fece un balzo all’indietro per lo spavento, mentre il Fantasmino che era saltato fuori dalla siepe ridacchiava per lo scherzo riuscito.

‒ Ti sei spaventato? ‒ chiese il Fantasmino mentre lo aiutava a rialzarsi da terra.
‒ Un po’…. ma tu chi sei?
‒ Sono Fantasmino, passavo di qua per caso e volevo vedere se c’era qualcuno con cui passare un po’ di tempo, sto facendo un lungo viaggio sai…

‒ Ci sono solo io sveglio… gli altri dormono tutti, ma che viaggio stai facendo?
‒ Sto andando dal Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore.
‒ E cosa vuoi chiedergli?

‒ Di ritornare in carne ed ossa, mi ha raccontato una strega che lui può farlo… Vuoi venire con me?
‒ no… non posso, se vado via senza dire nulla a mamma e papà poi si arrabbiano ‒ disse poco convinto Scheletrino.
‒ Ma va’, vedrai ci mettiamo un attimo, domani mattina saremo di ritorno e nessuno si sarà accorto di nulla! ‒ gli sorrise Fantasmino.

Scheletrino ci pensò un attimo, pensò alla sua noiosa vita nel piccolo cimitero sgangherato e alle sue zie insopportabili.
‒ Ok vengo! ‒ e iniziarono a correre per il sentiero che portava al Bosco Oscuro.

Dopo poco sentirono un rumore metallico non molto lontano da loro. Era un treno che si stava fermando alla stazione.

Scheletrino disse a Fantasmino:
‒ E se prendiamo il treno? Così arriviamo Prima!
‒ Ottima idea compagno! rispose Fantasmino.

Così salirono sul treno, Scheletrino dalla porta del vagone, Fantasmino attraversando il finestrino della carrozza, sbucando e sedendosi di fianco ad un distinto uomo d’affari di ritorno dal lavoro.

L’uomo, avvertendo qualcosa di strano al suo lato, si voltò verso Fantasmino che…

‒ Bhoooooo!

L’uomo urlò talmente forte per lo spavento che tutti nel vagone si girarono a guardarlo mentre fuggiva via a gambe levate dalla carrozza.
Poi quando gli altri occupanti della carrozza videro Scheletrino che li salutava felice, scapparono tutti urlando anche loro.

‒ Perchè vanno via urlando? ‒ chiese Scheletrino deluso.
‒ Penso perchè non gli piace il nostro aspetto ‒ rispose Fantasmino che stava ancora ridendo per la scena divertente della gente che scappava terrorizzata ‒ meglio così, viaggeremo comodi comodi.
Scheletrino e Fantasmino si sedettero e il treno ripartì.

Arrivarono finalmente alla stazione di Foresta Oscura, dove scesero tra le urla spaventate di tutti i viaggiatori, ma loro non ci fecero caso e proseguirono per il sentiero che attraversava il bosco.

‒ Ma tu sai dove stiamo andando? ‒ chiese Scheletrino.
‒ Certo! Dobbiamo trovare la grande Quercia Maledetta, ha un grande buco proprio al centro del tronco, e dentro ci vive il grande Mago.
“Dev’essere proprio grande questa quercia se dentro ci vive addirittura un mago!” pensò Scheletrino.

Si addentrarono nel bosco, e man mano che camminavano incontravano tanti animaletti, tutti che scappavano via urlando di paura non appena li vedevano passare.

Solo una civetta dagli occhi gialli che brillavano nel buio non ebbe paura di loro, anzi domandò dall’alto del suo ramo:
‒ Cosa ci fate qui nella Foresta Oscura?
‒ Stiamo cercando la grande Quercia Maledetta, dobbiamo parlare col grande Mago! ‒ rispose Fantasmino.
‒ Il grande Mago? Mai sentito nominare… però se cercate la grande Quercia Maledetta siete sulla strada giusta, la troverete poco più avanti non farete fatica a notarla, i suoi rami argentei brillano nel buio ‒ e detto questo volò via.

Cammina cammina i due erano ormai arrivati nel profondo della Foresta Oscura, dove era più buio della notte buia, e il silenzio era talmente denso che metteva i brividi anche a due come Scheletrino e Fantasmino.

Poi la videro, i suoi rami d’argento brillavano nel buio come aveva detto la civetta! Finalmente erano arrivati alla grande Quercia Maledetta.

‒ Scusi grande Mago è in casa? ‒ disse Fantasmino.
Nessuno rispose.
‒ Grande Mago?! ‒ Dal buco della grande quercia si udì un rumore, poi due occhi di fuoco immersi nel buio spuntarono dal buco al centro dell’albero.

‒ Chi siete voi, e cosa volete!? ‒ rispose un vocione grosso e rauco.
‒ Siamo Fantasmino e Scheletrino e volevamo chiederti un favore…
‒ No! ‒ Rispose il vocione socchiudendo gli occhi di fuoco.

‒ Ma la Strega Griselda mi ha detto che tu esaudisci i desideri…
Ci fu un momento di silenzio assoluto nella foresta, poi:
‒ Si ma solo nella notte di Halloween.
‒ Domani è Halloween! ‒ esclamò Scheletrino ‒ aspetteremo qui!

Dall’interno dell’albero si sentì un rumoraccio tipo imprecazione.
‒ Ma serve che ci sia anche la luna piena! ‒ rispose il vocione.

Scheletrino e Fantasmino si guardarono sconsolati in faccia, la prossima luna piena sarebbe stata tra 28 giorni e Halloween sarebbe passato da un pezzo.
‒ Ma non puoi aiutarci lo stesso? abbiamo fatto tanta strada…
‒ No! E ora sparite da qui!
‒ Ma dai, sei un grande Mago tu, facci un piccolo piacere…
‒ No! Sparite! ‒ e visto che i due non sembravano per nulla intenzionati ad andarsene, dal buco nella Quercia Maledetta vennero lanciate delle ghiande. Una colpì in testa Scheletrino, l’altra trapassò senza problemi il corpo di Fantasmino.

“Ghiande?” pensarono entrambi.
Fantasmino si avvicinò a Scheletrino e sottovoce gli disse:
‒ Adesso gli faccio lo scherzetto… ‒ e ridendo sotto i baffi scivolò veloce fin sotto la Quercia maledetta e attraversò il tronco sbucando all’interno del buco.

‒ Bhoooooo!
‒ AHHHHRRRRGGGGG ‒ si sentì urlare da dentro il buco, e poi veloce come un fulmine sbucò un opossum che saltò giù dal tronco terrorizzato

‒ E tu saresti il grande Mago?! ‒ chiese Scheletrino sconcertato.
‒ No! sono il vecchio Opossum e non faccio nessuna magia, volevo solo prendere in giro due sprovveduti come voi! ‒ gridò.
‒ Ma la Strega Griselda mi aveva detto che…
‒ Di’ alla tua amica strega di aggiornarsi… il grande Mago è già da un secolo che non abita più qui, si era stufato di tutto questa noiosa foresta e ora vive su una spiaggia dei Caraibi… e ora tornatevene a casa che sta per diventare mattino!

Scheletrino e Fantasmino, tristi per la notizia e per il fatto che nessuno avrebbe esaudito i loro desideri, tornarono mestamente a casa.

Arrivati all’ingresso del cimitero si salutarono.
‒ Ciao Scheletrino, mi ha fatto piacere averti come compagno di viaggio.
‒ Ciao Fantasmino, anche a me è piaciuta la nostra avventura, sai qui è una noia mortale, non succede mai niente…
‒ Allora vorrà dire che andremo a fare qualche altro viaggetto io e te… ‒ sorrise furbamente Fantasmino.
‒ Ma certo! Ora però devo andare, che sennò chi la sente mia mamma…

Ma Scheletrino non fece in tempo a mettere piede nel suo sgangherato cimitero, che dal fondo di una tomba arrivò tonante la voce della mamma che lo chiamava per nome…
‒ Scheletrinooooooooooo…

Chissà che scusa avrà inventato Scheletrino 😉

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il libro dei mostri

Il libro dei mostri

Il fantasma golosone 👻

Ma i fantasmi sono tutti cattivi? A volte ce ne sono alcuni che sono solo molto golosi di dolci…

Noi di fabulinis questa volta abbiamo giocato a inventare una storia su Halloween ispirandoci un po’ alla tradizione e un po’ alla nostra fantasia. Divertiti ad ascoltare la storia del fantasma golosone, e attento a non farti mangiare le caramelle!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il fantasma golosone raccontata da Silvia!

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Il fantasma golosone 👻 storia completa


C’erano quattro piccoli amici che il pomeriggio del 31 ottobre, prima della notte di Halloween, si erano ritrovati al parchetto del paese.
Erano già vestiti pronti per andare a fare “dolcetto o scherzetto” in tutte le case, ma prima volevano decidere che giro fare, e dove era meglio bussare…

– Io so che i genitori di Giorgino hanno la dispensa piena zeppa di dolci! – disse Lino.
– Ma anche Anita ha le tasche sempre piene di caramelle, e va in giro a vantarsene! – disse Adele.
– Bene – disse Dino, il fratello di Lino – inizieremo a bussare proprio da loro.
– E non dimentichiamoci dei vecchietti in fondo alla strada, ogni volta che li incontro mi allungano sempre un cioccolatino! – disse infine Tamara, e tutti annuirono.

Ma da nord arrivò una folata di vento gelido che li fece rabbrividire, e in pochi minuti tante nuvolone grigie iniziarono a formarsi sopra le loro teste.
– Mi sa che sta per piovere… – disse preoccupata Adele.
– Speriamo di no! – dissero in coro gli altri tre – sennò stasera niente “dolcetto o scherzetto”!
– Conviene tornare a casa, prima che piova – disse Tamara.

Il parchetto dove si erano ritrovati, non era proprio in centro al paese, anzi, era più vicino al bosco, che alle case. E se si fosse messo a piovere, avrebbero dovuto correre a gambe levate!
Ma proprio in quel momento si sentì il rombo di un tuono. I quattro bimbi non ebbero nemmeno il tempo di alzare lo sguardo al cielo, che già pioveva a dirotto.
– Scappiamo! – gridò Dino.
– Ma arriveremo a casa bagnati fradici! – rispose Tamara.
– Dobbiamo trovare un riparo. Guardate la! – disse Adele indicando una casetta malconcia e dalle finestre sempre chiuse, appena fuori dal boschetto.

– Ma quella è una casa infestata dai fantasmi! – disse Lino.
Ma gli altri tre stavano già correndo verso la casetta, così anche Lino si mise a correre, prima di ritrovarsi zuppo d’acqua.

I quattro si erano riparati sotto la veranda di quella casetta, che avevano sempre visto disabitata. Le finestre erano sempre state chiuse, e non avevano mai visto nessuno uscire o entrare da quella porta.
Proprio per questo tutti i bambini del paese la chiamavano “la casa dei fantasmi”.
Adele, che era abituata a frequentare case dove succedevano un sacco di cose strane (sua zia Greta era una strega, ma lei ancora non lo sapeva), non aveva mai dato peso a tutte quelle storie. L’importante era trovare un riparo per non bagnarsi e sgualcire il bellissimo costume da streghetta che indossava per Halloween.

– Speriamo che smetta di piovere presto – disse Tamara, stringendosi nel suo costume da zucca per il freddo.
– Guardate qui! – disse Dino – la porta è aperta! – e aprì per bene la porta d’ingresso per darci uno sguardo dentro.
– Ma lì dentro ci sono i fantasmi! Stai attento Dino! – gli gridò suo fratello Lino.
– Io non credo ai fantasmi – disse Adele, e fece due passi per sbirciare dentro anche lei.

La casetta era buia, ma un po’ di luce filtrava dalle persiane mezze rotte. Dentro c’erano un tavolo e alcune sedie, una cucina e un divano. In fondo alla stanza si intravedevano le scale per andare al piano di sopra.
– C’è nessuno? – disse timidamente Tamara, ma nessuno rispose.

Al piano di sopra, però, stava dormendo un fantasmino, che sentito tutto quel baccano decise di sbirciare al piano di sotto. Per lui era facile: siccome era un fantasma, gli bastava attraversare con la faccia il soffitto.
– Quei monelli sono venuti a disturbarmi, devo mandarli via subito di qui! – disse sottovoce il piccolo fantasma.

Poi guardando meglio, vide che i quattro bimbi erano tutti vestiti per la notte di Halloween.
– Se sono vestiti per Halloween, vuol dire che sono pieni di dolcetti e caramelle! Mmm… che voglia di dolci che ho, devo prenderglieli tutti!

Così il fantasma, senza farsi vedere, scivolò dietro di loro e con un colpo chiuse la porta alle loro spalle.
I quattro bimbi gridarono tutti per lo spavento! Si precipitarono alla porta per uscire, ma la trovarono chiusa e non riuscivano ad aprirla.

Lino iniziò a piagnucolare: – Lo sapevo che questa casa è infestata dai fantasmi…
Proprio in quel momento si sentì un “Buuuuuuuuuu” provenire dal piano di sopra.
Tamara, Lino e Dino si strinsero forte forte tra loro, sussultando.

– Bimbi monelli, siete venuti a disturbarmi! Se volete che vi lasci in pace dovete darmi tutte le vostre caramelle!
– Ma noi non abbiamo caramelle! – rispose Adele.
– Non dite bugie, siete vestiti per Halloween e ad Halloween ci si riempie le tasche di dolcetti! – rispose il fantasma.

– Ma noi non siamo ancora andati in giro per le case! E’ ancora presto e siamo entrati qui solo perché fuori è cominciato il temporale – continuò Adele.
– Ma davvero? – rispose il fantasmino, che non sapeva esattamente che ore erano.
I quattro annuirono e risposero in coro – Siii…

Il fantasma decise allora di farsi vedere. Era bianco, pallido e semitrasparente, e Lino per la paura si nascose dietro a suo fratello Dino.
Tutti e quattro i bimbi rimasero comunque impressionati.

– Ma allora i fantasmi esistono veramente… – esclamò Tamara.
– Certo che esistono! –rispose il fantasma.
Adele ci rimase un po’ male, lei era convinta che i fantasmi non esistessero.

– Ma tu sei un fantasma cattivo? – chiese Tamara leggermente impaurita.
– Io cattivo? Ma no! Io sono un fantasma buono. Vi ho fatto paura solo perché avevo una gran voglia di dolci… è un sacco che non ne mangio, sapete sono tanto goloso…

– Come ti chiami? – chiese Dino.
– Mi chiamo Bruno.
– Io sono Dino, questo bimbo pauroso è mio fratello Lino e queste sono le mie amiche Adele e Tamara.
Si presentarono tutti.

– Scusaci se siamo entrati in casa tua senza il permesso – disse Adele – ma forse possiamo aiutarci a vicenda…
Gli altri bimbi e il fantasmino Bruno la guardarono con curiosità.
– Questa sera potresti farci compagnia mentre andiamo per le case a chiedere “dolcetto o scherzetto”, e sono sicura che tu sarai bravissimo a spaventare la gente! Sai quanti dolci riusciremo a racimolare?! – propose Adele.

Si guardarono tutti in faccia, era un’ottima idea! Anche Lino, che ormai non aveva più paura di Bruno, ne fu entusiasta.
Bruno aprì la porta e tutti guardarono fuori. Il temporale era passato e il cielo era diventato tutto arancione per il tramonto.
Così poterono tornare a casa di corsa a prepararsi per la serata. Tutti assieme andarono a bussare alle porte delle case del paese, e quando aprivano Bruno faceva dei “buuuuu” spaventosissimi.

Così le loro tasche si riempirono di caramelle e dolci, e passarono tutti una bellissima serata.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Il fantasma distratto 👻

A volte i fantasmi non ululano solo per far paura…

Questo racconto ci insegna che a volte basta chiedere alle persone cos’è che non va, e magari tutto si può risolvere più facilmente.

Il fantasma distratto 👻


C’era una volta, tanto tanto tempo fa, un castello nei cui bellissimi giardini I bambini giocavano tutti I giorni, e in estate fino anche a notte fonda.

Ma ogni notte a Mezzanotte un fantasma usciva dal castello e …..aaaaauuuuuuuuuhhhhhh…. ululava all’impazzata spaventando I bambini che fuggivano terrorizzati.

Leopoldino il bambino più temerario del gruppo un giorno chiese agli altri:
“ma perché scappiamo ? Magari vuole solo fare amicizia oppure vuole dirci qualcosa! Perché non glielo chiediamo?”.
Gli altri bambini lo presero per matto, chiedere al fantasma perché ulula?

Ma Leopoldino non si lasció scoraggiare dagli amici, e la sera dopo quando al rintocco della mezzanotte il fantasma usci dal castello ululando, mentre tutti scappavano lui si fermò e chiese al fantasma:
“Ehi fantasma, ma perché spaventi tutti I bambini con I tuoi ululati?”.

Il fantasma rispose triste e sconsolato:
“Io non voglio spaventare nessuno, è solo che tutte le sere io cerco di appendere un quadro e con il martello mi martello le dita, e quindi auuuuuuuuhhhhhh… esco dal castello ad ululare!”

Il bambino ebbe un’idea entrò nel castello alla ricerca di qualcosa, e il fantasma non aveva proprio idea di cosa, ma… eccolo di ritorno con in mando un guanto di ferro preso da una armatura del castello.

“Prendi questo guanto di ferro” disse il bambino.
“Vedrai con questo domani quando apprenderai il quadro non ti farai male!”.

Il fantasma lo ringrazio e il giorno dopo, al rintocco della mezzanotte oltre al suono delle campane si sentiva :
Steng!!! steng!!! il suono del martello sopra la mano!

Il fantasma finalmente non si faceva più male e riuscì ad appendere il quadro e I bambini poterono continuare a giocare felici.

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Massimiliano e Giada, papà e figlia dalla provincia di Brescia, per aver condiviso con tutti noi questo bel racconto sui fantasmi 👻