Scopri i nuovi RACCONTI di PASQUA 🐣🐇! 👉 CLICCA QUI 👈

Tag: coraggio

La leggenda della colomba di Pasqua 🕊️

Un giovane fornaio, un gatto parlante e un dolce misterioso tutto da sfornare.

In un’antica città lombarda, tra vicoli profumati di farina e forno caldo, viveva Tino, un giovane fornaio in cerca del pane perfetto. Ma c’era un piccolo dettaglio: il suo gatto parlante, Meo, non era mai soddisfatto.

Un giorno però, il re longobardo Alboino decise di invadere la città, solo il soave profumo e la squisitezza di un dolce mai visto prima lo avrebbe fermato!

Scopri come in questa fiaba dolce e golosa.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La leggenda della colomba di Pasqua 🕊️“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

La leggenda della colomba di Pasqua 🕊️



C’era una volta, in un’antica città lombarda, un giovane fornaio di nome Tino. Tino aveva un problema: ogni volta che sfornava il pane, il suo gatto parlante, Meo, si lamentava.

– Troppo croccante! Troppo molle! Troppo tondo! – miagolava Meo, scuotendo la testa. – E poi manca un po’ di poesia! Il pane dovrebbe raccontare una storia, non solo riempire la pancia!

Tino sospirava e continuava a impastare, sperando di trovare la formula perfetta. Provò ricette segrete, antichi metodi tramandati dai fornai più esperti, persino formule lette su pergamene ingiallite. Ma niente sembrava convincere del tutto il suo esigente assistente felino.

🎨 Scarica il disegno da colorare di “La leggenda della colomba di Pasqua 🕊️“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di La leggenda della colomba di Pasqua 🕊️


Guarda la videofiaba

Il paese senza dolci 🍬

Ma quanto poò durare un intero paese senza torte nè biscotti?

In un piccolo paese isolato dal mondo, il rigido Conte aveva imposto un divieto assurdo: niente dolci, né in pasticceria né in casa!
Un evento tragico lo aveva spinto a questa decisione, e nessuno osava ribellarsi.

Ma un giorno un misterioso pellegrino arrivò in città. Nessuno sapeva che fosse un pasticcere e che, con il profumo delle sue creazioni, avrebbe riacceso la voglia di dolcezza nel cuore di tutti gli abitanti.

Riuscirà la magia dei dolci del pellegrino a sciogliere il cuore del Conte?
Una storia di coraggio e bontà che ci insegna come un gesto gentile possa trasformare un intero paese!

Questa simpatica fiaba popolare è originaria della Germania


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il paese senza dolci 🍬“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Il paese senza dolci 🍬


C’era una volta, nelle terre lontane lontane, un piccolo paesino isolato dal resto del mondo.
Gli abitanti del paesino erano molto legati alle loro tradizioni, proprio perché non avevano contatti con persone di altri posti.

Il Conte del paese era l’unico nobile che avevano a disposizione, e per questo motivo era stato eletto sindaco.

Purtroppo il Conte qualche anno prima, aveva perso la moglie, e da quando era rimasto solo era diventato una persona molto rigida e severa. Gli abitanti del paese dovevano rispettare tutte le sue decisioni senza fiatare, e guai a chi si comportava diversamente!

Ma la cosa più assurda era che in questo paese erano state vietate le pasticcerie!
Nemmeno in casa propria si potevano fare dolci! Lo aveva proibito il conte dopo la scomparsa della moglie, che era morta per una indigestione di pasticcini alla crema.
Quella terribile vicenda gli aveva fatto perdere la ragione, e gli abitanti non avevano avuto la forza ed il coraggio di ribellarsi alla sua autorità.

Ma un giorno, mentre soffiava fortissimo il vento, giunse in paese un pellegrino, che cercava un posto dove riposarsi per qualche giorno. Il Conte non amava gli stranieri, aveva paura che potessero agitare l’apparente tranquillità della gente del paese. Comunque, per non sembrare troppo cattivo, gli offrì ospitalità.

Ma il Conte non poteva sapere che quell’uomo di mestiere faceva il pasticcere!
Senza conoscere le leggi imposte dal Conte, il pasticcere incominciò a sfornare dolci da dare alla gente del paese per ringraziare dell’ospitalità ricevuta. Purtroppo, quando il conte venne a sapere cosa aveva fatto il pasticcere, andò su tutte le furie e lo cacciò immediatamente dal paese.

Gli abitanti, felici ed entusiasti per avere potuto mangiare dolci e torte dopo anni di forzato digiuno, erano tornati di nuovo tristi.
Decisero che questa volta il Conte aveva esagerato, erano ormai stanchi e stufi delle sue decisioni.

E’ vero che i dolci non sono indispensabili, ma come si poteva pensare di festeggiare un compleanno soffiando sulle candeline di una torta fatta di carote e patate?
I bambini non mangiavano più dolci da così tanto tempo che ormai preferivano saltare la merenda!

Il pasticciere non si diede per vinto e decise di parlare con le persone del paese per trovare una soluzione. Insieme decisero di organizzare una festa a sorpresa per il Conte, una festa tutta a base di torte, dolci e pasticcini. E così fu.
Con una scusa banale, invitarono il Conte nella casa più grande del paese che era stata addobbata con ghirlande e festoni, e quando il Conte entrò dentro la casa e vide tutti quei dolci e una torta fatta solo in suo onore, rimase impietrito, non si aspettava una tale sorpresa!

Il Conte non disse una parola, nessuno gli aveva più fatto una torta da quando la sua amata moglie era volata in cielo.
Ma bastò un applauso, un gesto d’affetto e una canzone per fare tornare il sorriso a quell’uomo, che aveva tanto sofferto…
Guardò commosso i suoi compaesani e li abbracciò con lo sguardo, lo sguardo di un uomo solo che aveva tanto bisogno di affetto.
Da quel giorno il Conte decise di istituire la “Festa del Dolce”.

Ancora oggi i pellegrini di tutto il mondo si fermano in quel paese, per la “Festa del Dolce” e per assaggiare le prelibatezze della pasticceria “Il Pellegrino”.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Il paese senza dolci 🍬“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Il paese senza dolci 🍬

Lo Schiaccianoci 💂🥜

Lo Schiaccianoci trasforma la magia del Natale in un balletto incantato.

Lo Schiaccianoci è decisamente più famoso per l’omonimo balletto musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij (riconosciuto come uno dei più grandi compositori della musica russa) che per l’originale racconto fiabesco scritto da E.T.A. Hoffmann

Anche Alexandre Dumas (autore de “i tre Moschettieri”) ne ha scritta una sua versione!

Scopriamo quindi insieme come Clara, insieme al suo Principe Schiaccianoci, vivrà una magica e incantata vigilia di Natale!


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Lo Schiaccianoci 💂🥜“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Lo Schiaccianoci 💂🥜


Era la vigilia di un Natale di tanto tempo fa, e nella cittadina di Norimberga il signor Stahlbaum aveva organizzato nella sua grande casa una festa per i suoi amici e per i suoi due bambini.

Clara e Fritz, questo il nome dei due bambini, stavano ballando e cantando intorno al magnifico albero di natale che ornava il salone di casa. Avevano da poco finito di decorarlo ed erano molto emozionati per l’arrivo della notte di Natale.

Fritz era un bravo ragazzo paffuto, birichino, e un po’ presuntuoso, convinto che tutte le cose di questo mondo fossero create per farlo divertire.

Sua sorella Clara, invece, era una bambina gentile e affabile, ed era adorata da tutti quanti in famiglia.

Erano quasi le otto di sera quando, all’improvviso, si sentì bussare alla porta. Era Drosselmeyer, loro zio nonché misterioso mago, capace di realizzare meravigliosi burattini con cui si divertiva a raccontare storie fiabesche.
Aveva con sé una grande borsa che appoggiò per terra.

I due bambini gli corsero incontro abbracciandolo:
– Benvenuto Zio! Che cosa hai portato?! – chiesero emozionati.
– Adesso lo vedrete miei cari.. – disse loro.
Poi salutò tutte le persone della casa e iniziò a preparare il suo spettacolo di magia e burattini.

Rimasero tutti assorti ad ascoltare le sue storie e incantati a vedere le sue magie, finchè con un inchino finì il suo spettacolo tra gli applausi dei bambini e di tutti gli invitati alla festa.

Lo zio Drosselmeyer stava riordinando tutte le sue cose nella grande borsa quando Clara, avvicinandosi, notò una marionetta che spuntava dal bordo, e che non era stata usata durante lo spettacolo.

– Che magnifico soldatino! – esclamò Clara.
Lo zio sorrise – è di più di un soldatino sai? E’ anche uno Schiaccianoci, e sono convinto che abbia un nonsochè di magico… se vuoi puoi prenderlo.
– Davvero?! – disse Clara non credendo alle sue orecchie. Lo zio annuì divertito.

Clara prese lo Schiaccianoci dalla borsa e iniziò a danzare assieme a lui per tutta la sala con gli occhi che le brillavano dalla felicità.

Fritz non tardò ad accorgersi che la sua sorellina aveva in mano qualcosa che lui non aveva mai visto prima, e subito le andò incontro.

– Cos’è quello!? – chiese Fritz con vivo interesse misto ad invidia.
– E’ uno Schiaccianoci, me lo ha regalato lo zio! – rispose raggiante Clara.
– Fammelo vedere! – disse Fritz cercando di strapparglielo dalle mani.
Clara strinse più forte a sé lo Schiaccianoci, ma Fritz non mollò la presa e, con uno strattone molto forte, se ne impossessò.

I due iniziarono a litigare, Clara cercava in tutti i modi di riprendere lo Schiaccianoci mentre Fritz lo teneva in alto con la mano per non farglielo prendere. Clara ad un certo punto lo spintonò e Fritz, per non perdere l’equilibrio, lasciò andare lo Schiaccianoci che, cadendo a terra, si ruppe in due pezzi.

Clara scoppiò in lacrime, Fritz si rese conto del danno che aveva combinato e cercò di rimettere assieme i pezzi, ma non capiva come fare.

Lo zio Drosselmeyer si accorse del pianto disperato di Clara e accorse a vedere cosa era successo. Capì che lo Schiaccianoci si era rotto.
– Non preoccuparti Clara, posso aggiustarlo – disse e, dopo aver preso i pezzi dello Schiaccianoci, aprì la sua grande borsa e iniziò ad armeggiare con degli arnesi sullo Schiaccianoci.

Un attimo dopo lo Schiaccianoci era come nuovo.
– Tieni piccola mia.
Clara si asciugò le lacrime e guardò lo Schiaccianoci, sembrava non si fosse mai rotto, lo abbracciò forte a sé e poi abbracciò lo zio ringraziandolo. Poco dopo Fritz si scusò con Clara.

La grande festa volgeva ormai al termine e i bambini furono mandati a letto. Clara, sotto le coperte, stringeva forte a sé il suo Schiaccianoci, pensando che fosse il regalo più bello che avesse mai ricevuto.
Poi, piano piano, socchiuse gli occhi e si addormentò.

Ad un certo punto, Clara sentì un rumore provenire dal salotto. “Cos’è questo rumore ?” si chiese tra sé e sé. Intimorita ma anche incuriosita decise di andare a vedere. Prese con sé lo Schiaccianoci e scese le scale.

Nel grande salone ardeva ancora il fuoco nel camino, e l’albero di Natale era ancora splendidamente illuminato mentre in un angolo in penombra delle minuscole figure dalla coda lunga e stretta si muovevano di là e di qua: erano decine di topi!

All’improvviso si sentì urlare: “All’attacco!” e un esercito di omini di pan di zenzero si buttò addosso a tutti i topini che ormai stavano infestando il salone.
Ci fu una gran baruffa! Clara rimase a bocca aperta nel vedere quella strana battaglia, e senza accorgersene, si fece scivolare di mano lo Schiaccianoci.

Quando Clara si rese conto di non stringere più tra le mani il suo adorato Schiaccianoci si girò di scatto sgranando gli occhi: lo Schiaccianoci era cresciuto fino ad avere la dimensione di una persona vera.
– Non preoccuparti mia Clara, vi difenderò io dai topi – e lo Schiaccianoci si buttò anche lui nella battaglia al fianco degli omini di pan di zenzero.

Ad un certo punto lo Schiaccianoci fu attaccato da un topo che era più grossi di tutti gli altri, doveva essere sicuramente il Re dei topi. Lo atterrò e iniziò a graffiargli la faccia.
– Noo! – esclamò atterrita Clara e senza pensarci un attimo prese la sua pantofola e la scagliò contro il grande topo.

Il tiro fu così preciso che colpì il topo proprio in faccia, facendolo stramazzare al suolo. Quando il Re dei topi, barcollando, riuscì ad alzarsi ordinò alle sue truppe la ritirata e corsero tutti a nascondersi in un buco dentro al muro.

Clara corse dal suo Schiaccianoci per sincerarsi che stesse bene, ma con sorpresa e meraviglia si accorse che lo Schiaccianoci si era trasformato in un meraviglioso Principe!
– Grazie mia Clara, mi hai salvato e hai fatto scappare quei topacci, te ne sarò eternamente riconoscente.

Clara era quasi imbarazzata per la trasformazione dello Schiaccianoci e stordita da quella situazione surreale che quasi non ci credeva.
Il Principe Schiaccianoci la prese per mano e le disse:
– Vieni, voglio farti vedere il mio regno.
Clara, attonita e sorpresa, lo seguì.

Uscirono di casa, e come per magia tutta la cittadina di Norimberga era come svanita, non una casa , un vicolo o monumento erano rimasti.
Al suo posto era sorta una splendida ed incantata foresta piena di neve luccicante.

Il Principe Schiaccianoci teneva Clara per mano e la accompagnava sempre più all’interno del fitto bosco fatato.
Intorno a loro volavano leggere delle minuscole fatine scintillanti, sembravano comporre la danza di un balletto.

– Devo farti conoscere una persona… – le disse in tono gentile ma misterioso il Principe Schiaccianoci.
Camminarono così finchè non arrivarono al Palazzo Reale del Regno dei Dolci, dove ad attenderli sulla soglia del portone fatto di pan di Spagna c’era una fata vestita di zucchero filato.

– Principe! – esclamò la fata.
– Clara ti presento la Fata Confetto, la mia più cara amica! – disse il Principe Schiaccianoci. Clara e la Fata Confetto si fecero un inchino a vicenda in segno di saluto.

– Mio caro Principe – disse la Fata Confetto – ho saputo della grande battaglia contro i topi!
– Si mia cara, è stata una grande battaglia, ma non avrei mai vinto senza l’aiuto di Clara.
La Fata Confetto sorrise a Clara e l’abbracciò, poi esclamò:
– Ma entrate! Entrate! Stanno per iniziare le danze di Natale!

Si ritrovarono dentro ad un luminosissimo salone pieno di dolci di ogni tipo, con le fate dei fiori intente a danzare sopra a magnifici fiori fatti di zucchero filato e pan di zenzero.

La Fata Confetto invitò il Principe Schiaccianoci a ballare, e iniziarono a danzare in tondo per tutto il salone.
Sembravano così leggeri che pareva non toccassero terra.

Ed infatti mentre giravano insieme tenendosi per mano, stavano come per magia piano piano volteggiando sempre più in alto nella sala.
Salivano e salivano sempre di più, verso la volta del salone illuminata a giorno come se splendesse il sole.

Clara dovette socchiudere gli occhi per continuare a vederli finchè non svanirono abbracciati nella luce abbagliante.

“Svegliati piccola mia…” chiamò una voce.
Clara piano piano aprì gli occhi… era giorno e si trovava nel suo lettino, tra le braccia stringeva il suo Schiaccianoci di legno, che era ritornato delle dimensioni originali. Accanto a lei c’era seduta la mamma, che le sorrideva e le accarezzava la testolina.

Clara sorrise.
Ora capiva. Era stato solo un sogno, ma era stato magnifico e splendido, sicuramente il più bel sogno di tutta la sua vita.

Abbracciò forte il suo Schiaccianoci, poi come ricordandosi d’improvviso di una cosa molto importante, scese dal letto e corse giù nel salone di casa.
Era la mattina di Natale, e c’erano un sacco di regali da scartare!

Ma sicuramente il più bel regalo di tutti era stato il sogno magico che le aveva regalato lo Schiaccianoci!

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Lo Schiaccianoci 💂🥜“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Lo Schiaccianoci 💂🥜

Rapunzel 👸💈🤴

Rapunzel: la Torre, l’Incantesimo e il Segreto dei Lunghi Capelli

In un tempo lontano, in un regno avvolto dal mistero, una ragazza dai capelli straordinariamente lunghi era prigioniera di una torre senza porte né scale. La sua voce melodiosa era l’unico segnale della sua presenza, un richiamo tanto dolce quanto triste.

Ma anche la torre più alta e l’incantesimo più potente non possono spegnere la speranza.

Un giovane principe, attratto dalla dolce voce di Rapunzel, sfiderà un grande pericolo pur di liberarla.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Rapunzel 👸💈🤴“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Rapunzel 👸💈🤴


C’era una volta in un paese lontano lontano una coppia di giovani sposi, che avevano avuto la sfortuna di prender casa all’ombra delle alte mura del giardino di una strega…
I due all’inizio non se ne preoccuparono, anche perché pare che nessuno negli ultimi anni avesse mai visto la Dama Gothel (così si chiamava la strega) e quindi la davano tutti per morta.

Passarono alcuni mesi e i due sposi ebbero la felice notizia di aspettare un bambino. I due erano le persone più felici del mondo, e il marito cercava di soddisfare in tutto e per tutto le “voglie” della moglie, che fossero di cibi particolari o di fiori bellissimi.
Un giorno la donna, passando vicino alle mura della strega, vide da una apertura nel muro che nel giardino vi erano dei bellissimi raperonzoli, i fiori a forma di campanula dal colore violetto, e se ne innamorò.

Così la sera stessa pregò il marito di andare a prenderne un mazzetto per adornare la casa. L’uomo all’inizio ebbe gran paura della strega, ma poi, rassicurato dal fatto che della strega non c’era più traccia già da un bel pezzo, prese coraggio e scavalcò l’alto muro del giardino e colse un bel mazzetto di raperonzoli.

La donna quando vide i fiori fu felicissima, tanto felice che chiese al marito di prenderne un altro mazzetto. Così l’uomo scavalcò di nuovo il muro, ma questa volta dall’altra parte si ritrovò faccia a faccia con la Dama Gothel.
– Cosa ci fai tu qui nel mio giardino?! – gridò la strega.
L’uomo balbettando rispose – Mi scusi… volevo solo raccoglie un mazzetto di fiori di raperonzolo… sa mia moglie aspetta un bambino e a volte ha delle “voglie” incontrollabili…

La strega strinse gli occhi e si avvicinò all’uomo – Così aspettate un bambino eh… Bene! Se volete aver salva la vita mi dovrete consegnare quel bambino non appena nato, lo tratterò come fosse figlio mio, non preoccupatevi…
L’uomo disperato pensò che era meglio salvare la vita del nascituro, anche a costo di darlo in mano ad una strega, piuttosto che morire tutti quella stessa notte.

Così quando dopo qualche mese nacque una bellissima bimba, la Dama Gothel la prese con sé e le diede il nome di Rapunzel.
Rapunzel crebbe tranquilla e spensierata tra le mura del giardino, e i suoi genitori, guardando attraverso una delle aperture nel muro, potevano vedere che stava crescendo bene ed in salute.

Rapunzel ignorava completamente che la Dama Gothel non fosse la sua vera mamma, ma, come da promessa, la strega la trattava bene e non le faceva mancare nulla. Anzi le stava curando gli splendidi capelli in modo da farle crescere una lunga treccia dorata.
Ma un giorno Rapunzel, ormai stanca di vivere dietro quelle alte mura e curiosa di vedere il mondo, cercò di scappare. Ma non ce la fece e la strega accortasi del tentativo, andò su tutte le furie.

La Dama Gothel rinchiuse così Rapunzel in una torre altissima, senza scale per salirci né porte per entrarci.
L’unico modo per salir fin lassù era far calare la lunga treccia di Rapunzel giù per la torre, in modo da usarla come corda per arrampicarsi.
Così ogni giorno la strega passava per la torre e diceva – Rapunzel, cala la tua treccia, che per salir lassù mi serve quella…
E Rapunzel calava la treccia e la strega saliva per darle cibo e da bere.

L’unico modo che aveva Rapunzel per sfogare tutta la sua solitudine e dolore era cantare tristi melodie per tutto il giorno.
Un giorno un principe, passando vicino alla torre per caso, udì quella bellissima voce cantar quelle tristi melodie, e si avvicinò incuriosito.
Vide così che dall’unica finestra della torre era affacciata una bellissima fanciulla.

Decise di provare a raggiungerla, ma non trovò né porte di entrata né scale per salir sulla torre.
Il principe non si perse d’animo e tornò più e più volte sotto la torre ad ascoltare il canto della dolce ma triste fanciulla.
Finché un giorno il principe, nascosto tra alcune siepi, trovò la Dama Gothel che pronunciava la frase con cui Rapunzel faceva calare la sua lunga e bionda treccia. Vide così qual era l’unico modo con cui si poteva salire fino in cima alla torre.

Aspettò che la strega si allontanasse e dopo poco pronunciò anche lui la frase – Rapunzel, cala la tua treccia, che per salir lassù mi serve quella…
Rapunzel calò la treccia, e lui salì. Quale sorpresa fu per la ragazza vedere il principe invece della Dama Gothel!
Rapunzel all’inizio cercò di gridare per la paura, ma il principe la tranquillizzò, dicendole che era venuto solo per conoscerla e per sapere come mai una così bella fanciulla fosse rinchiusa dentro una così alta torre.

Rapunzel spiegò la sua storia al principe, che dopo averla ascoltata disse:
– Ti salverò io mia bella Rapunzel, troverò un modo per farti fuggire da qui!
– No! – gli rispose la ragazza – se fuggo da qui, sono sicura che la Dama Gothel ci troverà e ci ucciderà entrambi!
Sentendo quelle parole il principe le disse:
– Allora tornerò qui ogni giorno, a farti compagnia.
– Va bene… – disse Rapunzel, che dopo tanta solitudine sentiva il bisogno di aver qualcuno con cui passare del tempo.

Così ogni giorno, per molti giorni, il principe andò a farle compagnia, e la rallegrava con i suoi racconti e le avventure che aveva vissuto girando il mondo.
Piano piano i due si innamorarono.
Ma la cosa non sfuggì alla strega, che vedeva Raperonzolo diventare sempre più felice e cantare melodie sempre più gioiose.
Così un giorno decise di aspettare tutto il giorno sotto la torre, nascosta tra le siepi, per vedere cosa succedeva. Ed infatti vide il principe far calare la treccia e salire su in cima alla torre.

La strega era furente e decise che si sarebbe vendicata.
Aspettò che il principe se ne andasse per tornare da Rapunzel.
– Come mai siete tornata Dama Gothel? – chiese la ragazza.
– Fai pure la finta tonta! – gridò la strega – ma ora io ti punirò!
Con una grossa forbice le tagliò la lunga treccia dorata, e con una magia la trasportò in un deserto lontano lontano, da cui non sarebbe mai più potuta tornare.

La Dama Gothel però voleva punire anche il principe, così il giorno dopo aspettò che arrivasse, e quando lui pronunciò la frase “Rapunzel, cala la tua treccia, che per salir lassù mi serve quella… “ la strega calò la treccia tagliata di Rapunzel.
Che sorpresa per il povero principe trovar in cima alla torre la strega invece di Rapunzel!
La Dama Gothel gli disse che non avrebbe mai più rivisto Rapunzel perché l’aveva confinata in uno dei deserti più lontani del mondo.
E vedendo la disperazione sul volto del principe, la strega si mise a ridere e con una magia lo scaraventò giù dalla torre, dove lo aspettavano dei rovi pieni di spine che gli ferirono gli occhi, togliendogli la vista.

Il principe sentiva ancora l’eco delle risa della strega alle sue spalle, ma senza perdersi d’animo decise di andare a cercare Rapunzel, anche in capo al mondo.
Iniziò a vagare per tutti i deserti della terra. Cieco, poteva fidarsi soltanto del suo udito che diventò allenatissimo a riconoscere anche i più piccoli rumori e sussurri.

Finché un giorno, quando ormai stava per perdere la speranza, udì in lontananza un triste canto melodioso…
– E’ lei, è Rapunzel! Non posso sbagliarmi, riconoscerei quella dolce voce in mezzo a mille altre! – gridò il principe, e corse in quella direzione.
Rapunzel sentendo dei passi che correvano nella sua direzione, alzò lo sguardo e, quando riconobbe il suo principe, gli corse incontro.
I due si abbracciarono forte piangendo dalla gioia, e le lacrime di Rapunzel caddero sugli occhi del principe, che come per magia riacquistò la vista.

I due tornarono a casa, titubanti per la paura che la strega potesse far loro ancora del male.
Ma della Dama Gothel nessuno seppe più nulla. Alcuni pensarono che, impazzita dalla rabbia, rimase rinchiusa dentro la torre per il resto dei suoi giorni.
Così Rapunzel ed il principe poterono sposarsi e vivere per sempre felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Rapunzel 👸💈🤴“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Rapunzel 👸💈🤴

Il Gatto con gli stivali 🐈👢

Il Gatto con gli stivali: L’astuzia che svela il destino

Cosa nasconde un gatto con stivali di cuoio e un cappello elegante?

Questo astuto felino, con i suoi piani ingegnosi e un pizzico di mistero, trasforma un semplice ragazzo in un nobile signore.

Il Gatto con gli Stivali riesce a tessere una trama di astuzia e magia, dimostrando che anche i più piccoli possono cambiare il loro destino… se sanno giocare bene le loro carte.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “Il Gatto con gli stivali 🐈👢“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Il Gatto con gli stivali 🐈👢


C’era una volta Marcello, un ragazzo che aveva per migliore amico un gatto, ma non uno qualunque. Questo gatto se ne andava sempre in giro con addosso un paio di stivali, perciò Marcello l’aveva chiamato “Gatto con gli Stivali”.

I due erano cresciuti assieme, e il gatto si era sempre dimostrato molto furbo e felice di aiutare Marcello, quando era in difficoltà.
Un giorno parteciparono alla festa del paese, dove Marcello conobbe Sandra, la figlia del ricco Signorotto del posto.
I due si trovarono subito simpatici, ma Sandra già sapeva che non avrebbe potuto frequentare Marcello perché suo padre non l’avrebbe permesso. Infatti, il padre di Sandra non voleva che la figlia avesse amici tra gli abitanti del paese, da lui ritenuti dei sempliciotti.

Marcello quando capì che non avrebbe più potuto vedere Sandra, diventò triste.
– Non abbatterti Marcello, vedrai, ti darò una mano io! – gli disse il Gatto con gli Stivali.
– E come puoi aiutarmi? – chiese perplesso Marcello.
– Tu non ti preoccupare – gli rispose il Gatto dopo avergli fatto l’occhiolino. E sparì nel bosco.
Era andato a caccia, e in breve tempo riuscì a catturare un paio di leprotti. Poi si recò a casa del Signorotto, padre di Sandra, e gli porse le due prede dicendogli:
– Sono il Gatto con gli Stivali e questi leprotti sono un omaggio del Signor di Carabàs – e fece un profondo inchino.

Il Signorotto, tutto contento, ringraziò il Gatto con gli stivali, chiedendosi chi mai fosse questo Signor di Carabàs.
Il Gatto portò dei doni anche il giorno dopo e il giorno dopo ancora.
Il Signorotto era sempre più curioso, perciò quando rivide il Gatto gli chiese:
– Ma quando posso incontrare il vostro signore, per poterlo ringraziare di tutte queste cortesie?
– Lo incontrerete presto, statene certo – rispose il Gatto con gli Stivali inchinandosi. E corse via.

Sandra osservava quell’andirivieni già da un po’ di tempo. Le sembrò di ricordare che quello era il gatto tanto amico di Marcello.
Quel giorno decise di chiamarlo.
– Gatto con gli Stivali! Posso parlarti?

Il Gatto già temeva il peggio, pensando di essere stato scoperto nel suo piano.
– Ma tu non sei il gatto amico di Marcello?
– Sì Sandra, lo sono – rispose il gatto.
– E sei anche amico di questo Signor di Carabàs?
– …sì… – rispose timoroso il gatto, sapendo ormai di essere stato scoperto.
Sandra intuì, e sorrise.

– E per caso io lo conosco il Signor di Carabàs?
– … hem, in qualche modo sì… – il gatto non sapeva più come togliersi dall’imbarazzo.
– Ho capito… – disse Sandra sempre sorridente – Puoi riferire al Signor di Carabàs che domani io e mio padre andremo al paese qui vicino a far compere? Chissà mai che non ci si incontri…

Il Gatto con gli Stivali fu sorpreso da quelle parole, e intuì a sua volta che Sandra aveva sì capito il suo piano, ma anche che stava dalla sua parte.
– Certamente Sandra – il gatto sorrise, fece un inchino e corse via.

Lungo la strada per il paese vicino c’erano molti campi. Il Gatto con gli Stivali portò ai contadini che lavoravano lì un po’ di selvaggina, convincendoli così a dire che quei campi erano proprietà del Signor di Carabàs.
E così, man mano che quel giorno Sandra e suo padre procedevano a cavallo, i contadini li salutavano a nome del Signor di Carabàs.

Il Signorotto pensò non solo che il Signor di Carabàs fosse di una gentilezza mai vista, ma che fosse anche molto ricco.
A quel punto il Gatto con gli Stivali tornò da Marcello e gli disse:
– Sbrigati! Corri al fiume, e quando te lo dico io, buttati dentro gridando che sei il Signor di Carabàs e che ti hanno derubato di tutti i tuoi averi!

Marcello era all’oscuro di tutte le mosse del Gatto e chiese incuriosito:
– E chi sarebbe il Signor di Carabàs? –
– Vuoi incontrare di nuovo Sandra e poterla vedere finalmente quando ti pare?
– Certamente! – rispose Marcello.
– E allora non discutere e fa come ti dico!
Marcello, fidandosi dell’amico Gatto, corse veloce al fiume e si nascose dietro una siepe, in attesa del segnale per buttarsi dentro.

Intanto, il Signorotto e Sandra stavano arrivando al ponte sul fiume.
Il Gatto con gli Stivali fece un fischio, e Marcello capì che era il momento di buttarsi.
Dopo poco si sentì un grido.
– Aiuto! Aiuto! Sono il Signor di Carabàs e sono stato derubato di tutti i miei averi! Aiuto!

Il Signorotto e Sandra accorsero per vedere cosa stava succedendo, e videro Macello uscire tutto bagnato dalle acque del fiume.
– Cosa ti è successo, ragazzo? – disse il Signorotto.
– Sono il Signor di Carabàs, e due furfanti mi hanno derubato di tutti i miei averi e scaraventato nel fiume…
Finalmente il Signorotto aveva l’occasione di conoscere chi, nei giorni scorsi, gli aveva fatto tanti regali.

– Padre, non possiamo lasciarlo così bagnato fradicio. Portiamolo a casa nostra e diamogli dei vestiti! – disse Sandra che aveva riconosciuto Marcello.
– Certamente! – rispose il Signorotto.
E così Marcello fu portato a casa del Signorotto, asciugato e vestito con abiti molto eleganti.

Il Signorotto lo ringraziò per tutti i regali che gli aveva fatto, e anzi, lo invitò a frequentare spesso quella casa: per lui le porte sarebbero sempre state aperte.
E fu così che finalmente Marcello e Sandra poterono vedersi come e quando volevano, e il Gatto Con gli Stivali fu contento di vederli insieme felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Il Gatto con gli stivali 🐈👢“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Il Gatto con gli stivali 🐈👢

Pinocchio 🤥 Storia di un burattino

Da burattino a bambino vero: il viaggio di Pinocchio tra errori, crescita e magia.

“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” di Carlo Collodi è una delle fiabe più celebri al mondo, un capolavoro senza tempo che insegna come, attraverso le esperienze e gli errori, si possa crescere e trasformarsi da burattini in esseri umani maturi e responsabili.

Molti conoscono Pinocchio grazie al celebre cartone animato Disney, ma la storia originale di Collodi è molto più ricca e profonda.

La nostra versione, fedele allo spirito del libro ma più breve e semplificata, è ideale per avvicinare i bambini a questo intramontabile racconto, perfetta per chi cerca una narrazione accessibile senza rinunciare alla magia della fiaba.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Pinocchio 🤥 Storia di un burattino“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Pinocchio 🤥 Storia di un burattino


Indice dei capitoli

  1. Mastro Ciliegia regala a Geppetto un pezzo di legno…
  2. Il grillo parlante.
  3. Mangiafuoco e il teatro dei burattini.
  4. Il gatto e la volpe.
  5. La fata turchina.
  6. Il Campo dei Miracoli.
  7. Pinocchio va a scuola.
  8. Il Paese dei Balocchi.
  9. Pinocchio diventa un bambino.
  10. EXTRA: Curiosità su Pinocchio.

1) Mastro Ciliegia regala a Geppetto un pezzo di legno…


C’era una volta un pezzo di legno. Era tenuto in un angolo della bottega di Mastro Ciliegia, che un giorno si decise di farne una gamba per un tavolino. Lo prese e lo mise sul tavolo per iniziare a tagliarlo, quando sentì una vocina che lo implorava:

– Ti prego, non farmi del male!
Mastro ciliegia si guardò intorno ma non vide nessuno, così riprese a lavorare il legno dandogli un bel colpo.
– Hai! Mi hai fatto male!

Mastro Ciliegia, spaventato dalla voce che proveniva dal pezzo di legno, lasciò cadere gli arnesi, e scivolò per terra dalla paura.

Proprio in quel momento, passava a trovarlo Geppetto, suo amico falegname, che lo trovò disteso a terra. Geppetto gli chiese cosa fosse successo, ma Mastro Ciliegia non voleva fare brutta figura, e come nulla fosse, chiese a Geppetto cosa fosse passato a fare nella sua bottega.

– Mi servirebbe un pezzo di legno, stamattina mi è venuta l’idea di costruirmi un bel burattino.
Mastro Ciliegia alzò un sopracciglio, guardò il pezzo di legno che stava ancora sul banco di lavoro e pensò che fosse un’ottima occasione per disfarsene.

– Guarda guarda, caro mio Geppetto, ho proprio quel che fa per te! – prese il pezzo di legno e glielo mise tra le mani.
Geppetto ringraziò e tornò verso casa. Decise che, una volta finito il burattino, lo avrebbe chiamato Pinocchio e, messo sul tavolo da lavoro il pezzo di legno, iniziò a intagliarlo.

Dopo alcune ore, finalmente, anche gli occhi e il naso erano finiti, mancava solo la bocca e non appena Geppetto si mise a realizzarla, questa iniziò a sghignazzare e a prenderlo in giro.
– Smetti di ridere boccaccia! – esclamò Geppetto, pensando che i morsi della fame gli stessero facendo un brutto scherzo.
La bocca del burattino smise di ridere, ma le sue mani veloci presero la parrucca di Geppetto e se la misero in testa.

– Birba d’un burattino, non sei ancora finito che già manchi di rispetto a tuo padre…
Pinocchio a quel punto saltò giù dal tavolo e cominciò a correre fuori di casa, mentre Geppetto gli correva dietro gridando di fermarsi.

Per fortuna sulla via c’era un carabiniere, che pigliò Pinocchio per il nasone e lo riconsegnò a Geppetto.
– Adesso andiamo a casa, poi faremo i conti! – disse Geppetto.

Pinocchio si buttò a terra e iniziò a piangere e far tanto fracasso da attirare l’attenzione di molte persone.
– Povero burattino – dicevano alcuni – ha ragione a non voler tornare a casa, chissà come lo picchierà Geppetto!…

Il carabiniere poco a poco si convinse che Pinocchio fosse scappato da Geppetto proprio perché lo voleva picchiare, e così lasciò andare Pinocchio e arrestò Geppetto.

– Sciagurato figliolo! E pensare che mi sono impegnato tanto per fare un burattino per bene… ma mi sta bene, dovevo pensarci prima… – disse tra sé Geppetto mentre veniva portato via dal carabiniere.

… continua nel CAPITOLO 2

🖌 scarica il disegno da colorare di Pinocchio! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Pinocchio

Curiosità su Pinocchio

● Carlo Lorenzini, vero nome di Carlo Collodi, scrisse Pinocchio in un momento di difficoltà della sua vita.

● In realtà il vero Pinocchio era lui stesso, sempre pronto a far “bambinate” e pieno di debiti al gioco d’azzardo, si mise così a scrivere una storiella per bambini per guadagnare qualche soldo. Ma già dopo pochi capitoli si era stancato e aveva scritto la parola fine del suo racconto più o meno quando i due banditi appendono Pinocchio all’albero.

● Ma ormai Pinocchio aveva iniziato a viver di vita propria dentro l’entusiasmo e l’immaginazione dei bambini tanto che, a furor di popolo, fu costretto a tirar giù Pinocchio dall’albero e rimetterlo di corsa a vagabondare per la sua strada. Una strada piena di avventure e di crescita interiore che lo porterà a diventare finalmente un bambino in carne ed ossa.

● La verità è che dentro le pagine del libro, ognuno di noi può immedesimarsi in Pinocchio, perchè racconta con parole semplici e senza troppi giri di parole, il birbante che si nasconde dentro tutti i bambini.

● Pinocchio è anche stato un racconto da cui poi sono stati ripresi concetti e modi di dire che oggi sono di uso comune, come:

  • “le bugie dal naso lungo o dalle gambe corte” per indicare chi mente;
  • “il paese dei balocchi” per indicare un luogo immaginario e fantastico dove non si fa nulla dalla mattina alla sera;
  • “Sono fritto!” che si riferisce ad un momento non presente nella nostra versione della fiaba, dove Pinocchio rischia di essere messo in padella e mangiato da un pescatore.
  • “Il Gatto e la Volpe” per indicare una coppia di persone poco affidabili

● Il libro divenne talmente famoso in tutto il mondo (è il libro in lingua italiana più venduto nella storia e vanta ben 240 traduzioni in lingua estera) che anche Tolstoj nel 1936, ne scrisse una versione molto simile.

● Di Pinocchio si sono fatti film di animazione (il più famoso è sicuramente quello della Walt Disney) che dal vero (come non ricordare il Pinocchio interpretato da Benigni nel 2002 o, l’ultimo del 2019, con alla regia Garrone in cui sempre lo stesso Benigni interpreta Geppetto?)

● E la canzone di Edoardo Bennato sul Gatto e la Volpe chi può scordarla?
ascoltatela su youtube 😉

La Sirenetta 🧜‍♀️🌊

Tra amore e sacrificio: il viaggio della Sirenetta verso i suoi sogni più profondi.

Ariel, la coraggiosa sirenetta, è pronta a rischiare tutto pur di realizzare i suoi sogni.

“La Sirenetta” di Hans Christian Andersen è una fiaba che parla di trasformazione, crescita interiore e sacrificio, mostrando come a volte sia necessario perdere qualcosa di prezioso per inseguire ciò che si desidera.

Questa storia, tra le più celebri dello scrittore danese, è un viaggio emozionante tra amore, coraggio e il prezzo da pagare per cambiare il proprio destino. Un racconto senza tempo che continua a incantare grandi e piccini.

⚠️ ATTENZIONE!
Questa è la versione rielaborata da fabulinis, NON c’entra quasi nulla col famoso film della Disney, ma ricalca abbastanza fedelmente la versione originale di Andersen, discostandosene solo per il finale.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La Sirenetta 🧜‍♀️🌊“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

La Sirenetta 🧜‍♀️🌊


Indice dei capitoli

  1. CAPITOLO 1
  2. CAPITOLO 2
  3. CAPITOLO 3

La Sirenetta 🧜‍♀️🌊 CAPITOLO 1


C’era una volta, in fondo al mare, un regno magico governato dal Re del Mare.

Il Re del Mare era rimasto vedovo, e a curare le sue sei figlie sirene c’era l’anziana nonna, che non faceva mancare loro nulla e le riempiva di amore e attenzioni.

La più piccola delle principesse sirene, Ariel, era anche la più bella di tutte e, oltre alla bellezza, aveva ricevuto in dono anche una voce capace di incantare chiunque la ascoltasse.

Ariel e le sue sorelle giocavano tutto il giorno sul fondo del mare e nei giardini del Castello, pieni di fiori e piante acquatiche, mentre la sera amavano ascoltare le storie degli uomini che vivevano in superficie e solcavano i mari, raccontate dalla loro cara nonna.

Ad Ariel queste storie piacevano molto, e la facevano sognare ad occhi aperti, immaginandosi avventure incredibili ed emozionanti.
Così non smetteva mai di chiedere sempre maggiori particolari all’anziana nonna, che alla fine ripeteva sempre a lei e le sue sorelle:
– Alla vostra maggiore età, potrete nuotare fino alla superficie, e vedere con i vostri occhi il mondo degli esseri umani.
Ariel non vedeva l’ora, ma era la più piccolina tra le sorelle e avrebbe dovuto aspettare a lungo…

Finalmente la più grande delle sorelle giunse alla maggiore età, e con enorme emozione intraprese il suo viaggio verso la superficie. Quando tornò aveva mille cose da raccontare, ma la cosa più bella di tutte era l’esser stata sdraiata al chiaro di luna su una spiaggetta riparata, guardando in lontananza la città piena di luci e rumori degli uomini.

Ariel l’ascoltava rapita, e ne avrebbe voluto sapere sempre di più, ma per ora doveva accontentarsi della sua immaginazione…
L’anno successivo fu il turno della seconda sorella, che al ritorno dal suo viaggio in superficie raccontò del tramonto infuocato e del cielo color oro che le aveva incantato gli occhi.

E poi toccò alla terza sorella, che più coraggiosa di tutte volle risalire il fiume per vedere palazzi, castelli, campi coltivati e vigneti immersi in uno splendido bosco dove cantavano gli uccellini.

La quarta sorella invece non era tanto coraggiosa, e quando toccò a lei risalire in superficie, era rimasta in alto mare a vedere le navi che passavano lontane e a giocare insieme ai delfini.

E l’anno dopo ancora toccò alla quinta sorella, era inverno e quando arrivò in superficie incontrò dei grandi blocchi di ghiaccio, grandi come isole, su cui si poteva passare il tempo ad ammirare i maestosi cieli grigio azzurri invernali.

Mancava solo Ariel, che la sera guardava con un velo di tristezza le sorelle prendersi per mano e nuotare lentamente verso la superficie.

Finalmente arrivò il grande momento anche per Ariel e il giorno della sua maggiore età abbracciò forte le sue sorelle, la nonna e il padre prima di nuotare leggiadra verso la superficie.

Quando uscì dall’acqua il sole stava tramontando e in lontananza c’era una grande nave piena di marinai che andavano e venivano. Decise di andare a guardare più da vicino.

Sul ponte della nave i marinai vociavano e cantavano, mentre attraverso i finestrini della nave si vedevano molte persone vestite elegantemente. Si stavano tutti preparando alla grande festa per il compleanno del Principe che si sarebbe tenuta quella sera stessa.

Non appena fu buio iniziarono i balli e poi, finalmente, il Principe uscì sul ponte. In quel momento furono sparati dei razzi che fecero mille fuochi colorati nel cielo. Ariel non aveva mai visto una cosa simile.

Com’era bello il giovane Principe! Stringeva la mano di tutti i suoi amici, e sorrideva mentre la musica suonava nella notte incantevole. Ariel lo guardava mentre il suo cuore batteva sempre più forte.

Ad un tratto però il vento iniziò a soffiare forte, nere nubi cariche di lampi e fulmini si stavano avvicinando velocemente. Tra non molto sarebbe arrivata una tempesta.

I marinai ammainarono in fretta le vele mentre il mare si ingrossava e le onde si facevano sempre più alte e forti. La nave gemeva e scricchiolava. L’albero maestro si spezzò sotto il forte vento e la nave iniziò velocemente ad imbarcare acqua; in pochi minuti era praticamente già affondata.

Ariel capì che tutto l’equipaggio era in pericolo, anche il giovane Principe!
Iniziò a nuotare cercando di evitare i pericolosi rottami che avrebbero potuto ferirla. Si tuffava giù sotto l’acqua, poi ricompariva in superficie guardandosi velocemente intorno, e poi ancora giù finché non trovò il suo Principe.

Lo prese che era già svenuto e lo portò il più rapidamente possibile fino a riva, dove lo depose sulla sabbia in attesa che rinvenisse e passasse la tempesta. Mentre Ariel lo vegliava e gli carezzava la testa arrivò prima l’alba e poi il giorno.

Non molto distante dalla spiaggia c’era una costruzione che ad Ariel sembrò un luogo di culto, da lì stava pian piano arrivando camminando in silenzio una ragazza col volto coperto da un cappuccio. Ariel che era una sirena, non poteva farsi vedere da lei e, a malincuore, dovette abbandonare il suo Principe.

Gli diede un bacio sulla fronte prima di tuffarsi nell’acqua del mare e nascondersi dietro ad uno scoglio per osservare cosa sarebbe accaduto.

Non appena la ragazza vide il Principe svenuto a terra, gridò e corse in suo soccorso, gli sollevò la testa tra le braccia e lo scosse leggermente. Poco dopo il Principe si risvegliò, Ariel notò che dopo un attimo di smarrimento, sul suo volto si dipinse un sorriso e probabilmente stava ringraziando profondamente la ragazza col cappuccio per averlo salvato da morte certa.

Se solo il Principe avesse saputo chi davvero era stata a salvarlo!

Ariel guardò tra le lacrime il suo Principe allontanarsi camminando aiutato dalla ragazza col cappuccio, e solo quando furono ormai troppo lontani dalla sua vista si rituffò nel mare, dove le sue lacrime non si sarebbero più potute vedere…

…continua nel CAPITOLO 2

🎨🖌️ scarica il disegno da colorare della Sirenetta! 🎨🖌️

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare della Sirenetta

Curiosità sulla Sirenetta

● “La Sirenetta” è probabilmente il racconto più autobiografico scritto da Hans Christian Andersen, dove il tema della “diversità” è molto sentito. Dovete sapere che Andersen era omosessuale, e vivendo nella Danimarca del 1800, gli era completamente precluso di poter liberamente amare un altro uomo, cosa che lo rendeva particolarmente infelice.

● “La Sirenetta” è stata il film che a fine anni ’90 ha rilanciato la Disney che, dopo una serie di incredibili flop, era in grande crisi.

● Nel racconto originale di Andersen, nessuno dei personaggi ha un nome proprio, quelli usati nella nostra fiaba sono stati presi in “prestito” dalla versione realizzata dalla Disney, diventata ormai un classico dell’animazione.

● In Danimarca Andersen e il suo racconto “la Sirenetta” sono talmente famosi che all’ingresso del porto di Copenaghen, è stata realizzata una statua in onore della protagonista della fiaba

La bella addormentata nel bosco 👸

Un incantesimo millenario racchiude il segreto del Castello Addormentato

C’era una volta un regno avvolto nel mistero, dove un castello dormiva da cent’anni, avvolto da una foresta impenetrabile di rovi e leggende. Nessuno osava avvicinarsi, ma si diceva che dietro quelle mura silenziose giacesse un segreto…

Un incantesimo che ha trasformato il tempo in un sonno profondo e il cuore del regno in un enigma. Solo chi possiede il coraggio di sfidare le tenebre e un cuore puro può tentare di spezzare l’incantesimo.

Preparatevi a scoprire una fiaba ricca di mistero e magia.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La bella addormentata nel bosco 👸“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

La bella addormentata nel bosco 👸


C’era una volta un re, che viveva in un magnifico castello insieme alla regina e alla figlia, la piccola Aurora.
La bimba era nata da poco e i due sovrani erano così felici, che decisero di organizzare una grande festa per il suo battesimo.

Invitarono anche le fate che abitavano nel bosco, le quali arrivarono cariche di sorprese speciali per la piccola principessa.
Fu così che Aurora ricevette in dono bellezza, intelligenza, simpatia e tante altri doti che la rendessero una bambina davvero unica.

Purtroppo, però, il re non aveva invitato alla festa la fata più anziana del regno. Da tempo non si avevano sue notizie e tutti credevano che fosse morta.
Non sapevano quanto avrebbero pagato caro questo errore.

La fata venne a sapere della festa e si presentò al castello, più arrabbiata che mai.
– Vedo che state festeggiando senza di me – disse con sarcasmo. – E vedo che la principessa ha già ricevuto molti doni. Nessuno si offenderà se le offrirò anche il mio.
Così dicendo, alzò la sua bacchetta verso la culla di Aurora e tuonò:
– Sarai anche la più bella e la più intelligente di questo reame, ma ciò non ti servirà: prima del tuo diciottesimo compleanno, ti pungerai con l’ago di un fuso per filare e morirai.
E la fata svanì, lasciando il palazzo nello scompiglio più totale.

La regina era disperata, mentre il re dava ordine alle guardie di catturare questa fata malvagia. Ma era tutto inutile: di fronte ad una maledizione non si poteva fare nulla.

Si fece però avanti la fata più giovane, la quale cercò di consolare la regina e poi disse:
– Non posso annullare la maledizione della fata anziana, non ho tanto potere. Ma posso provare a renderla meno terribile, se me lo permettete.
La regina annuì speranzosa, e la fata alzò la bacchetta verso Aurora:
– Piccolina, una brutta maledizione ti ha colpito, un fuso ti pungerà ma non me morirai. Cadrai in un sonno profondo finché un principe, baciandoti, ti risveglierà e diventerà il tuo sposo.
Il Re e la Regina ebbero un piccolo sospiro di sollievo, perlomeno il nuovo incantesimo della giovane fata aveva allontanato lo spettro della morte dalla bambina.

Fu così che Aurora crebbe felice, amata e circondata da persone che le volevano bene.
In tutto il reame però erano stati vietati tutti gli attrezzi per filare: aghi, fusi, arcolai non potevano nemmeno essere nominati, nella speranza che così la maledizione non si avverasse.

Aurora stava ormai per compiere diciotto anni. Mancavano pochi giorni e i suoi genitori avevano deciso di organizzare una sontuosa festa: ormai credevano che il pericolo fosse scampato.

Ma la fata cattiva non poteva permettere che la sua maledizione fallisse. E così, una sera si intrufolò nel castello senza farsi vedere, e fece un piccolo sortilegio che impedì ad Aurora di dormire, rendendola nervosa.
La principessa non riuscendo a chiudere occhio, decise di fare una passeggiata nel castello per provare a rilassarsi. Ma, dal fondo di un corridoio, vide una strana luce azzurrognola filtrare da una porta.

Curiosa, si avvicinò per vedere meglio. Entrò nella stanza e si ritrovò davanti una vecchietta che filava la lana usando un misterioso attrezzo: un fuso. Aurora non ne aveva mai visti, e chiese: – Che cos’è? A cosa serve?
– Toccalo e ti spiegherò tutto – rispose la vecchietta, che era la fata cattiva travestita.
Aurora allungò la mano, toccò il fuso, si punse e… cadde svenuta.

Una risata malefica si levò dalla stanza e svegliò tutti. Il re e la regina accorsero e trovarono solo la loro ragazza svenuta.
Disperati, la portarono nel salone delle feste e chiamarono le fate per chiedere loro di fare qualcosa, ma quelle non potevano più nulla: bisognava solo aspettare che un principe passasse di lì e baciasse la principessa.

La fata che aveva addolcito la maledizione, provava molta pena nel vedere il dolore di quei genitori. Decise, quindi, di fare un incantesimo su tutto il castello: tutti avrebbero dormito fino a quando Aurora non si fosse svegliata.

E così fu, per cento anni. Nel castello tutto si fermò, e il bosco prese il suo posto: gli alberi crescevano dappertutto e tanti animaletti avevano fatto lì la loro tana.

Un giorno un giovane principe, durante una battuta di caccia, passò proprio vicino a quel castello che sembrava ormai in rovina. Incuriosito decise di avventurarsi per scoprire cosa nascondeva al suo interno.
– Magari sono le rovine di cui parla la leggenda… – si disse. Aveva infatti sentito parlare di una principessa bellissima che giaceva addormentata in un bosco, ma pensava fosse solo un racconto di fantasia.

Iniziò ad esplorare sale e corridoi ormai invasi dagli alberi, finché si ritrovò nel salone delle feste e… non credette ai suoi occhi. Distesi a terra giacevano servitori, dame e cavalieri, tutti profondamente addormentati. Riconobbe il re e la regina dalle loro corone e, in mezzo a loro, vide Aurora. Era bellissima, ancora di più di quanto non narrasse la leggenda.
Si avvicinò e pensò: “E’ così bella che non posso resistere: le darò un bacio”, e così fece.

Il principe sobbalzò nell’accorgersi che, dopo il suo bacio, Aurora iniziò a muovere la bocca per poi sbadigliare e aprire gli occhi.
Anche il re e la regina e tutte le persone distese a terra iniziarono a svegliarsi e ad alzarsi. Piano piano anche le rovine del castello si ricomponevano e gli alberi sparivano, mostrando tutto il loro splendore originario.

Il principe era frastornato dall’accaduto, non riusciva a capire cosa stava succedendo finché il re non gli prese le mani e gli disse:
– Grazie cavaliere, hai salvato mia figlia Aurora da un terribile sortilegio che la teneva addormentata da anni. Qualunque cosa tu desideri, la riceverai come dono in cambio di ciò che hai fatto.
Il principe guardò Aurora, già innamorato e disse: – Sono felice di avervi salvato e vorrei tanto poter sposare la principessa Aurora.

Il Re guardò Aurora, che, visti i buoni propositi del principe acconsentì, felice. Le nozze vennero organizzate immediatamente e fu una festa memorabile.

E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “La bella addormentata nel bosco 👸“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di La bella addormentata nel bosco 👸

Il Soldatino di Piombo 💞

Una storia senza tempo dove l’amore sfida ogni ostacolo e trionfa sulla gelosia.

Il Soldatino di Piombo si innamora perdutamente della graziosa Ballerina, ma il loro amore viene ostacolato da un diavoletto invidioso, deciso a separarli.

Nonostante le avversità, questa toccante fiaba di Hans Christian Andersen celebra la forza dell’amore, capace di superare ogni sfida.

Il nostro adattamento de “Il Soldatino di Stagno” mantiene intatto il messaggio di speranza e il potere delle emozioni autentiche, regalando un finale indimenticabile.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il Soldatino di Piombo 💞“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Il Soldatino di Piombo 💞


C’erano una volta venticinque soldatini di piombo, tutti uguali. La loro uniforme era rossa e blu, imbracciavano il fucile e guardavano dritto davanti a loro.

Quando fu tolto il coperchio della scatola in cui giacevano, le prime parole che udirono in questo mondo furono:
– Evviva, i soldatini di piombo! – dette da un bambino che batteva le mani.

Tutto felice il bambino cominciò a sistemarli sulla tavola. Ogni soldatino era esattamente uguale all’altro, tutti tranne uno, a cui mancava una gamba; forse era stato fatto per ultimo quando il metallo ormai stava finendo.

Eppure stava fermo su una gamba sola, come gli altri stavano fermi su due, ed è per questo che attirò subito l’attenzione del bambino.

Sul tavolo però c’erano anche altri giocattoli, tra cui un grazioso castello tutto fatto di cartone. Davanti al castello, sempre ritagliati nella carta, c’erano degli alberelli e vicino al portone una Ballerina, che stava con la gamba sollevata così in alto che sembrava anche lei avere una gamba sola.
Ad adornare i suoi capelli di carta c’era una piccola rosellina di metallo dorato.

Una volta fuori dalla scatola il Soldatino di Piombo notò subito la bellissima Ballerina, e se ne innamorò all’istante.
“E’ la donna più bella del mondo!” pensò, “ma è così delicata, e vive in un castello, mentre io possiedo solo una scatola con dentro altri ventiquattro soldati uguali a me… devo comunque conoscerla!”

Si nascose quindi dietro una strana scatoletta di legno tutta intarsiata, che stava anch’essa sul tavolo. Da lì poteva osservare la graziosa Ballerina, che continuava a stare su una gamba sola senza perdere l’equilibrio.

Il Soldatino di Piombo non se ne accorse, ma anche la Ballerina lo guardò di sfuggita, rimanendo colpita dal suo aspetto fiero e dignitoso.

Quando fu notte, e tutte le persone nella casa furono andati a dormire, i giocattoli iniziarono a vivere la loro vita, giocando ballando e combattendo.

I soldatini di piombo fremevano nella loro scatola perché volevano uscire anche loro, ma non riuscivano ad alzare il coperchio, gli schiaccianoci giocavano saltando qua e là, mentre i gessetti correvano su e giù per la lavagna di ardesia.

Gli unici due che non si mossero dai loro posti furono il Soldatino di Piombo e la piccola Ballerina. Lei ferma in punta di piedi, con entrambe le braccia tese, lui fermo su una gamba sola, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso.

Il tempo passò, l’orologio a cucù suonò la mezzanotte e d’improvviso, dalla scatoletta intarsiata poggiata sul tavolo, volò via il coperchio: dal suo interno balzò fuori un piccolo diavoletto che si guardò intorno furtivo e, per primo, vide il Soldatino di Piombo.

– Ciao Soldatino di Piombo! – disse il diavoletto – cosa stai guardando con quella faccia imbambolata? – seguì il suo sguardo e si accorse che guardava la Ballerina.
Ma il Soldatino di Piombo non fece caso al diavoletto e sembrò non sentirlo proprio.

– Ciao Soldatino di Piombo! – ripeté il diavoletto, ma il Soldatino di Piombo ancora rimase immobile e non disse nulla.
– Come osi ignorarmi in questo modo! – disse furioso il diavoletto verso il Soldatino di Piombo – Vedrai domani cosa ti combino, vedrai!
E detto questo se ne ritornò nella sua scatoletta intarsiata.

Quando fu mattina, il bambino giocò un poco col Soldatino di Piombo, poi lo poggiò sul davanzale della finestra. D’un tratto la finestra si spalancò e il Soldatino di Piombo cadde giù sulla strada, infilandosi tra due pietre del selciato e rimanendo così nascosto alla vista.
Una perfida vocina, dentro la scatola di legno intarsiata sul tavolo, ridacchiava felice…

Il bambino scese subito a cercare il Soldatino di Piombo, ma, sebbene gli passò così vicino quasi da calpestarlo, non lo vide.
Presto cominciò a piovere e il bambino tornò dentro casa.

Poco dopo passarono di lì due ragazzini, stavano anche loro correndo a casa per la pioggia e notarono il Soldatino di Piombo.

– Guarda! – gridò uno dei due – un Soldatino di Piombo!
Lo presero, lo guardarono ed ebbero un’idea: visto che, a causa della pioggia, al lato della strada si era formato un rigagnolo d’acqua, decisero di provare a farlo navigare su una barchetta di carta.

Così presero un foglio di giornale e fecero una barchetta, vi misero sopra il Soldatino di Piombo e lo fecero navigare giù per la strada.
La barchetta di carta iniziò a sballottare veloce su e giù in mezzo al ruscello, andava così veloce che il Soldatino di Piombo per la paura tremò. Ma rimase fermo, non mostrò emozione e continuò a guardare dritto davanti a sé, impugnando il fucile, perché lui era un soldato.

Sbandando, la barchetta finì in un canale di scolo dell’acqua, buio e maleodorante.
– Dove mai sarò adesso? – si chiese il Soldatino di Piombo – se almeno fosse qui con me la dolce Ballerina, avrei meno paura, e del buio non m’importerebbe…

La corrente divenne più veloce e forte, la barchetta girò su sé stessa tre, quattro volte, e si riempì d’acqua fino all’orlo: stava per affondare!
Il Soldatino di Piombo era in piedi con l’acqua fino al collo e pensò alla sua bella Ballerina di cui, probabilmente, non avrebbe mai più rivisto il dolce viso.

La barchetta si sfasciò proprio quando il canale di scolo si immetteva nel fiume con una piccola cascatella, e lì il Soldatino di Piombo si inabissò.
Ma proprio in quel momento passò di lì un grosso pesce che pensando di fare un buon pasto, lo inghiottì.

Com’era buio lì dentro, ancora più buio che nel tunnel, ma il tenace Soldatino di Piombo rimase fermo e impettito, con il fucile bene in spalla.

Il pesce nuotò su e giù per il fiume, ma il giorno seguente venne pescato e venduto al mercato. Fu poi portato in una cucina, dove la cuoca lo aprì con un grosso coltello.

La donna, stupita, vi trovò dentro il Soldatino di Piombo, lo prese tra l’indice e il pollice, lo sciacquò e lo portò nella sala da pranzo per farlo vedere al suo bambino.

Lo mise sul tavolo, e… non ci crederete, a volte succedono cose incredibili: il Soldatino di Piombo era nella stessa casa da dove era partito il giorno prima!

Vide lo stesso bambino e gli stessi giocattoli, e c’era ancora lo stesso grande castello con la graziosa Ballerina.
Era ancora lì in piedi su una gamba sola e con l’altra alta in aria.
Lui la guardò e lei ricambiò il suo sguardo; il suo cuore di carta, infranto per averlo perso di vista il giorno precedente, era ora pieno di gioia nel rivederlo.

Dentro la scatola intarsiata invece si sentì un grugnito e delle parole confabulate con rabbia: era il diavoletto, che non poteva sopportare di rivedere ancora il Soldatino di Piombo in quella casa.

– Adesso ti sistemo io… – disse il diavoletto, e pronunciò delle strane e magiche parole.

Improvvisamente e senza nessun motivo il bambino prese il Soldatino di Piombo e lo gettò nella stufa!
Sicuramente era stato il piccolo diavoletto a consigliare quel gesto sconsiderato al bambino…

Il Soldatino di Piombo dentro la stufa sentiva un calore davvero terribile, non sapeva se soffriva di più per il fuoco, o per la perdita della sua dolce Ballerina.
Lui guardò la sua piccola signora, lei guardò lui con le lacrime disegnate sugli occhi.

Il Soldatino di Piombo sentì che si stava sciogliendo, ma rimase saldo e fermo col fucile in spalla.

Il diavoletto voleva vederlo sciogliersi il più rapidamente possibile, così,
con una magia aprì la finestra per far entrare più aria.

Ma con la finestra aperta una folata di vento raggiunse la piccola Ballerina che, essendo fatta di carta iniziò a volare nell’aria, dolce e leggera come solo le ballerine possono fare.

Volò via, verso il suo Soldatino di Piombo fin dentro la stufa, dove divenne un’unica piccola ma scintillante fiamma…
Poco dopo anche il Soldatino di Piombo era ormai sciolto in un piccolo grumo di metallo.

Quando la mattina dopo il papà raccolse le ceneri della stufa, vi trovò dentro una piccola forma di cuore fatta di piombo, con incastonata al centro una minuscola rosa d’oro.

Posò lo strano cuoricino sul tavolo, proprio vicino alla scatoletta di legno intarsiato, dal cui interno una vocina irritata oltre misura non la finiva più di brontolare…

Senza volerlo, il diavoletto, aveva unito per sempre l’amore del fiero Soldatino di Piombo e della dolce Ballerina.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Il Soldatino di Piombo 💞“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Il Soldatino di Piombo 💞

La Regina delle Nevi ❄️

Un’avventura magica tra ghiaccio e coraggio, dove l’amore supera ogni ostacolo.

Kay è stato portato via dalla misteriosa Regina delle Nevi, e solo Gerda, con il suo coraggio e amore, potrà salvarlo.

Questa fiaba senza tempo di Hans Christian Andersen ha ispirato capolavori come il celebre film Disney “Frozen”.

Segui Gerda in un’avventura emozionante, tra prove difficili e incontri magici, mentre lotta per riportare Kay a casa.

Un racconto profondo che celebra l’amicizia, la determinazione e la forza dell’amore.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “La Regina delle Nevi ❄️“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

La Regina delle Nevi ❄️


Indice dei capitoli


La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 1 – Lo specchio e le schegge


C’era una volta un perfido folletto che si dilettava a fare il mago e costruì uno specchio magico. Quel giorno era proprio di buon umore perchè aveva creato uno specchio capace di far sparire tutte le cose belle e buone che vi si specchiavano dentro.

Anche il paesaggio più incantevole, dentro lo specchio appariva come abbandonato e privo di bellezza. I volti delle persone venivano deformati e diventavano irriconoscibili, e anche le più belle persone apparivano repellenti.

E se lo specchio rifletteva qualcosa di brutto, lo rendeva persino orribile.

Il perfido folletto si divertiva un mondo a fare scherzi e a spaventare le persone, mostrando loro quello che lo specchio rifletteva.

E lui rideva, rideva così tanto che un giorno, per tenersi la pancia con le mani a causa delle troppe risate, fece scivolare lo specchio, che cadde a terra frantumandosi in mille pezzi.

Il perfido folletto gridò di rabbia. Il suo gioco preferito era ormai andato perduto.

Le schegge dello specchio erano così piccole e leggere che diventarono una piccola nuvola fatta di mille pezzettini scintillanti, grandi non più di un granello di sabbia, e il vento le sparse per tutto il mondo.

La più grande sfortuna era che ogni singola scheggia di specchio frantumato possedeva il medesimo malefico potere che aveva lo specchio intero.

Alcune schegge si conficcarono negli occhi delle persone, facendo sì che vedessero il mondo come un posto triste e insopportabile in cui dover vivere per forza. Altre schegge si posarono dentro i cuori, trasformando quelle povere persone in esseri privi di sentimenti e di amore.

Quando si rese conto di cosa i frammenti del suo specchio erano stati in grado di fare, il malefico folletto rise ancora di più e continuò a ridere per tutta la sua vita, perché sapeva che tutte quelle schegge sarebbero volate per il mondo e avrebbero portato la tristezza nelle persone per chissà quanto tempo ancora.

Ma non poteva immaginare l’avventura che i suoi frammenti di specchio avrebbero fatto affrontare a due bravi e cari bambini, il giovane Kay e la dolce Gerda…

… continua nel CAPITOLO 2: Kay e Gerda

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

😊

🖌 scarica il disegno da colorare della Regina delle Nevi! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare della Regina delle Nevi

Jack e il fagiolo magico 🌱

Jack e il fagiolo magico: un’avventura tra le nuvole

Jack scambia la sua mucca per un fagiolo magico e, incredulo, assiste alla crescita di una pianta gigante che lo porta in un mondo sospeso tra le nuvole.

Qui dovrà sfidare un terribile gigante per salvare sé stesso e la sua mamma.

Un classico senza tempo che parla di coraggio, astuzia e un pizzico di magia, perfetto per far sognare grandi e piccini.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Jack e il fagiolo magico 🌱“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Jack e il fagiolo magico 🌱


C’era una volta una povera vedova che viveva in una casetta sperduta in una valle con il suo unico figlio Jack, uno scavezzacollo dal cuore molto gentile e affettuoso.

Era appena finito un duro inverno e la mamma, che era rimasta malata per molto tempo, mandò Jack a vendere la loro unica mucca al mercato. Contava così di avere un po’ di denaro per andare avanti, in attesa di rimettersi in sesto e poter riprendere a lavorare.

Jack si recò quindi a vendere la mucca al mercato. La sua attenzione fu attirata da un vecchio mercante con una lunga barba bianca, che gli si avvicinò con in mano qualcosa.

Erano degli strani fagioli e raccontò al ragazzo che erano magici:
– Se li pianti oggi, domani avrai una pianta così alta da toccare il cielo! – gli disse, e persuase Jack a scambiare la mucca con quei fagioli.

Quando sua madre, invece dei soldi che si aspettava per la mucca, vide in mano a Jack solo dei fagioli, andò su tutte le furie. Li prese e li gettò in giardino e per punizione mandò Jack a letto senza cena.

All’alba Jack si svegliò e d’istinto uscì in giardino, dove scoprì con stupore che uno dei fagioli era cresciuto durante la notte, ed era così alto che scompariva tra le nuvole!

“Sarebbe facile scalarlo” si disse Jack e, senza pensarci due volte, iniziò immediatamente a salire. Salì finchè persino l’alto campanile della chiesa sembrava piccolo, e ancora non riusciva a vedere la cima della pianta di fagioli!

Finalmente raggiunse la cima della pianta e si ritrovò in un bosco con al centro un grande castello.

Jack decise di entrare. Bussò forte e, poco dopo, la porta fu aperta da una spaventosa Gigantessa che, sorpresa, gli disse:
– E tu da dove sbuchi fuori?

Non appena Jack la vide cercò di scappare, ma lei fulminea lo prese per la collottola e lo trascinò nel castello tutta felice.

– Oh che bello, finalmente ho trovato un nuovo sguattero e io sarò libera da tutte le faccende domestiche! Pulirai la casa, sistemerai il giardino e farai tutto quello che ti dico quando il Gigante mio marito è fuori dal castello – poi si fermò e lo guardò dritto negli occhi – però, quando lui è a casa, devo nasconderti, perché finora ha divorato tutti i miei sguatteri e tu saresti un boccone molto delizioso, ragazzino – e trascinò Jack fino alle cucine.

Il povero ragazzo era spaventato a morte…
– Sono pronto ad aiutarvi e a fare tutto il possibile per servirvi, mia signora – disse – solo vi prego di nascondermi bene da vostro marito, perché non mi piacerebbe affatto essere mangiato…

– Sei un ragazzo molto intelligente – disse la gigantessa, annuendo – ora devo nasconderti, tra poco mio marito arriverà per colazione – e lo rinchiuse in un grande armadio con un’enorme serratura, da cui Jack poteva vedere cosa succedeva nella stanza.

Poco dopo si sentirono dei passi pesanti avvicinarsi alla cucina, e poi una grossa voce tuonare:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a colazione!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di una bella bistecca di elefante… siediti e fai una buona colazione – e gli mise davanti un piatto enorme di carne saporita e fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Jack osservava tutto dal buco della serratura.

Finita la colazione ordinò alla moglie di portargli la sua gallina che deponeva le uova d’oro. La Gigantessa tornò presto con una gallinella marrone, che posò sulla tavola davanti al marito che disse:
– Deponi! – e immediatamente la gallina depose un uovo d’oro.

Jack non credeva ai suoi occhi, se avesse avuto una gallina del genere lui e sua madre non avrebbero mai più patito la fame…

Poco dopo il Gigante posò la gallina sul pavimento, e subito dopo si addormentò profondamente, la moglie invece aveva preso alcuni panni ed era andata al fiume per lavarli.

Jack allora aprì l’anta dell’armadio e sgattaiolò fuori con molta cautela, prese in braccio la gallina, e si affrettò a lasciare il castello il più velocemente possibile, scendendo dal gigantesco tronco del fagiolo magico come un fulmine.

Quando sua madre lo vide ritornare pianse di gioia, perché aveva temuto che Jack fosse scappato di casa per colpa della punizione della sera precedente.

Ma Jack posò la gallina marrone davanti a lei e le raccontò della scalata sul fagiolo magico, di come era entrato nel castello del Gigante e tutte le sue avventure. La madre fu molto contenta di vedere la gallina, che li avrebbe certamente tolti dalla povertà.

Passavano i giorni e il fagiolo magico era sempre lì, gigantesco e alto fino al cielo. Jack lo guardava e pensava a quali altri tesori poteva trovare dentro il castello del Gigante, così un giorno ebbe un’idea.

Si tinse i capelli e si travestì, risalì il tronco del fagiolo e bussò alla porta del castello. La Gigantessa non lo riconobbe, lo prese e lo trascinò dentro come aveva fatto la prima volta per farsi aiutare a fare i lavori di casa. Quando arrivò il marito lo nascose nell’armadio, senza pensare che fosse lo stesso ragazzo che aveva rubato la gallina.

Il Gigante entrò dicendo:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a pranzo!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di un arrosto succulento… siediti e fai un buon pranzo – e gli mise davanti un piatto enorme, pieno di arrosto fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Jack osservava tutto dal buco della serratura.

Finito il pranzo ordinò alla moglie di portargli i sacchi con i denari, che voleva contarli. La Gigantessa tornò presto con due grandi sacchi, che posò sulla tavola davanti al marito.

– Tieni – disse la Gigantessa – questo è tutto ciò che resta del denaro del barone che viveva nel castello, quando l’avrai speso tutto dovremo andare a prendere il castello di qualcun’altro – e uscì dalla stanza.

Il Gigante scrollò le spalle, tirò fuori mucchi e mucchi di monete d’oro, e iniziò a contarle finché non fu stanco. Poi rimise tutto nei sacchi e, appoggiandosi allo schienale della sedia, si addormentò profondamente.

Jack sgusciò fuori piano piano dall’armadio e, prendendo i sacchi di denaro, corse via. Ridiscese dal fagiolo magico e corse da sua madre.

– Guarda madre, ti ho portato due sacchi pieni d’oro!
– Oh, Jack… tu sei un bravissimo ragazzo, ma non devi più mettere a rischio la tua preziosa vita nel castello del Gigante! Non devi andarci mai più!
Jack annuì per far felice sua madre, ma era deciso a tornare ancora nel castello del Gigante.

Così, qualche giorno dopo, si arrampicò ancora una volta, entrò nel castello senza farsi vedere e si nascose dentro l’armadio.

Poco dopo il Gigante tornò a casa, e appena varcò la soglia ruggì:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a cena!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di un porcellino grigliato… siediti e fai un buona cena – e gli mise davanti un piatto enorme con sopra un porcellino fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Quando ebbe mangiato tutto il Gigante disse:
– Moglie, portami la mia arpa farò un po’ di musica mentre tu farai la tua passeggiata.

La Gigantessa obbedì e tornò con una bella arpa tutta scintillante di diamanti e rubini e con le corde d’oro.

Il Gigante disse rivolgendosi all’arpa – suona! – e l’arpa, che era magica, si mise a suonare una dolce melodia che ben presto lo fece addormentare.

Jack sgattaiolò fuori dall’armadio, controllò che la Gigantessa fosse uscita, afferrò l’arpa dalle mani del Gigante e corse via come il vento.
Ma proprio mentre stava per uscire dal castello, l’arpa magica gridò:
– Aiuto! Aiuto!

Il Gigante si svegliò, con un tremendo ruggito balzò dalla sedia e in due passi raggiunse il portone. Voleva acciuffare il ladro che stava cercando di rubargli l’arpa magica.

E stava per riuscirci! Jack, però, era molto agile, sfuggì alle grinfie del Gigante e corse giù dal tronco del fagiolo magico.

Il Gigante cercò di inseguirlo ma, data la sua stazza, si muoveva in modo molto lento e goffo.
Jack fece quindi in tempo ad arrivare a casa e prendere l’ascia, con la quale diede tre colpi ben assestati al tronco del fagiolo magico. La pianta, abbattuta, cadde a terra ma, non appena il tronco del fagiolo magico toccò il terreno, svanì come per magia, e con esso sparirono il Gigante, la Gigantessa e il loro Castello.

Jack e sua madre non credevano ai loro occhi.
Si misero a cantare e ballare dalla gioia di essersi liberati del Gigante cattivo, e grazie alla gallina dalle uova d’oro, i sacchi di denaro e l’arpa magica che gli avevano sottratto, vissero per sempre felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Jack e il fagiolo magico 🌱“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Jack e il fagiolo magico 🌱

Il Mago di Oz 🌪️🌈

Il Mago di Oz: un viaggio magico alla scoperta delle proprie capacità

Dorothy e il suo fedele cagnolino Toto vengono trasportati in un mondo incantato, dove incontrano uno Spaventapasseri senza cervello, un Boscaiolo di Latta senza cuore e un Leone Codardo in cerca di coraggio.

Insieme, intraprendono un’avventura straordinaria per trovare il Mago di Oz, ma lungo il cammino scopriranno che la vera magia è già dentro di loro.

Una fiaba senza tempo, ricca di meraviglia e insegnamenti, che incanta grandi e piccini.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il Mago di Oz 🌪️🌈“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Il Mago di Oz 🌪️🌈


Indice dei capitoli

  1. Il tornado
  2. Dorothy incontra lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta e il Leone.
  3. Il viaggio verso Oz.
  4. La Città di Smeraldo.
  5. Alla ricerca della Strega Cattiva dell’Ovest.
  6. Il ritorno dal Mago di Oz.
  7. La Strega Buona del Sud.

Il Mago di Oz 🌪️🌈 CAPITOLO 1:
Il tornado


Dorothy viveva in una fattoria nelle grandi praterie del kansas col suo cane Toto, lo zio Henry e la zia Em. La casa era piccola, formata da un’unica stanza che faceva da cucina, soggiorno e camera da letto. Non c’erano né soffitte né cantine, e l’unico posto dove potevano rifugiarsi in caso dell’arrivo di un tornado, era una buca stretta e buia fatta nel terreno a cui si accedeva tramite una botola nel pavimento della casa.

Quando Dorothy guardava fuori casa, poteva vedere solo la sterminata e piatta prateria fatta di terra e sterpaglie, non c’era un solo albero e anche l’erba non era verde, ma di colore quasi grigiastro. Non c’era nulla di gioioso in quel posto.
Solo Toto, il suo cagnolino, riusciva a portare un po’ di sorriso in quel posto grazie alle sue feste e i suoi salti.

Quel giorno zio Henry era seduto fuori dalla porta e guardava preoccupato il cielo più grigio del solito, Dorothy era lì vicino a lui con Toto in braccio. Poco dopo il vento iniziò ad alzarsi e in un attimo l’aria diventò gelida.

– Em! C’è un tornado in arrivo! – gridò zio Henry – vado a sistemare le bestie.
E così corse al capanno dove c’erano le mucche e i cavalli. Zia Em corse fuori casa a vedere.

– Svelta Dorothy, scendi nel rifugio! – gridò alla bambina, ma proprio in quel momento Toto le scappò dalle braccia e si nascose sotto il letto, Dorothy gli corse dietro mentre zia Em corse alla botola sul pavimento, la aprì e vi si calò dentro.

Finalmente Dorothy acchiappò Toto e fece per scendere nel rifugio, ma la casa colpita dalle raffiche di vento iniziò a tremare, Dorothy perse l’equilibrio e si ritrovò seduta sul pavimento.
A quel punto accadde qualcosa di straordinario.

La casa iniziò a girare su sé stessa e poi si alzò lentamente in aria, quasi fosse una mongolfiera. I venti del nord e del sud si erano incontrati proprio sopra casa sua, creando quello che si chiama l’occhio del ciclone.

La casa continuava a fluttuare dolcemente nell’aria, Toto abbaiava e correva per la stanza e quasi cadde giù per quello che era il buco della botola del rifugio, ma Dorothy lo afferrò per un orecchio e lo riportò vicino a sé.

Il tempo passava, la casa continuava a fluttuare dolce al centro del tornado, e lo spavento iniziale piano piano iniziò a passare. Alla fine, stanca e cullata dal dondolio della casa, la bambina si trascinò fino al suo lettino e si addormentò con Toto accanto.

Dorothy fu svegliata da un colpo improvviso, si mise a sedere sul lettino e si accorse che la casa non si muoveva più. Saltò giù dal letto e corse fuori.

La casa era stata depositata con delicatezza dal tornado in mezzo a una campagna con fiori, prati e alberi verdi, come non aveva mai visto.

Mentre contemplava quella meraviglia di paesaggio, si accorse che un gruppetto di persone vestite in modo alquanto bizzarro, le stava venendo incontro.

Erano tre uomini e una donna di bassa statura, alti quasi come lei, vestiti con cappelli a cono da cui pendevano dei campanellini che tintinnavano ad ogni passo. Gli uomini erano vestiti tutti di blu, mentre la donna di un bianco candido. Tutti e quattro parlavano tra di loro sottovoce.

L’anziana donna infine le si avvicinò facendo un inchino, e con voce dolce ed emozionata disse:
– Benvenuta o nobile maga nel paese dei Munchkin, ti siamo infinitamente grati per aver ucciso la Strega Cattiva dell’Est e aver liberato questo popolo dalla schiavitù.

Dorothy ascoltava senza capire e le rispose:
– La ringrazio gentile signora, ma dev’esserci un errore, io non ho ucciso nessuno!
– Ma la tua casa si! – rispose la donna indicando una parte dell’abitazione da cui sbucavano fuori dei piedi calzati da scarpette d’argento.

Dorothy sobbalzò spaventata – Povera me! La casa deve esserle caduta addosso… ma io non ne ho colpa è stato il tornado…
– Non devi preoccuparti, anzi! Te l’ho detto era la Strega Cattiva dell’Est, e tu ci hai fatto un grosso favore liberandoci dalla sua schiavitù!

Dorothy era ancora molto confusa, ma l’anziana signora continuò.
– Io sono la Strega del Nord, ma sono buona e benvoluta dai Munchkin. Purtroppo non sono mai stata potente come la Strega dell’Est e non sono mai riuscita ad aiutarli con i miei poteri…

Dorothy rimase sorpresa.
– Ma io ho sempre creduto che tutte le streghe fossero cattive! – le disse.
– Oh no! In tutto il paese di Oz solo le streghe dell’Est e dell’Ovest sono cattive, io del Nord e la Strega del Sud siamo buone! Adesso grazie a te rimane una sola strega cattiva! – Rispose felice la Strega del Nord.

Dorothy rimase un attimo in silenzio, poi uno dei tre Munchkin gridò indicando là dove spuntavano le gambe della Strega Cattiva dell’Ovest: la strega si era dissolta in una nuvola di fumo ed erano rimaste solo le sue scarpette d’argento!

La Strega del Nord si accovacciò a prendere le scarpette e le pose gentilmente in mano a Dorothy.
– Ora queste scarpette sono tue. – le disse.

Dorothy guardò meravigliata le scarpette e subito le indossò, poi aggiunse quasi sottovoce:
– Devo tornare a casa da zia Em e zio Henry…
– E dove si trova casa tua?
– Nel Kansas…

La Strega del Nord la guardò dispiaciuta piena di tenerezza.
– Non ho idea di dove si trovi il Kansas… non so come aiutarti…
Dorothy stava per scoppiare a piangere, poi la Strega del Nord aggiunse:
– Ma forse il potente Mago di Oz saprà farti tornare a casa! Devi solo andare alla città di Smeraldo, là potrai chiedergli udienza, sono certa che lui saprà aiutarti a ritrovare la strada di casa.

Sul viso di Dorothy si dipinse un sorriso.
– E come faccio ad arrivare alla città di Smeraldo?!
– Devi solo seguire il sentiero di mattoni dorati che inizia proprio dietro quella collinetta.
– Potete accompagnarmi? – chiese speranzosa Dorothy.
– Oh no, purtroppo no, non possiamo venire con te, però posso darti il mio bacio, nessuno oserà mai fare del male a chi ha ricevuto il bacio della Strega del Nord – e così prese la sua testa fra le mani e la baciò sulla fronte.

I tre Munchkin e la strega fecero un profondo inchino salutandola, Dorothy prese in braccio Toto e si incamminò verso il sentiero di mattoni dorati con ai piedi le magiche scarpette argentate della Strega dell’Est.

… continua nel CAPITOLO 2

🖌 scarica il disegno da colorare del mago di Oz! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare del Mago di Oz

Curiosità sul Mago di Oz

● “Il Mago di Oz” fu solo il primo di una lunga serie di episodi (in tutto 13) che Baum scrisse sul paese incantato di Oz.

● Il libro è stato tradotto in oltre 50 lingue nel mondo.

● Del racconto fu realizzato nel 1939 uno dei film più amato di tutti i tempi: “The Wizard of Oz” interpretato da Judy Garland che è anche la cantante della famosissima canzone della colonna sonora “Over the Rainbow”. Se non la conoscete e volete ascoltare uno dei brani più belli della storia della musica seguite questo link su youtube.

● Nel film le scarpette di Dorothy non sono d’argento ma rosse, il cambiamento fu fatto per farle spiccare meglio sul grande schermo (Il Mago di Oz fu uno dei primi grandi film realizzato a colori)

● Sempre nel film il finale è stato cambiato: Dorothy alla fine si sveglia, il mondo di Oz era solo stato un lungo magnifico sogno…

Il lupo e i sette capretti 🐺🐐

Il Lupo e i Sette Capretti: astuzia, pericolo e un finale sorprendente

Un lupo affamato escogita un inganno per divorare sette capretti indifesi.
Ma non ha fatto i conti con l’astuzia di mamma capra!

Questa celebre fiaba dei fratelli Grimm insegna ai bambini a riconoscere i pericoli, a non fidarsi delle apparenze e a trovare il coraggio di affrontare le difficoltà.

Una storia ricca di colpi di scena, con un lieto fine che premia l’ingegno e l’amore materno.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il lupo e i sette capretti 🐺🐐“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Il lupo e i sette capretti 🐺🐐


C’era una volta mamma capra con i suoi sette caprettini, a cui voleva tanto bene.

Un giorno disse ai caprettini che sarebbe andata al mercato a far compere e aggiunse di stare molto attenti al lupo, di non farlo entrare in casa per nessun motivo, che sennò li avrebbe mangiati in un sol boccone.

I capretti risposero che avrebbero fatto molta attenzione, la mamma uscì quindi di casa e i capretti chiusero la porta col chiavistello.

Come aveva previsto la mamma, di lì a poco si sentì qualcuno bussare forte. Era il lupo cattivo che gridava con voce roca:

– Apritemi la porta cari figli miei, sono la vostra mammina!

I capretti, però, capirono subito dalla voce che quella non era la loro mamma e risposero prontamente:

– Non ti apriremo la porta! Tu non sei la mamma, sei il lupo cattivo!

Il lupo cattivo capì che doveva presentarsi con una voce più dolce, allora prese due cucchiai di miele e tornò a bussare con voce gentile:

– Apritemi la porta cari figli miei, sono la vostra mammina!

Ma il lupo aveva commesso l’errore di appoggiare la sua zampaccia nera sul davanzale della finestra accanto alla porta. I capretti la videro e risposero prontamente:

– Non ti apriremo la porta! Tu non sei la mamma, sei il lupo cattivo!

Il lupo, accortosi del suo errore, corse dal fornaio e infilò le sue zampe nella bianca farina, facendole diventare candide come quelle di mamma capretta.

Così torno dai caprettini, appoggiò la zampa sul davanzale e disse con voce dolce:

– Apritemi la porta cari figli miei, sono la vostra mammina!

I capretti, vista la zampa imbiancata del lupo, credettero veramente che fosse la loro mamma, e aprirono la porta.

Ma invece della mamma i capretti si trovarono davanti il lupo cattivo!

Corsero tutti a nascondersi dove poterono, chi sotto il tavolo, chi dietro il divano, un altro sotto al letto, uno dentro la stufa, l’altro nell’armadio, uno dietro la tenda e l’ultimo dentro la cassa del grande orologio a pendolo in soggiorno.

Ma il lupo ben presto iniziò a trovarli e, ingordo, li mangiava in un sol boccone.

Solo un capretto non riuscì a mangiare perché non lo trovò, si era nascosto dentro la cassa del grande orologio a pendolo.

Sazio e contento, il lupo andò a riposarsi facendo un sonnellino sotto un albero non troppo distante.

Quando la mamma ritornò dal mercato, trovò la porta aperta… disperata iniziò a chiamare per nome tutti i suoi capretti, ma solo uno le rispose, mentre usciva dalla cassa dell’orologio.

La mamma gli corse incontro abbracciandolo, e il caprettino le raccontò tutto.

La mamma, infuriata col lupo, corse fuori casa alla sua ricerca, finché non lo trovò che ancora dormiva beato sotto l’albero.

Il caprettino osservò che qualcosa dentro l’enorme pancia piena del lupo si muoveva e si dimenava.

– Sono i capretti miei fratelli che si muovono! Il lupo ingordo li ha mangiati in un sol boccone e sono ancora vivi! – esclamò il piccolo.

La mamma capra corse a prendere la sua forbiciona da cucito e tagliò la pancia del lupo. Con un balzo, uscirono ad uno ad uno tutti i suoi caprettini, in perfetta salute.

Poi, mente il lupo ancora dormiva, mamma capra prese dei bei sassi grossi dal fiume vicino e li mise dentro la sua pancia. Ricucì quindi il tutto, senza che il lupo si accorgesse di nulla.

Finalmente mamma capra e i suoi caprettini poterono tornare a casa tutti assieme e gustarsi la golosa merenda che la mamma aveva preso al mercato per i suoi piccoli.

E vissero tutti felici e contenti.

… e il lupo?
Il lupo si svegliò di lì a poco con una forte pesantezza di stomaco e un gran bruciore alla pancia, assolutamente insopportabile.
Da quel giorno non cercò mai più di mangiare capretti, capì che per lui erano indigesti!

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Il lupo e i sette capretti 🐺🐐“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare de Il lupo e i sette capretti 🐺🐐

I musicanti di Brema 🐎🐕🐈🐓

I Musicanti di Brema: una fiaba di amicizia, ingegno e coraggio

Un asino, un cane, un gatto e un gallo, stanchi di essere considerati inutili, decidono di partire per Brema e diventare musicanti. Ma lungo il cammino, si imbattono in un gruppo di briganti e, con astuzia e spirito di squadra, riescono a ribaltare le sorti a loro favore.

Questa fiaba classica dei fratelli Grimm insegna che l’unione fa la forza e che, anche quando tutto sembra perduto, l’ingegno e la collaborazione possono portare a un lieto fine.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “I musicanti di Brema 🐎🐕🐈🐓“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

I musicanti di Brema 🐎🐕🐈🐓


C’era una volta un vecchio asino che ormai faceva fatica ad alzarsi, camminare e trasportare i sacchi di farina che il suo padrone gli caricava sulla schiena ogni giorno.

– Ormai sei diventato inutile! – disse l’uomo – Domani ti porterò al macello!

Il povero asino pensò tra sè e sè: “che razza di ingrato, dopo tutto il lavoro che ho fatto per te…”
Così gli venne un’idea: non appena il padrone si allontanò, scappò via dalla stalla e si incamminò verso la vicina città di Brema, in cerca di fortuna.

Mentre camminava l’asino pensava a cosa avrebbe fatto una volta arrivato a Brema, e decise che sarebbe entrato a far parte della banda cittadina.
Lungo la strada l’asino incontrò un cane accucciato, che si lamentava borbottando.

– Cos’hai da lamentarti, cane? – chiese l’asino.
– Son vecchio e malandato, così non riesco più ad andare a caccia col mio padrone. Ha pure cercato di accopparmi ma io sono scappato… solo che adesso non so cosa fare…

– Allegro, vecchio mio! Vieni con me a Brema, entreremo nella banda cittadina e vivremo bene! – disse l’asino.
Il cane, trovando l’idea interessante, decise di seguirlo.

Proseguendo per la strada, i due incontrarono un gatto sdraiato per terra, che si lamentava borbottando.

– Cos’hai da lamentarti, gatto? – chiese l’asino.
– Son vecchio e malandato, poi oggi ho graffiato il sofà della mia padrona, e lei ha cercato di tirarmi il collo, quindi sono scappato… solo che adesso non so cosa fare…

– Allegro, vecchio mio! Vieni con noi a Brema, entreremo nella banda cittadina e vivremo bene! – disse l’asino.
Il gatto, trovando l’idea interessante, decise di seguirli.

Poco dopo si trovarono tutti nei pressi di una fattoria, dove incontrarono un gallo che, appollaiato sopra la staccionata, si lamentava cantando a squarciagola.

– Cos’hai da lamentarti, gallo? – chiese l’asino.

– Son vecchio e malandato, poi domani arriveranno ospiti e la mia padrona ha deciso di cucinarmi in brodo, quindi sono scappato… solo che adesso non so cosa fare…

– Allegro, vecchio mio! Vieni con noi a Brema, entreremo nella banda cittadina e vivremo bene! – disse l’asino.
Il gallo, trovando l’idea interessante, decise di seguirli.

Ma Brema era lontana e iniziava a fare buio. La compagnia era ormai stanca e affamata e voleva fermarsi a dormire sotto gli alberi del bosco.

L’asino, scrutando in mezzo agli alberi, vide una casetta con una luce accesa e propose di andare a vedere. Tutti lo seguirono.

Avvicinandosi piano, sbirciarono da una delle finestre, e videro che dentro c’era una banda di briganti seduti attorno ad una tavola riccamente imbandita.
Vedendo tutto quel cibo, ai quattro gli si strinse lo stomaco dalla fame.
– Quanto vorrei anch’io poter mangiare tutto quel ben di Dio… – disse il cane.
– Quella tavola imbandita farebbe proprio al caso nostro – continuò il gatto.
– Già, ma come facciamo a prendere quel cibo? – continuò il gallo.
– Forse mi è venuta un’idea… – concluse l’asino, che si mise a spiegare sottovoce il suo piano.

Dopo che furono tutti d’accordo, l’asino puntò le zampe anteriori sul davanzale della finestra, sul suo dorso salì il cane, sulla groppa del cane salì il gatto e sulla schiena del gatto salì il gallo.

Al segnale dell’asino iniziarono tutti a far rumore a più non posso: l’asino ragliava, il cane abbaiava, il gatto miagolava e il gallo cantava a squarciagola.

L’asino diede un colpo al vetro della finestra, che si frantumò, e con un balzo entrarono in casa.

I briganti, terrorizzati da quel frastuono infernale, credettero che fosse entrato in casa uno spettro maligno e se la diedero a gambe, scappando di corsa nel bosco.

Finalmente l’asino, il cane, il gatto e il gallo avevano di che mangiare a sazietà. Dopo che ebbero riempito per bene le loro pance, decisero che era giunta l’ora di dormire.

Spensero la luce. L’asino si sistemò fuori casa vicino al letamaio, il cane dietro la porta sul retro, il gatto nella calda cenere del camino e il gallo sulla trave più alta del tetto.

Intanto i briganti, nascosti nel bosco, vedendo che nella casa era tutto buio, decisero di tornare a riprendersi il loro bottino nascosto in un baule. Il più fifone tra loro fu estratto a sorte per andare a controllare se nella casa fosse tutto tranquillo.

Il brigante fifone entrò senza far rumore, e volendo accendere una lampada accostò un fiammifero vicino ai carboni ardenti del camino.

Ma quelli che credeva essere carboni ardenti, erano in realtà gli occhi del gatto, sfavillanti al buio!

Il gatto, profondamente infastidito, gli saltò addosso graffiandogli tutta la faccia.

Il brigante si spaventò a morte e cercò di fuggire dalla porta sul retro, dove inciampò nel cane che prontamente lo morse ad una gamba.

Sempre più terrorizzato, cercò allora di attraversare il cortile passando per il letamaio dove, svegliato dal trambusto, lo stava aspettando l’asino, che gli sferrò un bel calcio nel sedere.

Il gallo, svegliato di soprassalto, gridò a squarciagola “chicchirichì!”. Il brigante, sgomento, scappò via di corsa nel bosco e tornò a raccontare ai suoi compari:

– Nella casa c’è un’orribile strega che mi ha graffiato tutta la faccia! E poi sulla porta c’è un uomo col coltello che mi ha ferito alla gamba! E nel cortile c’è un mostro che mi ha colpito con un bastone di legno! E in cima al tetto c’era un giudice che diceva “portatemi quel brigante!”.

Tutti i briganti si guardarono in faccia atterriti, e si dissero che non valeva la pena rischiare la vita per il bottino nascosto nella casa. E così fuggirono via e non si fecero mai più vivi.

Intanto i quattro musicanti di Brema, contenti di aver finalmente trovato un posto tutto per loro, non vollero più andare a Brema a far parte della banda, ma restarono per tutta la vita in quella comoda casetta.

E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “I musicanti di Brema 🐎🐕🐈🐓“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare de I musicanti di Brema 🐎🐕🐈🐓

Pollicino 👦⚪⚪⚪

Pollicino: una fiaba di astuzia, coraggio e avventura

Piccolo ma ingegnoso, Pollicino riesce a sfuggire ai pericoli e a salvare i suoi fratelli dall’orco cattivo.

Questa fiaba classica di Charles Perrault, tradotta anche da Carlo Collodi, racconta la difficile avventura di sette fratelli abbandonati nel bosco, costretti ad affrontare insidie e pericoli.

Grazie all’astuzia di Pollicino e agli stivali magici delle sette leghe, i bambini riusciranno a tornare sani e salvi a casa, dimostrando che l’intelligenza è più forte della forza.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Pollicino 👦⚪⚪⚪“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Pollicino 👦⚪⚪⚪


C’era una volta, tanto tempo fa, un casotto isolato e vicino alla Foresta Nera, dove vivevano un povero boscaiolo, sua moglie e i loro sette figli, tutti maschi.

Era stato un anno di carestia e ultimamente il boscaiolo non riusciva a guadagnare abbastanza da portare cibo a sufficienza per sfamare tutta la famiglia.

Il boscaiolo era un uomo rude e molto irascibile. Una sera, capendo che il giorno successivo non avrebbe avuto di che sfamare se stesso e di conseguenza tutta la famiglia, prese la moglie e le disse:

– Non abbiamo in casa più cibo nemmeno per arrivare a sera. Ho deciso che domani porteremo nel bosco i bambini e li abbandoneremo, così almeno noi due ce la caveremo.

La moglie inorridita per quella dura e crudele sentenza si mise a piangere disperata, cercò di convincere il marito a non abbandonare i loro figli, ma l’uomo fu irremovibile.

I due non si accorsero però che, sotto al tavolo della misera cucina, stava rannicchiato Pollicino, il più piccolo dei loro figli che era talmente minuscolo da potersi nascondere ovunque senza essere scoperto. Pollicino sentendo discutere animatamente i genitori volle scoprire di cosa stavano parlando.

Nel sentire quelle terribili parole, Pollicino che era tanto piccolo quanto intelligente, capì che doveva fare qualcosa per salvare se stesso e i suoi fratelli.

Corse fuori di casa fino al vicino ruscello e iniziò a prendere tanti piccoli sassolini bianchi fino a riempire il tascapane che portava sempre con sé, poi tornò a casa e si mise a dormire nel suo lettino.

Il mattino seguente il boscaiolo e la moglie, presero tutti i loro bambini e li portarono nel bosco con la scusa di farsi aiutare a raccogliere della legna.

I bambini, che non immaginavano le reali intenzioni dei genitori, partirono entusiasti. Tutti tranne Pollicino, che si mise in coda al gruppo.

Pollicino, senza farsi vedere, ogni tanto lasciava cadere sul sentiero uno dei piccoli sassolini bianchi raccolti sul greto del fiume, certo che l’avrebbero aiutato a ritrovare la strada di casa una volta abbandonati nel bosco.

Dopo una lunga camminata fin dentro il cuore della Foresta Nera, il boscaiolo e la moglie dissero ai bambini di fermarsi a raccogliere tutte le frasche e rametti che potevano, mentre loro sarebbero andati a raccogliere legna lì vicino.

– Non muovetevi da qui – disse con voce ferma il loro padre – noi torneremo presto a prendervi.

E così il boscaiolo e la moglie sparirono tra gli alberi della foresta.
I bambini che non sospettavano nulla iniziarono felici a fare il loro dovere, finchè non arrivò quasi sera, e i loro genitori non si erano ancora fatti vivi…

Tutti i fratellini a poco a poco iniziarono ad avere paura, poi alcuni di loro iniziarono a piangere, finché non intervenne Pollicino:

– Fratelli miei, non preoccupatevi, io so come riportarvi tutti a casa, seguitemi! – e con sicurezza iniziò a camminare spedito nel bosco seguendo la traccia dei sassolini lasciati a terra.

Prima che il buio impedisse loro di vedere il sentiero, furono di nuovo a casa.

La madre, non appena li vide, corse ad abbracciarli tutti, piena di gioia. Il padre invece sbuffò e inventò la scusa che si erano persi pure loro nella foresta, e non erano più riusciti a ritrovarli.

Ma dopo aver aspettato che tutti i bambini fossero a letto a dormire, il boscaiolo riprese la moglie e le disse nuovamente:

– Non possiamo assolutamente permetterci di mantenere tutti quei bambini, domani li porteremo in un’altro punto della foresta, più lontano ancora, e li abbandoneremo!

La donna spense tutta la gioia che aveva provato nel riabbracciare i suoi piccoli e, chinando il capo, cercò di nascondere le lacrime che scendevano sul suo viso.

Pollicino, che aveva sospettato una nuova decisione del genere da parte del padre, era rimasto sveglio e si era messo ad origliare dall’altra parte della stanza.

Sentendo quelle parole, decise di ritornare al fiume a riempire il tascapane di sassolini, ma purtroppo trovò la porta di casa sprangata e non poté uscire. L’unica cosa che trovò fu un piccolo pezzo di pane raffermo, con quello poteva fare piccole briciole per segnare il sentiero.

Il mattino seguente, con un’altra scusa i genitori presero i loro figli e li portarono ancora più in fondo nella Foresta Nera, in un punto in cui anche la luce faceva fatica a passare tra le fronde degli alberi. E li abbandonarono di nuovo.

Come il giorno precedente, i bambini in un primo momento rimasero sereni, ma non ci misero molto a comprendere che erano stati di nuovo lasciati soli.

Pollicino, sicuro di sé, li radunò tutti e li tranquillizzò dicendo che li avrebbe ricondotti a casa, e si mise a cercare le bricioline che aveva lasciato sul sentiero.

Ma non riuscì a trovarle perché gli uccellini si erano mangiati tutte le bricioline di pane!

Impauriti e disperati i sette fratelli iniziarono a vagare per la foresta.
Stava arrivando la sera, quando a Pollicino venne un’idea. Si arrampicò fino in cima ad un albero per vedere meglio la direzione da prendere.

Con sorpresa, vide che poco distante c’era una casa con le luci accese e il comignolo fumante.
– Ho trovato una casa fratelli! Andiamo a chiedere ospitalità per la notte! – esclamò Pollicino.
E così si incamminarono.

Giunti alla casa, Pollicino bussò. Poco dopo aprì la porta un’orchessa che guardandoli con meraviglia chiese:
– Cosa ci fate qui bambini?!

– Ci siamo persi nel bosco, abbiamo freddo e fame e non sappiamo dove passare la notte… – rispose Pollicino.
– Ma questa è la casa di un orco ghiotto di bambini, se vi trova vi mangia! – disse preoccupata l’orchessa.

– Moriremo comunque di stenti qui nel bosco se lei non ci aiuta… a questo punto meglio essere mangiati da un orco… – concluse Pollicino.

L’orchessa, impietosita dagli sguardi spauriti dei bambini disse:
– …e va bene, entrate, svelti, vi darò da mangiare e vi nasconderò – e così fece.

Poco dopo l’orco rientrò a casa annusando l’aria con soddisfazione:
– Senti senti che bell’odorino di bambini paffuti e grassottelli che c’è nell’aria… moglie, volevi farmi una sorpresa? – e si precipitò subito ad aprire la porta del ripostiglio dove erano nascosti tutti i fratellini.

L’orchessa tentennante rispose:
– … sì caro mio, ma li mangerai domani, per stasera ti ho già preparato un’abbondante cena…
L’orco sorrise beffardo e si mise a cenare.

L’orchessa prese Pollicino e i suoi fratelli e li accompagnò a dormire.

Nella camera erano presenti due enormi letti, in uno stavano dormendo le sette figlie degli orchi, nell’altro avrebbero dormito i sette fratelli.

Le piccole figlie degli orchi erano amate dal loro padre come fossero principesse, tanto che ognuna di loro aveva in testa una graziosa coroncina intrecciata. Pollicino notò la cosa e la tenne a mente.

Dopo averli messi tutti a letto l’orchessa chiuse la porta della stanza. Pollicino aveva un brutto presentimento e chiese ai suoi fratelli di scambiare i loro berretti con le coroncine delle piccole orchette.

Le preoccupazioni di Pollicino erano ben fondate perchè, quando ormai stavano tutti dormendo, sentì aprirsi piano la porta della stanza. Era l’orco che nel buio era venuto a prenderli!

L’orco ben sapeva che le sue bimbe portavano una coroncina in testa, quindi nel buio si mise a tastare le testoline dei sette fratelli, e sentendo le coroncine si spostò spedito verso l’altro letto, aprì un sacco e credendo di prendere i bambini, vi gettò dentro invece tutte le sue figlie. Poi uscì dalla stanza.

Pollicino svegliò i suoi fratelli.
– Svelti! Svelti! E’ il momento di scappare!
I bimbi fuggirono via dalla finestra, per fortuna c’era la luna piena ad illuminare il sentiero nella foresta.

Non passò molto tempo che l’orco, aprendo il sacco, si accorse di aver preso per sbaglio le sue bambine. Infuriato come non mai si infilò i magici stivali delle sette leghe e partì all’inseguimento di Pollicino e i suoi fratelli.

Gli stivali delle sette leghe consentivano di fare decine di metri per ogni passo fatto, e in breve l’orco si era avvicinato moltissimo a Pollicino e i suoi fratelli senza però raggiungerli.

Purtroppo gli stivali erano tanto portentosi quanto stancanti e l’orco, dopo aver corso per alcuni minuti, si fermò stremato a riposare appoggiato al tronco di un albero, e siccome era notte fonda, si addormentò.

Pollicino, sentendo russare sonoramente l’orco, decise di rubargli gli enormi stivali e indossarli. Siccome erano stivali magici si adattarono subito ai piccoli piedi di Pollicino.
– Fratelli ho avuto un’idea, aspettatemi qui! – disse, e poi si precipitò a casa dell’orchessa.

– Signora orchessa, è successa una disgrazia! – gridò Pollicino – suo marito l’orco è stato rapito dai banditi, e se non avranno tutto il vostro oro, lo uccideranno!
L’orchessa senza farselo ripetere due volte prese tutto quello che aveva in casa e lo consegnò a Pollicino, che corse di nuovo dai suoi fratelli.

– Con tutto quest’oro e con questi stivali non avremo più preoccupazioni fratelli miei! – disse entusiasta Pollicino. Tutti i suoi fratelli gli fecero festa.

Ripresero il cammino verso casa, dove arrivarono alle prime luci dell’alba.

Entrando Pollicino trovò la loro madre che piangeva disperata.
– Mamma, siamo tornati! – esclamò.
La madre si voltò e corse ad abbracciarli tutti quanti, riempiendoli di baci.

Pollicino chiese dov’era il loro padre e la madre raccontò loro che avevano litigato furiosamente a causa del loro abbandono, così lui aveva deciso di andarsene via per sempre, in cerca di fortuna da qualche altra parte.

I bambini mostrarono alla madre tutto l’oro sottratto agli orchi e Pollicino, il giorno stesso, si presentò dal re, ottenendo un incarico come messaggero privato grazie agli stivali delle sette leghe.

La madre era incredula che le loro sorti potessero essere cambiate così tanto in così poco tempo, ma era felice di poter essere riunita ai suoi bambini, e la loro famiglia visse per sempre felice e contenta.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Pollicino 👦⚪⚪⚪“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Pollicino 👦<span style="font-size:0.2em;">⚪⚪⚪</span>

Cappuccetto Rosso 🐺

Cappuccetto Rosso: quando ascoltare la mamma è una buona idea…

C’era una volta una bambina con un mantellino rosso che si avventurò nel bosco, senza sapere che tra gli alberi si nascondeva un astuto lupo in agguato.

Questa fiaba classica, tramandata nei secoli, racconta di scelte, pericoli e insegnamenti preziosi. Tra promesse infrante e coraggio ritrovato, Cappuccetto Rosso impara che ascoltare i consigli di chi ci vuole bene può fare la differenza.

Una storia senza tempo che ci ricorda come l’astuzia e la prudenza siano alleati preziosi lungo il cammino della vita.

P.S. Siccome ci piacciono tutti gli animali, nella versione di fabulinis il lupo cattivo non fa una brutta fine 😉


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Cappuccetto Rosso 🐺“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Cappuccetto Rosso 🐺


C’era una volta una bimba tanto carina. Tutti le volevano bene, specialmente la nonna che la coccolava e passava sempre un sacco di tempo con lei.
Un giorno la nonna le regalò una mantellina di velluto rosso e, siccome i suoi regali erano importantissimi, non voleva mai toglierla.
In paese iniziarono quindi a chiamarla Cappuccetto Rosso.

La nonna però si ammalò, e un giorno la mamma di Cappuccetto Rosso disse alla bimba:
– La nonna è debole e malata. Portale questa focaccia e questa tisana alle erbe, così si rimetterà in forze. Salutala per me, e mi raccomando: segui la strada che attraversa i campi di grano e non entrare nel bosco, altrimenti rischi di finire nei guai.
– Sì, mamma, farò come mi dici – promise la bimba alla mamma, dandole un bacio.

Ma la nonna abitava in una casetta a una mezz’ora buona di cammino dal villaggio, e Cappuccetto rosso sapeva che prendendo la scorciatoia dentro il bosco sarebbe arrivata prima.
“Cosa potrà mai succedermi? Ho fatto tante volte quel sentiero in compagnia del papà” pensò la bimba.
Cappuccetto Rosso, quindi, prese la scorciatoia. Camminava con passo spedito e, man mano che andava avanti, il bosco diventava sempre più fitto e buio.

Finché ad un certo punto, proprio in mezzo alla strada, incontrò un lupo che sembrava quasi la stesse aspettando.
Cappuccetto Rosso non ebbe paura: non sapeva che quella era una bestia tanto cattiva.
– Buon giorno bimba – disse il lupo.
– Buon giorno a te – rispose Cappuccetto Rosso
– Dove vai così di fretta?
– Vado dalla nonna che è malata.
– E che cos’hai nel cestino? – continuò il lupo.
– Una tisana e una focaccia, la aiuteranno a guarire –
– Ma che brava bimba! Ma dimmi, dove abita la tua nonna? –
– Vicino al mulino, dove ci sono gli alberi di noccioli – disse Cappuccetto Rosso.

Il lupo pensò: “Questa bimba è proprio ingenua…” – Se vuoi ti faccio compagnia fino dalla nonna, qui nel bosco si possono fare dei brutti incontri sai?
Cappuccetto Rosso annuì e sorrise felice.
Il lupo iniziò a camminarle a fianco ma sembrava pensieroso, finché all’improvviso sorrise tra sé e sé. Aveva escogitato un diabolico piano.

Aspettò di arrivare appena fuori dal bosco e le disse:
– Ecco bimba mia, da qui in avanti puoi continuare da sola, spero di rivederti presto!
– Grazie mille signor lupo, a presto! – rispose Cappuccetto Rosso.
– Ma guarda quanti bei fiori ci sono laggiù! – disse il lupo – non sarebbe bello raccoglierne un mazzo per la nonna?
Cappuccetto Rosso guardò i fiori: erano stupendi e corse a raccoglierne un bel mazzetto per la nonna.

Il lupo approfittò del momento di distrazione di Cappuccetto Rosso e corse dritto alla casa della nonna.
– Chi è? – chiese la nonna quando sentì bussare alla porta.
– Cappuccetto Rosso, nonna. Aprimi! – disse il lupo con la vocina più dolce che poteva.
– Devi solo spostare il chiavistello – rispose la nonna, – io sono troppo debole per alzarmi.
Il lupo spostò il chiavistello ed entrò, andò dritto verso il letto della nonna e… gnam! se la mangiò in un sol boccone.
Poi indossò i suoi vestiti e la sua cuffia e si nascose sotto le coperte ad attendere.

Cappuccetto Rosso, dopo aver raccolto un bel mazzolino di fiori, corse dalla nonna.
Stranamente trovò la porta spalancata e, entrando piano piano nella stanza, ebbe una sensazione così cupa che pensò: “c’è un silenzio strano qui oggi, mi vien quasi voglia di andare via… davvero strano, di solito sto così volentieri con la nonna…”
Si avvicinò al letto e spostò la coperta: la nonna aveva la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano.

– Nonna, che orecchie grandi che hai! – disse la bimba
– Per sentirti meglio, bambina mia! – rispose il lupo
– E che occhi grossi che hai!
– Per vederti meglio, bambina mia!
– Nonna, ma anche le tue mani sono così grandi! – disse Cappuccetto, sempre più spaventata.
– Per afferrarti meglio! – iniziò a ghignare il lupo.
– Ma, nonna, e che bocca spaventosa che hai! – gridò Cappuccetto Rosso.
– Per divorarti meglio! – E dicendo queste parole, il lupo balzò dal letto e… gnam! Mangiò la povera Cappuccetto Rosso in un sol boccone.
Poi, con la pancia bella piena, il lupo si rimise a letto, si addormentò e incominciò a russare sonoramente.

Solo che la nonna e Cappuccetto Rosso, dentro la pancia del lupo, stavano veramente strette.
Cappuccetto Rosso allora iniziò a fare il solletico dentro la pancia del lupo, e subito anche la nonna cominciò a farlo.
Il sonno del lupo iniziò a essere molto disturbato, si girava di qua e di là dal fastidio, finché non si svegliò di soprassalto.
Iniziò a tossire così forte che anche le mura della casa tremavano, finché fece due colpi talmente forti che dalla bocca gli uscirono fuori sia Cappuccetto Rosso che la Nonna!

Caso vuole che proprio il quel momento passasse di lì il cacciatore, il quale, sentito tutto quel trambusto, non poté fare a meno di affacciarsi alla finestra a guardare tutta la scena.
Il lupo, che si teneva la pancia con le mani per il dolore provocatogli dai forti colpi di tosse, quando vide il cacciatore affacciarsi alla finestra, gridò di paura e corse veloce fuori dalla casa della nonna.

Il cacciatore non fece in tempo ad imbracciare il fucile che il lupo era ormai già lontano. Ma andava bene così, lo avrebbe acciuffato un altro giorno. L’importante era che Cappuccetto Rosso e la nonna stessero bene.
Le due, un po’ frastornate per l’accaduto, stavano comunque bene e ringraziarono il cacciatore per aver fatto scappare il lupo.

Poi Cappuccetto Rosso guardò la nonna, e si scusò dicendole:
– Scusami nonnina, è tutta colpa mia se il lupo è entrato in casa tua e ha cercato di mangiarci… sono stata una sciocca ad inoltrarmi nel bosco da sola, e a fidarmi di un lupo cattivo. Prometto che non lo farò mai più!

La nonna, visto che Cappuccetto rosso aveva compreso bene i suoi sbagli, la abbracciò forte forte, la baciò in fronte e le disse di ascoltare sempre quello che diceva la mamma, che era solo per il suo bene.
Così Cappuccetto Rosso tornò a casa, ma per la strada che attraversava i campi di grano, mica attraverso il sentiero del bosco!

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🖌 scarica il disegno da colorare di Cappuccetto Rosso! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Cappuccetto Rosso

Hänsel e Gretel 👦👧🏡

Hänsel e Gretel: una fiaba di coraggio, astuzia e speranza

Persi in un fitto bosco, Hänsel e Gretel si ritrovano davanti a una casetta fatta di marzapane, senza sapere che al suo interno si nasconde una strega malvagia.

Grazie all’astuzia, al coraggio e al legame che li unisce, i due fratellini affrontano le insidie, trasformando il pericolo in una straordinaria prova di forza e ingegno.

Questa fiaba classica dei fratelli Grimm ci insegna che, anche nelle situazioni più difficili, la determinazione e la speranza possono aprire la strada verso la salvezza.

Nella fiaba descritta dai fratelli Grimm un ruolo molto importante lo gioca la “cattiva matrigna” dei due bambini. Nella nostra versione di fabulinis abbiamo preferito omettere questo stereotipo tipico della matrigna cattiva.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Hänsel e Gretel 👦👧🏡“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Hänsel e Gretel 👦👧🏡


C’era una volta, ai margini della foresta della Turingia, una piccola casetta dove vivevano due fratellini, Hänsel e Gretel.

Il loro papà faceva il taglialegna e la loro mamma, oltre ad occuparsi di tutte le faccende domestiche, spesso lo aiutava nel lavoro.
Era stato un anno difficile, poche persone avevano avuto bisogno del lavoro del taglialegna, e nelle ultime settimane il cibo sulla loro tavola scarseggiava.

Spesso la sera, Hänsel e Gretel dalla loro cameretta, sentivano il loro povero papà piangere per la paura di non riuscire a guadagnare abbastanza da poter sfamare la sua famiglia.

Hänsel e Gretel si rannicchiavano sotto le coperte, tristi e con gli occhi lucidi.
– Dobbiamo fare qualcosa – mormorò Hänsel.
– Ma cosa possiamo fare noi due piccoli bambini? – rispose Gretel.
Dopo un lungo silenzio di riflessione, Hänsel propose:
– Possiamo andare nel bosco insieme al papà e aiutarlo nel raccogliere la legna.
– E’ una bella idea – rispose entusiasta Gretel.

Così il mattino seguente i due bambini si presentarono pronti per accompagnare nel bosco il loro papà, che li guardò orgoglioso per aver due bambini così volenterosi.
Si incamminarono quindi per il bosco, fino ad arrivare ad una grande catasta di legna. Il papà si fermò e con la sua ascia riprese il lavoro che aveva interrotto il giorno precedente.

Disse ai suoi ragazzi di raccogliere i rami più piccoli e ammucchiarli in un punto lì vicino.
I due piccoli iniziarono subito a correre di qua e di là raccogliendo tutti i rami che trovavano per terra. Il papà taglialegna, con la coda dell’occhio, li guardava felice e allo stesso tempo divertito.

Hänsel e Gretel svolgevano il loro compito in maniera molto diligente, finchè ad un certo punto Hänsel gridò:
– Guardate, una lepre!
Gretel e il loro papà si girarono verso di lui, era proprio una bella lepre che si era fermata sulle due zampe a guardarli incuriosita.
– Posso rincorrerla papà? – chiese Hänsel.
– Anche io! – aggiunse Gretel
Il loro papà li guardò, sorrise e disse:
– Va bene, ma non allontanatevi troppo! – “chissà mai che non la acchiappino così stasera mangiamo un bel leprotto arrosto” pensò rimettendosi al lavoro.

I due scattarono subito verso la lepre che immediatamente si mise a correre a zig zag tra gli alberi. Anche Hänsel e Gretel erano veloci ma ben presto la lepre svanì dalla loro vista.
I due bambini, senza rendersene conto, per qualche tempo credettero pure di starle dietro, cercando di indovinare la strada che aveva percorso, poi di colpo Gretel si fermò.
– Dove siamo Hänsel? – disse con la voce ansimante per la corsa.

Hänsel si fermò anche lui, spaesato, si guardava intorno cercando di ritrovare la direzione da dove erano venuti, ma non riusciva a riconoscere niente intorno a sè, nessun albero, nessun arbusto.
– Siamo… siamo… – Hänsel cercava di dire qualcosa di rassicurante alla sua piccola sorellina mentre con lo sguardo perlustrava i dintorni, quando finalmente gli parve di riconoscere uno scorcio familiare – andiamo di là – disse con convinzione.

I due camminarono tra la fitta vegetazione fino ad un tronco abbattuto a terra, lo scavalcarono e si ritrovarono su un piccolo sentiero battuto. I loro cuori si riempirono di sollievo, certi che quel sentiero li avrebbe riportati a casa.

Camminavano spediti, l’uno accanto all’altra, pensando alla lepre sfuggita e alle risate che si sarebbe fatto il papà quando li avrebbe rivisti tornare a mani vuote, finché non arrivarono ad un bivio.

Si guardarono in faccia incerti, poi decisero per il sentiero di destra. Accelerarono il passo e si presero per mano. La giornata stava volgendo al termine, e la grande foresta silenziosa diventava sempre più buia.

Nell’aria iniziava a spargersi uno strano odore dolciastro e senza accorgersene finirono per seguirlo d’istinto.
Gretel iniziava ad avere paura – ci siamo persi… – mormorava al fratello, ma quando ormai stavano entrambi perdendo la speranza di riuscire a ritornare a casa, intravidero un grande slargo nella foresta.

Al centro di questo slargo c’era una buffa casetta azzurra, dal tetto rosa confetto e la porta e le finestre cicciotte come salsicce.
Hänsel e Gretel si avvicinarono di corsa e quando erano ormai praticamente sulla soglia della porta, si accorsero che l’intera casa era fatta di dolcissimo marzapane!

Presi dai morsi della fame, i due staccarono un piccolo pezzetto dal muro e iniziarono a mangiarlo, piano, con timore. Quando furono certi che il marzapane era vero ed era anche buonissimo, ne presero manciate sempre più grosse.
Ne mangiarono fino a riempirsi le pance e stavano per afferrarne un altro pezzetto quando la porta di cioccolato della casa si aprì.

Una vecchietta con gli occhi socchiusi, probabilmente miope, disse con voce forte e minacciosa:
– Chi siete, cosa volete?!
Hänsel e Gretel spaventati fecero un balzo all’indietro e si abbracciarono forte.
– Ci scusi tanto signora, siamo solo due poveri bambini che si sono persi nella foresta, e spinti dalla fame abbiamo dato qualche morso alla sua casa di marzapane… ci perdoni… – disse Hänsel.

La vecchietta sentendo queste parole cambiò subito espressione, e la sua voce si fece molto dolce – Oh poveri miei bambini, vi siete persi! Potevate bussare, vi avrei offerto una calda zuppa fumante… ma venite, venite vi prego, non vorrete passare la notte qua fuori al freddo… questa sera potrete dormire da me.

I due bambini, immensamente grati per la cortesia della vecchina, entrarono. La casa era piccola ma accogliente e riccamente decorata, piena di suppellettili d’oro e d’argento, e molti altri ornamenti avevano addirittura pietre preziose incastonate.
Si accorsero subito che la vecchietta non ci vedeva molto bene, perchè per trovare e dare loro un pezzo di pane e del latte andava cercando a tastoni per tutta la cucina.

Dopo la cena li accompagnò in una piccola stanzetta con due lettini, dove Hänsel e Gretel si coricarono e la vecchina diede loro la buonanotte. I due bambini, dopo quella lunga e stancante giornata, caddero in un sonno profondo.

Al mattino seguente Hänsel si svegliò, si stiracchiò un poco ma si accorse subito che non riusciva a muoversi bene. Poi, aperti meglio gli occhi, capì che qualcosa non andava: era rinchiuso dentro ad una grossa gabbia appesa sopra la cucina. Subito prese a gridare.
– Gretel! Gretel!

Un istante dopo comparve la vecchietta che spintonava Gretel fin sotto la gabbia di suo fratello.
– Tieni! Dai da mangiare a tuo fratello che deve diventare bello grassottello, così poi potrò farmi un bell’arrosto gustoso! – rise malignamente le vecchia, che uscì dalla stanza.

Gretel si avvicinò alla gabbia di Hänsel e gli passò un piatto con un bel pollo arrosto ancora fumante.
– La vecchietta è in realtà una strega cattiva… – mormorò Gretel – mi ha detto che vuole farti ingrassare per poi mangiarti… – continuò la piccola scoppiando a piangere.
– Non piangere sorellina mia, vedrai che riusciremo a cavarcela in qualche modo – cercò di rincuorarla Hänsel, prendendole e stringendole la mano attraverso le sbarre della gabbia. Poi osservò il pollo e gli venne un’idea…

La vecchia strega passava tutto il giorno a preparare deliziose pietanze da far mangiare ad Hänsel, mentre usava Gretel come sguattera per tenere in ordine la casa.
Ogni sera poi andava sotto la gabbia appesa di Hänsel e gli ordinava di porgerle il dito così da poterlo tastare e sentire se fosse ingrassato abbastanza da infilarlo nel forno e farci un bell’arrosto.

Ma Hänsel sapendo che la vecchia strega era quasi cieca, invece di porgere il suo dito, le porgeva un osso di pollo. La strega tastava l’osso e si rendeva conto che il bambino non era ingrassato per niente.
– Com’è possibile che non ingrassi mai con tutte le leccornie che ti cucino?! Vabbè, vedremo domani… – e se ne andava via sbuffando.

Continuò così quasi per un mese intero, finchè una sera, dopo aver tastato ancora il finto dito di Hänsel, la strega andò su tutte le furie:
– Non è possibile che non ingrassi mai bambino! Ora sono stufa! Ho deciso che ti mangerò lo stesso! – urlò.
E così riempì il forno di legna e lo accese mentre Gretel osservava la scena impietrita e terrorizzata.
– Tu! – gridò la strega rivolta a Gretel – infila la testa nel forno e controlla che sia ben caldo!

Gretel intuì al volo che se solo si fosse avvicinata al forno la strega avrebbe buttato dentro anche lei.
– Non ho capito cosa devo fare… – disse con un filo di voce Gretel.
– Infila la testa nel forno e controlla che sia ben caldo! – tuonò la strega.
– Ma io non so come si fa! – rispose Gretel.

La strega, in un impeto d’ira e al colmo della rabbia, la prese per il vestito, la strattonò fin davanti al forno e le disse:
– Guarda come si fa, incapace! – aprì lo sportello del forno infilandoci la testa.
Gretel come un fulmine diede un forte spintone alla strega, che barcollò e cadde dentro al forno, dopodichè chiuse con forza lo sportello.

Per la strega ormai non c’era più niente da fare.

Gretel corse da suo fratello e lo liberò dalla gabbia.
– Sei stata fantastica Gretel! – i due si abbracciarono forte.
Fecero un fagotto con del cibo e tutto l’oro e l’argento e le pietre preziose che riuscirono a portare via, dopo di che ripresero il sentiero per la foresta.

Camminarono per ore, senza sapere dove andassero realmente, quando all’improvviso sopra le loro teste comparve uno stormo d’anatre disposte a “V” come ad indicare una direzione.
– Guarda Hänsel! – gridò sorpresa Gretel.
– Sembra un segno, forse dovremmo seguirle! – rispose Hänsel.

E così fecero. Camminarono spediti fino ad arrivare ad un fiume.
– Questo fiume lo riconosco! – disse Hänsel.
– E’ vero, è il fiume che passa vicino casa nostra! – esclamò Gretel.

I due iniziarono a correre fino a raggiungere il sentiero che portava dritto a casa loro, dove sulla soglia della porta li stavano già aspettando la mamma e il papà che non avevano mai smesso di pregare per il loro ritorno.

Si abbracciarono tutti felici e pieni di gioia, i due bimbi raccontarono la loro terribile avventura, ma grazie a tutto l’oro e l’argento che avevano sottratto alla strega cattiva, non avrebbero mai più sofferto la fame.

E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Hänsel e Gretel 👦👧🏡“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Hänsel e Gretel 👦👧🏡

Note su Hänsel e Gretel

In questa versione di Hänsel e Gretel realizzata da fabulinis, molti di voi avranno notato che è stato completamente omesso il passaggio iniziale in cui Hänsel e Gretel, dopo essere stati abbandonati nella foresta dai genitori, ritrovano la strada di casa grazie ai sassolini lasciati lungo il sentiero da Hänsel.

Questa parte di storia è praticamente identica all’incipit di un’altra famosissima fiaba: “Pollicino” (leggi la nostra versione della fiaba di Pollicino 👈)

Ma mentre la fiaba di Pollicino viene ricordata soprattutto proprio per l’astuzia dei “sassolini” lasciati a segnare il sentiero per tornare a casa, Hänsel e Gretel viene ricordata maggiormente per la “Casetta di Marzapane” della strega cattiva.

Non volendo scrivere due fiabe con l’inizio identico, abbiamo deciso di differenziarle leggermente mantenendone però inalterato lo svolgimento globale.

Speriamo che questa nostra versione vi sia piaciuta!

Il cervo e il leone 🦌🦁

Il Cervo e il Leone: la favola di Esopo sulla forza interiore e l’autovalutazione

Se una tua caratteristica fisica non ti piace, potresti non aver ancora capito come sfruttarla al meglio.

Nella favola di Esopo “Il Cervo alla Fonte e il Leone”, si nasconde una lezione preziosa: la bellezza e la forza fisica non sono sempre la soluzione, mentre alcune qualità che percepiamo come fragili possono, al contrario, salvarci dai pericoli.

Un racconto che ci insegna a valutare correttamente le nostre caratteristiche e a non sottovalutare quelle che sembrano più deboli.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il cervo e il leone 🦌🦁“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Il cervo e il leone 🦌🦁


C’era una volta, in una grande foresta, un bellissimo cervo, con delle maestose corna tutte ramificate.

Il cervo era talmente orgoglioso delle sue corna, così belle, grandi e ben proporzionate, che andava spesso al laghetto per ammirarle specchiandosi nelle sue acque.
Passava ore e ore a guardare il suo riflesso nell’acqua, ogni giorno sempre più fiero.

Il cervo, però, non poteva proprio sopportare di vedere quelle maestose corna e quel corpo atletico tenuti su da delle zampe così magre e ossute. Faceva veramente fatica ad accettare quel contrasto.

Un giorno però, mentre era al laghetto tutto intento a specchiarsi, sentì un rumore insolito. Alzò lo sguardo e vide a qualche decina di metri da sé, un leone.
Il leone lo stava guardando dritto negli occhi e ad un certo punto ruggì con forza.
Il cervo capì immediatamente che doveva fuggire il più velocemente possibile, altrimenti il leone gli sarebbe saltato addosso con un paio di balzi.

Così il cervo fece uno scatto e si addentrò nella foresta.
Il leone non fu da meno e si diede subito all’inseguimento del cervo.

Il cervo conosceva bene tutti i sentieri del bosco, e sapeva che, se voleva salvarsi, avrebbe dovuto portare il leone verso la montagna, dove un torrente aveva scavato una profonda gola che lui avrebbe potuto saltare, mentre il leone non ci sarebbe mai riuscito.
Ma il leone lo inseguiva con balzi sempre più grandi, e si stava avvicinando sempre di più.

Il cervo capì che, se continuava a correre in quel modo, il leone gli sarebbe stato addosso in pochi balzi. Così iniziò a zigzagare per tutto il bosco, saltando siepi e arbusti grazie alle sue zampe snelle e scattanti.
Il leone iniziò ad essere in difficoltà. Finché si trattava di correre dritto, poteva raggiungere facilmente il cervo. Ma ora la sua preda continuava a saltare a destra e a sinistra ininterrottamente, e lui non riusciva ad avere la stessa agilità.

Il cervo a poco a poco guadagnava terreno sul leone, finché ecco! Vide le prime rocce della montagna!
Il cervo sapeva che poteva mettersi in salvo, doveva solo arrivare al torrente e saltare dall’altra parte della riva.
Il leone intanto iniziava a dare i primi segni di cedimento, ma non si era ancora dato per vinto.
Finché il cervo, arrivato al torrente, raccolse tutte le forze che gli rimanevano e… Hoop! Con le sue agili zampe posteriori spiccò un balzo che lo portò dall’altra parte della riva.
Era in salvo.

Il leone arrivò alla riva del torrente e si fermò bruscamente. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a saltare dall’altra parte.
I due si fissarono a lungo negli occhi, sapendo entrambi che la caccia era stata solo rimandata ad un altro giorno. Poi il leone si voltò e andò via lentamente.

Il cervo, col cuore ancora in gola, guardò giù nel torrente. C’era un punto in cui si formava una pozza e l’acqua era più ferma. Il cervo vide la sua immagine, con le esili e snelle zampe che facevano tanto contrasto con le corna grandi e maestose.
Quelle zampe per lui così brutte e tanto denigrate, però, lo avevano appena tratto in salvo dal leone.
Le sue corna erano sicuramente meravigliose, ma le sue zampe, anche se non erano la parte più bella del suo corpo, erano la cosa più utile ed efficace che possedeva.
Decise quindi di non criticarle più, anzi di averne molta cura.

Da quel giorno smise perciò di guardarsi nelle acque del laghetto, e non dimenticò mai la lezione imparata quel giorno.

Morale: le cose che ci sembrano inutili, a volte, si rivelano piu’ utili di quanto si potesse mai immaginare.

⚜️ Fine della favola ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Il cervo e il leone 🦌🦁“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare del cervo e il leone

L’agnellino e il lupo 🐑🐺

L’Agnellino e il Lupo: la favola di Esopo sull’audacia e l’astuzia

Un agnellino si fa beffe del lupo, ma quando scivola dal tetto, si trova in serio pericolo.
Come riuscirà a salvarsi?

La favola dell’Agnellino e del Lupo di Esopo insegna ai bambini che l’audacia eccessiva può portare al pericolo, ma l’astuzia può aiutarci a risolvere anche le situazioni più difficili.

Un racconto che valorizza la prudenza e l’intelligenza!


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “L’agnellino e il lupo 🐑🐺“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

L’agnellino e il lupo 🐑🐺


C’era una volta un agnellino che giocava vicino al fienile, era molto furbo e scaltro e si era messo in testa di salire fin sul tetto della stalla.

Dopo vari tentativi e con alcuni accorgimenti, riuscì nella sua impresa.

L’agnellino era al colmo della felicità quando dal vicino bosco sbucò fuori un lupo!

Il lupo lo guardò con occhi famelici e fece un balzo per salire sul tetto, ma non ci riuscì. Prova e riprova al lupo non rimase altro da fare che ululare per le botte prese cadendo nei tentativi falliti.

L’agnellino, dapprima terrorizzato, una volta capito che il lupo non sarebbe riuscito a prenderlo iniziò a deriderlo sonoramente:
– Lupo cattivo, non mi prendi quassù! Sono troppo furbo per te! – e gli faceva pure le linguacce!

Ma mentre rideva a crepapelle, l’agnellino scivolò con una zampetta e ruzzolò giù dal tetto della stalla.

Adesso a ridere era il lupo, che si avvicinava lentamente al suo prossimo pranzo.

L’agnellino, che però era molto furbo, parlò allora al lupo:
– Caro lupo mio, so di essere un bocconcino prelibato per te, e mi scuso per averti deriso… ti chiedo però di morire con onore e prima che tu mi mangi, suona per favore il flauto e fammi danzare.

Il lupo preso da compassione decise di esaudire l’ultimo desiderio del piccolo agnellino e prese a suonare il flauto. L’agnellino iniziò a ballare.

Ma la dolce melodia del flauto fu udita anche dai cani di guardia del gregge, che corsero subito insospettiti a vedere cosa stava succedendo.

Il lupo non appena intravide arrivare i cani lanciati verso di sè, lasciò cadere il flauto e corse via nel bosco dicendo:
– Tutta colpa mia! Perchè mai mi son messo a suonare il flauto per quell’agnellino quando potevo mangiarmelo in un sol boccone?!

E per un bel po’ nessuno vide più il lupo, mentre l’agnellino poteva felicemente tornare a salire sul tetto della stalla tutte le volte che voleva.

Morale della favola: a volte essere troppo audaci ci fa cadere nel pericolo, ma con l’astuzia si può risolvere la situazione.

⚜️ Fine della favola ⚜️

Questa favola in realtà è l’unione di due diverse favole di Esopo, la numero 106 “il capretto sopra il tetto” e la 107 “il capretto e il lupo che suonava il flauto”, che essendo molto brevi ma parlando entrambe di un capretto e di un lupo, si sono prestate bene ad essere unite 😉

🎨 Scarica il disegno da colorare di “L’agnellino e il lupo 🐑🐺“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare dell'agnellino e il lupo

Giovannin senza paura 😱

Nel cuore di un paese avvolto dal silenzio delle leggende, esiste una storia che pochi osano raccontare…

Parlano di un ragazzo strano, diverso dagli altri, che non conosceva il significato di quella parola che fa tremare il mondo: paura.

Ma cosa nasconde davvero questa mancanza di paura?
E fino a dove lo avrebbe portato la sua ricerca dell’ignoto?
Nelle ombre di un castello abbandonato, tra corridoi infestati e segreti sepolti, attende un destino che nessuno avrebbe mai immaginato…”

Questa è una fiaba popolare di origine incerta, ma molto conosciuta sia Nel Friuli Venezia Giulia che nelle Marche


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Giovannin senza paura 😱“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Giovannin senza paura 😱



C’era una volta un ragazzo di nome Giovannino, che in tutto il paese veniva sempre preso in giro perché sembrava non stupirsi mai di nulla, sembrava non avesse mai paura di niente.E non è che fosse coraggioso, tutt’altro, Giovannino proprio non riusciva a capire cosa fosse la paura. Tutti i suoi amici gli parlavano di “brividi”, “pelle d’oca” e “tremiti”, ma Giovannino non riusciva ad avere nè brividi, nè pelle d’oca nè tantomeno tremiti…

Un giorno, stufo di essere preso sempre in giro, Giovannino disse a tutti quanti che sarebbe partito per un lungo viaggio:
– Vado per il mondo a cercare la paura, prima o poi la troverò!
Tra le risa generali, Giovannino fece fagotto e partì.

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Giovannin senza paura 😱“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Giovannin senza paura 😱

Alì Babà e i 40 ladroni 🪙

Alì Babà e i quaranta ladroni: quando l’astuzia vale più dell’oro

Scopri una delle storie più amate delle Mille e una notte, dove un umile taglialegna scopre il segreto di un tesoro nascosto tra le montagne.

La magica formula “Apriti Sesamo” spalanca le porte di una grotta colma di ricchezze, custodita da una temibile banda di ladroni.

Tra inganni, pericoli e colpi di scena, Alì Babà e la fedele Morgiana dovranno usare tutto il loro ingegno per sopravvivere alla vendetta dei quaranta briganti, e conquistare una fortuna insperata.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di Alì Babà e i 40 ladroni 🪙!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Alì Babà e i 40 ladroni 🪙


C’era una volta Alì Babà, un umile ed onesto taglialegna, che viveva con sua moglie in una piccola casetta vicino al bosco dove lavorava.
Alì Babà aveva un fratello maggiore di nome Cassim, che invece era riuscito a sposare la bella figlia di un ricco mercante e viveva nel lusso.

Un giorno, come sempre, Alì Babà prese il suo asinello e lo condusse nel bosco per raccogliere la legna. Mentre era intento nel suo lavoro sentì da lontano lo scalpiccio di molti cavalli correre al trotto.

Incuriosito da quel trambusto, scorse attraverso la vegetazione, ben 40 ladroni tutti armati fino ai denti e con le bisacce piene d’oro. Li vide fermarsi di colpo davanti ad una roccia sul costone della montagna, Alì Babà colto di sorpresa ed impaurito si nascose ben bene per non essere visto.

Uno dei ladroni, probabilmente il capo, a quel punto disse:
– Apriti sesamo! – e come per magia dalla roccia apparve una grande apertura dove tutti i ladroni entrarono con i cavalli. Non appena anche l’ultimo ladrone fu entrato, l’apertura si richiuse immediatamente.

“Ma che magia è mai questa?!” si chiese sbalordito e incredulo Alì Babà. Così rimase in silenzio per vedere cosa sarebbe successo.

Non dovette aspettare molto perché, poco dopo, l’apertura nella roccia si riaprì di nuovo e da lì uscirono al galoppo tutti i ladroni.
Per ultimo uscì il loro capo, che pronunciò le parole – chiuditi sesamo! – e l’apertura nella roccia si richiuse, dopodichè sparì anche lui insieme agli altri tra le sabbie del deserto.

Alì Babà pensò che fosse meglio farsi gli affari propri e riprendere il lavoro interrotto, ma la curiosità di vedere cosa ci fosse dentro la grotta era talmente tanta che, dopo un paio d’ore, si fece coraggio e decise di entrare.

Si accertò che non ci fossero ladroni nei paraggi e si mise di fronte alla grande roccia, poi con un filo di voce pronunciò:
– Apriti sesamo… – e magicamente la roccia si aprì.
Con le gambe che quasi gli tremavano, Alì Babà entrò nella grotta portandosi dietro il suo asinello. Gli occhi di Alì Babà facevano fatica a credere a tutte le ricchezze che vedeva: ori, gioielli, monete d’oro e manufatti antichi!

Quello doveva essere il covo dove la banda di ladroni accatastava tutto ciò che rubava.

Senza pensarci due volte iniziò a caricare il suo asinello prendendo tutto quello che poteva dei tesori custoditi nella grotta. Quando le bisacce furono piene uscì e disse:
– Chiuditi sesamo! – e la roccia si richiuse.

Tornato a casa sua moglie pensò che Alì Babà avesse rubato tutto, ma lui le spiegò cosa era successo e come aveva recuperato tutto quell’oro.
Da quel giorno anche Alì Babà iniziò a fare una bella vita, agiata e piena di comodità.

Quel cambio repentino di stile di vita fu notato anche da suo fratello Cassim, che curioso ed invidioso, volle capire a tutti i costi come aveva fatto Alì Babà a diventare d’improvviso così ricco.

Alì Babà, che era una persona buona e onesta, raccontò serenamente tutta la sua avventura, anche di come per entrare nella caverna del tesoro bastasse pronunciare la frase “apriti sesamo”.
Cassim, che sul momento non credette alla storia di Alì Babà, preso dall’avidità e dall’invidia, corse sul posto indicatogli dal fratello.

Non appena riuscì a trovare la grotta, subito cercò di entrarvi.
– Apriti sesamo! – disse Cassim, e la grotta si aprì.
Quando vide tutti i tesori custoditi nella grotta Cassim pensò che Alì Babà era stato veramente un sempliciotto a rivelargli la verità: ora tutto quell’oro sarebbe stato suo!

Tutti quei tesori fecero perdere la testa a Cassim, che riempiti due sacchi di oro e pietre preziose uscì dalla caverna, poi cercò di pronunciare la formula per farla richiudere ma… Alì Babà non gliela aveva detta!

In quel momento vide i 40 ladroni arrivare al galoppo verso di lui, Cassim si sentì spacciato, lasciò cadere i sacchi colmi d’oro e tentò la fuga, ma i ladroni lo catturarono e lo passarono a fil di spada.

Il capo dei ladroni capì che il loro covo non era più al sicuro, ma voleva sapere se ci fosse qualcun’altro a conoscenza della grotta.
– Portiamo dentro il corpo di quest’uomo, se qualcun’altro conosce il nostro segreto verrà a prenderlo e lo porterà via… – disse il capo, poi chiuse la grotta e se ne andarono via nel deserto.

La moglie di Cassim, difatti, non vedendolo rincasare corse da Alì Babà a chiedere sue notizie. Alì Babà capì che Cassim era andato alla grotta e vi si recò immediatamente anche lui. La aprì e vide il corpo del fratello ormai senza vita.

Piangendo lo avvolse in una stoffa e lo riportò a casa. Ad aspettarlo vi era la domestica Morgiana, una ragazza molto intelligente, che, quando vide le ferite di spada sul corpo di Cassim, capì che avrebbero dovuto inventarsi qualcosa per nascondere l’accaduto alle persone del paese.

Allora si accordarono nel dire che Cassim era stato colto da malore ed era in fin di vita, e dopo due giorni dissero che infine era morto.

Bisognava però fare a Cassim un abito per il funerale, ma se il sarto avesse visto le ferite avrebbe sicuramente sospettato di qualcosa. Così Morgiana trovò un sarto molto abile, che si vantava di poter fare vestiti anche da bendato!

Questo sarto accettò, per una bella somma di denaro, di arrivare bendato alla casa di Cassim e prendere le misure per l’abito, senza mai togliere la benda dagli occhi.

Intanto i 40 ladroni erano tornati alla grotta e, non vedendo più traccia del corpo di Cassim, il loro capo constatò con soddisfazione che aveva avuto ragione: c’era ancora in giro qualcuno che conosceva il loro segreto.
– Ci sarà un funerale in questi giorni giù al paese… – disse ai suoi uomini, e decise di indagare e scoprire di chi fosse.

Il capo dei ladroni, astutamente, cercò tra i sarti del paese chi avesse fatto il vestito per il funerale. Il sarto gli disse che non sapeva chi fosse la persona a cui aveva fatto il vestito, perché era stato portato alla sua casa bendato, ma avrebbe potuto rifare il percorso a memoria.
Allora il ladrone lo bendò e si fece portare alla casa di Cassim, dove fece un segno sulla porta per poterla riconoscere anche di notte, poi se ne andò con un piano in mente.

Di ritorno da alcune commissioni Morgiana si accorse dello strano segno sulla porta di casa e cercò di cancellarlo, qualcosa le diceva che quel segno non era di buon augurio, ma aveva altro a cui pensare ed entrò.

Poco dopo un mercante passò di lì con 40 orci di terracotta pieni di olio dicendo a gran voce che erano olio di prima scelta. Morgiana, che doveva preparare il rinfresco per il funerale, non si fece scappare l’occasione e li comprò tutti, invitando lo stesso mercante a riposarsi e rifocillarsi al rinfresco.

In realtà solo in uno degli orci che il mercante fece vedere a Morgiana c’era dell’olio. In tutti gli altri stavano nascosti i ladroni pronti ad uscire al segnale convenuto del mercante (che in realtà era il loro capo) per uccidere Alì Babà e tutta la sua famiglia.

Giunta la sera, quando il rinfresco del funerale era quasi finito, Morgiana vide il mercante che faceva degli strani movimenti alzando e richiudendo i vari coperchi degli orci, incuriosita ne aprì uno anche lei, e subito sentì da dentro una voce roca che chiedeva “è ora?”.

Morgiana capì il pericolo che stavano per correre e, dopo aver risposto al ladrone dentro l’orcio “non ancora”, lo sigillò subito con le corde, e così fece anche con tutti gli altri orci.

Poi prese il vino, si vestì per la danza del ventre e iniziò a danzare davanti al mercante, offrendogli continuamente vino fino a farlo ubriacare e svenire dal sonno. Appena il ladrone perse i sensi lo legò come un salame e subito corse ad avvertire Alì Babà.

Alì Babà fu molto sorpreso di ritrovarsi i 40 ladroni in casa, ma grazie all’intuito e al coraggio di Morgiana, la loro vita era salva.
I ladroni furono così portati via e messi in carcere.

Alì Babà, per ringraziare Morgiana, le diede molte delle ricchezze che ancora si trovavano dentro la grotta, e per tutto il resto della sua vita Alì Babà usò quei tesori per aiutare gli altri, facendosi così amare e rispettare da tutte le persone del suo paese.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di Alì Babà e i 40 ladroni 🪙!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Alì Babà e i 40 ladroni 🪙

Sette in un colpo 🪰

Il Sarto che conquistò un Regno: quando l’astuzia vale più di mille spade

Un piccolo sarto, sette innocue mosche e una cintura ricamata con una mezza verità.

Chi avrebbe mai immaginato che questi semplici elementi potessero tessere la trama di uno dei più astuti inganni mai orchestrati in un regno?

Questa è la storia di come un umile sarto trasformò un momento di ordinaria frustrazione in un’incredibile ascesa al potere…


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Sette in un colpo 🪰“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Sette in un colpo 🪰



C’era una volta un piccolo sarto che, seduto tranquillo vicino alla finestra della sua bottega, lavorava ad un vestito nuovo.

Ad un certo punto un nugolo di mosche iniziò a ronzargli intorno.
Il piccolo sarto iniziò a scacciare con le mani gli ospiti indesiderati, ma le mosche, invece di scappare, tornavano di nuovo in compagnia di altre loro amiche.

Il piccolo sarto, alla fine, perse la pazienza – adesso vi faccio vedere io! – esclamò a voce alta, quindi tirò fuori un pezzo di stoffa e le colpì senza pietà. Quando controllò il panno, contò ben sette mosche morte stecchite.

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Sette in un colpo 🪰“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Sette in un colpo 🪰

La sfera di cristallo 🔮

Solo il coraggio e l’astuzia aiuteranno Lionel a salvare la principessa

Questa fiaba racconta le avventure del giovane Lionel, figlio di una strega ormai impazzita, che per paura di perdere i suoi poteri magici aveva trasformato gli altri suoi fratelli in animali.

Lionel, rimasto l’unico libero, si mette in viaggio per salvare la bellissima principessa imprigionata in un incantato castello.

Dovrà affrontare sfide ardite ma i suoi fratelli, anche se trasformati, gli daranno una mano insperata.
Una storia piena di magia, coraggio e amore fraterno.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La sfera di cristallo 🔮“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

La sfera di cristallo 🔮



C’era una volta una strega molto anziana, che ormai aveva perso il contatto con la realtà. La strega aveva tre figli, e tutti e tre i fratelli si volevano bene e si rispettavano a vicenda.
Ma la vecchia strega ormai non si fidava più di loro e pensava ogni giorno che i suoi figli volessero privarla dei suoi poteri magici.

Quindi, in un momento di follia, trasformò il figlio maggiore in un’aquila, costringendolo a vivere la sua vita isolato su una montagna rocciosa,
e trasformò il secondo in una balena, obbligandolo a vivere nelle profondità del mare al largo negli oceani.

Il terzo figlio, che si chiamava Lionel, vedendo cosa accadde ai suoi fratelli maggiori e temendo di essere trasformato anche lui in qualche bestia come un lupo od un orso, riuscì a fuggire di nascosto nel folto del bosco.

🎨 Scarica il disegno da colorare di “La sfera di cristallo 🔮“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di La sfera di cristallo 🔮

La pioggia di stelle ✨

Il viaggio di Miranda, dalla solitudine alla speranza.

Sotto un cielo stellato, la piccola Miranda si avventura per il mondo fino ad arrivare nel cuore di una foresta incantata.

Miranda, una bambina dal cuore puro e la cui vita viene segnata da una perdita dolorosa, era alla ricerca di un nuovo inizio.

Ma dopo un viaggio magico, in cui dona tutta se stessa, la sua vita prende una piega sorprendente.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La pioggia di stelle ✨“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

La pioggia di stelle ✨



C’era una volta Miranda, una bambina che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi d’improvviso senza la mamma ed il papà, scomparsi in un brutto incidente.

Rimasta sola e povera senza un soldo, l’unica cosa che le rimaneva erano i vestiti che indossava ed un misero pezzo di pane.

Senza perdersi d’animo, la piccola Miranda decise che avrebbe passato il resto dei suoi giorni ad andare in giro per scoprire il mondo, sicura che la “dea Fortuna” avrebbe provveduto alla sua buona sorte. E si incamminò.

🎨 Scarica il disegno da colorare di “La pioggia di stelle ✨“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di La pioggia di stelle ✨

Il Tamburino 🥁

Un tamburino coraggioso e una principessa prigioniera: un’avventura su una montagna di vetro

In un mondo dove il coraggio si nasconde nei gesti più semplici e la gentilezza apre la strada ai miracoli, un giovane tamburino si trova coinvolto in un’impresa straordinaria.

Tutto ha inizio con una camicia di lino abbandonata sulla riva di un fiume. Senza sapere che l’indumento appartiene a una principessa prigioniera di una strega malvagia, il tamburino decide di riportarglielo, dando il via a un’avventura epica.

Tra giganti, selle magiche e oscure magie, il giovane dovrà affidarsi alla sua astuzia e al suo coraggio per superare ogni sfida e restituire la libertà a chi l’ha persa.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “Il Tamburino 🥁“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Il Tamburino 🥁



C’era una volta un giovane suonatore di tamburo che stava passeggiando lungo le rive di un lago.
Guardando verso la riva vide una bella camicia di lino bianco stesa sulla spiaggetta, si guardò intorno ma non vide anima viva.
“Che strano trovare una così bella camicia abbandonata sulla riva del lago” pensò, così le prese e se la mise nella bisaccia.

Tornato a casa, senza minimamente pensare alla camicetta, se ne andò a letto. Mentre stava per addormentarsi, gli parve che qualcuno pronunciasse il suo nome. Ascoltò con più attenzione e sentì una voce delicata che lo chiamava: “Tamburino, Tamburino, svegliati!”

Nel buio della notte gli sembrava che una figura femminile fluttuasse su e giù davanti al suo letto.
Con un groppo in gola per la paura, il Tamburino chiese:
– Cosa vuoi?!
– Ridammi la camicetta che hai trovato al lago – rispose la voce.

🎨 Scarica il disegno da colorare di Il Tamburino 🥁!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Il Tamburino 🥁

Guglielmo Tell 🍎

La leggenda di Guglielmo Tell: coraggio e libertà contro la tirannia

Tra le più celebri leggende della tradizione svizzera, la storia di Guglielmo Tell incarna i valori di coraggio, libertà e resistenza all’oppressione.

Ambientata nel cuore delle montagne svizzere, questa vicenda narra di come un semplice arciere sia diventato il simbolo della lotta contro la tirannia.

Con la sua straordinaria abilità nell’uso della balestra e un indomito spirito di giustizia, Tell sfida il crudele governatore Gessler, dimostrando che anche il più umile dei cittadini può ergersi contro l’ingiustizia e ispirare un intero popolo alla ricerca della libertà e cambiare il destino di una nazione.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di Guglielmo Tell 🍎!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Guglielmo Tell 🍎



C’era una volta, in un tranquillo villaggio chiamato Bürglen tra le montagne della Svizzera, un abile arciere di nome Guglielmo Tell. Guglielmo era conosciuto in tutto il paese per la sua abilità nell’uso della balestra e per la sua generosità.

Purtroppo l’intero territorio era governato da Gessler, un despota tirannico e crudele, il cui unico scopo era terrorizzare la popolazione.

Per ribadire la sua autorità, e far presente ogni giorno ai paesani chi comandava, ebbe una strana idea: fece piantare nella piazza del paese un grande palo con infilato in cima il suo cappello imperiale.
Chiunque fosse passato davanti a quel palo avrebbe dovuto inchinarsi a salutare il cappello, come se si trattasse di Gessler in persona.

🎨 Scarica il disegno da colorare di Guglielmo Tell 🍎!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di Guglielmo Tell 🍎

La fata Paribanou 🧚‍♀️

Tre fratelli, un amore e un mistero: chi conquisterà il cuore della principessa?

In un regno lontano, tre principi si contendono l’amore della splendida principessa Nunniar.

Ognuno di loro, per conquistarla, intraprende un’avventura epica alla ricerca dell’oggetto più straordinario da regalare al loro padre, il Sultano.

Ma uno dei tre fratelli farà una scoperta inaspettata…


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de La fata Paribanou 🧚‍♀️!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

La fata Paribanou 🧚‍♀️


C’era una volta un Sultano che aveva tre figli, il maggiore si chiamava Hussein, il secondo Alì e il più giovane Ahmed.
Tutti e tre i ragazzi erano innamorati della principessa Nunniar e chiedevano incessantemente al Sultano il consenso per sposarla.

Volendo bene a tutti e tre in egual modo, il Sultano decise di metterli alla prova: chi gli avrebbe portato l’oggetto più prodigioso sulla faccia della terra, avrebbe sposato Nunniar.

Tutti e tre i figli accettarono, e partirono per il mondo alla ricerca di qualcosa che avrebbe impressionato il loro padre.

🎨 Scarica il disegno da colorare de La fata Paribanou 🧚‍♀️!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare de La fata Paribanou 🧚‍♀️

Sinbad il marinaio ⛵

Sinbad il marinaio, alla scoperta dei sette mari d’Oriente

Salpa verso l’ignoto con Sinbad il marinaio, il leggendario navigatore delle Mille e una notte che ha sfidato mostri marini, tempeste e creature fantastiche.

Da povero marinaio a esploratore intrepido, il suo viaggio è un’avventura mozzafiato attraverso mari inesplorati, isole misteriose e terre esotiche.

Viaggi straordinari dove il coraggio si mescola alla fortuna, e dove ogni porto nasconde tesori, pericoli e meraviglie mai viste prima.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di Sinbad il marinaio ⛵!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Sinbad il marinaio ⛵


Sinbad era un giovane e imprudente ragazzo che aveva ereditato una notevole ricchezza dai suoi genitori, ma non sapendo amministrare il suo patrimonio iniziò a sperperarlo in ogni tipo di divertimento.

Un giorno però si accorse che di ricchezze ormai gliene rimanevano ben poche, decise quindi di cambiare vita: vendette quel poco che gli rimaneva e con quello che ci guadagnò decise di comprare delle spezie da poter rivendere come mercante.

Sinbad venne a conoscenza di una nave, che salpava di lì a poco per le Indie Orientali. Decise quindi di unirsi alla ciurma come marinaio semplice sperando di fare un buon affare vendendo le sue spezie una volta arrivato a destinazione.

🎨 Scarica il disegno da colorare di Sinbad il marinaio ⛵!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Sinbad il marinaio ⛵

La casa abbandonata 🏚️

Il coraggio di due bambini salverà i nonni e tutto l’intero villaggio!

Come mai i nonni di Tristan e Matilda non si fanno più sentire da prima dell’estate? Cos’è successo al paese in cui vivono e tutte le case sembrano abbandonate?

Scopriamolo insieme…


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La casa abbandonata 🏚️“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

La casa abbandonata 🏚️


C’era una volta, tanto tempo fa un villaggio sperduto ai bordi di una grande foresta.
In quel villaggio, in una bella casetta immersa nel verde e vicino ad un piccolo ruscello vivevano i nonni di Tristan e Matilda.

Era già autunno e purtroppo era da prima dell’estate che i bambini e i loro genitori non avevano più notizie dei due vecchietti, così il loro papà decise di andare a far loro visita.

Prese il calesse, vi caricò sopra le loro poche cose, fece montare i due bimbi e la moglie e partirono per il villaggio, al quieto passo del somarello che li trainava.

Il mattino di due giorni dopo arrivarono infine a destinazione. Rimasero alquanto stupiti di non trovare anima viva, tutte le poche casupole che formavano il villaggio sembravano disabitate.

Arrivarono quindi alla casa dei nonni. La trovarono completamente chiusa e sprangata, come se da mesi nessuno vi abitasse più.
Forzando la porta con un bastone riuscirono ad entrare, ma trovarono solo polvere stantia che ricopriva tutto. Dei due nonni non c’era l’ombra.
Molto preoccupati Tristan e Matilda cominciarono a cercarli in lungo e in largo per il bosco vicino, ma non trovarono nessun indizio. Non c’era nemmeno la possibilità di chiedere informazioni a qualcuno, dato che le case erano praticamente tutte chiuse.

I nonni sembravano spariti nel nulla senza lasciare traccia.

La mamma aveva comunque rassettato e pulito alla bell’e meglio la casa e il papà aveva cacciato della selvaggina per cena. Avevano deciso di rimanere in quella casa finchè non avessero capito che fine avessero fatto i nonni.

Giunse quindi la sera, il tiepido sole arancio sbiadito faceva capolino sulle cime degli alberi sulla collina, e un venticello fresco e umido di muschio accarezzava dolcemente la casa e il villaggio.

La famiglia di Tristan e Matilda era tutta riunita attorno al tavolo, il fuoco crepitava gentilmente nel camino e il profumo di carne arrosto riempiva la stanza. Erano tutti tristi per la mancanza dei nonni, ma erano sicuri che il giorno dopo li avrebbero ritrovati.
Qualcuno bussò alla porta.

Tristan, Matilda e i loro genitori si girarono tutti di scatto verso la porta. Il papà si alzò con circospezione, pesò ogni passo fino alla porta, poi l’aprì piano, facendola lentamente cigolare.

– Buonasera! – urlarono tre ragazzini nella penombra.
Il papà quasi trasalì per la sorpresa, poi vedendo che si trattava di tre ragazzini sorrise e li invitò ad entrare in casa.

Loro però indietreggiarono facendo di no con la testa. Tristan e Matilda si affacciarono sulla soglia per vederli.
– Non possiamo entrare, ci è proibito… siamo qui per invitarvi alla festa di benvenuto che vi abbiamo organizzato nella piazza del villaggio questa sera, vi aspettiamo! – disse uno di loro con una voce bassa e monotona, priva di espressione.

Senza aggiungere altro, i tre ragazzetti si voltarono e s’incamminarono rapidamente verso il centro del paese
Tristan e Matilda, sorpresi da quella visita, ma curiosi di farsi dei nuovi amici chiesero:
– Possiamo andare con loro per giocare un po’ mentre vi aspettiamo in piazza?!
Il papà esitò un attimo, poi acconsentì.

– Mi raccomando però state attenti che è già buio! – gridò loro mentre ormai si allontanavano.
I due ragazzi cercarono di recuperare i tre ragazzi, li intravidero proprio mentre arrivavano in centro paese.
Qualcosa però fece scattare un campanello di allarme in Matilda:
– Fermati Tristan! – disse sottovoce – c’è qualcosa che non mi piace…

Anche Tristan si fermò preoccupato, nell’aria si sentiva l’eco di strane e surreali voci che supplicavano di avere pietà e farli ritornare alla loro originaria vita.

I due fratelli quasi pietrificati dalla paura, si presero per mano. Non vollero però scappare, anzi, con cautela e riparati dal muretto di una casa si avvicinarono per vedere meglio cosa stava succedendo nella piazza.

Videro con i loro occhi i tre ragazzini trasformarsi in tre demonietti malvagi, che saltavano e ridevano davanti ad un gran falò sopra il quale vagavano degli spiriti.

Ma non erano spiriti qualunque, erano in realtà tutti gli abitanti del villaggio trasformati in fantasmi da un malvagio sortilegio dei demonietti.

– Guarda la! I nonni! – esclamò Tristan a Matilda senza pensare che i tre demonietti avevano l’udito molto fino… infatti uno di loro si voltò nella loro direzione con sguardo malevolo.

Tristan e Matilda si nascosero sotto il muretto sperando di non essere visti, poi carponi ripresero la via di casa dei nonni per avvisare mamma e papà.

Corsero a perdifiato senza mai voltarsi indietro, speravano di non essere stati scoperti dai demonietti. Arrivati sulla soglia di casa trovarono mamma e papà che si apprestavano ad uscire.

– Dobbiamo scappare! – esclamò Matilda.
– E perché mai? – chiese la madre.
– I tre ragazzi di prima sono in realtà tre demonietti che hanno trasformato in fantasmi tutti gli abitanti del villaggio, e vogliono trasformare anche noi! – disse Tristan.

– Nella piazza del villaggio arde un grande falò attorna al quale ci sono anche gli spiriti dei nonni! – continuò Matilda.
– Ma voi due siete impazziti… – aggiunse il loro papà guardandoli con occhi stupiti.
– E invece no! – gridò uno dei demonietti spuntando fuori dall’ombra proprio in quel momento brandendo una bacchetta magica. Toccò il papà di Tristan e Matilda con la punta della bacchetta e lo trasformò all’istante in uno spirito.

La mamma gridò, ma fu toccata anche lei dalla bacchetta e trasformata in fantasma.
Tristan voleva urlare, ma preso dall’impeto di vendicare i genitori, con un calcio fece cadere il diavoletto che perse la bacchetta magica.
Prontamente Matilda raccolse la bacchetta da terra e con un colpo ben assestato toccò il diavoletto che sparì in una nuvoletta di fumo grigio.
Senza sapere se potesse funzionare, d’istinto Matilda toccò anche i due fantasmi di mamma e papà che ritornarono all’istante se stessi.

– Dobbiamo andare a liberare i nonni e tutti gli abitanti del villaggio! – esclamò Tristan. Matilda approvò con un cenno del capo e corsero di nuovo alla piazza del paese.

Tristan lanciò un grande sasso in mezzo alla piazza per distrarre gli altri due demonietti, mentre Matilda di soppiatto e velocemente ne colpiva uno alle spalle facendolo sparire in una nuvoletta di fumo.

– Ma cosa…?! – il terzo demonietto non fece in tempo a rendersi conto di quello che era successo al suo compagno che era ormai anche lui una grigia nuvoletta di fumo.

Matilda allungò la bacchetta toccando i loro nonni, che finalmente poterono riabbracciare dopo tanto tempo, e poi ad uno ad uno tutti gli abitanti del villaggio furono riportati alla normalità.

Il giorno dopo ci fu una grande festa al villaggio. La bacchetta magica fu spezzata e buttata nel grande falò e Tristan e Matilda furono osannati come due grandi eroi.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “La casa abbandonata 🏚️“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!


scarica il disegno da colorare di La casa abbandonata 🏚️

La leggenda di Sleepy Hollow 🐎

A Sleepy Hollow circolano strane leggende su un nero Cavaliere senza testa che spaventa l’intera valle…

Questo racconto, originariamente scritto da Washington Irving, è forse più famoso per il film di Tim Burton con protagonisti Johnny Depp e Christina Ricci.

E’ forse anche il più “pauroso” tra tutti i racconti di Halloween pubblicati fino ad adesso su fabulinis, tenete quindi ben abbracciati i vostri bimbi più piccoli! 😉

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della leggenda di Sleepy Hollow!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la leggenda di Sleepy Hollow raccontata da Silvia!

La leggenda di Sleepy Hollow 🐎


C’era una volta, in una di quelle ampie insenature sulla sponda orientale del fiume Hudson, una piccola valle conosciuta con il nome di Sleepy Hollow.

Le leggende narrano che l’intera valle sia stata un tempo stregata da un vecchio sciamano indiano, che teneva lì i suoi riti magici. Così nel tempo la valle si riempì di storie e leggende, tutte che parlavano di spiriti e fantasmi non proprio amichevoli…

La più famosa parlava del “Cavaliere senza testa di Sleepy Hollow”, un nero cavaliere in sella al suo cavallo la cui particolarità era quella di essere senza testa.

Alcuni dicevano che fosse il fantasma di un soldato dell’Assia, la cui testa era stata portata via da una palla di cannone, e affermavano che il suo fantasma, ogni tanto soprattutto la notte di Halloween, uscisse alla furiosa ricerca della sua testa perduta.

A Sleepy Hollow un giorno capitò anche Ichabod Crane, un giovane insegnante inviato da New York allo scopo di istruire i bambini della zona.

Ichabod Crane era un bravo maestro, e di tanto in tanto aiutava i contadini del paese a fare il fieno, riparare le staccionate o portare i cavalli al fiume, mentre la sera si deliziava a raccontare storie fantastiche agli stessi figli dei contadini, suoi alunni.

Una di queste sere nella fattoria dei Van Tassel, Katrina, la figlia del buon contadino Baltus, gli raccontò la bizzarra leggenda del Cavaliere senza testa di Sleepy Hollow.

Ichabod rimase molto affascinato sia dalla bella Katrina, che dalla misteriosa storia del fantasma del Cavaliere senza testa.

Quella notte Ichabod fece sogni molto strani tra cui un incubo dove il Cavaliere senza testa gli portava via dalle braccia Katrina, la ragazza di cui si era appena innamorato.
Si svegliò di soprassalto, per fortuna era soltanto un brutto sogno.

Quella mattina, camminando verso la scuola e passando di fronte alla fattoria dei Van Tassel, Ichabod scoprì forse il significato del brutto sogno di quella notte.

Vide in lontananza Katrina che sorrideva a Brom Van Brunt, il ragazzo più in vista, famoso e muscoloso di Sleepy Hollow; anche Brom sorrideva a Katrina e la salutava con affetto.
Forse a portare via Katrina dalle sue braccia non sarebbe stato il Cavaliere senza testa, ma Brom…

Ichabod non si perse d’animo e decise comunque di corteggiare la bella ragazza, anche se questo avrebbe voluto dire rivaleggiare con il bello e forte Brom Van Brunt.

Dopo l’estate arrivò presto l’autunno e un bel giorno Ichabod si fece prestare un cavallo da un contadino e uscì a farsi una trottata per la valle.
Da tutte le parti vedeva una vasta distesa di grandi campi pieni di zucche gialle e arancioni pronte per la festa di Halloween.

Mentre osservava tutte quelle belle zucche fu colpito da una zucca già intagliata posta su un muretto vicino al sentiero: sembrava guardarlo sorridendogli in modo beffardo, quasi che la risata si sentisse per davvero echeggiando per la valle.

Ichabod scosse la testa e spronò il cavallo allontanandosi dal campo di zucche. Era così bello vagare per la valle che non si accorse nemmeno che il sole stava ormai tramontando.

Ritornò indietro che ormai era sera e al paese si stava già celebrando la festa per Halloween.

Canti, balli, risa e un sacco di leccornie accompagnarono la lieta serata dei compaesani. E alla fine, quando era ormai già notte fonda in molti si radunarono intorno al falò a raccontar storie e leggende.

Come potete immaginare la storia principale riguardava lo spettro preferito di Sleepy Hollow, il Cavaliere senza testa, che negli ultimi tempi era stato visto diverse volte pattugliare il paese e, si diceva, legare il suo cavallo di notte tra le tombe del cimitero vicino alla chiesetta del bosco.

Questa chiesetta, proprio perché appartata nel bosco, sembrava il posto ideale per diventare il ritrovo preferito degli spiriti. Quello era anche il ritrovo preferito del Cavaliere senza testa e il luogo in cui lo si incontrava più di frequente.

Tutti questi racconti colpirono profondamente i pensieri di Ichabod, che li ascoltava assorto e rapito. Ma mentre ascoltava una delle storie raccontate delle anziane donne del paese, vide con la coda dell’occhio Katrina che, seduta dall’altra parte del falò, stringeva dolcemente la mano a Brom, entrambi anche loro assorti dal racconto di una nonna.

A Ichabod gli si spezzò il cuore, in quel momento capì che non avrebbe mai conquistato il cuore di Katrina, così decise di ritornare a casa sua prima che la festa finisse.

Ichabod, col cuore infranto e le lacrime che a stento tratteneva dagli occhi, cavalcava piano col suo cavallo verso casa. Sull’intera valle aleggiava una densa foschia intervallata qua e là da qualche casa o fattoria. Nel silenzio della notte, si sentivano solo i versi delle civette e degli allocchi.

Tutte le storie di fantasmi e folletti che aveva sentito quella sera ora si affollavano nella sua testa. La notte diventava sempre più buia; le stelle sembravano sprofondare nel cielo nascoste da nere nubi.

Non si era mai sentito così triste e solo. E nel suo vagabondare con la testa piena di pensieri, non si era accorto di aver imboccato il sentiero che portava proprio alla chiesetta nel bosco, il luogo in cui erano state ambientate molte delle storie di fantasmi che aveva appena ascoltato.

Ichabod, sovrappensiero, alzò lo sguardo e si ritrovò di colpo davanti alla chiesetta, si guardò sperduto attorno e iniziò a fischiettare per farsi coraggio. Il suo cuore cominciò a battere forte, raccolse tuttavia tutto il suo coraggio, diede due colpi al cavallo e cercò di oltrepassare la chiesetta il più rapidamente possibile.

Ma il cavallo si imbizzarrì e si impennò, non ne voleva sapere di andare oltre. Quando finalmente Ichabod riuscì a domare il cavallo, si accorse che non era solo.

Nel buio dall’altra parte del ponte, sembrava esserci un cavaliere di grandi dimensioni avvolto in un grande mantello nero, montato su un cavallo nero di corporatura possente.

Ichabod spronò forte il cavallo e iniziò la fuga per tornare verso il paese, ma il cavaliere lo seguì.
Mentre cavalcava veloce Ichabod si girò per vedere meglio chi lo inseguiva, e ne ebbe la conferma: era proprio lui, il Cavaliere senza testa!

Ichabod spronò ancor di più il suo cavallo, ma sentì qualcosa di molto caldo colpirgli la testa, e poi ci fu un lampo accecante. In quel momento il suo cavallo inciampò e capitombolò a terra portando con sé anche Ichabod…

La mattina seguente il cavallo fu trovato che mangiava serenamente il fieno nella fattoria del suo padrone.

Ichabod invece non fece la sua comparsa né a colazione né a pranzo, e anche quando venne l’ora di cena, di Ichabod non c’era ancora nessuna traccia.

Tutti nel paese iniziarono allora a cercarlo, nel tratto di strada che portava alla chiesetta vennero ritrovate le tracce degli zoccoli del cavallo e, cosa curiosa, fu ritrovato il cappello dello sfortunato Ichabod, sopra una grande zucca intagliata di Halloween…

Di Ichabod non si ebbe mai più nessuna notizia.

Il misterioso evento causò molti mormorii nel paese, e fiorirono quindi numerose nuove leggende sul Cavaliere senza testa e su Ichabod, l’insegnante scomparso.

Anni dopo il buon contadino Baltus Van Tassel si recò a New York per condurre degli affari, e mentre passeggiava per il grande Central Park, fu avvicinato da un distinto signore che lo salutò con affetto.

Baltus guardò meglio il signore e sgranò gli occhi quando riconobbe che si trattava di Ichabod Crane!
Quasi avesse visto un fantasma Baltus fece un balzo all’indietro.

Ichabod sorrise e lo calmò, Baltus ancora incredulo gli chiese che fine avesse fatto e come mai sparì così all’improvviso da Sleepy Hollow.
Ichabod allora gli raccontò di come quella sera di Halloween il suo cuore infranto dalla sua bella figlia Katrina lo avesse ridotto quasi alla pazzia, ma poi non sapeva aggiungere più nulla.

Di quella notte aveva solo ricordi confusi e poco chiari. si ricordava solo che, il mattino seguente, senza sapere come, si risvegliò sopra ad un battello che ormai stava già ormeggiando a New York, con un gran bel mal di testa e senza il suo cappello.

Ah, e anche che stranamente era avvolto in un grande mantello nero che non aveva la minima idea da dove arrivasse…

⚜ Fine della fiaba ⚜

🖌 scarica il disegno da colorare della leggenda di Sleepy Hollow! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare della leggenda di Sleepy Hollow

Il pipistrello Brighello 🦇🎃

Questo simpatico pipistrello ci insegna che, per migliorare la propria vita e trovare la felicità, bisogna avere il coraggio di credere nelle proprie forze senza arrendersi.

I racconti di Halloween spesso sono storie di paura, e non a torto! Noi di fabulinis, però, abbiamo voluto inventare una storia simpatica, per i più piccolini, che possono così divertirsi senza per forza spaventarsi 😉

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del pipistrello Brighello!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il pipistrello Brighello raccontata da Silvia!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Il pipistrello Brighello 🦇🎃 storia completa


C’era una volta un pipistrello che si chiamava Brighello.
Lui Abitava tutto solo in una torre alta alta di un castello vicino ad un bosco, questa torre però era tutta piena di buchi, di spifferi e ci entrava tanto freddo, e quando faceva il temporale il povero pipistrello si ritrovava sempre zuppo e fradicio.
Brighello, poverino, non ce la faceva più, così sentì che ne aveva abbastanza e una notte decise di andare via dalla sua torre umida e sgangherata.

Quella notte era proprio quella di Halloween ed era tanto buia, c’era anche qualche lampo in lontananza, ma Brighello prese coraggio e volò via lo stesso, deciso a trovare una nuova casetta.
Cominciò a cercarla dal bosco vicino al castello e, vola vola, nel bosco incontrò un gufo.

– Buona sera signor gufo!
– Buona sera a te pipistrellino mio, dimmi, cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween, non vedi che là ci sono dei lampi? Forse arriverà il temporale…

Il pipistrello decise quindi di raccontare tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signor gufo?

Il gufo gli rispose:
– Io abito in quest’albero, dentro quel buco, però per te caro pipistrello mio non c’è posto…
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signor gufo!

Salutò il gufo e continuò a volare nel bosco finché non incontrò una volpe.
– Buonasera signora volpe!
– Buonasera pipistrello, cosa ci fai in giro con questcon questo buio nella notte di Halloween ?
Brighello allora raccontò la sua storia anche alla volpe:

– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora volpe?
La volpe allora gli rispose:
– Io ti darei anche un lettino nella mia piccola tana, però sta sotto terra, e i pipistrelli come te non riescono a volare li dentro… Sarebbe una trappola per te!
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signora volpe!

Salutò la volpe e continuò a cercare. Questa volta uscì dal bosco e si ritrovò sopra un grande prato, dove la luna ogni tanto riusciva a farsi vedere in mezzo alle nuvole scure e minacciose.
Vola vola e vola a Brighello venne in mente un’idea:
– Chiederò aiuto alla luna!
Così Brighello volò sempre più in alto finché non riuscì a vedere in viso la luna che stava sonnecchiando.

– Buona sera signora luna!
– Buona sera a te pipistrellino mio – disse la luna sbadigliando – cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween?
Il pipistrello prese coraggio e raccontò tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora luna?

La luna gli rispose:
– Buon pipistrello mio, vola verso la montagna, li dovresti trovare una grotta dove abitano tanti pipistrelli come te, sono sicura che accetteranno ben volentieri la tua compagnia e ti lasceranno stare con loro!
– Grazie! Grazie infinite signora luna, non so come ringraziarla!

E, salutata la luna, Brighello iniziò a volare verso la montagna. Arrivato lì, vide la grotta e vide che dentro c’era della luce.
Fu subito fermato però da un pipistrello che faceva la guardia all’ingresso!
– Chi sei tu?! Cosa ci fai qui?!
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta…

Sentito il racconto di Brighello, la guardia gli disse:
– Allora penso proprio che tu abbia trovato la tua nuova casetta! Entra dentro alla nostra grotta, sono sicuro che tutti i miei amici pipistrelli ti accoglieranno ben volentieri, tra pipistrelli ci si deve sempre aiutare!
– Davvero posso stare con voi? – rispose tutto emozionato Brighello.
– Ma certo! Anzi, proprio stasera stiamo facendo una festa per Halloween, e la festa diventerà ancora più bella se si aggiunge un nuovo amico! Vieni con me!

Il pipistrello di guardia prese Brighello e lo portò al centro della grotta, dove si stava cantando, ballando e festeggiando.
– Fermi tutti! – disse la guardia – Voglio presentarvi Brighello, un pipistrello solo soletto in cerca di una nuova casa.
Dal gruppo di pipistrelli parlò uno di loro, che doveva essere l’anziano saggio, capo della tribù.
– Se vuoi, caro pipistrello mio, questa sarà la tua nuova casa, e questa la tua nuova famiglia.
Brighello non stava più in sé dalla gioia, tanto che riuscì solo a dire un fortissimo:
– Siiiiiii!

Allora tutti i pipistrelli corsero ad abbracciarlo e salutarlo, e subito dopo ripresero le danze in suo onore!
Da quel giorno Brighello non fu più solo, aveva finalmente trovato una bella casetta, e, cosa più importante aveva trovato tantissimi amici!

⚜ Fine della fiaba ⚜

🖌 scarica il disegno da colorare del pipistrello Brighello! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare del pipistrello Brighello

Acquista su Amazon.it

Mr Zukky e il pipistrello

Mr Zukky e il pipistrello

Masino e la Strega Micilina 🧙‍♀️

Anche i misteri più fitti si risolvono con un po’ di astuzia

Masino e la Strega Micilina è un racconto popolare di origine piemontese, dove le streghe sono chiamate “masche”. Ne parla anche Italo Calvino nella sua raccolta “Fiabe Italiane”, questa è la versione scritta da fabulinis, buon racconto!

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Masino e la Strega Micilina!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Masino e la Strega Micilina raccontata da Silvia!

Masino e la Strega Micilina 🧙‍♀️ racconto completo


Masino veniva dal paese di Pocapaglia, era un tipo molto sveglio ma era partito per fare il soldato in giro per il mondo. Mancava molto ai suoi compaesani perché, essendo così in gamba riusciva a risolvere sempre i misteri del paese e i guai di tutti i suoi abitanti.

Pocapaglia è una paesino nato sul versante di una collina talmente ripida che gli abitanti legavano un sacchetto sotto la coda delle galline, per evitare che le uova rotolassero giù fino in pianura, quando venivano deposte.

E qui inizia la nostra storia: infatti, non passava notte senza che la Strega Micilina sbucasse fuori dai boschi, furtiva, per portarsi via, con il suo malefico soffio, capre, pecore e buoi, mentre rientravano alle stalle.

Gli abitanti avevano acceso grandi falò per illuminare la via e avevano organizzato spedizioni per ritrovare gli animali rubati, ma la Strega Micilina sorprendeva i pastori alle spalle stordendoli col suo terribile soffio. Purtroppo le orme lasciate dalle scarpe della Strega, sparivano nel sottobosco senza lasciare traccia, l’unica cosa che rimaneva erano ciuffi di pelo scuri attaccati ai cespugli.

I contadini alla fine, per disperazione, rinchiusero nelle stalle gli animali, e si riunivano tutti, la sera, attorno al fuoco acceso nel bel mezzo della piazza, per piangere questo triste destino. Nel frattempo, mucche, pecore e capre diventavano sempre più magre… e la Micilina continuava a rubarle lo stesso, approfittando del fatto che i contadini in piazza non facevano la guardia alle stalle.

I Pocapagliesi, ormai, avevano talmente tanta paura da non riuscire a prendere nessuna decisione, e l’unica cosa che ormai riuscivano a fare era sperare che arrivasse Masino. Ma Masino era sempre in giro per il mondo a fare il soldato e nessuno sapeva quando sarebbe tornato.

Pensa e ripensa, decisero di andare dal Conte.

Il Conte viveva chiuso nel castello in cima alla collina, ed aveva una schiera di soldati al suo servizio. Gli abitanti erano sicuri che tutti questi guerrieri non avrebbero avuto difficoltà a catturare la Strega Micilina.

Così, una mattina, salirono al castello, e lo trovarono in un cortile pieno di soldati mentre si lisciava la lunga barba nera e ben pettinata.
I contadini si inchinarono, toccando quasi terra con la testa; e il più vecchio di loro, fattosi coraggio, prese a parlare.

– Signor Conte – disse – siamo venuti qui per chiedervi aiuto per risolvere un problema, solo Vostra Signoria è in grado di liberarci da questa sventura. Nei boschi vive nascosta la Strega Micilina, e di notte arriva furtiva e ci porta via tutte le bestie. Noi non possiamo che disperarci senza fare nulla, perché non siamo armati e basta il suo soffio malvagio per buttarci a terra. Imploriamo perciò Vostra Signoria di mandare i soldati a far la guardia e prendere la ladra.

– Se mando i soldati – ribattè il Conte – devo mandare anche il capitano; ma il capitano la sera deve giocare a tombola con me, perciò se ne resta qui.

I contadini si gettarono ai piedi del Conte, lo supplicarono di aver pietà di loro e di concedere il suo aiuto, ma invano.

Alla fine il Conte, infastidito, chiuse la discussione dicendo:
– Io di streghe non ne ho mai viste, quindi la Strega Micilina non esiste!
E fece cenno ai soldati, i quali cacciarono via i contadini.

I Pocapagliesi, quella sera, si ritrovarono attorno al falò ancora più disperati di prima. Discutevano sul da farsi, e alla fine il più vecchio disse:
– Dobbiamo proprio cercare Masino.

Furono tutti d’accordo, e, sapendo che si trovava in Africa, gli scrissero per chiedergli di tornare.

Fu così che Masino arrivò a Pocapaglia una sera, e trovò tutti i suoi compaesani disperati accanto al fuoco. Quando lo videro, gli fecero una gran festa ed erano tutti curiosi di conoscere tutte le sue avventure.
Ma lui volle prima sapere perché l’avevano fatto tornare.

I contadini raccontarono tutta la storia della Strega e del Conte, e alla fine Masino disse:
– Forza e coraggio! A mezzanotte andrò io nel bosco e vi porterò la Strega, parola di Masino. Ma devo prima sapere tre cose.

– Che cosa vuoi sapere? – fecero i contadini rincuorati.
– Barbiere, quanti clienti ha avuto in questo mese?
– Tutti i presenti sono stati sbarbati e rasati da me nell’ultimo mese. Ho tagliato tante di quelle barbe e tanti di quei capelli che potrei riempirci un fosso! – rispose il barbiere.

– Ciabattino, quante scarpe ha riparato nell’ultimo mese?
– Eh, nessuna, qui i contadini vanno tutti scalzi e il mio mestiere serve ben a poco… – disse con voce triste il calzolaio.

– E tu, cordaio, quante corde hai venduto ultimamente? – chiese ancora Masino.
– Ho venduto tutto quello che avevo in bottega: corde, funi, canape e corregge: non mi è rimasto nulla!

– Adesso so quanto mi basta, svegliatemi a mezzanotte e manterrò la mia promessa – concluse Masino. E si mise a dormire.

A mezzanotte in punto lo svegliarono. Masino si scrollò il sonno di dosso, bevve una ciotola di brodo bollente e se ne andò, addentrandosi da solo nel bosco scuro.

I contadini rimasero seduti attorno al fuoco in silenzio, fino a quando il fuoco morì. Attesero ancora e, quando ormai albeggiava, ecco tornare Masino e portare dietro di sè, tirandolo legato ad una fune, il signor Conte dalla lunga, lucida e nera barba.

– Questa è la vostra Strega! E’ il signor Conte, che, guarda un po’ non vi aveva voluto aiutare.
Tutti lo guardarono meravigliati, poi Masino continuò:
– Ho capito che non potesse essere uno spirito perché aveva bisogno di legare le bestie per portarle via; dunque il ladro doveva essere un essere umano. Ma non era nessuno di voi, perché voi camminate scalzi senza scarpe o zoccoli ai piedi, e c’erano invece le orme. Tutti, poi, avete barba e capelli corti, perciò non potevate lasciare ciuffi di pelo attaccati ai cespugli. Ma il Conte ha la barba lunga, e in più porta le scarpe e ha a disposizione molte funi.»

– E il terribile soffio che ci buttava a terra? – Chiesero i Pocapagliesi.

– Macché soffio! Portava con sè un bastone coperto di stracci, con il quale vi colpiva per tramortirvi: voi lo sentivate fischiare nell’aria e, quando vi risvegliavate dal colpo, vi ritrovavate con la testa pesante e senza ferite. Perciò credevate di essere stati abbattuti da un soffio, ma in realtà vi aveva solo dato una bella legnata. Ma adesso del Conte che cosa ne volete fare? – concluse Masino.

I contadini iniziarono a vociare e a parlarsi uno sopra l’altro: qualcuno proponeva di mettere il Conte al rogo, altri volevano gettarlo nel fiume, magari chiuso in un sacco con quattro gatti arrabbiati…

Il Conte, in ginocchio, invocava pietà e chiedeva perdono.

Infine Masino chiese a tutti di tacere e disse:
– Morto non serve a nessuno. Possiamo però approfittare del fatto che conosce il bosco come le sue tasche e che, per fingersi la Strega, è abituato a stare sveglio di notte. La mia proposta è questa: lo manderemo di notte a raccogliere legna nel bosco e portarvela già in fascine. E, già che c’è, potrà dare l’allarme se un lupo o qualunque altro pericolo si avvicina al paese. Così sarà stato utile a tutti e potrà ripagare il suo debito con tutti voi.

I contadini furono d’accordo, ed il Conte lavorò per loro, finché la barba gli divenne bianca e non ebbe più le forze per farlo. Ma a quel punto era ormai diventato amico di tutti in paese e i Pocapagliesi si presero cura di lui durante la sua vecchiaia.

Masino però non potè vedere invecchiare il conte e rifiorire Pocapaglia, perché appena risolto questo mistero ripartì per il mondo, tanto adesso di lui non avevano più bisogno.

⚜ Fine della fiaba ⚜

🖌 scarica il disegno da colorare di Masino e la Strega Micilina! 🎨

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Masino e la Strega Micilina

Acquista su Amazon.it

La strega Rossella.

La strega Rossella.

Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀

Che barba e che noia stare tutto il tempo da soli al cimitero…

Scheletrino e il suo nuovo amico Fantasmino si lanciano in un’avventura alla ricerca del Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore, ma il “Grande Mago” non sembra volerli accontentare…

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Scheletrino!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Sheletrino raccontata da William!

Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀 racconto completo


Era una notte buia buia e Scheletrino stava guardando il primo spicchio di luna crescente nel cielo pieno di stelle.

Scheletrino abitava in un piccolo e sgangherato cimitero di montagna, talmente piccolo che praticamente c’erano solo mamma, papà e le due bisbetiche zie… Una noia mortale.

A fargli compagnia c’erano solo gli animaletti del bosco e la luna d’argento.

Ma quella sera buia buia, mentre guardava la luna spostarsi piano piano nel cielo, sentì uno strano rumore provenire da appena fuori il cancello del cimitero.

Scheletrino corse a vedere cosa succedeva, e dietro ad una delle siepi vide qualcosa color bianco etereo che si muoveva.

Si avvicinò piano piano, senza far rumore, quando all’improvviso, dalla siepe…

‒ Bhoooooo!

Scheletrino fece un balzo all’indietro per lo spavento, mentre il Fantasmino che era saltato fuori dalla siepe ridacchiava per lo scherzo riuscito.

‒ Ti sei spaventato? ‒ chiese il Fantasmino mentre lo aiutava a rialzarsi da terra.
‒ Un po’…. ma tu chi sei?
‒ Sono Fantasmino, passavo di qua per caso e volevo vedere se c’era qualcuno con cui passare un po’ di tempo, sto facendo un lungo viaggio sai…

‒ Ci sono solo io sveglio… gli altri dormono tutti, ma che viaggio stai facendo?
‒ Sto andando dal Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore.
‒ E cosa vuoi chiedergli?

‒ Di ritornare in carne ed ossa, mi ha raccontato una strega che lui può farlo… Vuoi venire con me?
‒ no… non posso, se vado via senza dire nulla a mamma e papà poi si arrabbiano ‒ disse poco convinto Scheletrino.
‒ Ma va’, vedrai ci mettiamo un attimo, domani mattina saremo di ritorno e nessuno si sarà accorto di nulla! ‒ gli sorrise Fantasmino.

Scheletrino ci pensò un attimo, pensò alla sua noiosa vita nel piccolo cimitero sgangherato e alle sue zie insopportabili.
‒ Ok vengo! ‒ e iniziarono a correre per il sentiero che portava al Bosco Oscuro.

Dopo poco sentirono un rumore metallico non molto lontano da loro. Era un treno che si stava fermando alla stazione.

Scheletrino disse a Fantasmino:
‒ E se prendiamo il treno? Così arriviamo Prima!
‒ Ottima idea compagno! rispose Fantasmino.

Così salirono sul treno, Scheletrino dalla porta del vagone, Fantasmino attraversando il finestrino della carrozza, sbucando e sedendosi di fianco ad un distinto uomo d’affari di ritorno dal lavoro.

L’uomo, avvertendo qualcosa di strano al suo lato, si voltò verso Fantasmino che…

‒ Bhoooooo!

L’uomo urlò talmente forte per lo spavento che tutti nel vagone si girarono a guardarlo mentre fuggiva via a gambe levate dalla carrozza.
Poi quando gli altri occupanti della carrozza videro Scheletrino che li salutava felice, scapparono tutti urlando anche loro.

‒ Perchè vanno via urlando? ‒ chiese Scheletrino deluso.
‒ Penso perchè non gli piace il nostro aspetto ‒ rispose Fantasmino che stava ancora ridendo per la scena divertente della gente che scappava terrorizzata ‒ meglio così, viaggeremo comodi comodi.
Scheletrino e Fantasmino si sedettero e il treno ripartì.

Arrivarono finalmente alla stazione di Foresta Oscura, dove scesero tra le urla spaventate di tutti i viaggiatori, ma loro non ci fecero caso e proseguirono per il sentiero che attraversava il bosco.

‒ Ma tu sai dove stiamo andando? ‒ chiese Scheletrino.
‒ Certo! Dobbiamo trovare la grande Quercia Maledetta, ha un grande buco proprio al centro del tronco, e dentro ci vive il grande Mago.
“Dev’essere proprio grande questa quercia se dentro ci vive addirittura un mago!” pensò Scheletrino.

Si addentrarono nel bosco, e man mano che camminavano incontravano tanti animaletti, tutti che scappavano via urlando di paura non appena li vedevano passare.

Solo una civetta dagli occhi gialli che brillavano nel buio non ebbe paura di loro, anzi domandò dall’alto del suo ramo:
‒ Cosa ci fate qui nella Foresta Oscura?
‒ Stiamo cercando la grande Quercia Maledetta, dobbiamo parlare col grande Mago! ‒ rispose Fantasmino.
‒ Il grande Mago? Mai sentito nominare… però se cercate la grande Quercia Maledetta siete sulla strada giusta, la troverete poco più avanti non farete fatica a notarla, i suoi rami argentei brillano nel buio ‒ e detto questo volò via.

Cammina cammina i due erano ormai arrivati nel profondo della Foresta Oscura, dove era più buio della notte buia, e il silenzio era talmente denso che metteva i brividi anche a due come Scheletrino e Fantasmino.

Poi la videro, i suoi rami d’argento brillavano nel buio come aveva detto la civetta! Finalmente erano arrivati alla grande Quercia Maledetta.

‒ Scusi grande Mago è in casa? ‒ disse Fantasmino.
Nessuno rispose.
‒ Grande Mago?! ‒ Dal buco della grande quercia si udì un rumore, poi due occhi di fuoco immersi nel buio spuntarono dal buco al centro dell’albero.

‒ Chi siete voi, e cosa volete!? ‒ rispose un vocione grosso e rauco.
‒ Siamo Fantasmino e Scheletrino e volevamo chiederti un favore…
‒ No! ‒ Rispose il vocione socchiudendo gli occhi di fuoco.

‒ Ma la Strega Griselda mi ha detto che tu esaudisci i desideri…
Ci fu un momento di silenzio assoluto nella foresta, poi:
‒ Si ma solo nella notte di Halloween.
‒ Domani è Halloween! ‒ esclamò Scheletrino ‒ aspetteremo qui!

Dall’interno dell’albero si sentì un rumoraccio tipo imprecazione.
‒ Ma serve che ci sia anche la luna piena! ‒ rispose il vocione.

Scheletrino e Fantasmino si guardarono sconsolati in faccia, la prossima luna piena sarebbe stata tra 28 giorni e Halloween sarebbe passato da un pezzo.
‒ Ma non puoi aiutarci lo stesso? abbiamo fatto tanta strada…
‒ No! E ora sparite da qui!
‒ Ma dai, sei un grande Mago tu, facci un piccolo piacere…
‒ No! Sparite! ‒ e visto che i due non sembravano per nulla intenzionati ad andarsene, dal buco nella Quercia Maledetta vennero lanciate delle ghiande. Una colpì in testa Scheletrino, l’altra trapassò senza problemi il corpo di Fantasmino.

“Ghiande?” pensarono entrambi.
Fantasmino si avvicinò a Scheletrino e sottovoce gli disse:
‒ Adesso gli faccio lo scherzetto… ‒ e ridendo sotto i baffi scivolò veloce fin sotto la Quercia maledetta e attraversò il tronco sbucando all’interno del buco.

‒ Bhoooooo!
‒ AHHHHRRRRGGGGG ‒ si sentì urlare da dentro il buco, e poi veloce come un fulmine sbucò un opossum che saltò giù dal tronco terrorizzato

‒ E tu saresti il grande Mago?! ‒ chiese Scheletrino sconcertato.
‒ No! sono il vecchio Opossum e non faccio nessuna magia, volevo solo prendere in giro due sprovveduti come voi! ‒ gridò.
‒ Ma la Strega Griselda mi aveva detto che…
‒ Di’ alla tua amica strega di aggiornarsi… il grande Mago è già da un secolo che non abita più qui, si era stufato di tutto questa noiosa foresta e ora vive su una spiaggia dei Caraibi… e ora tornatevene a casa che sta per diventare mattino!

Scheletrino e Fantasmino, tristi per la notizia e per il fatto che nessuno avrebbe esaudito i loro desideri, tornarono mestamente a casa.

Arrivati all’ingresso del cimitero si salutarono.
‒ Ciao Scheletrino, mi ha fatto piacere averti come compagno di viaggio.
‒ Ciao Fantasmino, anche a me è piaciuta la nostra avventura, sai qui è una noia mortale, non succede mai niente…
‒ Allora vorrà dire che andremo a fare qualche altro viaggetto io e te… ‒ sorrise furbamente Fantasmino.
‒ Ma certo! Ora però devo andare, che sennò chi la sente mia mamma…

Ma Scheletrino non fece in tempo a mettere piede nel suo sgangherato cimitero, che dal fondo di una tomba arrivò tonante la voce della mamma che lo chiamava per nome…
‒ Scheletrinooooooooooo…

Chissà che scusa avrà inventato Scheletrino 😉

⚜ Fine della fiaba ⚜

🎨🖌️ scarica il disegno da colorare di Scheletrino! 🎨🖌️

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Scheletrino

Acquista su Amazon.it

Il libro dei mostri

Il libro dei mostri

I tre porcellini 🐷🐷🐷

I Tre Porcellini: la fiaba classica che insegna a costruire con saggezza

La fiaba dei Tre Porcellini è una delle storie più amate dai bambini, perché unisce avventura e insegnamenti preziosi.

Per sfuggire al lupo cattivo, non basta essere veloci, bisogna essere furbi e impegnarsi a costruire qualcosa di solido!

Solo la casa di mattoni resiste al soffio del lupo, dimostrando che il lavoro ben fatto ripaga sempre.

Questa fiaba educativa aiuta i più piccoli a capire l’importanza della pazienza e dell’impegno, divertendosi con una storia senza tempo.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “I tre porcellini 🐷🐷🐷“!


Guarda la videofiaba

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

I tre porcellini 🐷🐷🐷


C’erano una volta tre porcellini, Timmy, Tommy e Gimmy che abitavano tutti ancora nella casa della mamma.

Un giorno la mamma disse loro – siete ormai grandicelli ragazzi miei, penso sia ora che prendiate ognuno di voi la vostra strada e costruiate ognuno la propria casetta!

I tre porcellini, seppur a malincuore, sapevano che era la cosa giusta da fare, erano diventati finalmente grandi e così si fecero forza e prepararono ognuno il proprio bagaglio.

Timmy fece un fagotto con tutti i suoi dolci e il flauto che amava tanto suonare.
Tommy riempì di giocattoli una borsa assieme al suo caro violino.
Gimmy invece preparò la sua cassetta degli attrezzi con tutto ciò che gli sarebbe servito per costruire una solida casetta.

Così si prepararono, salutarono la mamma che augurò loro buona fortuna, e si incamminarono allegri e felici per il sentiero.
– Fate attenzione al lupo cattivo! – si raccomandò tanto la mamma mentre li salutava con una lacrimuccia agli occhi.

I tre porcellini sorrisero, la salutarono ancora e proseguirono nel loro cammino.
Ma dalla collina, nascosto tra i cespugli, qualcuno stava osservando la scena, qualcuno a cui piacevano tanto i porcellini, soprattutto con contorno di patate arrosto… era il Lupo Cattivo!

Dopo un po’ che i tre porcellini camminavano allegramente Gimmy disse:
– Io mi fermerò qui per costruire la mia casetta, qui vicino c’è un ruscello e questi begli alberi mi faranno ombra nei mesi caldi.
– Va bene – risposero gli altri due – noi continuiamo a camminare!
Gimmy li salutò e cominciò a costruire la sua casetta.

Poco dopo Anche Tommy decise di fermarsi – io costruirò la mia casetta qui, dove ci sono tutti questi rami di legno già pronti per essere tagliati, così costruirò la mia casetta di legno!
– Va bene fratellino mio, io proseguo sul sentiero, a presto!

Timmy quindì salutò Tommy e continuò a camminare, finché non vide un bel covone di paglia dorata essiccata al sole.
– Potrei costruire la mia casetta con quella paglia, ci metterei pochissimo così poi potrei subito andare a giocare! – disse, e così fece.

In quattro e quattr’otto, con qualche rametto qua e là, la casetta di paglia era pronta, così potè subito uscire in giardino e mettersi a suonare il suo amato flauto.

Anche Tommy ormai aveva ultimato la sua casetta. Non era molto robusta perché per fare presto e poter andare a divertirsi nei prati, aveva deciso di inchiodare le assi di legna in fretta e furia, giusto per arrivare al tetto e ripararsi dalla pioggia in caso di intemperie.
Non appena finì, prese il violino e cominciò a suonare.

L’ultimo a finire il suo lavoro fu Gimmy, che lavorò fino a sera per costruirsi la sua robusta casetta di mattoni con una bella porta in legno e una grossa serratura.
Ci fece perfino un bel caminetto, per non patire il freddo nelle lunghe giornate invernali.
Solo allora si godette il meritato riposo.

Il giorno seguente, il Lupo Cattivo, che aveva spiato i tre porcellini per tutto il giorno precedente, si presentò alla casetta di paglia di Timmy e disse con la sua vociona:
– Porcellino, porcellino, posso entrare un momentino?

Ma Timmy, che si ricordava bene delle parole della mamma guardò fuori dalla finestra e disse:
– Non sono mica matto! Tu sei il Lupo Cattivo! – e chiuse anche la finestra pensando così di essere al sicuro.

Ma il Lupo Cattivo si mise a ridere e preso un gran respiro si mise a soffiare così forte sulla casetta di Timmy, che la paglia volò via, e della casetta non rimase nulla…
Timmy corse via più forte che poteva e raggiunse Tommy nella sua casetta di legno.

– Il Lupo Cattivo con un gran soffio ha fatto volar via la mia casetta!
– Non ti preoccupare – rispose Tommy – puoi rimanere nella mia casetta di legno.

Ma poco dopo il Lupo bussò anche lì:
– Porcellino, porcellino, posso entrare un momentino?
I due capirono subito che si trattava del Lupo Cattivo e risposero in coro:
– Non siamo mica matti! Tu sei il Lupo Cattivo!

Ma il Lupo Cattivo si mise a ridere e, preso un gran respiro, si mise a soffiare così forte che anche la casetta di Tommy, con le assi di legno inchiodate in tutta velocità, volò via…

Timmy e Tommy corsero via a perdifiato e andarono da Gimmy, che li accolse subito.
– Tranquilli fratellini miei, questa è una solida casa di mattoni, e il Lupo non riuscirà a spazzarla via.

Infatti poco dopo arrivò il Lupo Cattivo.
– Porcellino, porcellino, posso entrare un momentino?
– Non siamo mica matti! – risposero i tre in coro.

Ma il Lupo Cattivo si mise a ridere e, preso un gran respiro, si mise a soffiare forte, ma così forte che… non successe nulla.
La casetta di mattoni era ancora lì.

Il lupo allora provò e riprovò, ma niente, neanche uno scricchiolio.
– Entrerò dal camino! – disse, e con un balzo era già sul tetto.
Gimmy capì cosa aveva in mente di fare il Lupo e quindi preparò un gran pentolone di acqua bollente sul fuoco del camino, così quando il Lupo Cattivo si calò giù dal camino finì dritto in pentola!

Il Lupo gridò dal dolore e scappò via su per la canna fumaria del camino con la coda tutta scottata!

Da quel giorno nessuno dei 3 porcellini vide mai più il Lupo Cattivo. Anche Timmy e Tommy decisero di rimboccarsi le maniche e costruire ognuno una bella casa di mattoni proprio accanto a quella di Gimmy, così tutti i giorni potevano suonare e ballare:

“Siam tre piccoli porcellini
siamo tre fratellini.
Mai nessuno ci dividerà
tra-lalla-la-là”

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “I tre porcellini 🐷🐷🐷“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare de I tre porcellini 🐷🐷🐷

Aladino e il Genio della lampada 🧞

Un Viaggio Incantato nel Cuore delle Mille e una Notte

Questo racconto intramontabile, tramandato attraverso i secoli, ci trasporta in un mondo ricco di mistero e meraviglia, dove il giovane Aladino, un ragazzo di strada, si trova improvvisamente catapultato in un vortice di eventi straordinari.

Questo racconto incarna il desiderio umano di superare le sfide, di realizzare sogni impossibili e di scoprire il grande potere che solo la magia di un Genio della lampada può fare.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Aladino e il Genio della lampada 🧞“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

Aladino e il Genio della lampada 🧞


C’era una volta Mustafà, di professione sarto, che aveva un figlio di nome Aladino.

Purtroppo Mustafà morì quando Aladino era solo un ragazzo, senza avergli potuto insegnare ad essere un sarto come lui. Così Aladino passava le giornate a bighellonare per strada insieme ad altri ragazzi.

Un giorno gli si parò davanti uno sconosciuto, probabilmente straniero, e gli chiese se non fosse il figlio di Mustafà il sarto.
– Lo sono, signore – rispose Aladino – ma è morto molto tempo fa.

Lo straniero gli si gettò al collo e lo abbracciò, dicendo:
– Sono tuo zio Jaffar e ti ho riconosciuto dalla tua somiglianza con mio fratello! Portami da tua madre così che io possa salutarla.

Aladino accompagnò lo zio a casa sua. Sua madre rimase molto colpita nel conoscere Jaffar.
– In effetti mio caro Aladino, tuo padre una volta mi ha accennato di avere un fratello – disse sua madre – ma non l’ho mai conosciuto… sai tuo padre non voleva mai parlare del suo misterioso passato…

Passarono così la serata, dove Jaffar raccontò dei suoi viaggi e i commerci che faceva nella sua città natale, la città dalle mura di fango. Alla fine Jaffar chiese se poteva prendere Aladino con sè per farlo diventare un mercante di stoffe come lui.
La madre acconsentì.

Così il giorno dopo Jaffar condusse Aladino fuori dalle porte della città. Quindi proseguirono il viaggio finché non raggiunsero l’imbocco di una stretta valle ai piedi di due montagne.

– Ci fermeremo qui – disse lo zio – ti mostrerò qualcosa di meraviglioso, intanto raccogli dei rami per accendere un fuoco.

Quando il fuoco fu acceso il mago vi gettò sopra una polvere magica dicendo allo stesso tempo alcune parole sconosciute. La terra ai loro piedi tremò leggermente e si aprì davanti a loro una botola fatta di una pietra piatta e quadrata con al centro un anello di ottone per sollevarla.

– Cosa hai fatto, zio? – chiese meravigliato Aladino.
– Non temere nulla ragazzo, adesso ti spiego una cosa… – Jaffar guardò Aladino intensamente negli occhi – Io non son un mercante di stoffe, sono un mago, come tuo padre Mustafà non era un sarto, ma mago pure lui…

Aladino sgranò gli occhi, poi Jaffar continuò:
– Per un motivo a me sconosciuto aveva deciso di bandire la magia dalla sua vita, ed è fuggito senza lasciare più traccia.
Aladino lo ascoltava con attenzione.

– Così facendo però ti ha privato del suo tesoro, che sta sepolto proprio qui sotto – disse indicando la botola di pietra.
Aladino guardò la botola e spalancò la bocca dallo stupore.

– Solo tu, figlio di Mustafà puoi aprire questo ingresso ed entrare nella Grotta delle Meraviglie, ma devi stare attento e fare esattamente quello che ti dico:

– Afferra l’anello sulla pietra, e tiralo con forza, ti appariranno delle scale, scendile e ai piedi di quei gradini troverai una porta aperta che conduce in tre grandi sale. Mi raccomando! Attraversale senza toccare nulla, o morirai all’istante… Queste sale conducono in un giardino, continua a camminare finché non arrivi a una nicchia nel muro dove c’è una lampada ad olio, prendila e torna subito indietro.

Aladino annuì attonito, poi tirò l’anello e la botola si aprì, scese le scale e fece come aveva detto Jaffar, attraversò le tre sale, poi il giardino e infine trovò la lampada. La prese e corse subito indietro.

Quando fu quasi in cima alle scale suo zio Jaffar lo bloccò gridando:
– Fermati! Prima di uscire passami subito la lampada!
– Perchè non posso uscire e poi dartela?! – rispose contrariato Aladino.
– Tu dammela e basta! – urlò Jaffar.

Aladino intuendo che Jaffar avrebbe preso la lampada e poi avrebbe richiuso la botola, urlò a sua volta – No! – e ridiscese correndo le scale.
– Stupido ragazzo! – sentì gridare alle sue spalle mentre la botola si chiudeva lentamente imprigionandolo nella grotta.

Per due giorni Aladino rimase nell’oscurità, piangendo e disperandosi. Poi non sapendo cos’altro fare prese la lampada e, dopo averla rigirata e rimirata a lungo, la prese tra le mani e la strofinò.

D’improvviso dalla lampada uscì del fumo denso e compatto, che prese le sembianze di una persona che con riverenza fece un inchino ad Aladino dicendo:
– Io sono il Genio della lampada, e sono qui per esaudire ogni tuo desiderio.

Aladino rimase di stucco, quasi spaventato, poi ripresosi chiese con un filo di voce:
– Veramente puoi esaudire ogni mio desiderio…?
Il Genio annuì.
– Allora fammi uscire di qui! – disse Aladino.

Il Genio schioccò le dita e si ritrovarono magicamente all’esterno della grotta, proprio sopra la botola di entrata. Di Jaffar non c’era più l’ombra.
– Come avete desiderato, mio signore – disse il Genio, che facendo un inchino sparì lentamente nella lampada.

Aladino corse come il vento verso casa, dove sua madre lo accolse a braccia aperte. Le raccontò tutta la sua avventura, poi strofinando la lampada fece apparire il Genio e gli chiese di preparare un sontuoso banchetto per entrambi.

Il Genio schioccò le dita e la tavola fu imbandita di ogni prelibatezza presente sulla faccia della terra. Sua madre quasi svenne dallo stupore.

Con l’aiuto del Genio, Aladino divenne il più ricco mercante della città, viveva in una reggia e aveva preso molte persone al suo servizio.

Un giorno il Sultano emanò un ordine molto strano: l’obbligo a tutti i cittadini di restare in casa con le persiane chiuse mentre la principessa sua figlia attraversava la città per andare al fiume a rinfrescarsi.

Aladino, incuriosito, fu preso dal desiderio di vedere la figlia del Sultano in viso, per verificare se fosse così bella come si raccontava. Così si nascose e quando finalmente la vide se ne innamorò all’istante.

In quel preciso momento decise che doveva chiederla in sposa al Sultano.
Così ordinò al Genio di preparare ogni giorno un sacchetto pieno d’oro e gioielli da consegnare al Sultano in segno di omaggio.

Fu così per sei giorni, finché il Sultano incuriosito da tutto quell’oro e quei preziosi decise di dare udienza ad Aladino.
Aladino si presentò al suo cospetto e, dopo le dovute cortesie, gli disse:
– Voglio il permesso di sposare sua figlia, la principessa Yasmin.

Il Sultano, per niente felice di dare sua figlia in sposa ad un mercante invece che ad un principe di lignaggio reale, sperava di prendere in giro Aladino, acconsentendo alle nozze ad una condizione: portargli quaranta forzieri ricolmi di oro e quaranta forzieri ricolmi di gioielli.

Aladino sorrise e disse:
– Come lei ordina.
Tornò quindi nella sua reggia e ordinò al Genio di preparare quanto richiesto. Dopo solo un’ora dall’udienza con Aladino, il sultano si vide consegnare i quaranta forzieri pieni d’oro e i quaranta forzieri pieni di gioielli da altrettanti servitori di Aladino.

Il sultano rimase a bocca aperta e acconsentì alle nozze tra Aladino e Yasmin, che vennero celebrate già il giorno seguente.

La notizia del matrimonio reale si sparse per tutto il medio oriente, e così Jaffar venne a sapere che Aladino non solo non era morto nella grotta, ma aveva addirittura sposato la figlia del Sultano, e tutto questo sicuramente grazie all’aiuto del Genio della lampada.

Jaffar voleva impossessarsi di quella lampada ad ogni costo, così architettò un astuto piano.
Una volta giunto al palazzo reale iniziò a frequentare la servitù di corte, finché non conobbe la signora che provvedeva alla pulizia delle camere reali.

Jaffar, travestito da mendicante, aspettò che Aladino si allontanasse per un viaggio di una settimana, e si avvicinò alla signora delle pulizie dicendole:
– Il principe Aladino non ha forse bisogno di lampade nuove per le sue reali camere? Se mi permette di ritirare le vecchie lampade gliele offro per un prezzo davvero simbolico, mi basta una forma di pane per cenare questa sera – e da una borsa tirò fuori una lampada nuova scintillante.

La signora delle pulizie si rammentò di una vecchia lampada che stava sempre nella camera del principe Aladino e, credendo di fare l’affare, corse subito a prenderla per darla a Jaffar assieme al pezzo di pane.

Jaffar prese la lampada magica e, dopo aver fatto la riverenza, uscì dalle porte della città e si nascose in un luogo solitario, dove rimase fino al calar della notte.
Quando finalmente tirò fuori la lampada e la strofinò, il Genio apparve.
– Io sono il Genio della lampada, e sono qui per esaudire ogni tuo desiderio.

Jaffar sorrise beffardamente e disse:
– Desidero portare via l’intera reggia di Aladino e la principessa Yasmin nella mia città dalle mura di fango, così che nessun suddito del Sultano possa mai trovarci.
Il Genio schioccò le dita e tutta la reggia con all’interno Yasmin e la servitù sparì all’improvviso.

In città si diffuse il panico, nessuno sapeva dove fossero finite la reggia e la principessa. Aladino tornò di fretta indietro dal suo viaggio ed incontrò il sultano che gli disse:
– Che magia è mai questa?! Solo un potente mago può fare questo!
– Lo so mio signore, e so anche chi potrebbe essere stato… – rispose Aladino.
– E allora và e ritorna con mia figlia, altrimenti ti passerò a fil di spada!

Aladino prese un destriero e si mise al galoppo. Aveva intuito che solo suo zio Jaffar era a conoscenza della lampada e dei suoi poteri, e solo lui avrebbe potuto usarla.
Iniziò quindi a viaggiare per il deserto verso la città dalle mura di fango di cui Jaffar gli aveva parlato la sera che lo conobbe.

Aladino cavalcò tutto il giorno e tutta la notte, finché all’alba non intravide la città dalle mura di fango e la sua reggia.
Arrivò fin sotto il palazzo, dove Yasmin lo stava aspettando sulla soglia della porta d’entrata.

I due si abbracciarono, poi Aladino chiese dove fosse Jaffar e dove fosse la sua lampada.
– Adesso non è qui, ma porta la lampada sempre con sé appesa al collo. Ha detto che se non acconsento a sposarlo mi ucciderà!

Aladino pensò a cosa fare, poi ebbe un’idea:
– Questa sera a cena indossa il tuo vestito più bello – le disse – e accogli il mago con un gran sorriso facendogli credere che mi hai finalmente dimenticato. Invitalo a bere il vino e digli che vuoi assaggiare il più prezioso delle sue riserve, andrà a prenderne un po’, e mentre se ne sarà andato ti dirò cosa fare…

Yasmin ascoltò Aladino e fece come lui aveva detto. Quella sera mise il suo vestito più bello ed invitò Jaffar a portarle il migliore tra i suoi vini, Jaffar andò quindi a prendere il vino.
In quel momento Aladino, uscì dal suo nascondiglio e diede una polverina a Yasmin:
– Versala tutta nella tua coppa, quando brinderete porgigliela in segno di pacificazione.

Yasmin versò la polverina nella sua coppa, poi Jaffar tornò col vino e brindarono. Yasmin porse la sua coppa a Jaffar che, lusingato dal gesto, la prese e bevve. Quasi all’istante Jaffar cadde svenuto sul pavimento.

Aladino ricomparve e velocemente prese la lampada che Jaffar portava appesa al collo, la strofinò e il Genio comparì al loro cospetto.
– Facci subito tornare a casa, reggia compresa, ma lascia qui Jaffar nella sua terra!
Il Genio schioccò le dita e in un battibaleno Aladino e Yasmin furono nuovamente a casa loro.

Il sultano fu immensamente felice di rivedere entrambi e indisse una festa che durò tre giorni e tre notti.

E Aladino e Yasmin vissero per sempre felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

🎨 Scarica il disegno da colorare di “Aladino e il Genio della lampada 🧞“!

Clicca sull’immagine per scaricare il PDF pronto da stampare e colorare!

scarica il disegno da colorare di Aladino e il Genio della lampada

L’amico fifone 😱

Il coraggio non ce l’hanno tutti, ma con l’astuzia ci si può salvare la vita!

Questo piccolo racconto farà sorridere te e il tuo bambino: due piccoli amici che vivono una bella aventura, ognuno la affronterà a modo suo, uno in modo un po’ astuto e l’altro un po’… da fifone!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare l’amico fifone raccontata da Silvia!

L’amico fifone 😱 storia completa


Marco e Stefano erano amici inseparabili, e quel giorno erano andati nel boschetto dietro casa a giocare a fare gli indiani.
Avevano entrambi in mano il loro arco di legno e sulle spalle portavano la faretra con dentro le frecce dalla punta a ventosa.

Marco prese una freccia e la tirò contro un grande albero, ma non prese bene la mira e mancò il bersaglio.
– Guarda qua, ti faccio vedere io come si tirano le frecce! – lo prese in giro Stefano, che prese la mira, tese l’arco e scoccò la freccia. Ma anche Stefano mancò il bersaglio.
Marco si mise a ridere e Stefano, arrabbiatissimo, continuò a lanciare frecce finché non riuscì a prendere il tronco dell’albero.
– Visto che ci sono riuscito! – disse Stefano facendo la linguaccia a Marco.

Marco continuava a ridere e i due presero a rincorrersi per il bosco cercando di lanciarsi le frecce addosso.
Quando, ad un tratto, sentirono un forte rumore provenire da dietro un grande cespuglio.
Marco e Stefano si fermarono ad ascoltare, e d’istinto presero entrambi l’arco e tesero le frecce in direzione del cespuglio.

Un istante dopo, dal cespuglio spuntò il faccione di un orso!

Stefano dalla paura scoccò la freccia che, neanche farlo apposta, finì dritta dritta sul naso dell’orso, e poi scappò a gambe levate lasciando Marco da solo di fronte all’orso.
L’orso, si guardò la punta del naso a cui si era attaccata la freccia con la ventosa, poi guardò l’incolpevole Marco aggrottando le sopracciglia.
Intanto Stefano con un balzo si era rifugiato sopra il ramo di un alberello, su cui purtroppo non c’era posto anche per Marco.

Marco guardò l’amico e cercò anche lui un albero su cui potersi rifugiare, ma niente, erano tutti alberi grandi e grossi e i rami erano troppo alti per lui.
Non aveva scampo, doveva ingegnarsi in un altro modo, e così gli venne un’idea:

– Mi fingerò morto così non mi attaccherà – si disse, e si buttò a terra chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro.
L’orso incuriosito dalla scena uscì dal cespuglio, si tirò via dal naso la freccia e andò verso Marco.

L’orso non era poi così grande, anzi, era abbastanza piccolino perché in realtà si trattava di un cucciolo!
Avanzò verso Marco, ed iniziò ad annusarlo, prima i piedi, poi le mani ed infine il viso. Marco cercava di trattenere il fiato meglio che poteva.
L’orsetto gli annusò per bene il volto, poi il naso, le orecchie e poi… gli diede una gran leccata, e tutto soddisfatto se ne andò via.

Marco finalmente riuscì a prendere aria e fece un gran sospiro di sollievo. Intanto arrivò Stefano che aveva visto tutta la scena dall’albero ed era appena sceso.
– Come stai Marco, tutto bene?
– Sì sì, tutto bene… – disse Marco pulendosi i vestiti mentre si rialzava.
– Bella l’idea di fingerti morto, così l’orsetto se ne è andato via!
– Già…

– E dimmi, ho visto che l’orso ti ha sussurrato qualcosa all’orecchio, cosa ti ha detto?
Marco guardò Stefano e sorrise:
– Beh, mi ha detto di giocare con degli amici meno fifoni la prossima volta!
I due bambini scoppiarono a ridere: Stefano era stato davvero fifone! Ma si volevano bene e continuarono a giocare insieme.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Acquista su Amazon.it

Il libro che ha paura

Il libro che ha paura

Il sentiero ‘torna indietro’ ↩️

I veri amici non ti abbandonano mai, soprattutto quando ti cacci nei guai…

Il sentiero torna indietro è un racconto breve che spiega ai bambini come per fortuna, nel momento del bisogno e quando si finisce nei guai, ci sono gli amici pronti ad aiutarci, anche se sarebbe meglio non cacciarsi nei pasticci…

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il sentiero torna indietro raccontata da Silvia!

Il sentiero ‘torna indietro’ ↩️ storia completa


Adele, Lino e Dino giocavano vicino ad uno stagno.

Lino e Dino erano fratelli gemelli, ma avevano due caratteri completamente diversi. Lino era introverso e tranquillo, Dino era un chiacchierone sempre a caccia di guai.
Adele li conosceva perché erano suoi compagni di classe a scuola, e quel pomeriggio avevano deciso di fare un giretto tutti assieme.

Quindi, corri di qui, corri di là, arrivarono fino allo stagno che c’era appena prima del bosco.
Mamma e papà avevano detto loro di stare attenti a quel boschetto, perché era fatato, e chi ci entrava finiva sempre per cacciarsi in strane situazioni.

Iniziarono a giocare e a lanciare sassi nello stagno per vedere le onde che si formavano sull’acqua. Adele e Lino si divertivano un mondo, ma Dino dopo poco già si era stancato e voleva trovare qualcosa di più interessante da fare.
Si guardò intorno e vide, sopra la foglia di una ninfea, una grossa rana. Ma non era una delle solite rane: era molto più bella ed aveva uno strano ciuffetto rosso sulla testa.

Dino cominciò a tirarle addosso dei sassolini. La rana, che all’inizio saltava di qua e di là per schivare i sassolini, iniziò ad infastidirsi e schizzò dell’acqua verso Dino, che invece si divertiva sempre di più.
Alla fine Dino riuscì a colpirla in testa con un sassolino e si sentì dire:
– Ahi! Smettila di tirarmi sassi, o trasformo te in un sasso!

Dino, che non credeva alle sue orecchie, invece di smetterla, iniziò a lanciare sassolini con maggior foga.
Adele e Lino, sentendo il gran ridere di Dino, corsero verso di lui.
Dino riuscì a colpire di nuovo la rana con un sassolino, ma proprio in quel momento la rana si infuriò.
– Basta! Ne ho avuto abbastanza! Bimbo gradasso, trasformati in un sasso!
E puff ! Dino si trasformò in un gran bel sasso grigio, con striature bianche.

Adele e Lino non credevano ai loro occhi.
– E che ti serva da lezione! – disse la rana che adesso guardava Adele e Lino con aria soddisfatta.
– Lo perdoni signora rana – disse Lino che già stava per piangere – è un combina guai, ma è un bravo fratello!
– Di questo sono sicura, ma se vuoi che tuo fratello riprenda il suo aspetto, devi prendere il sentiero del bosco che porta dalla fata Dorina. Lei sa come farlo tornare come prima. Ma stai attento, perché quello è un sentiero fatato: ogni volta che girerai la testa per guardare indietro, tornerai al punto di partenza!

La rana quindi fece tre balzi e sparì dietro un grosso cespuglio, dove riprese le sue sembianze di Strega.
La rana, infatti, era la strega Greta, zia di Adele (Adele però non sapeva ancora di avere una zia strega), che aveva deciso di dare una piccola lezione a quel monello di Dino e infondere maggiore coraggio a Lino.

Lino fece un gran sospiro, prese coraggio e iniziò a camminare per il sentiero che portava dalla fata Dorina.
– Stai attento Lino! – gli gridò Adele.
Lino si girò per dirle che sarebbe stato attento, ma come per magia si ritrovò al punto di partenza accanto ad Adele…
Lino riprese il sentiero, e poco dopo vide uno scoiattolo che gli corse tra le gambe. Lui si girò e… puff ! si ritrovò di nuovo accanto ad Adele.

La cosa andò avanti così per almeno una decina di volte. Lino partiva, stava via alcuni minuti, e poi Adele lo vedeva ricomparire sempre lì, accanto a lei e al suo fratello Dino-sasso.
Adele, per la noia, si era seduta sulla riva dello stagno a guardare le libellule.
– Non è colpa mia! – le disse Lino dopo l’ennesima volta che con un puff ! le ricompariva accanto – è che ad ogni minimo rumore io mi distraggo e guardo sempre indietro!

Ad Adele venne in mente un’idea.
– Adesso ti tappo le orecchie con questi fazzolettini di carta, vedrai che così non sentirai più rumori e non sarai distratto.
– Grande idea Adele! – Lino si tappò le orecchie e ripartì più determinato di prima.
Cammina cammina, era ormai nel fitto bosco, dove tutti gli strani rumori di animali e uccelli erano più forti. Ma lui li sentiva appena, e riusciva ad andare avanti senza girarsi. Così, finalmente, arrivò ad una piccola casetta con una porta piccola piccola: era la casetta di fata Dorina.

Lino si tolse i tappi dalle orecchie e bussò.
– Chi è? – chiese la fata andando ad aprire la porta.
– Mi chiamo Lino, mio fratello Dino è stato trasformato in sasso da una rana e solo lei può aiutarmi!
Alla fata sembrò strano che una rana potesse trasformare in sasso i bambini, e intuì che forse era stato uno scherzetto della strega Greta, sua amica… Prese quindi un vasetto, ci versò dentro del liquido verde e lo diede a Lino.

– Tieni ragazzo, versa questa pozione magica sul sasso e vedrai che tuo fratello tornerà in un batter d’occhio quello di prima.
– Grazie mille signora fata! – disse Lino. Prese il vasetto e corse più veloce che poteva verso lo stagno. Ormai i rumori strani e a volte paurosi del bosco fatato gli facevano poca paura.

Finalmente era arrivato da Adele, aprì il vasetto, versò il liquido verde sul sasso e puff ! Dino era di nuovo quello di prima, solo ricoperto dal verde gelatinoso della pozione magica.
– Bleah! – disse schifato Dino, ma poi, ripulitosi un pochino, corse ad abbracciare e ringraziare il fratello per averlo tirato fuori da quel guaio.

I tre bambini tornarono così a giocare assieme, e dal bordo dello stagno una rana dal ciuffo rosso li guardava tutta contenta.

⚜ Fine della fiaba ⚜