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Tag: gentilezza

Lily, Hera e gli scherzi di Zeus 🦄

Cosa succede quando la magia viene usata per ridere insieme invece che per far star male gli altri?

In un prato incantato dove i fiori cantano melodie dolci e le farfalle brillano come stelle, vivono Lily e Hera, due unicorni dalle criniere luminose.

Ma un giorno, l’arrivo di Zeus, un vivace unicorno dorato amante degli scherzi, sconvolge l’armonia delle amiche.

Cosa succederà quando la magia di Zeus trasformerà i fiori canterini in rane gracidanti? Perché le api e le fate smettono di sorridere? E riusciranno i tre unicorni a trovare un modo per far ridere tutti, senza lasciare nessuno triste?

Preparatevi a volare in un mondo dove amicizia e magia ci insegneranno una lezione senza tempo.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Lily, Hera e gli scherzi di Zeus 🦄“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Lily, Hera e gli scherzi di Zeus 🦄


In un prato incantato dove i fiori cantavano dolci melodie, vivevano le due amiche Lily, l’unicorno dal manto bianco, ed Hera, l’unicorno dalla criniera blu elettrico.

Un giorno, mentre giocavano a rincorrere farfalle luminose, incontrarono Zeus, un giovane unicorno dal manto dorato che amava fare scherzi a tutti.

– Guardate cosa so fare! – esclamò Zeus, facendo brillare il suo corno. Con un lampo di luce, trasformò i fiori cantanti in piccole rane saltellanti. – Non è divertente?

Lily, timida come sempre, si nascose dietro Hera, mentre quest’ultima osservava preoccupata i poveri fiori trasformati che gracidavano tristemente invece di cantare.
– Non è molto gentile – disse Hera con decisione – I fiori erano felici di essere fiori!

Zeus scrollò la sua criniera dorata – Oh, andiamo! È solo uno scherzo!
Ma mentre rideva della sua magia, non si accorse che il suo scherzo stava causando altri problemi. Le api che raccoglievano il nettare dai fiori non trovavano più il loro cibo, e le farfalle luminose avevano perso un posto dove riposare.

Lily, vedendo la tristezza degli altri abitanti del prato, trovò il coraggio di parlare.
– Zeus, uno scherzo è divertente solo quando ridono tutti, non solo chi lo fa.

Zeus alzò il muso con aria superiore, ma dentro di sé iniziò a sentirsi a disagio. Soprattutto quando vide una piccola fata dei fiori piangere perché non poteva più danzare con i suoi amati fiori canterini.
Hera, con la sua solita determinazione, si avvicinò a Zeus.
– Invece di trasformare le cose, perché non usi la tua magia per creare qualcosa di nuovo che possa far divertire tutti?

Zeus ci pensò un momento. In fondo, non voleva far star male nessuno. Facendo brillare nuovamente il suo corno, ritrasformò le rane in fiori e poi aggiunse un tocco di magia extra: creò un arcobaleno che, quando i fiori cantavano, danzava a ritmo di musica.

Tutti gli abitanti del prato rimasero incantati dal meraviglioso spettacolo. Le api tornarono felici, le farfalle danzavano attraverso i colori dell’arcobaleno, e la piccola fata batteva le mani dalla gioia.
– Questo sì che è uno scherzo divertente! – esclamò Lily sorridendo.
– E guarda quanto sono tutti più felici – aggiunse Hera.

Zeus guardò il prato pieno di gioia e capì che far ridere gli altri era molto più bello che ridere da solo.
Da quel giorno, usò la sua magia per creare scherzi che portassero felicità a tutti, non solo a se stesso.

E così, tra i fiori canterini e l’arcobaleno danzante, tre unicorni molto diversi diventarono grandi amici, imparando che il divertimento più grande è quello che si condivide con gli altri.

Morale: Uno scherzo è davvero divertente solo quando fa sorridere tutti, non quando fa star male qualcuno.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Lo Pterodattilo Volas e Tonko il Brontolone 🦖

Serve sempre la forza per superare un ostacolo… o a volte basta solo cambiare punto di vista?

Tonko, un Anchilosauro grande e corazzato, risolvere tutto… a colpi di coda!
Ma cosa succede quando la sua forza lo mette nei guai e un sasso troppo grosso finisce proprio dove non dovrebbe?

In questa favola colorata e divertente, ritroveremo anche Volas, lo Pterodattilo saggio e curioso, che con il suo spirito riflessivo aiuterà Tonko a vedere le cose in modo diverso.

Tra spruzzi d’acqua, risate e piccoli disastri, nascerà una lezione preziosa: a volte, per andare avanti, non serve spingere più forte… ma pensare un po’ meglio.

Preparatevi a sorridere assieme ai dinosauri e scoprire che anche i più testardi possono imparare a usare la testa!


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Lo Pterodattilo Volas e Tonko il Brontolone 🦖“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

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Lo Pterodattilo Volas e Tonko il Brontolone 🦖


Nella verdeggiante Valle di Rocciaverde, il sole splendeva alto, e l’aria profumava di felci e bacche dolci.
Volas lo Pterodattilo svolazzava tranquillo nel cielo, godendosi le correnti d’aria. Da lassù, la valle sembrava un enorme tappeto verde, interrotto solo da qualche ruscello scintillante.

Mentre volteggiava, Volas sentì un rumore pesante e arrabbiato.
TUM! TUM! TUM!
Volas abbassò lo sguardo e vide un enorme Anchilosauro che avanzava sbuffando tra i cespugli, scuotendo la coda corazzata.

– Ehi, ciao amico, come ti chiami? – chiese Volas, atterrando su un ramo vicino.
– Sono Tonko! – rispose il dinosauro con voce burbera – E sono stufo di tutti questi sassi fastidiosi!

Volas lo osservò incuriosito.
– Sassi? Ma la valle è piena di sassi! Perché ti danno tanto fastidio?
Tonko sbuffò – Perché sono sempre sul mio cammino! Li calpesto, inciampo e mi fanno cadere! Guarda questo! – e con un colpo di coda, lanciò via un grosso masso che rotolò giù per la collina.

Volas ridacchiò.
– Beh, forse invece di arrabbiarti, potresti aggirarli o usarli in qualche altro modo!
Tonko alzò il muso, offeso.
– Io non aggiro niente! Io sposto!

E con un altro TUMP!, colpì un sasso enorme con la coda, facendolo rimbalzare… dritto dentro un ruscello!
L’acqua schizzò dappertutto, bagnando Tonko dalla testa alla coda.

Volas si coprì il becco con l’ala per non scoppiare a ridere.
– Beh… direi che quel sasso ha deciso di farti il bagno!
Tonko borbottò, scrollandosi l’acqua di dosso.
– Uffa! Non è giusto! Io sono forte, quindi sposto tutto quello che mi dà fastidio!

Volas scosse la testa.
– Ma sei sicuro che sia sempre la soluzione giusta? A volte basta guardare le cose da un’altra prospettiva!
Tonko grugnì – Bah! Io non ho bisogno di prospettive! Ho questa coda e la userò!
Proprio davanti a lui ora c’era un sasso gigante che gli bloccava il sentiero. Con un gran respiro, Tonko alzò la coda e…
BOOOOM!

Il sasso rotolò via con un tonfo… e finì dritto davanti all’ingresso della sua caverna!
Tonko spalancò gli occhi.
– Oh no! Ora come faccio a entrare?!

Volas, che svolazzava lì vicino, rise.
– Forse adesso capisci che non sempre spostare le cose a caso è una buona idea!
Tonko rimase in silenzio per un momento, poi sbuffò.
– Forse hai ragione… ma come faccio ora a spostarlo?

Volas sorrise.
– Vedi? Ora hai capito! Se ci pensiamo insieme, troveremo una soluzione!
Con un po’ di aiuto e usando leve fatte di rami robusti, Tonko e Volas riuscirono a far rotolare il masso di lato, liberando l’ingresso della caverna.

Tonko tirò un sospiro di sollievo e guardò Volas.
– Okay, forse dovrei smetterla di colpire tutto con la coda… e pensare un po’ di più!
Volas annuì.
– Bravo! A volte basta usare un po’ di testa invece che troppa forza!

E così, da quel giorno, Tonko imparò che non tutto si risolve a colpi di coda.
E quando si trovava davanti un problema, invece di arrabbiarsi, si fermava a pensare prima di agire!

Morale della storia: La forza è utile, ma è l’intelligenza che aiuta a risolvere i problemi nel modo giusto!

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il drago e le uova di pasqua 🐲🐰

Un drago di cioccolato, un furto misterioso e un’avventura di Pasqua tutta da scoprire!

In una terra dove la magia incontra il cioccolato e i sogni dei bambini diventano realtà, si nasconde un piccolo drago dai colori dell’arcobaleno: Dragomiro.

Ma questa volta, qualcosa di strano è successo… un furto misterioso rischia di rovinare la Pasqua più dolce di sempre!

Se ami le avventure piene di indizi, risate e un pizzico di meraviglia, segui Luca e Dragomiro in una fiaba sorprendente, tra piume spettinate, cioccolata fusa e coniglietti pasticcioni.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il drago e le uova di pasqua 🐲🐰“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Il drago e le uova di pasqua 🐲🐰


C’era una volta, in una terra selvaggia e bizzarra, un draghetto con squame color arcobaleno chiamato Dragomiro.
Questo drago era un tipo davvero strano: invece di sputare fiammate come tutti gli altri draghi, sputacchiava getti di cioccolato fuso dappertutto!

Dragomiro abitava dentro una montagna, dove faceva la guardia al tesoro più prezioso del mondo: le Uova di Pasqua Magiche.
Non pensate a uova normali! Queste brillavano come per magia e, quando si aprivano, zac! I desideri dei bambini buoni diventavano realtà in un lampo.

Nel villaggio ai piedi della montagna viveva Luca, un bimbo di cinque anni con capelli arruffati e un grande sorriso a cui mancavano un paio di denti. Una mattina, Luca sentì un ruggito così forte che quasi gli fece cadere un’altro dente.
– AIUTOOOOO! Qualcuno mi dia una zampaaa!

Luca, che aveva più coraggio che buon senso, decise di andare subito a sbirciare cosa succedesse sulla montagna.
Si arrampicò, scivolò, si rialzò e finalmente trovò l’entrata della tana di Dragomiro, ma quando vide chi ci abitava dentro, iniziò a tremare tutto.

– E t-t-tu chi diavolo sei? – balbettò Luca, con le ginocchia che battevano come nacchere.
– Sono Dragomiro, il guardiano delle uova magiche – bofonchiò il drago con aria disperata – E ho un problema grosso come una montagna! Qualche furfante ha rubato la mia ricetta segreta per decorare le uova! Senza quella, non potrò preparare le uova per la Pasqua e sarà un disastro!

– Io posso darti una mano! – esclamò Luca saltellando come un grillo impazzito.
– Sul serio? Evviva! – Dragomiro per la felicità fece un giro su se stesso così veloce che schizzò cioccolata fusa dappertutto, impiastricciando anche le pareti.

Poi iniziò a indagare sull’accaduto insieme a Luca, il ladro aveva lasciato degli indizi parecchio strani.
Il primo indizio era una piuma blu tutta spettinata. Il secondo era un’impronta di zampa tonda e Il terzo, era un ciuffo di pelo bianco appiccicoso.

– Bah, – disse Luca grattandosi la testa con foga – Dobbiamo partire all’avventura per risolvere questo pasticcio!
Luca e Dragomiro si catapultarono all’esplorazione. Prima fecero irruzione nel nido dell’Uccello Blu, ma quello non sapeva nulla della ricetta rubata. Poi piombarono nella tana degli Scoiattoli Saltellanti, ma nemmeno loro avevano combinato quel guaio.

Finalmente, seguendo le tracce come due bravi detective, arrivarono a una grotta nascosta tra i cespugli.
– Sbirciamo dentro – sussurrò Luca con fare da spia.

All’interno c’era un coniglietto bianco che russava beatamente circondato da pezzi di carta colorata sparpagliati ovunque. Vicino al suo naso tremolante c’era la ricetta rubata!
– Sveglia, orecchie lunghe! – urlò Luca.
Il coniglietto fece un salto come se qualcuno gli avesse dato un pizzicotto – Accipicchia! Cosa volete da me?! – disse riprendendosi.

– Perché hai rubato la mia ricetta delle uova magiche? – domandò Dragomiro, cercando di sembrare minaccioso ma producendo solo schiocchi di caldo cioccolato.
– Perché volevo fare uno scherzetto a tutti i bambini – confessò il coniglio – Volevo decorare anch’io le uova, ma sono un vero disastro, mica sono bravo come te.

Dragomiro si grattò la testa e una lampadina si accese nel suo cervello di drago!
– Ma io ho una soluzione! Tu puoi darmi una zampa a decorare le uova. Io le riempirò di cioccolata calda e tu le scarabocchierai a modo tuo!
– Davvero? – Il coniglio iniziò a saltare come un matto e battere le zampette dalla felicità.

E così tornarono tutti alla caverna. Dragomiro sputacchiava cioccolata nelle uova mentre il coniglio le decorava con colori sgargianti e disegni storti. Luca li aiutava appiccicando adesivi luccicanti ovunque capitasse.

Quando la Pasqua arrivò, tutti i bambini del villaggio ricevettero le uova più belle e golose che avessero mai visto.

E per Luca ci fu un uovo speciale che, quando lo aprì in due, gli regalò la cosa più bella di tutte: l’amicizia con Dragomiro e il coniglietto che durò per sempre!

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il pozzo di Noemi 👧🕳️

Il pozzo di Noemi: una dolcissima fiaba di amicizia, magia e meraviglia

Nel cuore di un bosco dimenticato si nasconde un pozzo speciale, pronto a raccontare una fiaba dolce e avventurosa che farà sognare i più piccoli… e scalderà il cuore dei grandi.

In questa fiaba tenera e delicata, incontrerai Noemi, una bambina curiosa e determinata, e un vecchio pozzo abbandonato che desidera solo un po’ di compagnia.

Insieme vivranno un’avventura inaspettata, tra farfalle sfuggenti, riflessi magici e un viaggio sotterraneo che conduce verso la meraviglia.

Scopri come un piccolo incontro può trasformare un giorno qualunque in un momento indimenticabile.


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Il pozzo di Noemi 👧🕳️


C’era una volta, appena dentro ad un bosco, un pozzo d’acqua. Dopo tanti anni di buon servizio, era stato abbandonato per un altro pozzo molto più grande e comodo, nel centro del paese.
Il povero pozzo cominciò così a sentirsi sempre più triste e, ogni volta che sentiva una voce lontana, sperava sempre che qualcuno andasse a prendere un po’ d’acqua da lui. Ma non arrivava mai nessuno…

Passarono gli anni, le edere rampicanti e gli arbusti crescevano, e lui ormai era ricoperto quasi per intero. C’era solo un piccolo spazio libero dove, ogni tanto, andava a specchiarsi la luna. E quando il pozzo riusciva a vedere la luna, si sentiva un po’ meno solo.

Un giorno di primavera, però, su uno degli arbusti che coprivano il pozzo, si posò una farfalla tutta gialla.
– Ciao farfalla gialla, sono contento di vederti. Cosa ti porta da queste parti? – domandò il pozzo tutto contento per la visita inaspettata.
– Cerco un nascondiglio: è tutto il pomeriggio che sono inseguita da una bimba che vuole catturarmi col suo retino!
– Oh povera farfalla, se mi farai compagnia per un po’, ti aiuterò.
– Va bene, ma fai in fretta! Sento i passi della bambina sempre più vicini.

Così il pozzo comandò all’edera di coprire più che poteva la farfalla. Ma l’edera non è abbastanza veloce: la bimba riuscì comunque a vedere la farfalla in mezzo alle foglie e andò verso di lei.

Noemi, che correva dietro alla farfalla già da un’ora buona, era stanca e sfinita.
– Adesso provo a prenderla per l’ultima volta. Se non ce la faccio, torno a casa che è già ora di merenda.
Così Noemi si avvicinò al pozzo e si sporse per acchiapparla, ma la farfalla con un batter d’ali volò via.
– Uffa! Questa volta l’avevo quasi presa!
Poi Noemi guardò giù in fondo pozzo, dove c’era l’acqua, e vide l’immagine di un’altra bambina, tutta uguale a lei.
– Ciao bambina! – disse Noemi, salutando anche con la manina.

Al pozzo, dopo anni di solitudine, non sembrava vero di aver trovato finalmente qualcuno con cui parlare.
– Ciao! – le risponse il pozzo – io qui mi annoio da morire, mi fai un po’ di compagnia?
– Certamente! Vengo subito da te! – Noemi si sporse per raggiungere l’altra bambina in fondo al pozzo, che in realtà era la sua immagine riflessa nell’acqua, e… ci cadde dentro!

Il pozzo, che non si aspettava una reazione del genere, fu preso dal panico. Alla bimba non doveva accadere nulla di male! Doveva trovare subito una soluzione, prima che diventasse troppo tardi.

Si ricordò che, poco più in profondità sotto terra, dove lui si riforniva di acqua fresca, c’era una piccola grotta dove poteva mettere al sicuro la bimba.
Così fece andare la corrente della sua acqua velocemente in quella direzione, e in un’istante la bimba si ritrovò in salvo nella piccola grotta.
Noemi non sembrava poi così spaventata di essere caduta nel pozzo, piuttosto si chiedeva dove era finita la bimba tutta uguale a lei.

Nella grotta comparve un piccolo bagliore luccicante, fluttuava nell’aria come un fantasmino.
– Ciao, io sono lo spirito del pozzo. Non avere paura, cercavo solo un po’ di compagnia, ma non volevo farti cadere…
– Ciao, io sono Noemi. Ma… dov’è finita l’altra bambina come me?
– In realtà l’altra bambina era la tua immagine riflessa nell’acqua del mio pozzo…
Noemi quasi ci rimase male.

– Sai, so che inseguivi la farfalla gialla, ti piacciono le farfalle? – le chiese lo spirito del pozzo.
– Siiì! A me piacciono le farfalle, volevo prenderla ma mi è sempre sfuggita…
– Ma lo sai che quella povera farfallina aveva tanta paura di venire catturata?
– Ma io volevo solo guardarla da vicino, era così bella. Poi l’avrei lasciata andare…
Lo spirito del pozzo comprese le sue intenzioni. In quel momento sentì però anche un rumorino proveniente dal pancino di Noemi.

– Hai fame?
– Sì, anzi, devo tornare a casa per la merenda, sennò mia mamma mi sgrida perché sono sempre in giro…
Lo spirito del pozzo non sapeva però come aiutarla.
– Posso chiedere a qualche uccellino di recuperare qualche bacca.
– Ma io voglio fare merenda con la marmellata e il succo di frutta!
– Posso chiedere a qualche scoiattolo di portare un frutto.
– Ma io voglio tornare a casa!

Lo spirito del pozzo capì che Noemi stava per mettersi a piangere e cercò subito di tranquillizzarla.
– Va bene, piccola Noemi, adesso troviamo un modo per riportarti a casa.
“Ma come faccio?” si chiese il pozzo. Se, come tanti anni prima, la gente fosse andata a prendere l’acqua da lui, avrebbe fatto in fretta. Bastava aspettare il primo secchio buttato giù nell’acqua e ci avrebbe fatto aggrappare Noemi. Ma, purtroppo, erano anni che nessuno passava più di lì…

Pensa pensa e ripensa, si ricordò che uno dei posti dove lui si riforniva d’acqua era un piccolo laghetto appena fuori del paese.
– Ho avuto un’idea, piccola Noemi. Tu stai qui e non ti preoccupare, torno subito!
E il piccolo bagliore scomparve dalla grotta.
Dopo poco, lo spirito del pozzo tornò.

– Eccomi qua, posso farti tornare al paese, sbucherai nel laghetto dove ci sono le barche dei pescatori. Conosci il posto?
– Sì, ci va sempre mio papà a prendere il pesce.
– Tutto quello che dovrai fare è prendere un bel respiro e aggrapparti alla coda del mio amico pesce – Dall’acqua spuntò una coda di pesce, tutta oro e arancione.
– Va bene.

– Sono contento che tu mi abbia fatto visita sai? Erano anni che nessuno passava più di qui, e io mi sentivo tanto solo.
– Se vuoi posso ritornare a salutarti.
– Ne sarei veramente contento, però mi basta che tu ti affacci dal muretto del mio pozzo, senza caderci dentro…
– La prossima volta starò più attenta, prometto.
I due si sorrisero.

Noemi prese un gran respiro e si aggrappò alla coda del pesce che, come un fulmine, prese a correre per tutti i cunicoli sotterranei che portavano al laghetto. Pochi attimi dopo, Noemi era sulla riva, proprio accanto alle barche dei pescatori.
– Grazie mille pesciolino!
Il pesce fece un gran salto e poi sparì.

Noemi corse a casa. La mamma, vedendola tornare con i vestiti tutti bagnati, la sgridò ma poi l’asciugò per bene e le preparò una fantastica merenda.

Il pozzo tornò a guardare la luna, che ogni tanto veniva a fargli compagnia di notte. Sperava in cuor suo che quella bambina si ricordasse della promessa fatta. Ma i giorni passavano e le stagioni pure, e Noemi non tornava…

Arrivò di nuovo la primavera.
Un’altra farfalla si posò sulle foglie che ricoprivano il pozzo.
Il pozzo stava già per salutarla quando sentì una voce che gli diceva:
– Ciao pozzo, come stai?
Era Noemi, ed il pozzo si sentiva di nuovo felice.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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L’albero delle uova di Pasqua 🌳🥚

La magia dell’albero della Pasqua: quando un abbraccio vale più di mille parole.

Poggio Fiorito, un luogo dove il tempo si ferma e la magia circonda le persone, custodisce un albero straordinario: l’Albero della Pasqua.

Le sue foglie argentate danzano al vento, e ogni anno, tra i suoi rami, nascono uova di cioccolato, zucchero e colori che brillano come piccoli tesori.

Ma cosa accade quando la magia dell’albero di Pasqua svanisce?
Solo un gesto d’amore può ridare vita a una tradizione che rischia di perdersi.

Lasciati trasportare da questo racconto, dove la curiosità di una bambina e la voce di un albero antico ti guideranno in un viaggio ricco di dolcezza e poesia.

Scopri come, a volte, la vera magia non sta nei doni che riceviamo, ma nell’amore che sappiamo donare.


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L’albero delle uova di Pasqua 🌳🥚


Nel piccolo villaggio di Poggio Fiorito, ogni anno, a Pasqua, accadeva qualcosa di meraviglioso.

Al centro della piazza cresceva un albero antichissimo, dalle foglie argentate che frusciavano dolcemente al vento. Nessuno sapeva esattamente da quanto tempo fosse lì, ma tutti lo chiamavano l’Albero della Pasqua.

La sua magia era straordinaria: la notte prima della festa, tra i suoi rami spuntavano uova di ogni tipo!
Uova di cioccolato, di zucchero, decorate con colori vivaci o persino con piccoli disegni dorati che brillavano alla luce del sole.

Ogni bambino del villaggio, al mattino, correva a raccogliere la sua parte, ridendo e festeggiando con gli amici.
Ma c’era una regola importante: bisognava aspettare il giorno di Pasqua. Nessuno doveva toccare le uova prima dell’alba, altrimenti la magia sarebbe svanita!
E così, anno dopo anno, l’albero continuava a regalare la sua dolce sorpresa.

Un anno, però, qualcosa andò storto.
Quando la mattina di Pasqua i bambini corsero in piazza per raccogliere le uova… trovarono l’albero completamente spoglio!
Niente uova colorate, niente dolcetti, niente magia.
Solo rami silenziosi e foglie tristi.

– Non è possibile! – esclamò Lia, una bambina curiosa con due lunghe trecce che le scendevano sulle spalle. – Forse l’albero si è dimenticato che è Pasqua?
Gli adulti si guardarono perplessi, il sindaco si grattò la testa, e il fornaio cercò di consolare i bambini distribuendo biscotti appena sfornati.

Ma l’atmosfera era triste: la Pasqua senza l’Albero delle Uova non era la stessa.

Lia però, determinata a capire cosa fosse successo, si avvicinò all’albero e gli sussurrò:
– Albero, perché non ci hai dato le uova quest’anno? Ti senti bene?

Un lieve fruscio attraversò le foglie d’argento. Poi, con un soffio di vento, una vocina sottile rispose:
– Oh, piccola Lia… quest’anno mi sento triste.
Lia spalancò gli occhi.
– Triste? Ma perché?

L’albero sospirò. – Ogni anno offro le mie uova ai bambini, e mi rende felice vederli ridere. Ma ultimamente nessuno mi parla più, nessuno si ferma sotto le mie fronde a raccontare storie o a cantare come una volta. Tutti aspettano solo le uova, senza pensare a me. Ho creduto che forse la mia magia non servisse più…

Lia rimase senza parole. Poi, senza pensarci due volte, aprì le braccia e abbracciò il tronco dell’albero.
– Albero, mi dispiace! Noi ti vogliamo bene! Ti prometto che da oggi in poi passerò qui a salutarti e, ogni anno la sera prima di Pasqua, canteremo per te e racconteremo storie sotto i tuoi rami!

L’albero tremò leggermente, le sue foglie d’argento brillarono… e puff! Dai rami iniziarono a spuntare centinaia di uova colorate!

I bambini urlarono di gioia, gli adulti sorrisero, e il sindaco dichiarò che da quel giorno, ogni vigilia di Pasqua, tutti si sarebbero riuniti attorno all’albero per raccontare storie, cantare e ringraziarlo.

Da quel momento, il villaggio cambiò. Non solo per le uova magiche, ma per la nuova tradizione che Lia aveva iniziato.

La vigilia di Pasqua divenne una festa ancora più speciale, con canti, balli e storie che riscaldavano i cuori di tutti.
L’albero, ora più che mai, era al centro della vita del villaggio, e la sua magia sembrava più forte e luminosa che mai.

Da quel momento ogni anno a Pasqua, l’albero ricambiava l’affetto del villaggio con le sue meravigliose uova magiche, e il legame tra lui e gli abitanti di Poggio Fiorito divenne indissolubile.

La magia non era più solo nelle uova, ma nell’amore e nella gratitudine con cui ora tutti circondavano l’albero, rendendo così ogni Pasqua un momento di vera gioia e felicità.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Biancaneve e i sette nani 🍎

Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?

C’era una volta una ragazza, Biancaneve, la cui bellezza non era soltanto nel candore della sua pelle, ma nell’integrità di un cuore capace di fidarsi anche quando il mondo la tradiva.

Ogni gesto che riceveva, ogni sorriso, lei lo accoglieva come un dono, anche quando il mondo intorno a lei sembrava fatto solo di spine. E così, la sua purezza, così rara e disarmante, divenne la sua forza e la sua debolezza.

Ma cosa succede quando il cuore più puro è quello che viene colpito più duramente?

Questa fiaba non racconta solo di un confronto tra bellezza e invidia, ma di una lotta tra la vulnerabilità e la capacità di risorgere dalle ceneri del proprio destino.


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Biancaneve e i sette nani 🍎 racconto completo


C’era una volta Biancaneve, una principessa che viveva con suo padre il Re e una matrigna tanto bella quanto cattiva.
Grimilde, la matrigna di Biancaneve, era riuscita a sposare il Re perché era in realtà una strega, e gli aveva fatto un sortilegio.

Da quel giorno, alla corte del castello tutto era diventato più triste.
Grimilde pretendeva di essere servita e riverita in ogni cosa, e aveva fatto in modo che Biancaneve fosse considerata poco più di una serva qualunque.
Ma Biancaneve sopportava anche le peggiori scortesie perché, per tornare felice, le bastava ricordare la sua cara mamma che ora non c’era più.

Grimilde, poi, aveva uno specchio magico, che poteva rispondere a tutte le sua domande, ma lei ne faceva una sola soltanto:
– Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? – chiedeva ogni mattina appena sveglia.
E lo specchio, che era uno specchio magico serio, le rispondeva la verità.
– Mia signora, voi siete la più bella di tutte.
E Grimilde sorrideva maligna…

Ma Biancaneve diventava ogni giorno più bella e Grimilde era invidiosa, per questo le faceva fare i lavori più umili, sperando che così rimanesse meno bella di lei.
Finché un giorno, dopo la solita domanda di Grimilde, lo specchio rispose:
– Mia signora, è Biancaneve la più bella del reame…
Grimilde iniziò a gridare infuriata e per poco non ruppe lo specchio dall’ira.
Quella notte non chiuse occhio, e pensò ad un piano per far sparire Biancaneve, così da rimanere la più bella del reame.

Al mattino chiamò il cacciatore, suo servitore, e gli ordinò di portare Biancaneve nel bosco e riportarle il suo cuore, come prova per averla uccisa.
Il povero cacciatore a malincuore obbedì.

– Dove mi portate signor cacciatore? – chiedeva Biancaneve, ma il cacciatore rimaneva zitto e con lo sguardo basso.
Quando furono finalmente nel bosco profondo, si fermarono. Il cacciatore avrebbe dovuto prendere il fucile, ma voleva troppo bene a Biancaneve per poterle fare del male.
– Cosa succede signor cacciatore? – chiese Biancaneve?
– Grimilde vuole essere la più bella del reame, e quindi mi ha dato l’ordine di portarti qui nel bosco e…

Ma il cacciatore non riuscì a finire la frase. Pensò che bastava lasciare la ragazza da sola lì nel bosco, al resto ci avrebbero pensato i lupi.
Salutò Biancaneve con un cenno della mano, e con le lacrime agli occhi scappò via.

Biancaneve, che ancora non aveva ben compreso cosa fosse successo e perché fosse stata portata lì, iniziò a guardarsi attorno impaurita, non era mai stata da sola nel profondo bosco.
Iniziò a correre a destra e sinistra, senza riuscire a ritrovare il sentiero che portava al castello, finché non si imbatté in un una piccola casetta.

Impaurita e stanca bussò alla porta, ma nessuno aprì. Scostò lentamente la porta chiedendo il permesso, ma nessuno rispose.
Si ritrovò dentro ad una minuscola cucina, con un piccolo tavolo e sette piccole sedie tutt’intorno.
Sulla tavola c’erano del pane e dell’acqua. Biancaneve ne prese un pochino per placare la fame e la sete, e poi si mise a curiosare per la casetta.

Si ritrovò in una stanza da letto con sette piccoli lettini. Era veramente meravigliata e si sedette su uno di questi, ma per la stanchezza si appisolò.

A svegliarla ci pensò un gran fracasso proveniente dalla cucina. Era già sera e dall’altra stanza arrivavano voci di uomini che si chiedevano chi mai fosse entrato nella loro casa.
Così Biancaneve corse in cucina.
– E tu chi sei?! – Esclamarono i sette piccoli ometti quando la videro arrivare.
– Io sono Biancaneve, dovete scusarmi per essere entrata in casa vostra senza permesso ma… – e Biancaneve raccontò loro tutta la sua triste storia.

Quando ebbe finito, i sette nani si guardarono e sentenziarono all’unanimità:
– Non preoccuparti Biancaneve, rimani pure a casa nostra, sei la benvenuta. Ti offriremo riparo e protezione dalla matrigna cattiva.
– Vi ringrazio miei cari ometti – disse Biancaneve – mi saprò sdebitare, non dubitate! – e prese subito a preparare la cena e sistemare casa.
I sette nani, che si chiamavano Brontolo, Cucciolo, Dotto, Eolo, Gongolo, Mammolo e Pisolo, non potevano essere più felici.

Il giorno dopo Grimilde si alzò tutta felice pensando di essersi liberata di Biancaneve, e chiese al suo specchio:
– Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
Ma lo specchio rispose:
– Mia signora, è Biancaneve la più bella del reame, e ora vive nel bosco insieme a sette piccoli nani.

– Non è possibile! – gridò Grimilde – l’ho fatta portare nel bosco dal cacciatore, guarda, questo è il suo cuore! – e mostrò un cofanetto di legno.
– Quello nel cofanetto, è il cuore di un capretto! – le rispose lo specchio.
Grimilde gridò furiosa contro lo specchio ed il cacciatore infedele, e decise che avrebbe risolto lei personalmente la questione.
Corse nelle segrete del castello dove nascondeva il suo laboratorio di pozioni magiche e iniziò a fare stregonerie.

Biancaneve intanto era tutta felice che i sette nani la avessero accolta come una sorella. Mentre loro di giorno andavano a lavorare nella vicina miniera, lei preparava il pranzo, rassettava la casa e lavava i panni.
E la sera si divertivano un sacco a raccontarsi storie e filastrocche.

Ma un giorno alla porta della casetta bussò una vecchia signora dai capelli bianchi e vestita di cenci.
– Buongiorno vecchina, cosa posso fare per lei?
– Buongiorno mia cara fanciulla, sono una povera vecchia che vende mele, ne vuoi una? – disse la vecchia.
– Le vostre mele rosse sono bellissime, ma io non ho soldi per pagarvi… – rispose Biancaneve.

La vecchia sorrise e le disse:
– Siete così bella mia giovane fanciulla che ve ne regalo una, tenete, mangiatela pure.
Biancaneve prese la mela e la portò alla bocca…
Ma non appena ne morse un pezzettino, Biancaneve cadde svenuta a terra!

La vecchia allora si mise a ridere, ridere e ridere, e poco dopo in un “puff” si tramutò in Grimilde che si era camuffata da vecchia e aveva avvelenato la mela.
Così, mentre Grimilde spariva nel bosco, Biancaneve giaceva a terra come morta.
La sera i sette nani tornarono a casa, e vedendola così si disperarono e piansero tutta la notte.

Il giorno dopo, non ebbero il coraggio di seppellirla tanto era ancora bella, e prepararono per lei una bara di cristallo che sistemarono in una piccola radura. Piangendo la lasciarono lì in compagnia di scoiattoli e uccellini.
Verso sera passò di lì il principe del reame vicino, Florian, che tornava a casa dalla battuta di caccia.
Incuriosito da quella teca di cristallo con dentro una ragazza si avvicinò, e quando vide la bellezza di Biancaneve se ne innamorò subito.

Lui non sapeva che Biancaneve era stata avvelenata da Grimilde e pensava stesse solo riposando di un sonno profondo.
Così la prese tra le braccia. Ma proprio in quel momento il piccolo pezzo di mela avvelenata che Biancaneve aveva ancora in bocca, cadde a terra.
Il principe Florian la baciò, e Biancaneve che non aveva più il veleno in bocca poco a poco rinvenne e si risvegliò.
Anche Florian era un bel giovane e Biancaneve fu felice di ritrovarsi fra le sue braccia.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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La principessa sul pisello 👸

Una prova ingegnosa, un pisello e una notte indimenticabile: la fiaba che celebra la sensibilità e l’autenticità.

In un regno lontano, avvolto dal mistero del tempo, viveva un principe determinato a non sposarsi.

Una notte tempestosa, una giovane bussò al castello, affermando di essere una principessa.
La regina, con una prova semplice ma ingegnosa, decise di metterla alla prova: un pisello nascosto sotto una pila di materassi.

Riuscirà Holga a dimostrare la sua nobiltà e a conquistare il cuore del principe Ilario?

“La Principessa sul Pisello”, fiaba classica di Hans Christian Andersen, è una storia che celebra la sensibilità e l’autenticità, ricordandoci che anche i piccoli dettagli possono rivelare grandi verità.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La principessa sul pisello 👸“!


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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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La principessa sul pisello 👸


C’era una volta il principe Ilario, spirito libero e selvaggio, a cui piaceva sempre andare in giro per il mondo, far festa e divertirsi.
Sua madre la regina però, visto che il figlio tra un po’ sarebbe dovuto diventare re, voleva che Ilario mettesse la testa a posto e gli ordinò di sposare una bella principessa.

Ilario accettò ma, per allontanare il più possibile il giorno delle nozze, pose una condizione: doveva essere la principessa più principesca tra le principesse.
La regina dovette accettare la richiesta, e indisse il bando reale in cui annunciava la ricerca della futura sposa.

In men che non si dica, alle porte del castello si formò una lunga coda di principesse. La cosa non stupì la regina. Ilario era un bel ragazzo, conosciuto da tutti per il suo animo indipendente, leale e gentile. Ebbe quindi un gran daffare ad esaminare le credenziali di tutte queste principesse.
Ma l’ultima parola spettava sempre ad Ilario, che di sposarsi non aveva nessuna intenzione.

Le principesse venivano ricevute ad una ad una nella grande sala del re, dove Ilario le esaminava. Lui però riusciva sempre a trovare dei difetti e quindi a mandarle via.
Una aveva i capelli troppo lunghi, l’altra troppo corti, una aveva gli occhi troppo scuri, l’altra camminava storta, e così via…
Finché di principesse da esaminare non ce ne furono più. Ilario le aveva scartate tutte senza pietà.

La regina era furiosa, non capiva perché suo figlio avesse rifiutato di sceglierne almeno una.
Arrabbiata come non mai, gli disse:
– Figlio mio, adesso devi dirmi una caratteristica, una soltanto, che deve avere per forza la principessa che sposerai!
Le parole della regina non lasciavano scampo, e Ilario, colpito e impaurito, rispose con un po’ di esitazione:
– Deve essere la più sensibile tra le principesse!
– Bene! – tuonò la regina, e lo lasciò andare.

Passarono un paio di mesi e nessuna principessa si presentò al castello. Ormai Ilario si sentiva tranquillo, aveva quasi dimenticato la questione del matrimonio.

Ma una notte d’autunno, in cui infuriava un forte temporale, qualcuno bussò al portone.
Il maggiordomo andò ad aprire e trovò una ragazza, bagnata fradicia e sporca di fango.
– Sono la principessa Holga, vengo qui per incontrare il principe Ilario – disse la ragazza tremando dal freddo.

Il maggiordomo, vedendola così conciata, la fece entrare subito. La portò in cucina davanti al camino e le diede una zuppa calda e una coperta per scaldarsi. Dopodiché corse ad informare la regina della visita.
La regina, che non vedeva principesse da mesi, accorse subito, ma quando la vide rimase delusa. Così coperta di fango, Holga non sembrava una principessa, e non capiva se potesse piacere a suo figlio Ilario.
Titubante, decise di darle un’opportunità.

– Buonasera, sono la regina madre di Ilario. Con chi ho il piacere di parlare?
– Buona sera maestà, sono la principessa Holga e vengo per incontrare vostro figlio – e mostrò alla regina il diadema che aveva appeso al collo, a dimostrazione di essere una vera principessa.
La regina rimase molto colpita. Chiamò degli altri inservienti e ordinò di farle fare un bagno caldo.
– Purtroppo questa sera il principe Ilario è già a dormire. Potrete incontrarlo domattina, principessa Holga.
– Come desiderate maestà – disse Holga inchinandosi.

In realtà, Ilario si stava divertendo con gli amici in una sala del castello, ma la regina voleva prendere tempo. “Devo inventarmi qualcosa che riesca a dimostrare la sensibilità di questa principessa, ma cosa?” pensava la regina mentre andava ad avvertire Ilario di questa visita.
Appena prima di entrare nella sala dove si trovava il figlio, le venne un’idea.

– Figlio mio, poco fa è venuta a farci visita una principessa. Ho pensato a una prova per vedere se ha la sensibilità di cui tu parli: le metterò un piccolo pisello sotto il materasso. Solo le principesse più sensibili possono accorgersene, che ne dici?
Ilario pensò che nessuno avrebbe mai sentito un pisello sotto il materasso. E così, pur di riprendere al più presto la serata con gli amici, acconsentì alla prova.
La regina, soddisfatta, mise il piccolo pisello sotto il materasso dove avrebbe dormito Holga, e tornò da lei.

Nel frattempo Holga si era lavata e preparata per la notte, e… quale sorpresa per la regina!
Ripulita da tutto il fango, Holga era di una bellezza mai vista prima. La regina si pentì di non aver inventato una prova più facile da superare…
La accompagnò personalmente in camera e le diede la buona notte, dopodiché andò a dormire pure lei.

Il mattino seguente, la regina svegliò di buon’ora Ilario, e gli disse di seguirla per andare a trovare la principessa Holga.
Quando entrarono nella stanza, al principe Ilario quasi venne un colpo per quanto era bella quella ragazza.
Holga, però, aveva un viso molto stanco e due grandi borse sotto gli occhi.
– Principessa Holga, vi vedo molto stanca. Per caso non avete dormito bene questa notte? – chiese la regina.
– Purtroppo no, mia regina. Ho passato la notte in bianco per via di un continuo dolore alla schiena, come se ci fosse un sassolino nel materasso…

La regina sorrise e guardò il figlio, che, ancora colpito dalla bellezza di Holga, non aveva capito cosa fosse successo.
– Ilario, figlio mio, questa principessa è sicuramente la più sensibile di tutte le principesse della terra. Come hai potuto sentire, non ha dormito tutta la notte a causa del pisello che ho messo sotto il materasso.
Holga guardò incuriosita la regina, che continuò dicendo:
– Quindi, figlio mio, in virtù della grande sensibilità dimostrata da questa ragazza, credo che acconsentirai di buon grado a sposarla.

Ilario non ebbe nulla da controbattere, anzi, già innamorato di Holga disse solo: – Certamente!
E fu così che finalmente il principe Ilario mise la testa a posto e sposò la principessa Holga.

E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Cenerentola 👠

Cenerentola: la fiaba della speranza che trasforma i sogni in realtà

Cenerentola non è solo una storia di scarpette di cristallo e incantesimi che scadono a mezzanotte.

È il racconto senza tempo di una ragazza che, nonostante difficoltà e ingiustizie, non smette mai di credere nei propri sogni.

Grazie alla sua bontà d’animo e un pizzico di magia, scoprirà che la forza della speranza può ribaltare anche il destino più avverso.

Un viaggio indimenticabile verso la felicità, dove ogni dettaglio brilla come una stella.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Cenerentola 👠“!


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Cenerentola 👠


C’era una volta una ragazza di nome Lucrezia, ma da tutti veniva ormai chiamata Cenerentola…
Dovete infatti sapere che Cenerentola era stata una bimba molto sfortunata, crebbe senza la mamma fin da quando era molto piccola. Il caro papà per cercare di darle una figura materna sposò una vedova, anche lei con due figlie, con le quali era sempre dolce e benevola, ma si rivelò poi molto severa e ingiusta con Cenerentola.

Il padre cercava sempre di rincuorarla, ma ahimè anche lui poco dopo morì di malattia. E così Cenerentola si ritrovò sola, ma grazie al sorriso del papà che portava sempre nel cuore rimaneva sempre allegra e sorridente.
La matrigna iniziò a trattarla sempre peggio, le faceva fare tutte le faccende domestiche e i lavori più pesanti facendosi servire come se fosse una gran signora. Mentre le sorellastre le facevano ogni tipo di scherzo, visto che erano invidiose della sua naturale bellezza.

Così la sera, stanca ed esausta, Cenerentola si rintanava in un angolo della casa, vicino al caminetto acceso e caldo.
Proprio dal tempo passato vicino al caminetto, sporcandosi i vestiti con la cenere, le sorellastre presero a chiamarla col nomignolo di Cenerentola. Ma a lei non importava, aveva infatti scoperto che dietro al camino c’era la tana di alcuni piccoli topolini che le tenevano compagnia e la rallegravano nei momenti di sconforto.

Un giorno però nel paese accadde un fatto davvero straordinario. Dal castello arrivò un messaggero del Re che proclamò:
“Il figlio del re, il Principe erede al trono, ha indetto un gran ballo nelle sale reali a cui sono invitate tutte le ragazze del regno in età da marito!”

Quando la matrigna lo venne a sapere prese le sue due figlie e iniziò a prepararle come principesse per il gran ballo.
Cenerentola, che stava correndo a destra e sinistra per obbedire agli ordini delle tre donne, sognava ad occhi aperti di quanto sarebbe stato bello poter partecipare a quel gran ballo.

Così prese coraggio e disse alla matrigna:
– Voglio anche io partecipare al ballo! L’invito è aperto a tutte le ragazze del regno in età da marito…
La matrigna e le sue sorellastre, guardandola tutta impolverata e vestita di stracci, si misero a ridere.
– Come pensi di presentarti al castello? Vestita di stracci sporchi?! – e se ne andò via facendole capire che non c’era nessuna possibilità che lei partecipasse al ballo.

Così arrivò la sera del ballo, Cenerentola vide la matrigna e le sorellastre prepararsi, vestirsi con abiti meravigliosi e indossare splendidi gioielli. Aspettò che uscissero di casa, e una volta che si furono allontanate corse a piangere disperata nell’angolino vicino al camino.
I topini suoi amici uscirono dalla tana e cercarono di consolarla strofinando il loro musetto contro le guance bagnate dalle lacrime di Cenerentola.

Le sue lacrime erano così tante che caddero per terra, sopra un piccolo mucchietto di cenere. Ma da quel mucchietto di cenere accadde una cosa inaspettata, piano piano come per magia, una piccola luce iniziò a brillare sempre più forte, finché davanti a Cenerentola non si materializzò una fata!
– Su non fare così piccola Cenerentola mia… – disse la fata Madrina.
– Chi ha parlato!? – esclamò Cenerentola che aveva ancora gli occhi pieni di lacrime e non riusciva a vederci bene.
– Sono io, la tua fata Madrina, e vedrai che adesso sistemeremo un po’ di cose…
– La mia fata Madrina… ? – chiese stupita Cenerentola – … e cosa dovremmo sistemare?
– Beh, tanto per iniziare, ti piacerebbe partecipare al gran ballo di stasera?
– Ma certo! Mi piacerebbe tanto… – rispose Cenerentola che si stava ancora asciugando le lacrime col dorso delle mani – … ma come faccio? Non ho neppure un abito da sera…
– Di questo non ti devi preoccupare, piuttosto portami una zucca e raduna qui i tuoi amici topolini.
– Una zucca? – chiese sorpresa Cenerentola, ma senza chiederle il perché si precipitò nell’orto a prenderne una bella tonda e gliela portò.

Così, la fata Madrina di fronte agli occhi stupefatti di Cenerentola, pronunciò una formula magica e trasformò la zucca in una splendida carrozza, e i topolini in magnifici cavalli bianchi che la trainavano.
Cenerentola rimase a bocca aperta, e non riusciva a pronunciare nemmeno una parola per la meraviglia.

– E ora veniamo a te, mia bella fanciulla – disse la fata che in un colpo di bacchetta magica trasformò l’abito fatto di stracci di Cenerentola in un magnifico vestito da sera color bianco perla, degno di una regina.
– Ma… ma… ma è stupendo! – balbettava Cenerentola – come posso ringraziarti fata Madrina!?
La fata sorrise e disse:
– Piuttosto, ti mancano ancora delle scarpette, degne di questi piedini così piccoli e graziosi – e così ai piedi di Cenerentola comparvero delle magnifiche scarpette di cristallo che le calzavano alla perfezione.

Ora Cenerentola sembrava veramente una principessa.
– E ora vai, corri al ballo ma ricorda solo una cosa, la più importante: questa magia durerà solo fino a mezzanotte, entro il dodicesimo rintocco del campanile tutto ciò che ho fatto sparirà! La carrozza tornerà zucca, i cavalli topolini e il tuo vestito sarà di nuovo di stracci!

Cenerentola, che ancora non credeva a quello che le stava succedendo, non se lo fece ripetere due volte, salì sulla carrozza e partì per il castello.
Al castello era tutto un susseguirsi di musiche e danze, e Cenerentola fu ricevuta con gli omaggi che si fanno ad una principessa.
Le persone presenti al gran ballo iniziarono a chiedersi da dove mai venisse quella fanciulla così bella ma di cui nessuno sapeva il nome.
Il Principe aveva promesso un ballo a tutte le ragazze presenti, ma quando finalmente fu il turno di Cenerentola, non volle più ballare con nessun’altra.

Tutte le altre ragazze diventarono verdi d’invidia, comprese la matrigna e le sorellastre di Cenerentola.
Così il Principe e Cenerentola continuarono a ballare per tutta la serata, tanto che lei si scordò del del tempo che passava…
Ma ci pensò il campanile a ricordarle che ormai era giunta la mezzanotte, e la campana iniziò a fare i primi rintocchi.
Cenerentola fu presa dal panico.

– Mi scusi sua maestà, ma io ora devo proprio andare… – si congedò frettolosamente dal Principe che non capiva il perché di una fuga così improvvisa, così decise di rincorrerla.
Cenerentola correva veloce, ma mentre scendeva la scalinata che portava alla carrozza perse una delle scarpette di cristallo. Fece per voltarsi a riprenderla, ma mancava ancora un solo rintocco di campana e tutta la magia sarebbe svanita, e il Principe avrebbe visto chi era in realtà.
Così saltò sulla carrozza e gridò ai cavalli di correre al galoppo verso casa.

Al Principe non rimase altro da fare che raccogliere la scarpetta di cristallo, e vedere la carrozza di quella fanciulla senza nome che si allontanava a tutta velocità.
Non appena dal campanile arrivò il dodicesimo rintocco, la carrozza svanì, i cavalli ritornarono ad essere topolini e Cenerentola tornò ad essere vestita di stracci. Per fortuna erano ormai abbastanza lontani dal castello e nessuno vide nulla, così a Cenerentola toccò fare l’ultimo tratto di strada a piedi, in compagnia dei topolini.

Il giorno dopo la matrigna e le sorellastre erano furenti, avevano saputo che il Principe aveva ordinato alle sue guardie di cercare la splendida fanciulla senza nome. Per essere certi che la fanciulla fosse quella giusta, avrebbero fatto calzare la scarpetta di cristallo per scoprire quella al cui piede avrebbe calzato alla perfezione.
Dopo qualche giorno dunque le guardie bussarono anche alla porta della casa di cenerentola.
– Vai a nasconderti subito nell’orto – disse la matrigna a Cenerentola – che sennò ci fai fare brutta figura.

Così Cenerentola si mise a fare lavori nell’orto, mentre intanto cercava di origliare cosa stesse succedendo in casa. Ovviamente a nessuna delle due sorellastre, per quanto provassero e riprovassero, la scarpetta di cristallo andava bene.
Così le guardie dopo innumerevoli prove sentenziarono che nessuna delle due era la ragazza del ballo.
Ma quando uscirono di casa, ad una delle guardie cadde l’occhio proprio nell’orto dove stava Cenerentola, e vista la ragazza la chiamarono per farle provare la scarpetta.

– Ma cosa volete far provare la scarpetta a quella ragazza, non vedete che è vestita di stracci? – disse la matrigna quando si accorse delle intenzioni delle guardie – non avrebbe mai potuto partecipare al gran ballo conciata a quel modo!
– Noi abbiamo l’ordine di far provare la scarpetta a tutte le ragazze del regno, nessuna esclusa!
La matrigna dopo quelle parole non ebbe il coraggio di aggiungere nulla.

A Cenerentola batteva forte il cuore, quella era la scarpetta di cristallo che aveva usato al ballo, e il Principe aveva ordinato di cercare per tutto il regno la ragazza che l’aveva indossata!
E questa ragazza era proprio lei!
Mentre la guardia si inchinava per infilarle la scarpetta Cenerentola tremava, e per la paura chiuse gli occhi, finché non sentì la scarpetta perfettamente calzata sul piede e la guardia esclamare a gran voce:
– E’ lei!!!

Cenerentola riaprì gli occhi, la scarpetta era lì sul suo piccolo piedino.
– Non è possibile! – esclamò la matrigna.
– Non è possibile! – ribatterono le due sorellastre.
Le guardie invece chiamarono una carrozza ed invitarono Cenerentola a salirci sopra.
– Sua maestà il Principe la sta aspettando a corte – dissero le guardie facendola salire, e la carrozza partì verso il castello sotto sguardo esterrefatto della matrigna e delle sorellastre.

E così una volta giunta a corte il Principe riconobbe in Cenerentola la bellissima ragazza con cui aveva ballato un’intera sera.
Così le propose di sposarla, Cenerentola felice come non mai accettò, e di lì a poco si sarebbero celebrate le più belle nozze del regno.
E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il principe felice 🤴

Una statua e una rondine: una fiaba che celebra l’altruismo e il potere dell’amicizia.

Un cuore generoso può nascondersi anche in una fredda statua di metallo.

“Il Principe Felice”, la celebre fiaba di Oscar Wilde, racconta la storia di una statua e di una rondine che, insieme, dimostrano come ognuno di noi possa fare la differenza aiutando gli altri.

Questo racconto toccante insegna che il dono più grande è condividere ciò che abbiamo di più prezioso, lasciando un’impronta d’amore e generosità che resta per sempre.

Una storia senza tempo che celebra l’altruismo e il potere dell’amicizia.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il principe felice 🤴“!


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Il principe felice 🤴


C’era una volta un principe, ma non un principe qualunque, lui era un Principe felice.
Durante il suo regno ci fu pace e prosperità, tanto che alla sua morte tutta gli abitanti della città decisero di erigere in suo onore una statua tutta d’oro, con zaffiri per occhi e rubini sull’elsa della spada.
Così da quel giorno la statua del Principe felice fece sempre compagnia alla gente della città.

Ma passarono molti anni, talmente tanti che le persone quasi non si ricordavano più del perché quella statua si chiamasse “il Principe felice”.
Una sera di fine estate una rondine, che stava volando verso sud per passare l’inverno al caldo, decise di riposarsi ai piedi della statua.

– Qui troverò un po’ di riparo – pensò la rondine.
Stava per mettere la testolina sotto l’ala per dormire quando una goccia le cadde addosso. Guardò il cielo, ma lo vide tutto stellato e senza una nuvola.
– Che strana cosa, piove col cielo sereno – e rimise la testa sotto l’ala.
Ma un’altra goccia le cadde addosso, alzò la testa e non vide nulla di strano.
– Ma guarda te, questa statua non riesce a ripararmi nemmeno dalla pioggia, disse guardando verso il viso del principe felice, e fu allora che cadde un’altra goccia, proprio sulla sua testa.

La rondine capì: quelle non erano gocce di pioggia, erano lacrime che cadevano dagli occhi della statua. Spiccò il volo e andò a vedere meglio.
– Cosa ti succede statua, perché piangi? – chiese la rondine.
– Sono il Principe felice, e piango perché da qui posso vedere tutte le miserie del mio popolo, e il mio cuore anche se di piombo, è molto triste.

– Mi spiace molto – disse la rondine, colpita dall’espressione addolorata della statua.
– Cara rondine, tu potresti aiutarmi. Giù in quella casa c’è una donna molto povera, il suo lavoro di ricamatrice non le permette di guadagnare abbastanza soldi per curare il suo bambino malato. Le porteresti il rubino che ho incastonato nella spada? – disse il Principe felice.
– Ma io devo volare verso sud… – replicò la rondine.
Ma lo sguardo pieno di lacrime del principe la commosse.
– Va bene, solo per questa notte rimarrò qui e ti aiuterò.

La rondine prese il rubino e lo portò alla donna, e quando vide suo figlio a letto con la febbre alta si fermò un attimo sopra il suo viso a rinfrescarlo col suo battito d’ali.
Poi tornò dal Principe felice e riposò.
La sera seguente la rondine disse al principe che sarebbe partita.

– Rondine mia, resta ancora una notte. Vedo un giovane che è affamato e vive al freddo in quella casa, prendi uno degli zaffiri che mi fanno da occhi e portaglielo.
La rondine sul momento protestò, ma il principe insistette, e il buon cuore della rondine lo accontentò e portò lo zaffiro al giovane.
Il giorno dopo la rondine cercò di salutare il Principe, ma lui le chiese di rimanere un’ultima notte: c’era una piccola fiammiferaia da aiutare, non aveva venduto nemmeno un fiammifero, e di certo non avrebbe passato una bella notte se non avesse ricevuto aiuto.

– Portale l’altro zaffiro che ho per occhio – la disse il Principe felice.
– Ma così rimarrai cieco! – esclamò la rondine.
– Non importa.
Così la rondine prese lo zaffiro e lo portò alla piccola fiammiferaia, che non sapeva come ringraziarla dalla gioia.
La rondine tornò dal principe, e notò che il suo viso era più sereno. Ma ora era cieco e non poteva lasciarlo così da solo.

– Tu ora non puoi più vedere la gente della tua città… rimarrò io al tuo fianco, e sarò i tuoi occhi – gli disse.
– Ma rondine mia, tu devi andare al caldo verso sud!
Ma la rondine non volle lasciarlo e iniziò a volare per tutta la città e raccontargli tutto quello che vedeva. Quando incontrava un mendicante, un povero o un bisognoso, prendeva una fogliolina d’oro dal corpo della statua del Principe felice e andava a portargliela.

Finché la statua del Principe felice divenne tutta grigia e spoglia, senza più neanche una fogliolina d’oro sopra.
Ma nonostante questo, ora gli abitanti della città erano tutti un po’ più felici.
Finalmente sul viso del Principe c’era un gran sorriso, e la rondine non smise mai di fargli compagnia.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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La Bella e la Bestia 👧🦁

La Bella e la Bestia: mai giudicare dall’aspetto il buon cuore delle persone

Dietro le mura di un castello misterioso si cela una creatura spaventosa, la Bestia, e un incantesimo che solo il vero amore può spezzare.

Bella, giovane e coraggiosa, accetta di affrontare l’ignoto per salvare suo padre.

Ma ciò che trova va oltre ogni immaginazione: un mondo di magia, segreti nascosti e un cuore che attende di essere riscoperto.


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La Bella e la Bestia 👧🦁


C’era una volta un mercante a cui la fortuna aveva girato le spalle, ed era caduto in disgrazia insieme alla figlia dolce e gentile che si chiamava Bella.
Un giorno il mercante decise di andare a tentar fortuna in una lontana città, dove aveva sentito che al porto stavano arrivando delle navi piene di merci esotiche.

Prima di partire chiese a Bella cosa volesse per regalo di ritorno dal suo viaggio.
– A me basta solo una rosa, perché la cosa più importante è il bene che ti voglio, papà – rispose Bella.
Il padre commosso, partì per il lungo viaggio, ma purtroppo quando arrivò al porto non riuscì a combinare nessun affare, e riprese il cammino verso casa ancora più povero di prima.

Ma quando ormai mancava poco per arrivare a casa, il padre di Bella fu preso alla sprovvista da una forte bufera.
Si rifugiò dentro l’unico edificio che riuscì a vedere nelle vicinanze, un castello che pareva abbandonato.
Dentro al castello però c’era una bellissima e rigogliosa serra piena di piante e fiori, tra cui anche un roseto. Il padre di Bella si ricordò della promessa fatta alla figlia, e senza pensarci, prese una rosa da portarle in dono.

Ma non appena la colse si sentì afferrare da delle possenti braccia che lo immobilizzarono e lo legarono come un salame. Era il padrone del castello, e la sua faccia era simile a quella di una bestia feroce, come un leone!
– Come osi raccogliere le mie rose! – ruggì la Bestia.
– Mi scusi signore, mi sono rifugiato nel suo castello per ripararmi dalla bufera, e quando ho visto queste magnifiche rose mi son ricordato della promessa che ho fatto a mia figlia…

– Quale promessa? – ringhiò la Bestia.
– Che di ritorno dal mio lungo viaggio al porto le avrei portato una rosa in dono.
La Bestia grugnì.
– Così tu hai una figlia… dovrei ucciderti, ma se in cambio della tua vita, tu porterai la tua figlia qui, lei vivrà per sempre insieme a me e tu sarai libero!

Lì per lì il mercante, non sapendo cosa fare, disse di sì, ma uscito dal castello e imboccato il sentiero di casa si pentì di quello che aveva fatto:
– Saluterò Bella e le dirò quanto le voglio bene, poi tornerò dalla Bestia e affronterò il mio destino.
Così arrivò a casa, abbracciò la figlia e le diede in dono la rosa, dicendole anche che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.

Bella non capiva ed insisteva per farsi spiegare il perché, finché suo padre non le raccontò tutta la storia.
– Ma allora è tutta colpa mia! – disse Bella tra le lacrime.
– Come colpa tua? – le rispose il padre.
– Se io non ti avessi chiesto in dono questa rosa, tu adesso non saresti in questa situazione… non è giusto!
Bella insistette così tanto che alla fine costrinse suo padre ad accompagnarlo al castello della Bestia.
Quando arrivarono fu la stessa Bestia in persona ad aprire il portone.

– Vedo che hai mantenuto la promessa – disse rivolto al padre di Bella, poi con un gesto fulmineo prese con sé la ragazza e chiuse con forza il portone dietro di sé.
Il padre di Bella cercò con tutte le forze di entrare, batté forte i pugni sul portone, prese un lungo bastone cercando di forzare la serratura, ma niente, il portone non si aprì…
Bella ormai era prigioniera nel castello della Bestia, ma contrariamente a quello che pensava, la Bestia non trattò mai male Bella, anzi.

La bestia era molto premurosa nei suoi confronti, la trattava sempre con gentilezza, aveva sempre un pensiero carino per lei e non le faceva mancare niente.
Ascoltava con attenzione tutte le storie che Bella gli raccontava la sera e poi, con un inchino, si congedava e andava a dormire, per poi farle sempre trovare la colazione pronta al mattino.
Bella amava passeggiare per la stupenda serra fiorita, e la Bestia la accompagnava con piacere. Stare accanto a lei era veramente incantevole, tanto che senza nemmeno accorgersene, se ne innamorò.

Ma a Bella mancavano tanto la sua casa e il suo papà. Una sera la Bestia la vide piangere e le chiese il perché. Quando scoprì il motivo di tanto sconforto le regalò uno specchio magico.
Nello specchio Bella poteva vedere una stanza della sua casa, e di conseguenza come stava suo padre. Ma purtroppo suo padre non stava tanto bene. Si era ammalato e arrivò il giorno in cui Bella nello specchio lo vide immobile a letto.

Bella si disperò e decise di chiedere alla Bestia se poteva tornare a vedere suo padre almeno per l’ultima volta.
– E’ molto malato, vedi? – e fece vedere lo specchio alla Bestia, che grugnì di disappunto.
– E va bene, vai pure, ma se entro una settimana non tornerai, io morirò certamente di crepacuore.
Sentendo quelle parole, Bella capì cosa provava per lei la Bestia.

– Tornerò – disse sorridendo, poi prese le sue cose e uscì dal castello.
Che sorpresa fu per suo padre rivedere Bella, sana e salva e pure ben vestita! La visita di sua figlia gli fece talmente bene che già il giorno dopo stava meglio.
E così fu per tutti i giorni seguenti, tanto che alla fine della settimana il padre di Bella era tornato in piena forma.
– Ora che stai meglio papà, io dovrei tornare al castello.
– Non tornare figlia mia – le disse – se mi sono ammalato è per il dispiacere di non averti qui accanto a me! Rimani qui con me ancora un giorno, così da rimettermi ancora meglio.

Bella esitò un momento, ma non riuscì a lasciare da solo il padre che era così felice di rivederla.
Passò un giorno, poi due e poi tre, e ogni volta suo padre riusciva a trattenerla con la scusa di guarire sempre di più dalla sua malattia.
Ma a Bella la Bestia iniziava a mancare veramente. Solo ora che non era più con lui si era accorta di quanta gentilezza aveva avuto nei suoi confronti e di quanto buono fosse il suo cuore.
E poi il rimorso della promessa non mantenuta era troppo forte, e la sua coscienza non le dava pace. Così quella notte decise di scappare e tornare al castello.

Quando finalmente arrivò, Bella trovò la Bestia per terra agonizzante. Lo prese tra le sue braccia e lo sollevò, ma lui quasi non respirava più.
– Sono tornata! Sono tornata da te! Scusami se ci ho messo così tanto…
La Bestia riuscì ad aprire un poco gli occhi e la guardò con dolcezza.
– Cosa posso fare per aiutarti? – gli chiese con voce tremante Bella.
Bestia fece un lungo sospiro, esitò, finché in un sussurro disse:
– Un bacio… solo un ultimo bacio di addio.

Bella gli prese il viso, lo guardò negli occhi lacrimanti, si avvicinò e lo baciò, chiudendo gli occhi.
Un forte brivido scosse tutto il corpo della Bestia, tanto che Bella si spaventò. Ma la sorpresa fu davvero enorme quando vide che la Bestia si era trasformato in un bellissimo uomo.
– Ma cosa è successo? – domandò Bella incredula ma felice come non mai.
– Col tuo bacio hai spezzato l’incantesimo di una fata malvagia che mi aveva trasformato in Bestia per gelosia… grazie mia Bella…
Bella lo abbracciò forte, lui si sentiva già meglio.

Pochi giorni dopo il Principe che era stato trasformato in Bestia si era rimesso in perfetta salute. Finalmente poteva stare accanto alla sua Bella tenendola per mano senza doversi nascondere per il suo aspetto, e di lì a poco si sarebbero anche sposati.
E vissero tutti felici e contenti.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il cavallo e l’asino 🐎🫏

Il Cavallo e l’Asino: la favola di Esopo sulla collaborazione e l’aiuto reciproco

“L’unione fa la forza” è un proverbio che si applica perfettamente alla favola di Esopo “Il Cavallo e l’Asino”, che insegna ai bambini il valore della collaborazione e dell’aiuto reciproco.

In questa storia, il cavallo e l’asino comprendono che, condividendo le fatiche, possono alleggerirsi il lavoro e prevenire sforzi più grandi in futuro.

Un’importante lezione per insegnare ai bambini che aiutare gli altri non solo è un bel gesto, ma porta anche benefici pratici.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il cavallo e l’asino 🐎🫏“!


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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Il cavallo e l’asino 🐎🫏


C’erano una volta un cavallo e un asino che vivevano nella tessa stalla.
Il loro padrone voleva bene ad entrambi, e non mancava mai di attenzioni verso ciascuno di loro.
Però, quando si trattava di portare i sacchi di farina da vendere giù al mercato, sulla groppa del cavallo, fiero ed altezzoso, ne caricava solo un paio, mentre sulla groppa dell’asino buono e mansueto, ne caricava molti di più.

All’asino andava bene così, lui ci era abituato e sapeva che quello era il suo lavoro. In più ammirava veramente la bellezza del cavallo, e quindi si era convinto che fosse giusto preservare il suo splendore non caricandolo di troppi pesi.

Un giorno però, andando al mercato, il loro padrone non si rese conto di aver caricato troppo l’asino, così che dopo pochi chilometri l’asino cominciò a camminare con fatica.

Il padrone purtroppo era tutto preso dal parlare con un suo amico che faceva la stessa strada, e non si rese conto di quanta fatica facesse l’asino, così l’asino si rivolse al cavallo.

– Cavallo, amico mio – disse l’asino – mi potresti dare una mano? Ho il fiato corto e faccio fatica a camminare, prenderesti uno dei miei sacchi di farina?
Il cavallo lo guardò a malapena e fece finta di non aver sentito.

L’asino continuò il suo faticoso cammino sbuffando.
Dopo un po’ però le gambe gli cominciarono a traballare.
– Cavallo, amico mio, ti prego dammi una mano, non ce la faccio a portar tutto questo peso, tra poco cadrò…
– Se il padrone ti ha caricato di tutti quei sacchi è perché sa che li puoi portare – rispose stizzito il cavallo.

L’asino abbassò la testa e continuò a camminare.
Ma non ce la faceva davvero più.

– Cavallo amico mio, ti supplico, prendi almeno uno dei miei sacchi e aiutami.
– No! – rispose secco il cavallo – tieniti i tuoi sacchi e non mi disturbare più!
E, per sottolineare il fatto che non lo avrebbe aiutato, allungò il passo distanziandolo di una decina di metri.

L’asino allora decise che ne aveva abbastanza e si lasciò cadere al suolo con un sordo tonfo.
Solo allora il padrone si accorse di quello che stava succedendo.

– Povera bestia mia, che stupido sono stato a caricarti di così tanti sacchi, aspetta ora te li tolgo di groppa – e così fece.
– Tieni anche un po’ d’acqua e riposati qui all’ombra dell’albero – continuò il padrone.
Finalmente l’asino aveva un po’ di pace e ristoro.

– Cavallo, vieni qua! – ordinò il padrone – ora i sacchi di farina li porterai tutti tu!
Il cavallo spazientito ed infuriato per la cosa non poté che obbedire al padrone che gli caricò sulla groppa tutti i sacchi di farina.
“Che stupido che sono stato” pensò il cavallo “Se avessi ascoltato l’asino e l’avessi aiutato prendendomi uno dei suoi sacchi di farina, adesso non farei tutta questa fatica…”

E proseguirono il viaggio, il cavallo sbuffando dalla fatica e della sua stupidaggine, e l’asino finalmente con la groppa libera e senza pesi godendosi la passeggiata fino al mercato.

Morale della favola: meglio condividere le fatiche con gli altri prima che tutte le fatiche ricadano solo su di noi.

⚜️ Fine della favola ⚜️

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Il vento e il sole 💨☀️

Il Vento e il Sole: la favola di Esopo sulla forza e la gentilezza

Chi è più forte, il Vento o il Sole?
I due si sfidano per dimostrare il loro potere, ma la favola di Esopo ci insegna che la gentilezza vince sempre sulla forza.

Un racconto senza tempo che mostra ai bambini l’importanza della pazienza e della persuasione, più efficaci della prepotenza.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il vento e il sole 💨☀️“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

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Il vento e il sole 💨☀️


C’erano una volta il Vento e il Sole che iniziarono a litigare su chi dei due fosse il più forte.
– Il più forte sono io, che con il mio soffio spazzo via le chiome degli alberi! – esclamava il Vento
– No! Il più forte sono io che coi miei raggi brucio le sabbie del deserto! – rispondeva il Sole

Decisero allora di fare una gara per stabilire chi fosse realmente il più forte dei due.
– Facciamo così mio caro Sole, vediamo chi per primo riesce a togliere i vestiti a quel viandante – disse il Vento.
– Ci sto! – rispose il Sole.

Il vento allora prese a soffiare impetuosamente contro un povero viandante che passava vicino a loro. Ma l’uomo si strinse più forte nelle sue vesti.

Il Vento allora soffiò ancora più forte e più freddo, ma il viandante tirò fuori dalla sua bisaccia un mantello e si coprì ulteriormente.
Prova e riprova per il Vento non ci fu nulla da fare…

– Ora, se permetti, vorrei provare io… – disse il Sole mentre il Vento gli cedeva di malavoglia il posto.
Il Sole iniziò a splendere timidamente, il viandante sentendo i tiepidi raggi del sole risplendere sul suo viso si tolse la mantella e la ripose nella bisaccia.

Il Sole sorrise e piano piano aumentò l’intensità dei suoi dolci raggi. Il viandante dapprima si allargò il collo della giacca, poi tolse anche quella iniziando a sudare.
Il Vento che si vedeva ormai sconfitto, non era per nulla contento.

Il Sole continuò a scaldare il viandante finché questo non si tolse tutti i vestiti, e non appena scorse un fiume lì vicino vi si buttò dentro per rinfrescarsi.

Il Sole fece un largo sorriso nei confronti del Vento, che indispettito per aver perso la scommessa, se ne andò via senza farsi più vedere per mesi e mesi.

Morale: è più efficace convincere le persone con la persuasione e la dolcezza che con la forza.

⚜️ Fine della favola ⚜️

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Il leone e il topo 🦁🐭

Il Leone e il Topo: la favola di Esopo sulla gentilezza e l’aiuto reciproco

Essere grandi e forti non basta: anche i più piccoli possono fare la differenza!

La favola del Leone e del Topo di Esopo insegna che ogni aiuto è prezioso.

Il potente leone risparmia la vita al piccolo topo, che in seguito lo ricambia con un gesto di grande valore.

Un racconto perfetto per spiegare ai bambini l’importanza della gentilezza e della reciprocità.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il leone e il topo 🦁🐭“!


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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Il leone e il topo 🦁🐭


C’era una volta, nella grande foresta, un maestoso leone, che si riposava all’ombra di un grande albero.
Stava controllando se in lontananza c’erano delle prede da poter cacciare, ma in quel momento non vedeva niente di interessante.
Così il pomeriggio passava lento. All’orizzonte non c’era nessuna preda da poter prendere e la pancia iniziava a brontolare dalla fame.

– Forse è meglio se mi sposto da qui e vado a cacciare in un’altra zona – si disse, abbastanza infastidito al pensiero di doversi alzare.
Ma proprio quando ormai aveva deciso di alzarsi ed andare via, ecco un piccolo topolino corrergli proprio davanti alle zampe.

Il leone colse al balzo l’occasione e, con uno scatto felino, bloccò la coda del topino con la zampa.
Il topino, che sperava di non essere visto, iniziò ad urlare disperato quando sentì di essere bloccato.
Il leone già pregustava il piccolo bocconcino come antipasto e si stava leccando i baffi.

Ma il topino, con le lacrime agli occhi iniziò a supplicarlo.
– Non mi mangiare, signor leone, ti prego non mi mangiare!
Il leone sorrise e iniziò a tirare con la zampa il topino verso di sé.
– Non mi mangiare, signor leone – continuò il topino – non ti sazierei che per pochi minuti da tanto sono piccolo.

Il leone pensò che questo era vero: quel topolino gli avrebbe placato la fame giusto per il tempo di alzarsi da lì.
– E poi le mie piccole ossicine rischierebbero di andarti di traverso in gola.
Anche questo era vero, pensò il leone, che smise di trascinare verso di sé il topolino.
– Se mi lascerai andare ti sarò riconoscente per tutta la vita! – disse infine il topo.
Il leone, mosso più dalla fatica di ingoiare quel piccolo pasto che dalla pietà per il topolino, lo lasciò andare.

– Vai topolino, forse un giorno ci rivedremo…
Il topolino ringraziò solennemente con grandi inchini e bacia-zampe, e poi scomparve tra le sterpaglie della foresta.

Il leone si decise infine ad andare in cerca di altre prede. Si incamminò dentro la foresta, ma dopo essere avanzato un po’ ecco che all’improvviso un legaccio fatto di corda lo intrappolò.
Il leone capì subito che quella era la trappola costruita da qualche cacciatore, e sapeva benissimo che da quel tipo di trappole non c’era scampo.

Il leone tirò con tutte le forze per cercare di liberarsi, ma più tirava, più il legaccio gli si stringeva alle zampe e gli faceva male. Dopo molti tentativi il leone si rassegnò, e si mise ad attendere il proprio destino.
Ma ad un tratto sentì qualcosa che stava lavorando sulla corda.
Guardò meglio e si accorse che il topolino di prima stava cercando di tagliare il legaccio con i suoi denti aguzzi.

– Non preoccuparti, signor leone, tra poco sarai di nuovo libero.
Il leone fu sorpreso dal gesto del topolino. Non si sarebbe mai aspettato che un animaletto così piccolo avrebbe potuto salvargli la vita.
– Topolino mio, io ti ho risparmiato la vita, e ora tu salvi la mia, questo ti fa grande onore!
Il topolino intanto lavorava veloce, e in pochi attimi il leone fu libero.

– Signor leone, quando si dà la parola d’onore, la si mantiene!
– Certo topolino mio e io ti ringrazio moltissimo per avermi liberato da questa trappola terribile. Ora siamo pari, e per tutta la vita anche io ti sarò riconoscente.

I due si salutarono, e andarono ognuno per la propria strada.
Ma il leone aveva imparato una lezione importantissima: bisogna essere gentili con tutti, anche con il più piccolo degli esseri viventi, perché l’aiuto più importante della vita potrebbe arrivare proprio da lì.

Morale: anche i più piccoli possono essere di grande aiuto, e chi è grande e forte non deve fare il prepotente.

⚜️ Fine della favola ⚜️

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Il gigante egoista 😡

Il gigante egoista: Una fiaba che ci insegna l’importanza dell’amore e della gioia dei bambini

Chi allontana i bambini dalla propria vita non può fare a meno di sentirsi solo, triste e grigio.
Nel suo cuore non ci sarà più che un inverno freddo e desolato.

Questa fiaba, ispirata al celebre racconto di Oscar Wilde, è stata semplificata per essere facilmente apprezzata anche dai bambini più piccoli.

Noi di fabulinis siamo pienamente d’accordo con l’autore: i bambini, con i loro sorrisi e le loro marachelle, possono darci preoccupazioni, ma sono anche la fonte di luce e felicità nelle nostre vite. Sono la nostra primavera, portando calore, speranza e gioia.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “Il gigante egoista 😡“!


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Il gigante egoista 😡


C’era una volta un gigante che era andato a trovare il suo amico orco e insieme avevano deciso di fare un lungo viaggio in giro per il mondo.
La casa del gigante aveva un grande giardino pieno di alberi e fiori, e tutti i bambini del paese, visto che lui non era più lì, avevano iniziato ad andarci a giocare ogni giorno.

Ma, dopo sette lunghi anni, il gigante ritornò. Vedendo tutti quei bambini giocare nel suo giardino, li cacciò via e decise di costruire un muro per impedire che tornassero di nuovo.
Una volta finito il muro, ci mise sopra un gran cartello con scritto “VIETATO ENTRARE” e si chiuse dentro casa.
Era inverno, e finalmente il gigante poteva godersi il suo bel giardino in santa pace e senza tutti gli schiamazzi dei bambini.

I bambini del paese ci rimasero molto male per il gesto egoista del gigante, ma non potevano farci nulla e dovevano trovare altri posti dove giocare. Ma nessun altro giardino era così bello come quello del gigante.

Arrivò la primavera e il gigante ogni giorno controllava che nel suo giardino non ci fossero bambini. Un giorno però si accorse di una cosa strana: fuori dal muro del suo giardino gli alberi e i fiori ricoprivano i prati e riempivano campi, mentre dentro al suo giardino pareva ancora inverno con ghiaccio e neve ovunque…

Il gigante, egoista com’era, fece finta di niente e continuò a vivere rinchiuso dentro le mura del suo giardino.
Ma anche l’estate arrivò e dentro il giardino del gigante imperversava ancora l’inverno. Senza i bambini il suo giardino si era rifiutato di tornare vivo e pieno di fiori!

Il gigante, con tutto quel continuo freddo finì per ammalarsi, e passava le sue giornate a letto, controllando sempre dalla finestra che nel suo giardino non ci fossero bambini.

E arrivò l’autunno e poi un altro inverno, finché il gigante, sempre più malato, sentì il canto di un uccellino.
Era quasi primavera e al gigante quello era sembrato il canto più bello del mondo.
Si alzò a fatica per vedere da dove arrivasse quella melodia e notò un uccellino fermo sul davanzale che cantava felice.

Il cuore del gigante si riempì di felicità: finalmente anche nel suo giardino gli uccellini erano tornati a cantare! Poi si sporse e guardò giù nel suo giardino.
C’erano tre bambini che giocavano felici, e ovunque correvano facevano sparire il ghiaccio e la neve dal suo giardino, riportando i fiori e l’allegria.

I tre bambini avevano fatto un buco nel muro e si erano intrufolati dentro, ma il gigante finalmente aveva capito: era solo grazie a loro se adesso anche nel suo giardino era tornata la primavera e gli uccellini avevano ripreso a cantare.
Il gigante scese in giardino. I bambini, quando lo videro, scapparono terrorizzati e si nascosero dietro il tronco di alcuni alberi.

Ma il gigante li rassicurò subito:
– Non voglio farvi del male bimbi miei, anzi, voglio ridarvi tutto il mio giardino!
E prese subito a buttare giù il muro che aveva costruito.
Man mano che lo buttava giù, invece di sentirsi stanco, si sentiva sempre più pieno di forza e vigore, ed il suo cuore si riempiva di gioia.

Tra i bambini del paese si sparse subito la voce che il gigante era diventato buono, e il suo splendido giardino si riempì di nuovo di bambini festanti.
Il gigante finalmente si sentiva felice passando le giornate a giocare insieme ai bambini. E da quel giorno in quel giardino fu sempre primavera.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il pesciolino d’oro 🐟

Chi troppo vuole, nulla stringe! Dice il proverbio…

Il pesciolino d’oro è una fiaba di origini russe trascritta originariamente da Aleksandr Pushkin, e ci insegna ad essere contenti di ciò che si ha anche se si tratta di una vita povera e tranquilla, perché ad esagerare con le richieste spesso si rischia di rimanere solo con un pugno di mosche in mano.

Un avvertimento importante per i bimbi che magari fanno troppi capricci…


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Il pesciolino d’oro 🐟


Ivan era un vecchio pescatore che viveva in una capanna vicino al mare, con sua moglie. Ogni giorno andava a pescare, mentre la moglie restava a casa a filare la lana e fare tutte le faccende domestiche.

Un giorno, però, la pesca andò peggio del solito. Al primo tentativo trovò nella rete solo uno scarpone rotto, al secondo un po’ di fango. Al terzo c’era un unico pesce.
“Meglio che niente” pensò Ivan.
Guardandolo meglio, però, si accorse che quello era un pesce veramente strano, diverso da quelli che aveva sempre visto: era tutto dorato.

Stava cercando di liberarlo dalla rete quando sentì una voce dire: – Se mi lasci andare esaudirò ogni tuo desiderio.
Ivan si guardò intorno, cercando di capire chi avesse parlato, ma non vide nessuno. Allora tornò a girarsi verso il pesce, il quale ripeté – Se mi lasci andare esaudirò ogni tuo desiderio.
Ivan sobbalzò: un pesce parlante non l’aveva davvero mai visto!

Un po’ confuso riuscì solo a dire: – Non mi serve niente, caro pesciolino. Io e mia moglie stiamo bene così. Ti lascio andare senza chiederti in cambio niente.
Il pesce d’oro si rituffò in acqua con un gran salto, ma mentre si allontanava gridò al pescatore: – Grazie, Ivan, non dimenticherò il tuo gesto. Se ti dovesse servire qualcosa, devi solo venire a chiamarmi.

Ivan tornò a casa e raccontò alla moglie l’incontro insolito.
Quella, dopo averlo ascoltato, si arrabbiò moltissimo e lo sgridò: – Non hai chiesto niente? Guarda la nostra casa, è una capanna! Potevi almeno chiedere che fosse trasformata in una casetta di mattoni con dentro il camino. Torna al mare, chiama il pesce e chiedigli questo favore!

Ivan era frastornato: lui pensava di aver fatto una bella cosa a liberare il pesce, ma la moglie forse aveva ragione a volere una casa fatta di mattoni. Così andò a chiamare il pesce d’oro.
– Ciao pesciolino, scusa se ti disturbo, ma mia moglie vorrebbe una casetta di mattoni con dentro il camino. E’ troppo tardi per chiederti di esaudire questo desiderio?
– Non c’è problema, Ivan, quando arriverai a casa sarà tutto come chiedi.
Gli fece l’occhiolino e scomparve in mare con un tuffo.

Ivan tornò dalla moglie e trovò davvero una graziosa casa di mattoni.
Era tutto contento, ma pochi giorni dopo la moglie cominciò a lamentarsi: – Già che c’eri potevi chiedere di farci diventare dei nobili. Io sono stanca di essere la moglie di un povero pescatore, mi merito molto di più.
Ivan, pur di farla contenta, tornò a chiamare il pesce.

– Ciao pesciolino, scusami se torno di nuovo a disturbarti. Mia moglie vorrebbe essere una nobildonna, è troppo tardi per chiederti anche questo favore?
– Non c’è problema, Ivan, quando arriverai a casa sarà tutto come chiedi.
Gli fece l’occhiolino e scomparve in mare con un tuffo.

Una grossa sorpresa aspettava Ivan al suo ritorno a casa: la casetta di mattoni non c’era più, al suo posto c’era un palazzo e sua moglie, vestita tutta elegante, lo aspettava insieme a servi e maggiordomi.
Ivan era contento e voleva abbracciarla, ma lei lo cacciò via e lo fece mandare in cucina a pelare patate.

I giorni passavano, finché la moglie capricciosa non lo fece chiamare e gli disse:
– Devo assolutamente diventare regina. Non sopporto di essere una nobile qualunque, voglio che tutto il popolo si inchini quando passo per la strada, voglio viaggiare in carrozze con cavalli e partecipare a feste con tutti i sovrani d’Europa.
– Ma, cara, non stai forse esagerando? Non eri felice quando vivevamo nella nostra capanna? In fondo non ci è mai mancato nulla…
–Zitto! – gridò lei. – Sono sicura che sarei un’ottima regina, perciò vai dal pesce e digli di esaudire questo mio desiderio.

Ivan era davvero perplesso, sua moglie stava esagerando secondo lui. Ma le voleva molto bene e tornò quindi a chiamare il pesce.
– Ciao pesciolino, scusami se torno di nuovo a disturbarti, ma mia moglie adesso vuole essere regina. Io gliel’ho detto che sta esagerando, ma lei è sicura che sia la cosa migliore…
– Davvero vuole essere regina? Non è un capriccio troppo grosso? – chiese il pesce.
– Secondo me sì, ma le voglio molto bene, perciò ti chiedo: è troppo tardi per esaudire anche questo desiderio?
– Non c’è problema, Ivan, quando arriverai a casa sarà tutto come chiedi. Però avvisala: se solo proverà a desiderare qualcosa di ancora più grande, si ritroverà in un batter d’occhio al punto di partenza, cioè nella capanna sulla spiaggia. Dille di fare attenzione…
Così detto, il pesce gli fece l’occhiolino e scomparve nel mare con un tuffo.

Ivan questa volta trovò un castello al posto del palazzo. Servitori e dame di compagnia giravano dappertutto e lui non trovava il modo di parlare con sua moglie.
Lei era sempre troppo impegnata in feste e ricevimenti o in passeggiate a cavallo o in riunioni importanti riguardo le sorti del paese, e lo cacciava sempre via. Finalmente Ivan riuscì a riferirle l’avvertimento del pesce, ma lei lo liquidò con un – Sì, sì, figurati se è vero… – e tornò alla sua vita di regina, ogni giorno più capricciosa.

Finché un giorno lo mandò a chiamare e gli disse: – E’ ora che io sia imperatrice. Il mondo intero deve sapere che donna importante sono e mi deve rendere omaggio…
Ma non fece in tempo a finire la frase che… puff!
Tutto era scomparso e i due erano di nuovo nella capanna sulla spiaggia, con dentro solo le reti da pesca di Ivan e il pentolone per cucinare la minestra.

La moglie di Ivan andò su tutte le furie, già si immaginava imperatrice e invece era di nuovo la moglie di un povero pescatore. Piano piano, però, la rabbia le passò, capì di aver veramente esagerato e tornò alle sue normali faccende domestiche.

Ivan andò in riva al mare e ringraziò il pesce per avergli ridato la sua vita, povera ma tranquilla.
Il pesce non si avvicinò, ma da lontano gli gridò: – Hai visto? Tutto si è sistemato!
Gli fece l’occhiolino e scomparve nel mare con un tuffo.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Pierino e il lupo 👦🐺

Pierino non ha paura del lupo, ma doverlo affrontare per davvero è per lui una grande impresa!

Il villaggio ai margini del grande bosco era tranquillo, ma per Pierino, ogni giorno era un invito a scoprire ciò che si nascondeva tra gli alberi. Nonostante gli avvertimenti del nonno sul pericoloso lupo, il ragazzo non riusciva a resistere al richiamo dell’avventura.

Cosa poteva esserci di così spaventoso in un lupo? Con il suo coraggio e la curiosità che brillava nei suoi occhi, Pierino era pronto a scoprirlo. Quella mattina, il grande bosco stava per offrirgli una avventura indimenticabile.


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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

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Pierino e il lupo 👦🐺



C’era una volta un villaggio tranquillo ai margini di un grande bosco, lì viveva Pierino, un bambino vivace e curioso, che amava esplorare la natura e osservare gli animali.

Pierino viveva con il nonno taglialegna, un uomo burbero ma affettuoso. A Pierino piaceva aiutare il nonno nei suoi lavori quotidiani, e la sera, quando si riposavano davanti al fuoco del camino, il nonno gli raccontava sempre delle storie.

Soprattutto il nonno si raccomandava sempre che Pierino non si allontanasse troppo da casa perché era inverno e, nel bosco lì intorno, c’era un lupo affamato!
– Ma io non ho paura del lupo! – esclamava Pierino.
Il nonno sorrideva, gli accarezzava la testa e gli dava il bacio della buona notte visto che era ora di andare a dormire.

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La storia della Befana 🧹

Scopri come una vecchina diventerà la cara Befana che vola nei cieli per l’epifania

Avete mai sentito parlare della Befana? Prima di diventare leggenda, era una vecchina solitaria, con una scopa sempre in mano e una casa nascosta tra colline innevate. Una notte d’inverno, sotto un cielo punteggiato di stelle, tre misteriosi viaggiatori bussarono alla sua porta, chiedendo aiuto per trovare una strada.

C’era una stella speciale che brillava nel cielo, una luce che sembrava chiamare chiunque avesse il coraggio di seguirla. Ma la vecchina, quella notte, fece una scelta che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Come finisce la sua storia? Solo chi sa ascoltare la magia di una notte di gennaio può scoprirlo…


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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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La storia della Befana 🧹



C’era una volta, in un piccolo villaggio abbracciato dal vento d’inverno, una vecchina che tutti chiamavano Bef. La sua casetta di pietra, sormontata da un comignolo perennemente fumante, era semplice e solitaria, come lei.

Ogni giorno spazzava e ancora spazzava il pavimento, come se volesse cancellare qualche traccia invisibile, qualche peso che non aveva il coraggio di confessare nemmeno a sé stessa.

La sera di una gelida notte di gennaio, mentre la luna si nascondeva dietro le nuvole, tre uomini misteriosi bussarono alla sua porta. I loro mantelli brillavano come tessuti di stelle, e i loro visi emanavano un’aura di pace e mistero.

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Il Natale di Tilly 🐦

Il pettirosso e la magia della generosità che alberga in ogni cuore.

In una fredda vigilia di Natale, una bambina povera ma dal cuore d’oro incontra un piccolo pettirosso ferito.

Cosa succederà quando l’innocente compassione di Tilly risveglia una magia silenziosa che si aggira nell’ombra della neve?

Un racconto di Louise May Alcott che parla di di generosità, speranza e un miracolo natalizio che nessuno si aspettava. Rielaborato per tutti i bambini da fabulinis.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il Natale di Tilly 🐦“!

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Il Natale di Tilly 🐦



– Sono così felice! Domani è Natale e avrò un sacco di regali! – disse Kate.
– Anche io sono felice, anche se per regalo mi aspetto solo un paio di guanti – disse Bessy.
– E lo sono anch’io, anche se penso che non avrò nessun regalo… – disse Tilly.

Le tre amiche tornavano a casa da scuola e, mentre Tilly parlava, le altre due la guardavano con una certa sorpresa, perché era allegra, e si chiedevano come mai potesse essere felice quando era così povera da sapere che non avrebbe ricevuto regali a Natale.

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L’uccellino sopra il pino 🐦🌲

Il Segreto del Pin: un tesoro nascosto nelle pigne

Tra i rami di un maestoso pino, si nasconde un segreto che solo i più saggi sanno riconoscere.

Un tesoro prezioso, celato dietro una corazza di legno, attende di essere scoperto da chi ha la pazienza di guardare oltre l’apparenza.

Il destino ha in serbo una profonda lezione per l’uccellino, mentre un bambino curioso scoprirà che i veri tesori si rivelano solo a chi sa aspettare, osservare e comprendere la vera natura delle cose.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “L’uccellino sopra il pino 🐦🌲“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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L’uccellino sopra il pino 🐦🌲


C’era una volta un uccellino che, dopo aver volato tutto il giorno, decise di prendersi una piccola pausa. Andò così a riposarsi sopra il ramo di un pino.
L’uccellino, che era ancora giovane ed inesperto, vide sui rami delle belle pigne e pensò che fossero i frutti dell’albero.

– Adesso mi faccio una scorpacciata di questi frutti! – disse. Prese una pigna nel becco e cominciò a masticarla, ma con sua grande sorpresa non ne riusciva a mangiare nemmeno un pezzettino.
– Com’è possibile che questo frutto abbia un gusto così simile al legno?! – si chiese perplesso l’uccellino, e ci riprovò.

Ma niente, il gusto di quelle pigne era veramente amaro e legnoso, per non parlare poi di quanto fossero dure.
– Hai dei frutti molto belli albero mio, ma sono disgustosi e duri come la pietra!
Il pino che fino a quel momento era stato calmo e buono, sentendo quelle parole si arrabbiò molto. Iniziò a scuotersi così forte che l’uccellino per la paura si alzò in volo.

– Le mie pigne non sono fatte per essere mangiate – disse allora il pino – ma al loro interno contengono un gran tesoro.
– Sarà – ribatté l’uccellino che stava volando in cerchio sopra l’albero – ma a me non piacciono, tientele pure! – e volò via.
Il pino un po’ risentito, ma sollevato dal fatto che il piccolo e insolente uccellino fosse andato via, si rimise a godersi sereno la giornata.

Poco dopo sotto i rami del pino passò un bambino, che notò subito un sacco di pigne cadute per terra.
Quando il pino aveva fatto scappare l’uccellino, aveva fatto cadere anche molte delle sue pigne.
Il bambino si chinò a raccoglierle, e da alcune uscirono i pinoli, i semi contenuti nelle pigne.

– Quanti pinoli! – esclamò il bambino – la mamma ci potrà fare una torta buonissima! – e ne raccolse più che poteva.
Il pino guardò felice la scena e pensò che il bambino aveva compreso bene il valore delle sue pigne.

E fu così che l’uccellino se ne andò via a stomaco vuoto ed il bambino si riempì la pancia con la squisita torta ai pinoli fatta dalla sua mamma.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Mignolina 🧚

Mignolina: La Fiaba di una Piccola Eroina tra Avventure e Magia

Tra le più incantevoli fiabe di Hans Christian Andersen, “Mignolina” ci trasporta in un mondo magico dove una bambina alta quanto un pollice affronta coraggiosamente le sfide della vita.

Nonostante la sua dolcezza e fragilità, Mignolina affronta una serie di avventure straordinarie: rapita da un rospo, promessa in sposa a un vecchio talpone e salvata da una rondine coraggiosa.

Attraverso il suo viaggio, scopre il valore del coraggio e trova infine un luogo dove la sua delicatezza può fiorire, insieme a un principe del suo stesso mondo incantato. Un racconto di bellezza, resilienza e amore.


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Mignolina 🧚



C’era una volta una donna che desiderava moltissimo avere un bambino, ma non riusciva a esaudire il suo desiderio. Così si inoltrò nel bosco e andò in cerca di una fata che potesse aiutarla.
Quando la trovò, le disse:
– Mi piacerebbe tanto avere un bambino, puoi dirmi dove posso trovarne uno?

– Oh, non è molto difficile – le rispose la fata – tieni questo seme, mettilo in un vaso da fiori e aspetta…
– Grazie – disse la donna che tornò a casa e piantò il semino. Subito crebbe un gran bel fiore, simile ad un tulipano ma con le foglie ben chiuse come se fosse ancora un bocciolo.

– È proprio un bel fiore – disse la donna e, mentre dava un bacio ai petali, il fiore si aprì.
All’interno del fiore, sugli stami di velluto c’era raggomitolata una piccola bimba, molto delicata e aggraziata. Era alta appena un dito e la donna le diede il nome di “Mignolina”.

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La pioggia di stelle ✨

Il viaggio di Miranda, dalla solitudine alla speranza.

Sotto un cielo stellato, la piccola Miranda si avventura per il mondo fino ad arrivare nel cuore di una foresta incantata.

Miranda, una bambina dal cuore puro e la cui vita viene segnata da una perdita dolorosa, era alla ricerca di un nuovo inizio.

Ma dopo un viaggio magico, in cui dona tutta se stessa, la sua vita prende una piega sorprendente.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “La pioggia di stelle ✨“!

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La pioggia di stelle ✨



C’era una volta Miranda, una bambina che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi d’improvviso senza la mamma ed il papà, scomparsi in un brutto incidente.

Rimasta sola e povera senza un soldo, l’unica cosa che le rimaneva erano i vestiti che indossava ed un misero pezzo di pane.

Senza perdersi d’animo, la piccola Miranda decise che avrebbe passato il resto dei suoi giorni ad andare in giro per scoprire il mondo, sicura che la “dea Fortuna” avrebbe provveduto alla sua buona sorte. E si incamminò.

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Il pentolino magico 🍲

La zuppa che fece un villaggio felice

Un pentolino magico, una zuppa infinita e un villaggio sommerso da una deliziosa minaccia!

Cosa accadrebbe se un semplice pentolino potesse cucinare una zuppa infinita?

Scopri la magica avventura di Isotta, una bambina che, grazie a un dono speciale, riuscirà a sfamare non solo sé stessa ma un intero villaggio.


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Il pentolino magico 🍲



C’era una volta una bambina di nome Isotta, molto dolce e gentile, che viveva con la mamma. Purtroppo erano una famiglia molto povera e non avevano molto da mangiare.

Isotta e sua mamma si arrangiavano come potevano, facendo i più disparati lavoretti per racimolare quel poco di cui sfamarsi. Erano però molto conosciute nel villaggio per il loro buon cuore e per l’aiuto che davano sempre a chi ne aveva bisogno.

Un giorno, passeggiando per il bosco lì vicino, Isotta notò una vecchina caduta per terra che, nonostante cercasse di aiutarsi col suo bastone, non riusciva a rialzarsi.

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Gli gnomi e il calzolaio 👞

Una magica fiaba dei fratelli Grimm sulla povertà e la fortuna

La fiaba “Gli gnomi e il calzolaio” dei fratelli Grimm è uno dei racconti più amati della tradizione popolare europea.

Questa storia magica narra le vicende di un umile calzolaio che, grazie all’aiuto di due misteriosi gnomi notturni, riesce a superare la povertà e a trasformare la sua bottega in un’attività di successo.

Un racconto senza tempo che insegna ai lettori di tutte le età l’importanza della gratitudine, del lavoro ben fatto e della gentilezza, valori che vengono sempre ricompensati.


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Gli gnomi e il calzolaio 👞



C’era una volta un calzolaio che, senza averne colpa, era diventato così povero che un giorno rimase con il cuoio sufficiente per realizzare un solo paio di scarpe.

Così quella sera ritagliò con cura tutti i pezzi di cuoio con cui il mattino seguente avrebbe realizzato un ultimo paio di scarpe.
Sistemò tutto per bene sul tavolo da lavoro, si tolse il grembiule e si accostò alla finestra guardando una stella nel cielo.
– Sarebbe bello avere un po’ di fortuna… – sospirò il calzolaio, parlando alla stellina.

Poi spense la candela, diede un bacio a sua moglie e si coricò nel letto, dove si addormentò profondamente.

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FrankenPlush 🧸

Anche i pelouche brutti e birichini possono avere un cuore d’oro…

Noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia di Halloween che fosse anche carica di un significato più profondo: solo perchè non si è perfetti non vuol dire che non si abbia un cuore a cui poter dare tanto amore e affetto.

Ma soprattutto che se impariamo ad andare oltre le apparenze possiamo essere tutti più felici, perché l’abito non fa il monaco… 😉

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di FrankenPlush!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare FrankenPlush raccontata da Silvia!

FrankenPlush 🧸


Stano era un bambino molto curioso, non stava mai con le mani in mano e amava trafficare smontando e rimontando i suoi giochi.

Era quasi il giorno di Halloween e a Stano venne una bizzarra idea: per fare uno scherzo alla sua sorellina Sveva, avrebbe realizzato uno spaventosissimo peluche e gliel’avrebbe messo nel lettino prima della nanna. Lei si sarebbe spaventata moltissimo e lui avrebbe riso a crepapelle!

Allora andò nella sua cameretta, prese alcuni dei suoi pupazzi, i più rovinati e maltrattati, li scucì e li ricompose con ago e filo.
Il risultato era alquanto bizzarro.

Questo nuovo pupazzo aveva la testa di un gatto blu a cui mancava un occhio (sostituito da un bottone attaccato male), con un orecchio di un orsetto e l’altro di un cagnolino.

Il corpo era quello di un panda a cui avevano fatto qualche strana operazione chirurgica, ricucito alla fine con del filo di lana rosso. Un braccio era quello di una zebra mentre l’altro era di un topolino.

Come gambe, Stano aveva usato due robuste zampette di elefante, mentre sulla schiena del pupazzo regnava trionfante la pinna di uno squalo.
Stano ammirava compiaciuto la sua creazione.

“Sono stato proprio bravo!” si diceva tra sè, “bravo come il dottor Frankenstain!” ridendo in modo sguaiato “ah! ah! ah!”.
Ricordando in modo vago la storia del dottor Frankenstein, raccontatagli da suo cugino Corrado proprio quell’estate, voleva ricopiare fedelmente il momento in cui “la creatura” prendeva vita.

Prese tutta una serie di cianfrusaglie, cavi, fili e tubetti per costruire una finta centrale elettrica con cui dare vita alla sua creazione.
Come fosse un segno del destino, in lontananza si sentiva il rombo di alcuni tuoni e qualche lampo iniziava a farsi vedere. Stava arrivando un bel temporale.

Stano accese tutte le luci della stanza e infilò un paio di occhiali da sole, dopodichè afferrò una levetta di legno e l’abbassò.
– E ora prendi vita mio FrankenPlush!

Ci fu un lampo fortissimo fuori dalla finestra e poi un fragoroso rombo di tuono. Per un paio di secondi la luce andò via.

Per lo spavento Stano si rifugiò sotto le coperte del suo lettino. Quando sbirciò fuori dalle coperte il suo FrankenPlush era sparito.
“Dov’è finito il mio FrankenPlush?!” si chiese.
Un agghiacciante urlo di Sveva arrivò dal soggiorno.

Stano preoccupato per la sorellina, ma allo stesso tempo terrorizzato, si precipitò a vedere cos’era successo in soggiorno.
Non poteva credere ai suoi occhi: Sveva, con in mano una spada laser giocattolo, cercava di togliersi dalla gamba qualcosa… FrankenPlush!
Il pupazzo era aggrappato alla gamba di Sveva e con il braccio da zebra cercava di toccarle il viso.

Stano si precipitò a salvare sua sorella, afferrò con forza FrankenPlush e lo strattonò via.
– Lascia stare la mia sorellina, cattivo pupazzo! – gli urlò contro.

FrankenPlush per tutta risposta gli fece la linguaccia e una pernacchia e scappò via, infilando la porta di casa.

Stano non fece in tempo a capire che cosa fosse successo che sentì l’anziana vicina di casa urlare per lo spavento. Guardò allora fuori di casa e vide la vecchina semistesa a terra che, mentre si faceva aria col fazzoletto, per lo spavento gridava “Un mostro! Un mostro!”

Mentre Stano si infilava le scarpe, un altro urlo si udì poco lontano. Doveva fare in fretta! Inforcò la bici e partì all’inseguimento.

FrankenPlush aveva già sconvolto un paio di vicini, la signora del chiosco di fiori (a cui aveva rubato un mazzetto di fiori), il panettiere (dove aveva dato un morso ad una focaccia con le olive, sputazzando poi le olive…) e il bar, dove la barista per lo spavento si era rovesciata addosso un caffè macchiato caldo in tazza di vetro col manico in metallo e senza zucchero, che stava servendo al bancone.

“Ma è velocissimo! Meno male che gli ho messo delle zampette di elefante, pensa se usavo quelle del giaguaro…” pensava Steno tra sé, mentre lo inseguiva.
In meno di dieci minuti FrankenPlush aveva già terrorizzato mezzo quartiere.

Stano, mentre pedalava in cerca di una pista da seguire, sentì d’improvviso il pianto di una bambina che proveniva dal parchetto. La raggiunse e le chiese cosa fosse successo.

– Un mostriciattolo mi ha rubato la bambola… – e continuò a piangere tra i singhiozzi.
– Hai visto dov’è andato? – le chiese Stano, la bambina gli indicò la strada che portava al fiume. Stano la consolò, l’abbracciò e le promise che avrebbe cercato di riportarle la bambola, poi prese la bici e pedalò veloce giù al fiume.

Lo trovò lì, seduto immobile sulla riva con la bambola in mano. La stava fissando con uno sguardo intenso e curioso.

Stano si avvicinò cautamente per non farsi sentire, ma FrankenPlush non sembrava badargli. Arrivò fino al suo fianco, il pupazzo ruotò la testa dando uno sguardo veloce verso di lui, poi tornò a guardare la bambola.

FrankenPlush mostrò la bambola dal sorriso raggiante, gli occhi dolci e la faccia paffutella a Stano, poi con la sua zampetta di topolino indicò il suo viso ricucito e raffazzonato, e anche tutto sé stesso.

Cercò pure di farfugliare qualcosa, i suoi occhi erano tristi e se avessero potuto avrebbero versato qualche lacrima.
Stano capì: – Mi stai chiedendo perchè ti ho fatto così… ?
FrankenPlush annuì debolmente.

Stano non sapeva cosa rispondergli, per lui era stato un semplice scherzo, ma ora la sua creazione era lì davanti a lui, brutta e fatta male, ma piena di vita. E non capiva perché tutti avessero così paura di lui.

Stano si sedette vicino a FrankenPlush in silenzio, poi gli accarezzò la testolina. Il pupazzo si inclinò leggermente verso di lui, finché Stano non lo abbracciò forte forte.

– Ti voglio bene FrankenPlush, sei il pupazzo più straordinario che io abbia mai avuto – disse Stano.
FrankenPlush si strinse forte al suo braccio, ringraziandolo.

– Dobbiamo riportare la bambola alla bambina! – disse di soprassalto Stano ricordandosi della promessa fatta.
Corsero allora con la bici al parchetto, la bambina stava attendendo ansiosa la sua cara bambola.

Quando vide FrankenPlush la bimba si ritrasse paurosa, ma poi il pupazzo gliela porse gentilmente e cercò di scusarsi a suo modo. La bambina prese fra le braccia la sua bambola e guardando in faccia FrankenPlush, vide che aveva lo sguardo buono di chi vuole scusarsi.

La bimba gli sorrise, ora non aveva più paura di lui, anzi chiese come si chiamava.
– FrankenPlush! – rispose orgoglioso Stano.

Passarono quindi da tutte le persone che FrankenPlush aveva spaventato per scusarsi delle marachelle e rimediare se possibile.

La signora del bar, all’inizio molto arrabbiata, dopo le scuse lo prese in braccio e lo coccolò con amore. Il panettiere finì per regalargli una focaccia, la fioraia dopo una bella chiaccherata con Stano disse che FrankenPlush era il pupazzo più straordinario del quartiere e la vicina di casa, colpita dalla dolcezza di Frankenplush gli chiese se voleva passare ogni tanto a farle compagnia.

Tutti dopo che lo ebbero conosciuto per davvero, non ebbero più paura di lui.

Neppure Sveva, che appena lo rivide scappò a nascondersi dietro al divano, ma poi dopo che FrankenPlush la abbracciò dolcemente facendo le fusa, iniziò a riempirlo di bacetti e carezze.

E tutte le volte che poteva cercava di rubarlo al fratello per giocarci insieme.
Non capita tutti i giorni di avere un pupazzo che salta, balla, fa le linguacce e anche le pernacchie!

FrankenPlush era finalmente felice, e la sera Stano lo prendeva con sé, lo metteva nel lettino e gli teneva forte la zampetta.
Così tutti e due avrebbero fatto di sicuro dei magnifici e stupendi sogni.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il primo albero di Natale 🎄

Tanto tempo fa non c’erano gli alberi di Natale perchè nessuno li aveva ancora inventati! Ma chi sarà mai stato quindi ad avere questa splendida idea?!

Questa simpatica fiaba risponde in modo semplice e allegro a questa domanda; è stata ripresa da una leggenda nordica che noi di fabulinis abbiamo pensato di riscrivere usando un po’ di immaginazione.

Ecco allora una storia natalizia, adatta a questo periodo dell’anno in cui i bambini sognano e sperano di vedere realizzare i loro desideri.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare de “Il primo albero di Natale 🎄“!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Il primo albero di Natale 🎄


La vigilia di Natale, nel tardo pomeriggio, Babbo Natale camminava nel bosco col suo sacco in spalla, tutto nervoso…
Tra poco sarebbe dovuto partire con la sua slitta per portare i doni ai bambini di tutto il mondo, ma un pensiero lo tormentava.
Rifletteva su come lo spirito del Natale fosse cambiato negli ultimi anni.

Certo, i bambini erano felici di ricevere giocattoli e dolci, ma lui avrebbe voluto che cantassero e ballassero con le loro famiglie per festeggiare il Natale, cosa che purtroppo ormai accadeva sempre più raramente.
Avrebbe voluto riportare di nuovo tutta questa gioia ai bambini, ma non gli era venuta nessuna bella idea.
“Adesso ne parlerò con il mio aiutante Gimpy.” pensò. “Dobbiamo incontrarci per organizzare la distribuzione dei regali, magari insieme riusciamo a trovare una soluzione anche per questa cosa.”

Gimpy stava già aspettando Babbo Natale nella casetta in mezzo al bosco da dove partivano tutti i regali. Appena vide Babbo Natale gli corse incontro, ma si fermò, vedendolo così cupo.
– Cosa succede, Babbo Natale? Non sei pronto per andare a portare i regali ai bambini?-
– Non lo so – rispose Babbo Natale. – Quest’anno mi sento tanto stanco, forse è successo qualcosa che mi ha fatto perdere l’entusiasmo. Cibo e giocattoli vanno bene, ma bisognerebbe trovare un’idea nuova per rendere davvero felici le persone, per farle di nuovo cantare e ridere di gioia…

– Ci avevo pensato anch’io sai, ma non è così facile – disse Gimpy pensieroso.
– Lo so – continuò Babbo Natale, – E io ormai sono troppo vecchio. A forza di pensare ad inventare qualcosa, mi è perfino venuto mal di testa. Se si va avanti così, rischiamo che il Natale diventi una festa come tutte le altre, e questo mi renderebbe davvero molto triste.

Nel frattempo era arrivata la sera. La luna ormai saliva in cielo e il tempo iniziava a stringere, perciò decisero di fare una passeggiata: camminare nel bosco li avrebbe forse aiutati a trovare un po’ di ispirazione.
Cammina cammina, giunsero ad una grande radura circondata da piccoli e grandi abeti. Era un posto bellissimo. La neve brillava sui rami degli alberi e, sotto la luce della luna, sembrava fatta d’argento.
Gli abeti scuri per la notte e bianchi per la neve formavano un paesaggio incantato.

Rimasero però colpiti da un abete in particolare: aveva dei ghiaccioli che penzolavano dalla punta dei rami e che scintillavano per i riflessi di luce. Non avevano mai visto niente di simile.
Gimpy si avvicinò a quell’abete ed esclamò: – Che meraviglia! Babbo Natale, non è bellissimo quest’albero?
– Sì, davvero… – rispose Babbo Natale.

Erano lì incantati a guardarlo, quando Gimpy all’improvviso disse – Dammi delle mele!
– Mele? – chiese meravigliato Babbo Natale
– Su, veloce, ho avuto un’idea. Dobbiamo legarle con delle cordicelle in modo da poterle appendere all’abete.

Babbo Natale era molto perplesso, ma iniziò a cercare nel suo grande sacco e trovò sia delle mele che un po’ di corda.
Fabbricò dei piccoli lacci con la corda e, dopo averci legato le mele, le diede a Gimpy. L’elfo le prese, le lucidò bene fino a farle diventare di un rosso acceso e le appese all’albero. Quando finì sorrise soddisfatto.
– Già che ci siamo, attacchiamoci anche delle noci – continuò Gimpy.
Babbo Natale era sempre più confuso, non riusciva a capire dove l’elfo volesse andare a parare. Ma lo vedeva così deciso che non replicò.

Gimpy sfregò le noci su un panno speciale che portava sempre con sé, così da farle diventare dorate.
Quando ebbero finito, Gimpy chiese ancora: – Per caso nel tuo sacco hai delle luci, Babbo Natale?
– Purtroppo no, ma ho delle candeline, e dei fiammiferi per accenderle.
– Perfetto! – gridò Gimpy con gioia. Così presero anche tutte le candeline e le misero sui rami dell’abete e sulla sua cima. Poi le accesero.

Lo spettacolo era meraviglioso.

Nel buio, questo piccolo albero brillava come una stella, le mele mandavano riflessi rossi e le noci lo facevano splendere come se fosse d’oro. Gimpy batteva le mani e rideva felice, mentre Babbo Natale non era più arrabbiato.
Gimpy, serio ma felice, guardò Babbo Natale e disse – Ora portiamo l’albero giù in paese così com’è.
Così fecero. Giunsero in paese a notte fonda, quando tutti ancora dormivano. Gimpy indicò la porta della casa più povera del villaggio, la aprì piano e aiutò Babbo Natale a portare dentro l’abete.

Lo sistemarono in mezzo al salotto e Babbo Natale ci lasciò sotto anche un sacco di belle cose: dolci, giochi, mele e noci. Poi, sempre in silenzio, andarono via.
La mattina dopo, il più piccolo dei bambini che abitavano in quella casa si alzò per primo e, come sempre, andò in salotto.
Immaginate quanto grande fu lo stupore nel vedere lo spettacolo dell’albero addobbato!

Corse subito a svegliare mamma, papà e i fratelli, e tutti, sbalorditi per quella meravigliosa sorpresa, cominciarono a ballare e cantare intorno all’albero tenendosi per mano.
La gioia era talmente grande che non guardarono nemmeno i regali: l’albero era il vero dono per tutti.
I vicini, sentendo tutto quel cantare, corsero a vedere e a poco a poco tutto il paese si riversò in quella casa.

Rimasero tutti incantati e volevano tutti un abete così in casa loro!
Andarono nel bosco a prendere un abete e lo addobbarono con mele, noci e luci, proprio come quello fatto da Babbo Natale e Gimpy.
Quando fu sera, in ogni casa si poteva vedere brillare un albero e si potevano sentire canti di Natale.

Nel giro di pochi anni tutte le famiglie del mondo iniziarono ad addobbare un abete per Natale.
Ma la cosa più importante era che Babbo Natale era riuscito a rendere unica e indimenticabile la festa del Natale.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Il viandante 🚶

Le fiabe popolari sono piene di spunti e insegnano, tra le altre cose, ad aguzzare l’ingegno per riuscire a cavarsela in ogni situazione.

Il viandante è una rielaborazione dell’antica fiaba “La minestra di sassi” che noi di fabulinis abbiamo riscritto con la nostra fantasia. E’ una fiaba che fa capire cosa significa la condivisione: infatti, se si condivide ciò che si ha, alla fine si è tutti più felici.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il viandante raccontata da Silvia!

Il viandante 🚶 storia completa


C’era una volta un viandante che camminava per i boschi. Quel sentiero lo avrebbe riportato a casa dopo tanti anni trascorsi viaggiando.
Era sera e la stanchezza iniziava a farsi sentire. “Meglio cercare un posto dove poter fermarsi a riposare e mangiare qualcosa” pensò, ma di taverne o locande non ce n’era nemmeno l’ombra.
Finché, cammina cammina, vide una casetta con le luci accese. Si avvicinò: dentro c’era un bel fuocherello che ardeva scoppiettante. Bussò quindi alla porta.

Arrivò ad aprire una vecchietta che lo squadrò dalla testa ai piedi.
– Buonasera – disse il viandante.
– Cosa vuoi da me?! – rispose burbera la vecchietta.
– Cerco solo un po’ di caldo ed un riparo per la notte.

– Questa non è una locanda! E io non ospito estranei! – rispose ancora più arrabbiata la vecchietta.
– Non essere così scontrosa, mia signora, non pensi che sarebbe un mondo migliore se ci aiutassimo l’un con l’altro?
– Ah si? E chi aiuterà me? Io non ho nulla da darti, nemmeno un tozzo di pane…
– Mi basta poter dormire sotto un tetto, non chiedo altro…

Dopo un po’ di insistenza, finalmente, la vecchietta lo fece entrare. Quando fu dentro casa, il viandante si guardò attorno: la casa era pulita, ben tenuta e con dei bei mobili e lui si accorse che la vecchietta proprio povera non doveva essere. Così le domandò:
– Mia signora, lo so che ho chiesto solo un letto per dormire, ma possibile che non ci sia proprio nulla da mettere sotto i denti?
– Non ho da mangiare nemmeno per me, figurati se ho qualcosa da darti…

– Mi spiace molto per te, comunque se tu non hai nulla da dare a me, forse ho io qualcosa da dare a te.
La vecchietta lo guardò con aria interrogativa, così il viandante continuò.
– Viaggiando ho imparato alcuni trucchetti per preparare delle gustose zuppe usando solo alcuni sassi.
– Solo dei sassi? – chiese meravigliata la vecchietta.

– Certo, mi basta solo una pentola piena d’acqua e un mestolo, poi al resto ci penso io.
La vecchietta incuriosita corse a prendere la pentola, la riempì d’acqua e la mise sul fuoco.
A quel punto il viandante tirò fuori dalla tasca alcuni sassolini bianchi tutti lisci e tondi, li buttò nell’acqua della pentola e cominciò a mescolare.

La vecchietta guardava prima il viandante e poi la pentola curiosa e incredula.
– Sono proprio curiosa di vedere come fai a fare una zuppa con solo dei sassi – disse.
Il viandante sorrise continuando a mescolare – sassi di questa qualità fanno ottime zuppe, solo che stavolta non sono sicuro del risultato – disse con un’aria preoccupata – sai, li ho usati molte volte nei miei viaggi e penso che ormai non diano più il sapore di una volta… se avessi solo una tazza d’orzo per rendere più densa la zuppa…

– Ora che ci penso forse un po’ di orzo dovrei averlo – la vecchietta si alzò, andò alla dispensa e tornò con una tazza piena d’orzo, che il viandante versò nella pentola continuando a mescolare.
La vecchietta era sempre più incuriosita.

– Se avessimo anche qualche patata e qualche carota, questa zuppa uscirebbe veramente buona… ma inutile pensarci – continuò il viandante.
– Forse qualcosa in cantina dovrei avere – disse la vecchietta, che si alzò e tornò con alcune patate, delle carote e anche una cipolla.

Il viandante le buttò in pentola e continuò a mischiare – questa zuppa sarà proprio buona – disse – se ci fosse anche un pochino di carne avremmo un patto degno di una regina!
– Degno di una regina? – esclamò la vecchietta, che subito corse in dispensa e tornò con un bel pezzettino di carne tagliato a cubetti.
Il viandante prese e buttò nella pentola continuando a mescolare. Dopo un po’ disse che la zuppa era pronta, tolse i sassolini dalla pentola, e i due si misero a mangiare.

Fu una cena squisita, una delle migliori che la vecchietta avesse mai fatto.
– Non avrei mai pensato che da dei semplici sassolini potesse uscire una zuppa così buona! – esclamò alla fine la vecchietta.
Poco dopo andarono a dormire, entrambi passarono un’ottima notte, e al mattino il viandante trovò pure la colazione pronta!

Quando fu il momento di salutarsi, la vecchietta lo ringraziò immensamente per averle confidato il segreto della zuppa coi sassi.
Il viandante sorrise e le disse:
– Basta avere qualcosa per darle un po’ di gusto!
E si incamminò per il sentiero che lo avrebbe riportato a casa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Il rapimento di Babbo Natale 🎅😈

E se Babbo natale non può consegnare i regali, cosa succede?

I diavoletti hanno deciso di rapire Babbo Natale per far arrabbiare tutti i bambini del mondo, ma il loro astuto piano non andrà come previsto…

Ispirata al racconto di Frank Baum, già autore de “Il mago di Oz” (che potete leggere anche nella nostra versione di fabulinis) questa fiaba vi terrà compagnia in attesa della magica notte di Natale.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Il rapimento di Babbo Natale 🎅😈“!

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da William!

⚜️

Il rapimento di Babbo Natale 🎅😈


Babbo Natale viveva nella Valle Ridente insieme ai suoi cari amici folletti e fate che, dentro alla sua grande casa sempre sommersa dalla neve, fabbricavano i giocattoli da regalare ai bambini.

In tutta la Valle Ridente di Babbo Natale la felicità regnava sovrana.

Tutta questa felicità fa pensare che il caro buon vecchio Babbo Natale, così gentile e
affettuoso, non abbia nemici. E invece non è così!

Rintanati nelle cinque grotte delle montagne intorno alla Valle Ridente, vivono cinque piccoli Diavoletti, a cui Babbo Natale non piaceva per niente.

Ciascun Diavoletto viveva in una grotta tutta sua, e ognuno di loro aveva una caratteristica ben precisa; c’era il Diavoletto dell’Egoismo, il Diavoletto dell’Invidia, il Diavoletto dell’Odio, il Diavoletto dell’Inganno e infine il Diavoletto del Pentimento.

Questi Diavoletti delle caverne, pensando di avere un buon motivo per non amare il caro Babbo Natale, un giorno si riunirono per discutere la questione.

‒ Sono davvero arrabbiato! ‒ disse il Diavoletto dell’Egoismo ‒ Babbo Natale distribuisce così tanti bei regali di Natale a tutti i bambini, che diventano felici e generosi e non ascoltano più i miei consigli egoisti.

‒ Sto avendo lo stesso problema ‒ rispose il Diavoletto dell’Invidia ‒ I più piccoli sono così contenti di Babbo Natale, che in effetti riesco a convincerne pochi a diventare invidiosi.

‒ E questo mi fa infuriare! ‒ dichiarò il Diavoletto dell’Odio ‒ Perché se un bambino non prova egoismo o invidia, non può diventare odioso…‒

‒ E non pensa a ingannare il prossimo… ‒ aggiunse il Diavoletto dell’Inganno.

‒ Se è per quello ‒ disse il Diavoletto del Pentimento ‒ se nessun bambino ha bisogno di voi, figuratevi di me…

‒ E tutto a causa di Babbo Natale! ‒ esclamò il Diavoletto dell’Invidia ‒ Sta semplicemente rovinando il nostro lavoro. Bisogna fare qualcosa subito!

Approvarono tutti queste ultime parole e decisero di cercare di turbare le belle convinzioni di Babbo Natale con le loro cattiverie, per farlo diventare molto meno buono…

Così il giorno dopo, mentre Babbo Natale era impegnato al lavoro, circondato dai suoi piccoli assistenti, il Diavoletto dell’Egoismo gli spuntò vicino ad un orecchio e gli disse:

‒ Questi giocattoli sono meravigliosi! Perché non li tieni per te? È un peccato darli a quei ragazzi che li rompono e li distruggono così in fretta.

‒ E’ una cosa senza senso! ‒ disse Babbo Natale ‒ se riesco a renderli felici anche per un solo giorno all’anno, sono contento.

Il Diavoletto capì che non sarebbe riuscito a far cambiare idea a Babbo Natale e tornò dagli altri dicendo:

‒ Ho fallito, perché Babbo Natale non è affatto egoista.

Il giorno seguente il Diavoletto dell’Invidia fece visita a Babbo Natale e gli disse nell’orecchio:
‒ I negozi di giocattoli sono pieni di giocattoli belli quanto quelli che stai facendo tu. Li vendono per denaro, mentre tu non ottieni nulla per il tuo enorme lavoro.

Ma Babbo Natale si rifiutò di essere invidioso dei negozi di giocattoli.

‒ Il mio lavoro è fatto di amore e gentilezza, mi vergognerei di ricevere denaro per i miei piccoli doni. E poi io faccio i regali una volta sola l’anno, ma durante tutto l’anno i bambini devono divertirsi in qualche modo. I negozi di giocattoli sono in grado di portare molta felicità ai miei piccoli amici. Mi piacciono i negozi di giocattoli e sono felice di vederli prosperare.

Il Diavoletto dell’Invidia andò via sconsolato. Così il giorno dopo il Diavoletto dell’Odio entrò nell’affollata officina e disse all’orecchio di Babbo Natale:

‒ Nel mondo ci sono molte persone che non credono in Babbo Natale! Dovresti odiarle da tanto sono cattive!

‒ Ma io non li odio! ‒ esclamò positivamente Babbo Natale ‒ Queste persone non mi fanno nessun male, semplicemente rendono infelici se stesse e i loro figli. Preferirei di gran lunga aiutarle in qualche modo piuttosto che ferirle.

I Diavoletti capirono che, cercando di instillare sentimenti cattivi in Babbo Natale, non avrebbero ottenuto nulla. Così abbandonarono le parole dolci e decisero di usare la forza.

Era risaputo che Babbo Natale, finchè si trovava nella Valle Ridente, era ben protetto dalle fate e dagli elfi. Ma alla vigilia di Natale guidava le sue renne nel grande mondo, portando una slitta carica di regali per i bambini. Era questo il momento migliore per colpirlo. Così i Diavoletti prepararono i loro piani e aspettarono l’arrivo della vigilia di Natale.

La luna splendeva grande e bianca nel cielo, e la neve giaceva fresca e scintillante sul terreno, mentre Babbo Natale si allontanava a tutta velocità dalla Valle Ridente per andare nel grande mondo.

Assieme a lui erano partiti quattro fedeli aiutanti elfi, che stavano seduti sotto il sedile di guida, felici ed emozionati.

Babbo Natale rideva, fischiava e cantava per la gioia. Perché in tutta la sua vita allegra questo era il giorno dell’anno in cui era più felice, il giorno in cui con amore donava i tesori della sua bottega ai bambini.

Improvvisamente, però, accadde una cosa strana: una fune schizzò al chiaro di luna, un grosso cappio si posò sulle braccia e sul corpo di Babbo Natale e si strinse, legandolo stretto. Prima che potesse resistere o anche solo gridare, fu strattonato via dal sedile della slitta e ruzzolò con la testa in avanti in un cumulo di neve.

Le renne che trainavano la slitta non si accorsero di nulla e continuarono il loro viaggio, allontanandosi velocemente. Neppure gli elfi si accorsero di nulla, da sotto il sedile non potevano vedere cosa fosse successo.

I Diavoletti tirarono fuori Babbo Natale dal cumulo di neve e lo legarono per bene, per portarlo nelle loro grotte nascoste sulla montagna

‒ Ah, ah, ah! ‒ risero i Diavoletti con gioia crudele ‒ Cosa faranno adesso i bambini? Come piangeranno e si arrabbieranno quando scopriranno che non ci sono giocattoli sotto i loro alberi di Natale! Vedrai come esploderà in loro l’egoismo, l’invidia, l’odio e l’inganno!

Intanto i piccoli elfi sistemati sotto il sedile di guida iniziarono a sentire la mancanza della voce allegra di Babbo Natale, e siccome lui cantava o fischiava sempre durante tutti i suoi viaggi, il silenzio faceva intendere che qualcosa non andava.

Sporsero la testa da sotto il sedile e videro che Babbo Natale era sparito, nessuno stava guidando il volo delle renne.
Il più vicino alle briglie le prese in mano e gridò alle renne di fermarsi.

‒ Che cosa facciamo adesso? ‒ chiese uno di loro.

‒ Dobbiamo tornare subito indietro e trovare Babbo Natale ‒ disse il secondo con molta determinazione.

‒ No, no! ‒ esclamò il terzo ‒ Se ci fermiamo a cercarlo o torniamo indietro, non ci sarà tempo per portare i giocattoli ai bambini prima dell’alba, e questo addolorerebbe Babbo Natale più di ogni altra cosa.

‒ Hai ragione, dobbiamo prima compiere la nostra missione, poi cercheremo Babbo Natale! ‒ concluse l’ultimo.

Così presero le redini della slitta e ripartirono a tutta velocità per consegnare i regali a tutti i bambini del mondo.

Ma gli elfi non conoscevano bene i bambini quanto Babbo Natale. Quindi non c’è da meravigliarsi che abbiano commesso alcuni piccoli errori.

Ad una bambina che voleva una bambola consegnarono un un tamburo. Mentre un bambino che voleva degli stivali di gomma nuovi per giocare all’aperto, ricevette una scatola da cucito piena di fili colorati e aghi.

Se avessero fatto molti di questi errori, i Diavoletti avrebbero realizzato il loro malvagio scopo e reso infelici i bambini. Ma i piccoli amici di Babbo Natale si impegnarono moltissimo, cercando di concentrarsi su quello che Babbo Natale in persona avrebbe fatto, e commisero meno errori di quanto ci si potesse aspettare in circostanze così insolite.

Lavorando il più rapidamente possibile, riuscirono a distribuire tutti i regali e a tornare nella Valle Ridente. Dopo aver messo le renne e la slitta nella stalla, il piccolo popolo degli elfi e delle fate cominciò a chiedersi come avrebbe potuto salvare Babbo Natale. Tutti si resero conto che la prima cosa da fare era scoprire cosa gli fosse successo e dove si trovasse.

Tutte le fate cominciarono a sorvolare la Valle Ridente e i suoi confini, finché una di loro non notò un andirivieni strano tra le caverne dei piccoli Diavoletti. Si intrufolò in una grotta senza farsi vedere e scoprì… Babbo Natale legato come un salame! Subito tornò indietro a riferire quanto aveva visto.

Babbo Natale per tutta la notte appena trascorsa non era stato per niente allegro. Sebbene avesse fiducia nel buon cuore dei suoi piccoli amici bambini, non poteva non essere preoccupato per la delusione che una notte di Natale senza regali avrebbe portato loro.

I Diavoletti, che lo sorvegliavano a turno uno dopo l’altro, non mancavano di prenderlo in giro, e all’alba del giorno di Natale, il Diavoletto dell’Inganno gli disse:

‒ I bambini si stanno svegliando Babbo Natale! E non stanno trovando regali sotto l’albero! Vedrai come verranno a cercarci tutti i bambini arrabbiati!

Ma Babbo Natale lo guardò senza dire nulla. Vedendo che Babbo Natale non avrebbe risposto ai suoi scherni il Diavoletto dell’Inganno se ne andò e chiamò il Diavoletto del Pentimento a prendere il suo posto.

Quest’ultimo Diavoletto non era così sgradevole come gli altri. A volte era gentile, e la sua voce aveva un tono dolce e cortese.

‒ Buongiorno Babbo Natale ‒ disse ‒ ormai è mattina e la notte di Natale è andata. Non potrai più far visita ai bambini per tutto un intero anno.

‒ Vero ‒ rispose Babbo Natale quasi allegramente ‒ La vigilia di Natale è passata, e per la prima volta in molti secoli non ho portato i regali ai bambini.

‒ I piccoli saranno molto delusi ‒ mormorò il Diavoletto del Pentimento, quasi con rammarico ‒ È probabile che il loro dolore renda i bambini egoisti, arrabbiati, invidiosi e pieni di odio, e verranno a cercare noi Diavoletti. Poi forse qualcuno verrà anche da me, ma sai sono poche le persone che si pentono per davvero…

‒ Ma tu non ti penti mai? ‒ chiese Babbo Natale, curioso.

‒ Oh, sì, a volte capita ‒ rispose il Diavoletto ‒ Anche adesso mi pento di aver contribuito alla tua cattura. Naturalmente è troppo tardi per rimediare al male che ti abbiamo fatto; ma il pentimento, sai, può venire solo dopo un pensiero o un’azione cattiva, perché all’inizio non c’è niente di cui pentirsi.

‒ Ho capito ‒ disse Babbo Natale ‒ se non si fa del male, nessuno viene mai a cercarti per parlare con te. Sei sempre tanto solo…

‒ Vero… ‒ rispose il Diavoletto pensieroso ‒ tu però sei qui con me e mi stai parlando senza odio o rancore perchè non hai fatto alcun male… è la prima volta che succede… per dimostrarti che mi pento sinceramente ti permetterò di scappare.

Questo discorso sorprese molto Babbo Natale, finché non rifletté che era proprio quello che ci si poteva aspettare dal Diavoletto del Pentimento. Il tipo si diede subito da fare per sciogliere i nodi che legavano Babbo Natale quindi gli fece strada attraverso un lungo tunnel finché entrambi emersero dalla Grotta del Pentimento.

‒ Spero che mi perdonerai ‒ disse il Diavoletto ‒ Non sono un cattivo ragazzo e credo che pentirsi ogni tanto faccia molto bene alle persone.

Babbo Natale annusò l’aria fresca con gratitudine.
‒ Non porto rancore ‒ disse con voce gentile ‒ e sono sicuro che il mondo sarebbe un posto molto triste senza di te. Quindi buon Natale a te!”

Con queste parole uscì per salutare il luminoso mattino, e un attimo dopo stava fischiettando verso la sua casa nella Valle Ridente.

A camminargli incontro sulla neve c’era una colonna di elfi circondati dalle fate, partiti per salvare Babbo Natale dalle grinfie dei Diavoletti.

Non appena lo videro gli corsero incontro e iniziarono a ballare e danzare di gioia

‒ È inutile dare la caccia ai Diavoletti ‒ disse Babbo Natale ‒ Saranno pure fastidiosi, ma hanno anche loro un compito in questo mondo, e non si possono togliere di mezzo…

Gli elfi raccontarono a Babbo Natale di come avevano distribuito i giocattoli. Raccontarono anche dei piccoli errori che erano stati commessi.

Babbo Natale si mise a ridere sonoramente, poi li abbracciò tutti ringraziandoli per il grande lavoro fatto, ordinando prontamente di andare a sostituire o aggiungere regali là dove ce ne fosse stato bisogno. Così che anche quei pochi bimbi delusi dal regalo sbagliato, diventarono felici.

Per quanto riguarda i Diavoletti delle Caverne, si riempirono di rabbia e dispiacere quando scoprirono che la loro astuta cattura di Babbo Natale non era servita a nulla per colpa degli elfi.

In effetti, nessuno in quel giorno di Natale sembrava essere diventato egoista, invidioso o pieno di odio.

Fu così che i Diavoletti delle caverne non tentarono mai più di interferire con la consegna dei regali di Babbo Natale, ma si limitarono a brontolare mentre guardavano i bambini di tutto il mondo diventare molto felici nel giorno di Natale.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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Un ciuccio per Babbo Natale 🎅

Come faccio a togliere il ciuccio al mio bambino? Questa domanda tormenta tante mamme e papà, ma questa storia di Natale potrà venirvi in aiuto.

Per molti bambini, infatti, il ciuccio è un oggetto molto prezioso ed amato. Eppure per crescere bisogna lasciarlo andare…

Ma una bella storia con un po’ di magia può far superare al piccolo (e a te…) questa fase delicata: c’è chi lo regala a una fatina o chi lo regala ai delfini al mare.

Noi di fabulinis ti proponiamo questa bella fiaba in cui il ciuccio viene donato a Babbo Natale. L’ha scritta Gabriella Arcobello, psicopedagogista esperta di fiabe, e siamo sicuri che ti aiuterà in questo momento così delicato!


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Un ciuccio per Babbo Natale 🎅“!

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Un ciuccio per Babbo Natale 🎅 storia completa


Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Un ciuccio per Babbo Natale 🎅


Mancavano solo due giorni al Natale e nella casa di Leo era davvero tutto pronto: il presepe preparato nel camino e pieno di lucine; l’albero con le sue decorazioni scintillanti; il vischio verde, un po’ fatato…
Leo aveva quasi cinque anni e non vedeva l’ora che arrivasse il giorno di Natale.
L’attesa era stata lunga ma eccitante.

In quei giorni, alla scuola materna, spesso sognava ad occhi aperti l’arrivo di Babbo Natale con la sua slitta volante, tirata dalle amiche renne e stracolma di doni e pacchettini.
Con l’aiuto della mamma gli aveva scritto una letterina, chiedendogli un robot, una macchinina, un puzzle e un peluche.
Anche nel paese di Babbo Natale era ormai quasi tutto pronto.

Babbo Natale con i suoi folletti aveva lavorato tanto e a lungo per preparare e confezionare tutti i doni per tutti i bambini della terra. Ora stava facendo le ultime conte, perché guai a dimenticarsi di qualcosa e soprattutto di qualcuno.
Il pianto di un folletto piccolo piccolo però disturbava i suoi calcoli…
Conta e riconta, era costretto tutte le volte a rifare la somma. E questo era un bel problema.

Non la conta, ma quel tenero folletto di pochi mesi che piangeva così tanto: piangeva quando doveva addormentarsi; piangeva quando si svegliava; piangeva quando aveva freddo e piangeva quando aveva caldo; piangeva quando qualcuno gli si avvicinava e piangeva quando qualcuno se ne andava; piangeva, piangeva, piangeva!

Babbo Natale decise che era ora di fare qualcosa per aiutare il suo folletto più piccolo, che si chiamava Tendy.
Aveva sentito dire da qualche parte che, sul pianeta Terra, le mamme offrivano ai bambini un ciuccio per consolarli e per calmarli.
Doveva assolutamente chiedere aiuto a una mamma del pianeta Terra. E fu così che scelse proprio la mamma di Leo.

Questa gli spiegò che il ciuccio, per i bambini piccoli, è un oggetto morbido che li consola, li distrae e li aiuta ad addormentarsi.
Babbo Natale le disse: «Ora comprendo! Ne vorrei uno anch’io per regalare un po’ di serenità al mio folletto Tendy».
Pensa e ripensa, alla mamma venne un’idea:
– Stai tranquillo Babbo Natale. Chiederò a Leo, il mio bambino, e forse lui potrà aiutarti.

Il giorno dopo la mamma disse a Leo:
– Sai, Babbo Natale stanotte arriverà con i doni. Nel suo paese c’è un folletto piccolo piccolo che ha bisogno di un ciuccio. Che ne dici di offrirgli il tuo? Babbo Natale sarà contento e ti sarà grato per averlo aiutato!
Leo la guardò un po’ perplesso e molto indeciso, perché lui era davvero affezionato al suo ciuccio.

Ma alla fine accettò. La sera, prima di andare a letto, impacchettarono il ciuccio con una bella carta rossa e un fiocco dorato. Lo misero sotto l’ albero, insieme al latte per le renne e a qualche delizioso biscotto per Babbo Natale.
La mattina seguente il pacchettino che aveva preparato era sparito, insieme con il latte e i biscotti.

Leo trovò sotto l’ albero tutti i doni che aveva chiesto; anzi, c’era un pacchetto in più, proprio per lui.
Lo scarto per ultimo e dentro Vi trovò un grande lecca-lecca rosso a forma di cuore, al sapore di fragola.
C’era anche un bigliettino che diceva:
– Grazie Leo! Donando il tuo ciuccio hai fatto una cosa molto generosa. Tu hai un cuore grande grande. Per ringraziarti, io ti nomino mio FOLLETTO SPECIALE del pianeta Terra.
Firmato: Babbo Natale.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

fabulinis ringrazia la psicopedagogista Gabriella Arcobello per aver condiviso con noi questa fiaba molto educativa.

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Sara alla ricerca di Babbo Natale 🎁

La piccola Sara vuole scoprire dove vive Babbo Natale, anche perchè a furia di non vederlo mai per davvero sta iniziando a credere che non esiste! Ma per fortuna alla fine ascolterà il suo cuore…

Nel periodo di Natale è sempre bello raccontare delle favole che parlano di sogni e di desideri che si realizzano.

Quello di Sara alla ricerca di Babbo Natale lo abbiamo scrito noi di fabulinis per insegnare ai bamibini che ad ascoltare il proprio cuore non si sbaglia mai.

Sara lo ha fatto ed ha ricevuto una bellissima sorpresa!


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Sara alla ricerca di Babbo Natale 🎁“!

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Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

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Sara alla ricerca di Babbo Natale 🎁


C’era una volta una bimba che non era per niente convinta dell’esistenza di Babbo Natale.
Sara, questo era il suo nome, aveva sempre chiesto di essere portata a vedere la casa di Babbo Natale, ma nessuno era mai riuscito ad accontentarla.

La sera della Vigilia di Natale, mamma e papà le avevano messo il pigiamino e portata in cameretta per darle il bacio della buona notte.
Quando fu tutta sola, Sara iniziò a parlare al suo caro orsacchiotto.

– Io non capisco perché nessuno mi riesce a dire dove abita Babbo Natale… io vorrei tanto incontrarlo di persona!
L’orsacchiotto la fissava con i suoi grandi occhioni neri, ma non poteva darle una risposta.
– Nessuno sa dove sia Babbo Natale, e nessuno l’ha mai visto… secondo me non esiste…
In quel momento nella stanza si sentì come il suono di un campanellino.
– Ne sei proprio sicura? – disse una vocina leggera che non si sapeva da dove arrivasse.
Sarà si guardò intorno per capire chi avesse parlato, poi guardò il suo orsacchiotto, che la guardava col solito sorriso.

– Sei sicura che Babbo Natale non esista? – continuò la vocina.
– Bè no, non ne sono sicura, è che vorrei tanto vederlo, ma nessuno mi sa dire dove sia…
– E cosa ti dice il tuo cuore…?
Sara esitò un attimo.
– Che esiste…
– Allora infilati le pantofole, forse questa sera il tuo desiderio verrà esaudito…

Sara balzò giù dal letto e infilò le pantofole, che però non erano proprio le sue, erano pantofole magiche! Ma Sara non ci fece nemmeno caso.
Una volta infilate le pantofole, la finestra della cameretta si aprì, e come per magia i suoi piedini si staccarono dal pavimento e Sara uscì dalla stanza volando leggera come un soffio di vento.

Sara era tutta circondata da piccole scintille, e continuò a salire sempre più in alto, finché le luci delle case del paese diventarono piccole piccole.
Sara iniziò a sorvolare prati innevati, foreste e pianure, finché ad un certo punto arrivò ad una vallata tutta piena di abeti addobbati con luci e festoni. In mezzo c’era una piccola casetta, tutta illuminata.

Piano piano Sara cominciò a scendere verso la casetta, fino a posarsi proprio di fronte alla porta.
Sara era ancora tutta emozionata per il volo appena fatto e per i meravigliosi paesaggi visti, ed era rimasta davanti alla porta con la bocca aperta.
Dalla casetta tutta illuminata si sentivano provenire dei bellissimi canti di Natale.

Sara alzò la manina per bussare, ma la porta si aprì ancor prima di averla toccata. Davanti a lei c’era un elfo vestito di verde, tutto sorridente.
– Ciao! – esclamò l’elfo – benvenuta nella casa di Babbo Natale!
Sara, sempre più meravigliata e piena di gioia, entrò.

Si ritrovò in un enorme e fiabesco salone, dove c’era l’albero di Natale più grande che avesse mai visto.
Nella sala cantavano e saltellavano un sacco di elfi, tutti indaffarati per i preparativi della Vigilia di Natale, e tutt’intorno all’albero era un tripudio di regali, dolci, festoni e colori.
Sara era talmente sbalordita da tutta quella meraviglia che continuava a guardarsi intorno ancora a bocca aperta.

Finché, da una porta laterale, entrò un grande omone, tutto vestito di rosso e bianco. Era Babbo Natale!
Sara non credeva ai propri occhi, era lui, era veramente lui! Finalmente ogni dubbio era svanito.
Babbo Natale le andò incontro per salutarla.
– Ciao piccolina, come ti chiami? – le chiese con la sua vociona bella e calda.
– Io mi chiamo Sara.. Ma tu… ma tu.. sei Babbo Natale!? – chiese esitante Sara.
– Certo, mia piccola Sara! – e ridendo per la domanda, Babbo Natale fece un “Oh oh oh” che rimbombò per tutto il salone.

La bocca di Sara si spalancò dalla gioia come mai si era spalancata prima.
– Ma allora esisti!
Babbo Natale annuì con un gran sorriso, e accarezzandole i capelli, le rispose:
– Mi spiace solo di non poterti dedicare molto tempo mia piccola Sara. Purtroppo stasera è la Vigilia di Natale, e io e i miei amici Elfi siamo molto indaffarati a preparare tutti i regali da consegnare ai bambini, vedi? – e indicò con la mano il grande salone e tutti i doni posti intorno all’albero.

Sara si voltò a guardare gli elfi che correvano come matti in ogni dove a prendere e spostare i pacchi regalo.
“Con tutto quello che ha da fare, Babbo Natale è riuscito a trovare un momento tutto per me e salutarmi”.
Sara era commossa da tanta gentilezza.
– Scusami piccola Sara, ma ora devo proprio andare – disse Babbo Natale sorridendole.
Sara lo guardò, ed in un impeto di coraggio gli chiese:
– Posso venire con te sulla tua slitta? Sono piccolina, mi metto in un angolino e prometto di non disturbare…!

Babbo Natale guardò il suo aiutante elfo, che sorrise.
– Va bene, vieni con me! – la prese per mano e la portò fuori sul retro della casa, dove c’era la grande slitta di Babbo Natale.

Era la più grande slitta che avesse mai visto, strapiena di regali, con le renne scalpitanti pronte a partire.
Babbo Natale prese Sara e la fece sedere accanto a lui.
– Tieniti forte al mio braccio! – le disse facendole l’occhiolino. Partirono veloci veloci sulla neve finché, come per magia, la slitta cominciò a volare sopra gli alberi della vallata, e poi sempre più su!

A Sara sembrava di vivere in un sogno. Sotto di lei il mondo era piccolo piccolo, e la slitta andava così veloce che in un attimo furono sopra una città.
Babbo Natale si fermava sopra i tetti, spariva giù per i camini a consegnare i regali e, in un batter di ciglia, era di nuovo accanto a lei.

E continuarono così di città in città, fino ad arrivare al paesello dove viveva Sara.
Babbo Natale accostò la slitta alla finestra ancora aperta della cameretta di Sara, la accompagnò dentro e le rimboccò le coperte.
Sara sentì gli occhietti chiudersi dalla stanchezza: quante emozioni aveva vissuto in così poco tempo…
– Buon Natale mia piccola Sara, e sogni d’oro.

Mentre Sara chiudeva gli occhi, Babbo Natale le fece un’altra carezza, e prima di ripartire con la sua grande slitta a consegnare tutti i regali, andò dove c’era l’albero di Natale di Sara…

Così arrivò il mattino di Natale. Non appena sveglia, Sara infilò le pantofole, prese il suo orsacchiotto e corse in salone, dove c’era l’albero di Natale.
E il suo regalo era proprio lì sotto, una bellissima scatola rossa con un fiocco d’oro sopra.

Papà e mamma la presero in braccio e le augurarono buon Natale.
Lei li abbracciò entrambi tutta felice e raccontò loro la meravigliosa avventura della notte appena trascorsa. I suoi genitori erano un po’ confusi, non si erano accorti di niente e stentavano ad immaginare la loro bambina in compagnia di Babbo Natale a consegnare i regali… Ma non importava.

Per Sara quello era stato il Natale più bello della sua vita, già non vedeva l’ora che arrivasse quello successivo!
Perché ora sapeva che Babbo Natale esiste veramente, le era bastato ascoltare il suo cuore.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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L’arrivo dei Magi 🎁

Sicuri che valga veramente la pena litigare con una persona e rischiare di perderla anche se le si vuole veramente bene…?

“L’arrivo dei Magi” è una fiaba creata da noi di fabulinis ispirandoci al racconto di O. Henry “Il dono dei Magi”.

E’ ambientata nel periodo dell’epifania e della festa della Befana.

Spiega ai bambini come la generosità venga sempre premiata, ed é un racconto con un po’ di nostalgica magia da raccontare ai nostri bambini durante tutto il periodo delle feste natalizie.


Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “L’arrivo dei Magi 🎁“!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Qui sotto trovi la fiaba da leggere, ma se vuoi puoi ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!

⚜️

L’arrivo dei Magi 🎁


Era il giorno prima dell’arrivo dei Magi, i grandi saggi che venivano da oriente a portare i doni ai bambini, e in paese si stavano facendo i preparativi per le feste.
In questo piccolo paesino vivevano due fratellini, Delia e Gioele, che si volevano tanto bene e stavano sempre insieme.
Ma anche loro, come tutti i fratellini, ogni tanto bisticciavano, e a volte si facevano dei dispetti veramente tremendi.

E quel giorno Delia e Gioele litigarono furiosamente. I due si azzuffarono talmente tanto che quando la mamma li divise, li sgridò così sonoramente che Delia e Gioele piansero tantissimo.
– Se non fate subito la pace i Magi penseranno che siete due bambini cattivi, e saranno veramente dispiaciuti! – disse loro la mamma.
Ma Delia e Gioele non volevano ascoltarla. Ognuno di loro pensava di aver ragione e non avrebbe mai chiesto scusa all’altro.
Così la mamma li mise in castigo, a riflettere sul loro comportamento.

Delia stringeva forte la sua bambola, era il suo giocattolo preferito e non la lasciava mai.
Gioele stringeva forte il suo inseparabile trenino di legno, che trascinava col cordino per tutta la casa.
Dopo un po’ la mamma tornò e chiese:
– Avete riflettuto bene sulla vostra condotta?
– Sì… – risposero i due con un tono non molto convinto.
– Fate la pace?
– Sì… – sempre con lo stesso tono.
– Allora datevi un bell’abbraccio e fate pace.
Delia e Gioele si avvicinarono lentamente, si diedero un abbraccio velocissimo e poi si allontanarono sempre col broncio.

La mamma, che aveva notato questo finto abbraccio di pace, li riprese:
– Bimbi miei, ricordatevi che i Magi sanno leggere nel vostro cuore, e se le vostre scuse non sono sincere loro lo sapranno, e ne saranno veramente dispiaciuti!
Delia e Gioele furono molto colpiti da queste parole.
I Magi venivano una volta sola l’anno, e per i bambini avevano sempre dei bei regali, ma sapevano anche che ai bambini monelli portavano solo del carbone…

I due si guardarono di nuovo negli occhi, ma l’orgoglio ferito bruciava ancora troppo, e corsero via nelle rispettive camerette.
Le parole della mamma continuavano a ronzare nelle loro teste. In fin dei conti Delia e Gioele si volevano veramente un gran bene, e iniziavano a sentirsi veramente dispiaciuti per come si erano comportati.
Delia teneva in mano un disegno che Gioele le aveva fatto e a cui era tanto affezionata. Più lo guardava e più si sentiva in colpa per quello che era successo.

Decise che doveva andare a scusarsi. Lasciò andare il disegno, che scivolò per terra, e in punta di piedi andò verso la cameretta di Gioele.
Gioele stava per fare la stessa cosa, ma mentre infilava una delle ciabatte inciampò e cadde per terra. Guardando furioso la ciabatta disse:
– Cattiva!
Ma Delia era lì sulla porta e, sentendo quelle parole, credette che Gioele fosse ancora arrabbiato con lei. Perciò corse via.

– Gioele è davvero arrabbiato con me, devo farmi perdonare ad ogni costo! – si disse la bimba con le lacrime agli occhi, mentre stringeva a sé la sua amata bambola.
Gioele sentì correre, capì che era Delia, e quando uscì in corridoio vide la sua cameretta vuota col disegno per terra.
– Delia non avrebbe mai buttato a terra il mio disegno se non fosse veramente arrabbiata con me… devo assolutamente farmi perdonare! – si disse Gioele, mentre tirando il suo trenino di legno correva a vedere dove fosse andata Delia. Ma di lei in casa non c’era più nessuna traccia…

Delia era uscita. Per le vie del paese c’erano tante bancarelle, piene di cose bellissime: dolci, vestiti, leccornie e chi più ne ha più ne metta.
– Per farmi perdonare da Gioele potrei fargli un super regalo… – pensò Delia.
Cammina cammina, Delia arrivò alla bancarella di un rigattiere, che tra le altre cose aveva un sacco di giocattoli usati ma ancora tenuti bene.

Delia si avvicinò e tra tutte le cose notò una piccola stazioncina ferroviaria in legno, che sarebbe stata benissimo col trenino di Gioele.
Delia guardò il rigattiere e indicò la stazioncina di legno.
– Sono venti soldini piccola mia – disse il rigattiere.
Ma Delia venti soldini non li aveva… l’unica cosa che aveva era la sua amata bambola, e la porse al rigattiere.
L’uomo fu molto colpito da quel gesto.

– Vuoi fare a cambio con la stazioncina?
Delia fece di sì con la testa.
Il rigattiere prese la bambola e diede la stazioncina alla bimba, che dando un ultimo sguardo alla sua amata bambola, corse via.
Il rigattiere, ancora stupito per quel gesto, guardò la bambola, e poi la mise sotto il suo banchetto, in modo che non si potesse vedere.

Anche Gioele era uscito in cerca di un regalo da fare a Delia per farsi perdonare, e anche lui capitò alla bancarella del rigattiere.
Vide tra tutti i giocattoli una bella culla per le bambole. Lì dentro Delia avrebbe potuto mettere la sua e giocare tutta felice.
Gioele guardò il rigattiere e indicò la culla.
– Sono venti soldini piccolo mio – disse il rigattiere.

Ma Gioele venti soldini non li aveva… l’unica cosa che aveva era il suo trenino, e lo porse al rigattiere.
– Vuoi fare a cambio con la culla?
Gioele fece di sì con la testa.
Il rigattiere prese il trenino e diede la culla al bimbo, che dando un ultimo sguardo al suo amato giocattolo, corse via urtando una signora che passava.

– Gioele! Attento a dove corri! – lo sgridò la signora, ma Gioele ormai era lontano per sentirla.
– Conosce quel bambino signora? – chiese il rigattiere.
– Si, è il figlio di una mia cara amica…
Il rigattiere annuì, e ripose il trenino sotto il suo banchetto, proprio accanto alla bambola di Delia.

Quando Gioele tornò a casa c’era Delia ad aspettarlo, aveva le mani dietro la schiena e sembrava molto emozionata.
Gioele non vedeva l’ora di fare pace con la sorellina ed era così emozionato che inciampò e cadde a terra insieme alla culla.
Delia gli corse incontro – ti sei fatto male?
– No no… tutto a posto – e prendendo la culla da terra gliela porse – tieni Delia, questa è per la tua bambola… scusami tanto per prima… mi perdoni?

Delia guardò la culla dove avrebbe potuto mettere la sua bambola, poi prese la stazioncina e la porse a Gioele.
– Perdonami tu fratellino, anche a me dispiace tanto per prima… ma dov’è il tuo trenino?
Gioele, mentre rimirava la stazioncina in legno, le disse:
– L’ho scambiato per la culla… ma dov’è la tua bambola?
Delia indicò la stazioncina e Gioele capì.

I due si abbracciarono forte forte piangendo di gioia e si promisero che non avrebbero mai più litigato, non ricordavano nemmeno il motivo…
Avevano sacrificato entrambi la cosa più preziosa che avevano per far felice l’altro, e i Magi sarebbero stati fieri di loro.

Delia e Gioele andarono a nanna felici, stringendo forte forte i loro nuovi giocattoli, e fecero sogni bellissimi.
Al mattino la mamma li svegliò di buon’ora – Delia, Gioele, sveglia che è pronta la colazione!
I due corsero in cucina dove li aspettava la mamma che subito chiese loro:
– Ma come mai questa notte avete lasciato la bambola e il trenino fuori dalla porta di casa a prendere il freddo?
Delia e Gioele si guardarono stupiti, i Magi erano passati per davvero a dare i regali, e che regali! Avevano riportato i loro amati giocattoli!
Per Delia e Gioele fu uno dei giorni più felici della loro vita, e da quel momento non smisero mai più di volersi bene.

⚜️ Fine della fiaba ⚜️

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La zia di Adele 🧙‍♀️

Quante sorprese se si ha una zia che in realtà è una simpatica strega!

Questo breve racconto è stato ispirato dalla fiaba russa “Baba Jaga”, nella quale la bimba protagonista viene mandata da questa strega che non è esattamente buona e amichevole…

Noi di fabulinis abbiamo scritto la nostra versione, e la strega cattiva è diventata invece una simpatica zia.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare la zia di Adele raccontata da Silvia!

La zia di Adele 🧙‍♀️ storia completa


C’era una volta Adele, una bimba simpatica e piena di vita, talmente piena di vita che ogni sera tornava a casa sempre con qualche rattoppo da fare ai vestiti!
Per Adele, giocare a correre e saltare sui prati con gli amici era la cosa più divertente del mondo.

Solo che una sera la mamma aveva finito il filo per aggiustarle i vestiti, così, il giorno dopo, disse ad Adele di andare dalla zia Greta a chiedere un po’ di filo e anche qualche ago, già che c’era.

Adele era sempre felice di andare dalla zietta Greta. La sua casetta stava sulla collina e la strada per arrivarci passava attraverso un boschetto pieno di alberi alti alti, ma, soprattutto, a casa sua succedevano sempre un sacco di cose strane e divertenti.
C’era una cosa che però Adele non sapeva. Visto che era ancora una bimba, mamma e papà non le avevano detto che in realtà la zia Greta era una strega!

Adele, quindi, si incamminò e passeggiò contenta fino alla casa della zia, che, sentendola arrivare, chiese al gatto di andare ad accoglierla…
Il gatto uscì di casa, corse incontro alla bimba e le si infilò così velocemente tra le caviglie che Adele inciampò e cadde a terra, ma non si fece nemmeno un graffio perché era caduta su della morbida e bellissima stoffa a fiorellini. Adele si rialzò, prese la stoffa e cercò il gatto per poterlo salutare, ma il gatto era sparito… un po’ confusa bussò alla porta.

– Ciao zietta, sono Adele!
– Ciao Adele, che piacere vederti!
– Guarda, ho trovato questa stoffa qui fuori casa – disse Adele porgendogliela.
– Ecco dove era finita… sono sempre la solita sbadata, grazie mille Adele! – La zia Greta abbracciò la nipotina e la fece entrare in casa.

– Vuoi la merenda Adele?
– Siiiiii!! – Adele corse in cucina dove sulla tavola c’erano latte, biscotti e fette con la marmellata. Mentre mangiava i biscotti vide nella scatola qualcosa di strano: erano dei bellissimi nastrini colorati.
– Zia! Zia! Ci sono dei nastrini colorati dentro la scatola dei biscotti! – disse Adele.
– Ah, ecco dove erano finiti, era tutta la mattina che li cercavo! – La zia li prese e li mise accanto alla stoffa.
Adele era tutta contenta, per ben due volte aveva ritrovato delle cose smarrite dalla zia.

– Vuoi del succo di frutta Adele?
– Siiiii!!
La zia Greta le porse un grande bicchiere di succo con una lunga cannuccia da cui Adele iniziò subito a bere. Ma, dopo un paio di sorsi, sentì qualcosa di strano: dalla cannuccia stava uscendo un lungo filo di seta bianco!
– Ma zia! Hai dimenticato del filo di seta nel succo!
– Ahhh, che sbadata la tua zia! Anche questo ho dimenticato in giro oggi… ormai non so più dove ho la testa – le sorrise e tirò il lungo filo di seta fuori dalla cannuccia. Adele la guardava divertita.

– Ecco fatto! – zia Greta arrotolò il filo, lo sciacquò e lo mise in un piccolo sacchetto.
– Ma dimmi Adele, la mamma mi aveva avvertito che saresti passata a prendere alcune cose, cosa ti serve?
– Ago e filo… la mamma mi deve rammendare dei vestiti…
– Ancora?! Sempre a saltare e a correre, vero? – disse la zia ridendo, mentre già preparava una borsa con dentro la stoffa, i nastrini, il filo di seta e qualche ago.

– Tieni questa borsa, portala alla mamma.
– Ma dentro ci sono anche altre cose!
– Non preoccuparti, adesso dammi un bacio e poi vai!
– Va bene… – Adele diede un bacio alla zia e poi corse verso casa.

– Ciao mamma, sono tornata!
– Eccoti! Come è andata dalla zia?
– Bene! E mi ha dato anche un sacco di altre cose oltre all’ago e al filo!
– Tipo? – chiese la mamma.
– Tipo queste! – Adele infilò la mano nella borsa per tirare fuori la stoffa, i nastrini e il filo di seta, ma invece… magia!

Si trovò in mano un bellissimo vestitino a fiorellini, tutto ornato di nastrini colorati e cucito con del filo di seta bianco.
Adele rimase stupita, non aveva capito come la zia avesse potuto infilare di nascosto quel vestitino nella borsa… ma era tanto contenta, non vedeva l’ora di indossarlo e soprattutto… di tornare a far merenda dalla zia!

⚜ Fine della fiaba ⚜