Un Viaggio Incantato nel Cuore delle Mille e una Notte
Questo racconto intramontabile, tramandato attraverso i secoli, ci trasporta in un mondo ricco di mistero e meraviglia, dove il giovane Aladino, un ragazzo di strada, si trova improvvisamente catapultato in un vortice di eventi straordinari.
Questo racconto incarna il desiderio umano di superare le sfide, di realizzare sogni impossibili e di scoprire il grande potere che solo la magia di un Genio della lampada può fare.
Alla fine del racconto troverai anche il 🎨 Disegno da colorare di “Aladino e il Genio della lampada 🧞“!
Qui sotto trovi la
fiaba da leggere, ma se vuoi puoi
ascoltare l’audiofiaba 🧸 raccontata da Silvia!
⚜️
Aladino e il Genio della lampada 🧞
C’era una volta Mustafà, di professione sarto, che aveva un figlio di nome Aladino.
Purtroppo Mustafà morì quando Aladino era solo un ragazzo, senza avergli potuto insegnare ad essere un sarto come lui. Così Aladino passava le giornate a bighellonare per strada insieme ad altri ragazzi.
Un giorno gli si parò davanti uno sconosciuto, probabilmente straniero, e gli chiese se non fosse il figlio di Mustafà il sarto.
– Lo sono, signore – rispose Aladino – ma è morto molto tempo fa.
Lo straniero gli si gettò al collo e lo abbracciò, dicendo:
– Sono tuo zio Jaffar e ti ho riconosciuto dalla tua somiglianza con mio fratello! Portami da tua madre così che io possa salutarla.
Aladino accompagnò lo zio a casa sua. Sua madre rimase molto colpita nel conoscere Jaffar.
– In effetti mio caro Aladino, tuo padre una volta mi ha accennato di avere un fratello – disse sua madre – ma non l’ho mai conosciuto… sai tuo padre non voleva mai parlare del suo misterioso passato…
Passarono così la serata, dove Jaffar raccontò dei suoi viaggi e i commerci che faceva nella sua città natale, la città dalle mura di fango. Alla fine Jaffar chiese se poteva prendere Aladino con sè per farlo diventare un mercante di stoffe come lui.
La madre acconsentì.
Così il giorno dopo Jaffar condusse Aladino fuori dalle porte della città. Quindi proseguirono il viaggio finché non raggiunsero l’imbocco di una stretta valle ai piedi di due montagne.
– Ci fermeremo qui – disse lo zio – ti mostrerò qualcosa di meraviglioso, intanto raccogli dei rami per accendere un fuoco.
Quando il fuoco fu acceso il mago vi gettò sopra una polvere magica dicendo allo stesso tempo alcune parole sconosciute. La terra ai loro piedi tremò leggermente e si aprì davanti a loro una botola fatta di una pietra piatta e quadrata con al centro un anello di ottone per sollevarla.
– Cosa hai fatto, zio? – chiese meravigliato Aladino.
– Non temere nulla ragazzo, adesso ti spiego una cosa… – Jaffar guardò Aladino intensamente negli occhi – Io non son un mercante di stoffe, sono un mago, come tuo padre Mustafà non era un sarto, ma mago pure lui…
Aladino sgranò gli occhi, poi Jaffar continuò:
– Per un motivo a me sconosciuto aveva deciso di bandire la magia dalla sua vita, ed è fuggito senza lasciare più traccia.
Aladino lo ascoltava con attenzione.
– Così facendo però ti ha privato del suo tesoro, che sta sepolto proprio qui sotto – disse indicando la botola di pietra.
Aladino guardò la botola e spalancò la bocca dallo stupore.
– Solo tu, figlio di Mustafà puoi aprire questo ingresso ed entrare nella Grotta delle Meraviglie, ma devi stare attento e fare esattamente quello che ti dico:
– Afferra l’anello sulla pietra, e tiralo con forza, ti appariranno delle scale, scendile e ai piedi di quei gradini troverai una porta aperta che conduce in tre grandi sale. Mi raccomando! Attraversale senza toccare nulla, o morirai all’istante… Queste sale conducono in un giardino, continua a camminare finché non arrivi a una nicchia nel muro dove c’è una lampada ad olio, prendila e torna subito indietro.
Aladino annuì attonito, poi tirò l’anello e la botola si aprì, scese le scale e fece come aveva detto Jaffar, attraversò le tre sale, poi il giardino e infine trovò la lampada. La prese e corse subito indietro.
Quando fu quasi in cima alle scale suo zio Jaffar lo bloccò gridando:
– Fermati! Prima di uscire passami subito la lampada!
– Perchè non posso uscire e poi dartela?! – rispose contrariato Aladino.
– Tu dammela e basta! – urlò Jaffar.
Aladino intuendo che Jaffar avrebbe preso la lampada e poi avrebbe richiuso la botola, urlò a sua volta – No! – e ridiscese correndo le scale.
– Stupido ragazzo! – sentì gridare alle sue spalle mentre la botola si chiudeva lentamente imprigionandolo nella grotta.
Per due giorni Aladino rimase nell’oscurità, piangendo e disperandosi. Poi non sapendo cos’altro fare prese la lampada e, dopo averla rigirata e rimirata a lungo, la prese tra le mani e la strofinò.
D’improvviso dalla lampada uscì del fumo denso e compatto, che prese le sembianze di una persona che con riverenza fece un inchino ad Aladino dicendo:
– Io sono il Genio della lampada, e sono qui per esaudire ogni tuo desiderio.
Aladino rimase di stucco, quasi spaventato, poi ripresosi chiese con un filo di voce:
– Veramente puoi esaudire ogni mio desiderio…?
Il Genio annuì.
– Allora fammi uscire di qui! – disse Aladino.
Il Genio schioccò le dita e si ritrovarono magicamente all’esterno della grotta, proprio sopra la botola di entrata. Di Jaffar non c’era più l’ombra.
– Come avete desiderato, mio signore – disse il Genio, che facendo un inchino sparì lentamente nella lampada.
Aladino corse come il vento verso casa, dove sua madre lo accolse a braccia aperte. Le raccontò tutta la sua avventura, poi strofinando la lampada fece apparire il Genio e gli chiese di preparare un sontuoso banchetto per entrambi.
Il Genio schioccò le dita e la tavola fu imbandita di ogni prelibatezza presente sulla faccia della terra. Sua madre quasi svenne dallo stupore.
Con l’aiuto del Genio, Aladino divenne il più ricco mercante della città, viveva in una reggia e aveva preso molte persone al suo servizio.
Un giorno il Sultano emanò un ordine molto strano: l’obbligo a tutti i cittadini di restare in casa con le persiane chiuse mentre la principessa sua figlia attraversava la città per andare al fiume a rinfrescarsi.
Aladino, incuriosito, fu preso dal desiderio di vedere la figlia del Sultano in viso, per verificare se fosse così bella come si raccontava. Così si nascose e quando finalmente la vide se ne innamorò all’istante.
In quel preciso momento decise che doveva chiederla in sposa al Sultano.
Così ordinò al Genio di preparare ogni giorno un sacchetto pieno d’oro e gioielli da consegnare al Sultano in segno di omaggio.
Fu così per sei giorni, finché il Sultano incuriosito da tutto quell’oro e quei preziosi decise di dare udienza ad Aladino.
Aladino si presentò al suo cospetto e, dopo le dovute cortesie, gli disse:
– Voglio il permesso di sposare sua figlia, la principessa Yasmin.
Il Sultano, per niente felice di dare sua figlia in sposa ad un mercante invece che ad un principe di lignaggio reale, sperava di prendere in giro Aladino, acconsentendo alle nozze ad una condizione: portargli quaranta forzieri ricolmi di oro e quaranta forzieri ricolmi di gioielli.
Aladino sorrise e disse:
– Come lei ordina.
Tornò quindi nella sua reggia e ordinò al Genio di preparare quanto richiesto. Dopo solo un’ora dall’udienza con Aladino, il sultano si vide consegnare i quaranta forzieri pieni d’oro e i quaranta forzieri pieni di gioielli da altrettanti servitori di Aladino.
Il sultano rimase a bocca aperta e acconsentì alle nozze tra Aladino e Yasmin, che vennero celebrate già il giorno seguente.
La notizia del matrimonio reale si sparse per tutto il medio oriente, e così Jaffar venne a sapere che Aladino non solo non era morto nella grotta, ma aveva addirittura sposato la figlia del Sultano, e tutto questo sicuramente grazie all’aiuto del Genio della lampada.
Jaffar voleva impossessarsi di quella lampada ad ogni costo, così architettò un astuto piano.
Una volta giunto al palazzo reale iniziò a frequentare la servitù di corte, finché non conobbe la signora che provvedeva alla pulizia delle camere reali.
Jaffar, travestito da mendicante, aspettò che Aladino si allontanasse per un viaggio di una settimana, e si avvicinò alla signora delle pulizie dicendole:
– Il principe Aladino non ha forse bisogno di lampade nuove per le sue reali camere? Se mi permette di ritirare le vecchie lampade gliele offro per un prezzo davvero simbolico, mi basta una forma di pane per cenare questa sera – e da una borsa tirò fuori una lampada nuova scintillante.
La signora delle pulizie si rammentò di una vecchia lampada che stava sempre nella camera del principe Aladino e, credendo di fare l’affare, corse subito a prenderla per darla a Jaffar assieme al pezzo di pane.
Jaffar prese la lampada magica e, dopo aver fatto la riverenza, uscì dalle porte della città e si nascose in un luogo solitario, dove rimase fino al calar della notte.
Quando finalmente tirò fuori la lampada e la strofinò, il Genio apparve.
– Io sono il Genio della lampada, e sono qui per esaudire ogni tuo desiderio.
Jaffar sorrise beffardamente e disse:
– Desidero portare via l’intera reggia di Aladino e la principessa Yasmin nella mia città dalle mura di fango, così che nessun suddito del Sultano possa mai trovarci.
Il Genio schioccò le dita e tutta la reggia con all’interno Yasmin e la servitù sparì all’improvviso.
In città si diffuse il panico, nessuno sapeva dove fossero finite la reggia e la principessa. Aladino tornò di fretta indietro dal suo viaggio ed incontrò il sultano che gli disse:
– Che magia è mai questa?! Solo un potente mago può fare questo!
– Lo so mio signore, e so anche chi potrebbe essere stato… – rispose Aladino.
– E allora và e ritorna con mia figlia, altrimenti ti passerò a fil di spada!
Aladino prese un destriero e si mise al galoppo. Aveva intuito che solo suo zio Jaffar era a conoscenza della lampada e dei suoi poteri, e solo lui avrebbe potuto usarla.
Iniziò quindi a viaggiare per il deserto verso la città dalle mura di fango di cui Jaffar gli aveva parlato la sera che lo conobbe.
Aladino cavalcò tutto il giorno e tutta la notte, finché all’alba non intravide la città dalle mura di fango e la sua reggia.
Arrivò fin sotto il palazzo, dove Yasmin lo stava aspettando sulla soglia della porta d’entrata.
I due si abbracciarono, poi Aladino chiese dove fosse Jaffar e dove fosse la sua lampada.
– Adesso non è qui, ma porta la lampada sempre con sé appesa al collo. Ha detto che se non acconsento a sposarlo mi ucciderà!
Aladino pensò a cosa fare, poi ebbe un’idea:
– Questa sera a cena indossa il tuo vestito più bello – le disse – e accogli il mago con un gran sorriso facendogli credere che mi hai finalmente dimenticato. Invitalo a bere il vino e digli che vuoi assaggiare il più prezioso delle sue riserve, andrà a prenderne un po’, e mentre se ne sarà andato ti dirò cosa fare…
Yasmin ascoltò Aladino e fece come lui aveva detto. Quella sera mise il suo vestito più bello ed invitò Jaffar a portarle il migliore tra i suoi vini, Jaffar andò quindi a prendere il vino.
In quel momento Aladino, uscì dal suo nascondiglio e diede una polverina a Yasmin:
– Versala tutta nella tua coppa, quando brinderete porgigliela in segno di pacificazione.
Yasmin versò la polverina nella sua coppa, poi Jaffar tornò col vino e brindarono. Yasmin porse la sua coppa a Jaffar che, lusingato dal gesto, la prese e bevve. Quasi all’istante Jaffar cadde svenuto sul pavimento.
Aladino ricomparve e velocemente prese la lampada che Jaffar portava appesa al collo, la strofinò e il Genio comparì al loro cospetto.
– Facci subito tornare a casa, reggia compresa, ma lascia qui Jaffar nella sua terra!
Il Genio schioccò le dita e in un battibaleno Aladino e Yasmin furono nuovamente a casa loro.
Il sultano fu immensamente felice di rivedere entrambi e indisse una festa che durò tre giorni e tre notti.
E Aladino e Yasmin vissero per sempre felici e contenti.
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