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Categoria: natale

L’omino di pan di zenzero 😄

Son l’omino di pan di zenzero e dal forno son scappato, ora che sono in libertà mai nessun mi piglierà!

La storia del’omino di pan di zenzero risale addirittura al sedicesimo secolo, quando la regina Elisabetta I d’Inghilterra faceva preparare questi biscottini dalle sembianze di un buffo omino per gli ospiti importanti della corte reale.

Col tempo divenne poi una breve storia popolare con molteplici sviluppi e diversi finali.

La versione più famosa è quella che vi raccontiamo qui su fabulinis!

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare dell’omino di pan di zenzero!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare l’omino di pan di zenzero raccontata da William!

L’omino di pan di zenzero 😄


C’erano una volta una vecchina e un vecchietto che non avevano figli, lei badava alla casa mentre lui coltivava i campi.

Un giorno, quasi per gioco, la vecchina decise di preparare un dolcetto di pan di zenzero a forma di omino, forse pensando al bambino che non avevano mai avuto ma che avevano sempre tanto desiderato.

Così prese acqua, farina e spezie, stese la pasta e ritagliò con cura la sagoma dell’omino, lo decorò e finito il lavoro lo mise dentro il forno.

Ma una fatina un po’ maldestra stava sbirciando la scena di nascosto, e decise di esaudire il grande desiderio della donna di avere un bimbo. Recitò quindi una magia, di cui però non era molto sicura, e nel forno accadde qualcosa di magico.

Quando la vecchina aprì lo sportello del forno, l’omino di pan di zenzero era vivo!
Lui le sorrise beffardamente e saltò giù correndo via per la porta di casa.

Mentre correva e gridava dalla felicità, l’omino di pan di zenzero fu notato dal vecchino, che smise di coltivare la terra attirato anche dalle urla della moglie che rincorreva il buffo dolcetto.

L’omino di pan di zenzero cantava allegramente:
– Son l’omino di pan di zenzero e dal forno son scappato, ora che sono in libertà mai nessun mi piglierà!

Anche il vecchietto iniziò quindi a rincorrere il buffo omino insieme alla moglie, che gli urlava dietro:
– Dove vai birbante! Sei appena nato e già fai il monello!
Ma l’omino di pan di zenzero rideva allegro e correva più veloce.

I due vecchietti però dopo un po’ furono esausti e non ce la facevano più a correre, così chiesero a un loro amico agricoltore di rincorrerlo per loro.
L’agricoltore iniziò a correre dietro l’omino di pan di zenzero, e dopo un po’ anche lui chiese l’aiuto della mugnaia.

Ma anche la mugnaia dovette arrendersi al piccolo e veloce omino di pan di zenzero, chiese così aiuto al fabbro, che poi lo chiese al lattaio che lo chiese alla sarta…

In men che non si dica l’intero paese correva dietro all’omino di pan di zenzero, che sempre più beffardo continuava a cantar felice:
– Son l’omino di pan di zenzero e dal forno son scappato, ora che sono in libertà mai nessun mi piglierà!

Ad un certo punto però la corsa dell’omino di pan di zenzero si dovette interrompere davanti al letto del fiume.
Il povero omino di pan di zenzero si girò a guardare dietro di sé e vide l’intero paese che stava arrivando di corsa per prenderlo.

L’omino di pan di zenzero pensò quindi di essere spacciato, ma un fischio attirò la sua attenzione: era una volpe che stava sdraiata beata sotto l’ombra di un albero.
– Ti sei cacciato nei guai, eh!? – chiese la volpe all’omino di pan di zenzero.
Lui, disperato e senza via di fuga, disse allora alla volpe:
– Ti prego aiutami!

La volpe sorrise e gli disse:
– Certamente! Salta sul mio dorso, nuoterò fin sull’altra sponda del fiume e ti porterò in salvo.

Senza pensarci l’omino di pan di zenzero saltò in groppa alla volpe che si immerse nelle acque del fiume.
Poco dopo tutti gli abitanti del villaggio, vecchina e vecchino compresi, arrivarono sulla riva del fiume e si fermarono a guardare la scena.

L’omino di pan di zenzero faceva già le linguacce a tutti quando sentì la volpe dirgli:
– Mettiti sopra la mia testa se non vuoi bagnarti!
E l’omino di pan di zenzero si sistemò sulla sua testa.

Erano quasi a metà del fiume quando la volpe disse ancora:
– Se ti metti sulla punta del mio naso sarai ancora più comodo!
E l’omino di pan di zenzero si mise cavalcioni sulla punta del suo naso.

Ma proprio quando ormai erano arrivati a riva, con un fulmineo movimento del muso, la volpe lanciò in aria l’omino di pan di zenzero che, ricadendo andò a finire dritto dritto dentro la sua bocca spalancata!
– Gnammm! – disse la volpe.

E davanti agli attoniti sguardi di tutti i paesani, finiva così l’avventura dell’omino di pan di zenzero, che dalla furba volpe veniva mangiato.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Lo Schiaccianoci 💂🥜

Lo Schiaccianoci trasforma la magia del Natale in un balletto incantato.

Lo Schiaccianoci è decisamente più famoso per l’omonimo balletto musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij (riconosciuto come uno dei più grandi compositori della musica russa) che per l’originale racconto fiabesco scritto da E.T.A. Hoffmann

Anche Alexandre Dumas (autore de “i tre Moschettieri”) ne ha scritta una sua versione!

Scopriamo quindi insieme come Clara, insieme al suo Principe Schiaccianoci, vivrà una magica e incantata vigilia di Natale!

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare dello Schiaccianoci!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Lo Schiaccianoci raccontata da Silvia!

Lo Schiaccianoci 💂🥜 racconto completo


Era la vigilia di un Natale di tanto tempo fa, e nella cittadina di Norimberga il signor Stahlbaum aveva organizzato nella sua grande casa una festa per i suoi amici e per i suoi due bambini.

Clara e Fritz, questo il nome dei due bambini, stavano ballando e cantando intorno al magnifico albero di natale che ornava il salone di casa. Avevano da poco finito di decorarlo ed erano molto emozionati per l’arrivo della notte di Natale.

Fritz era un bravo ragazzo paffuto, birichino, e un po’ presuntuoso, convinto che tutte le cose di questo mondo fossero create per farlo divertire.

Sua sorella Clara, invece, era una bambina gentile e affabile, ed era adorata da tutti quanti in famiglia.

Erano quasi le otto di sera quando, all’improvviso, si sentì bussare alla porta. Era Drosselmeyer, loro zio nonché misterioso mago, capace di realizzare meravigliosi burattini con cui si divertiva a raccontare storie fiabesche.
Aveva con sé una grande borsa che appoggiò per terra.

I due bambini gli corsero incontro abbracciandolo:
– Benvenuto Zio! Che cosa hai portato?! – chiesero emozionati.
– Adesso lo vedrete miei cari.. – disse loro.
Poi salutò tutte le persone della casa e iniziò a preparare il suo spettacolo di magia e burattini.

Rimasero tutti assorti ad ascoltare le sue storie e incantati a vedere le sue magie, finchè con un inchino finì il suo spettacolo tra gli applausi dei bambini e di tutti gli invitati alla festa.

Lo zio Drosselmeyer stava riordinando tutte le sue cose nella grande borsa quando Clara, avvicinandosi, notò una marionetta che spuntava dal bordo, e che non era stata usata durante lo spettacolo.

– Che magnifico soldatino! – esclamò Clara.
Lo zio sorrise – è di più di un soldatino sai? E’ anche uno Schiaccianoci, e sono convinto che abbia un nonsochè di magico… se vuoi puoi prenderlo.
– Davvero?! – disse Clara non credendo alle sue orecchie. Lo zio annuì divertito.

Clara prese lo Schiaccianoci dalla borsa e iniziò a danzare assieme a lui per tutta la sala con gli occhi che le brillavano dalla felicità.

Fritz non tardò ad accorgersi che la sua sorellina aveva in mano qualcosa che lui non aveva mai visto prima, e subito le andò incontro.

– Cos’è quello!? – chiese Fritz con vivo interesse misto ad invidia.
– E’ uno Schiaccianoci, me lo ha regalato lo zio! – rispose raggiante Clara.
– Fammelo vedere! – disse Fritz cercando di strapparglielo dalle mani.
Clara strinse più forte a sé lo Schiaccianoci, ma Fritz non mollò la presa e, con uno strattone molto forte, se ne impossessò.

I due iniziarono a litigare, Clara cercava in tutti i modi di riprendere lo Schiaccianoci mentre Fritz lo teneva in alto con la mano per non farglielo prendere. Clara ad un certo punto lo spintonò e Fritz, per non perdere l’equilibrio, lasciò andare lo Schiaccianoci che, cadendo a terra, si ruppe in due pezzi.

Clara scoppiò in lacrime, Fritz si rese conto del danno che aveva combinato e cercò di rimettere assieme i pezzi, ma non capiva come fare.

Lo zio Drosselmeyer si accorse del pianto disperato di Clara e accorse a vedere cosa era successo. Capì che lo Schiaccianoci si era rotto.
– Non preoccuparti Clara, posso aggiustarlo – disse e, dopo aver preso i pezzi dello Schiaccianoci, aprì la sua grande borsa e iniziò ad armeggiare con degli arnesi sullo Schiaccianoci.

Un attimo dopo lo Schiaccianoci era come nuovo.
– Tieni piccola mia.
Clara si asciugò le lacrime e guardò lo Schiaccianoci, sembrava non si fosse mai rotto, lo abbracciò forte a sé e poi abbracciò lo zio ringraziandolo. Poco dopo Fritz si scusò con Clara.

La grande festa volgeva ormai al termine e i bambini furono mandati a letto. Clara, sotto le coperte, stringeva forte a sé il suo Schiaccianoci, pensando che fosse il regalo più bello che avesse mai ricevuto.
Poi, piano piano, socchiuse gli occhi e si addormentò.

Ad un certo punto, Clara sentì un rumore provenire dal salotto. “Cos’è questo rumore ?” si chiese tra sé e sé. Intimorita ma anche incuriosita decise di andare a vedere. Prese con sé lo Schiaccianoci e scese le scale.

Nel grande salone ardeva ancora il fuoco nel camino, e l’albero di Natale era ancora splendidamente illuminato mentre in un angolo in penombra delle minuscole figure dalla coda lunga e stretta si muovevano di là e di qua: erano decine di topi!

All’improvviso si sentì urlare: “All’attacco!” e un esercito di omini di pan di zenzero si buttò addosso a tutti i topini che ormai stavano infestando il salone.
Ci fu una gran baruffa! Clara rimase a bocca aperta nel vedere quella strana battaglia, e senza accorgersene, si fece scivolare di mano lo Schiaccianoci.

Quando Clara si rese conto di non stringere più tra le mani il suo adorato Schiaccianoci si girò di scatto sgranando gli occhi: lo Schiaccianoci era cresciuto fino ad avere la dimensione di una persona vera.
– Non preoccuparti mia Clara, vi difenderò io dai topi – e lo Schiaccianoci si buttò anche lui nella battaglia al fianco degli omini di pan di zenzero.

Ad un certo punto lo Schiaccianoci fu attaccato da un topo che era più grossi di tutti gli altri, doveva essere sicuramente il Re dei topi. Lo atterrò e iniziò a graffiargli la faccia.
– Noo! – esclamò atterrita Clara e senza pensarci un attimo prese la sua pantofola e la scagliò contro il grande topo.

Il tiro fu così preciso che colpì il topo proprio in faccia, facendolo stramazzare al suolo. Quando il Re dei topi, barcollando, riuscì ad alzarsi ordinò alle sue truppe la ritirata e corsero tutti a nascondersi in un buco dentro al muro.

Clara corse dal suo Schiaccianoci per sincerarsi che stesse bene, ma con sorpresa e meraviglia si accorse che lo Schiaccianoci si era trasformato in un meraviglioso Principe!
– Grazie mia Clara, mi hai salvato e hai fatto scappare quei topacci, te ne sarò eternamente riconoscente.

Clara era quasi imbarazzata per la trasformazione dello Schiaccianoci e stordita da quella situazione surreale che quasi non ci credeva.
Il Principe Schiaccianoci la prese per mano e le disse:
– Vieni, voglio farti vedere il mio regno.
Clara, attonita e sorpresa, lo seguì.

Uscirono di casa, e come per magia tutta la cittadina di Norimberga era come svanita, non una casa , un vicolo o monumento erano rimasti.
Al suo posto era sorta una splendida ed incantata foresta piena di neve luccicante.

Il Principe Schiaccianoci teneva Clara per mano e la accompagnava sempre più all’interno del fitto bosco fatato.
Intorno a loro volavano leggere delle minuscole fatine scintillanti, sembravano comporre la danza di un balletto.

– Devo farti conoscere una persona… – le disse in tono gentile ma misterioso il Principe Schiaccianoci.
Camminarono così finchè non arrivarono al Palazzo Reale del Regno dei Dolci, dove ad attenderli sulla soglia del portone fatto di pan di Spagna c’era una fata vestita di zucchero filato.

– Principe! – esclamò la fata.
– Clara ti presento la Fata Confetto, la mia più cara amica! – disse il Principe Schiaccianoci. Clara e la Fata Confetto si fecero un inchino a vicenda in segno di saluto.

– Mio caro Principe – disse la Fata Confetto – ho saputo della grande battaglia contro i topi!
– Si mia cara, è stata una grande battaglia, ma non avrei mai vinto senza l’aiuto di Clara.
La Fata Confetto sorrise a Clara e l’abbracciò, poi esclamò:
– Ma entrate! Entrate! Stanno per iniziare le danze di Natale!

Si ritrovarono dentro ad un luminosissimo salone pieno di dolci di ogni tipo, con le fate dei fiori intente a danzare sopra a magnifici fiori fatti di zucchero filato e pan di zenzero.

La Fata Confetto invitò il Principe Schiaccianoci a ballare, e iniziarono a danzare in tondo per tutto il salone.
Sembravano così leggeri che pareva non toccassero terra.

Ed infatti mentre giravano insieme tenendosi per mano, stavano come per magia piano piano volteggiando sempre più in alto nella sala.
Salivano e salivano sempre di più, verso la volta del salone illuminata a giorno come se splendesse il sole.

Clara dovette socchiudere gli occhi per continuare a vederli finchè non svanirono abbracciati nella luce abbagliante.

“Svegliati piccola mia…” chiamò una voce.
Clara piano piano aprì gli occhi… era giorno e si trovava nel suo lettino, tra le braccia stringeva il suo Schiaccianoci di legno, che era ritornato delle dimensioni originali. Accanto a lei c’era seduta la mamma, che le sorrideva e le accarezzava la testolina.

Clara sorrise.
Ora capiva. Era stato solo un sogno, ma era stato magnifico e splendido, sicuramente il più bel sogno di tutta la sua vita.

Abbracciò forte il suo Schiaccianoci, poi come ricordandosi d’improvviso di una cosa molto importante, scese dal letto e corse giù nel salone di casa.
Era la mattina di Natale, e c’erano un sacco di regali da scartare!

Ma sicuramente il più bel regalo di tutti era stato il sogno magico che le aveva regalato lo Schiaccianoci!

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il Soldatino di Piombo 💞

Il Soldatino di Piombo si è innamorato della dolce Ballerina ma…

Il perfido diavoletto è molto geloso del rapporto che si sta formando tra due e fa di tutto pur di impedire che il loro sogno d’amore si realizzi, ma dovrà arrendersi al fatto che l’amore trionfa sempre su tutto!

Questo è il nostro adattamento della famosa fiaba “Il soldatino di stagno” di Hans Christian Andersen, in cui lo struggente finale racchiude in sè un bellissimo messaggio di speranza e amore.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del Soldatino di Piombo

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe classiche, puoi ascoltare il Soldatino di Piombo raccontata da Silvia!

Il Soldatino di Piombo 💞


C’erano una volta venticinque soldatini di piombo, tutti uguali. La loro uniforme era rossa e blu, imbracciavano il fucile e guardavano dritto davanti a loro.

Quando fu tolto il coperchio della scatola in cui giacevano, le prime parole che udirono in questo mondo furono:
– Evviva, i soldatini di piombo! – dette da un bambino che batteva le mani.

Tutto felice il bambino cominciò a sistemarli sulla tavola. Ogni soldatino era esattamente uguale all’altro, tutti tranne uno, a cui mancava una gamba; forse era stato fatto per ultimo quando il metallo ormai stava finendo.

Eppure stava fermo su una gamba sola, come gli altri stavano fermi su due, ed è per questo che attirò subito l’attenzione del bambino.

Sul tavolo però c’erano anche altri giocattoli, tra cui un grazioso castello tutto fatto di cartone. Davanti al castello, sempre ritagliati nella carta, c’erano degli alberelli e vicino al portone una Ballerina, che stava con la gamba sollevata così in alto che sembrava anche lei avere una gamba sola.
Ad adornare i suoi capelli di carta c’era una piccola rosellina di metallo dorato.

Una volta fuori dalla scatola il Soldatino di Piombo notò subito la bellissima Ballerina, e se ne innamorò all’istante.
“E’ la donna più bella del mondo!” pensò, “ma è così delicata, e vive in un castello, mentre io possiedo solo una scatola con dentro altri ventiquattro soldati uguali a me… devo comunque conoscerla!”

Si nascose quindi dietro una strana scatoletta di legno tutta intarsiata, che stava anch’essa sul tavolo. Da lì poteva osservare la graziosa Ballerina, che continuava a stare su una gamba sola senza perdere l’equilibrio.

Il Soldatino di Piombo non se ne accorse, ma anche la Ballerina lo guardò di sfuggita, rimanendo colpita dal suo aspetto fiero e dignitoso.

Quando fu notte, e tutte le persone nella casa furono andati a dormire, i giocattoli iniziarono a vivere la loro vita, giocando ballando e combattendo.

I soldatini di piombo fremevano nella loro scatola perché volevano uscire anche loro, ma non riuscivano ad alzare il coperchio, gli schiaccianoci giocavano saltando qua e là, mentre i gessetti correvano su e giù per la lavagna di ardesia.

Gli unici due che non si mossero dai loro posti furono il Soldatino di Piombo e la piccola Ballerina. Lei ferma in punta di piedi, con entrambe le braccia tese, lui fermo su una gamba sola, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso.

Il tempo passò, l’orologio a cucù suonò la mezzanotte e d’improvviso, dalla scatoletta intarsiata poggiata sul tavolo, volò via il coperchio: dal suo interno balzò fuori un piccolo diavoletto che si guardò intorno furtivo e, per primo, vide il Soldatino di Piombo.

– Ciao Soldatino di Piombo! – disse il diavoletto – cosa stai guardando con quella faccia imbambolata? – seguì il suo sguardo e si accorse che guardava la Ballerina.
Ma il Soldatino di Piombo non fece caso al diavoletto e sembrò non sentirlo proprio.

– Ciao Soldatino di Piombo! – ripeté il diavoletto, ma il Soldatino di Piombo ancora rimase immobile e non disse nulla.
– Come osi ignorarmi in questo modo! – disse furioso il diavoletto verso il Soldatino di Piombo – Vedrai domani cosa ti combino, vedrai!
E detto questo se ne ritornò nella sua scatoletta intarsiata.

Quando fu mattina, il bambino giocò un poco col Soldatino di Piombo, poi lo poggiò sul davanzale della finestra. D’un tratto la finestra si spalancò e il Soldatino di Piombo cadde giù sulla strada, infilandosi tra due pietre del selciato e rimanendo così nascosto alla vista.
Una perfida vocina, dentro la scatola di legno intarsiata sul tavolo, ridacchiava felice…

Il bambino scese subito a cercare il Soldatino di Piombo, ma, sebbene gli passò così vicino quasi da calpestarlo, non lo vide.
Presto cominciò a piovere e il bambino tornò dentro casa.

Poco dopo passarono di lì due ragazzini, stavano anche loro correndo a casa per la pioggia e notarono il Soldatino di Piombo.

– Guarda! – gridò uno dei due – un Soldatino di Piombo!
Lo presero, lo guardarono ed ebbero un’idea: visto che, a causa della pioggia, al lato della strada si era formato un rigagnolo d’acqua, decisero di provare a farlo navigare su una barchetta di carta.

Così presero un foglio di giornale e fecero una barchetta, vi misero sopra il Soldatino di Piombo e lo fecero navigare giù per la strada.
La barchetta di carta iniziò a sballottare veloce su e giù in mezzo al ruscello, andava così veloce che il Soldatino di Piombo per la paura tremò. Ma rimase fermo, non mostrò emozione e continuò a guardare dritto davanti a sé, impugnando il fucile, perché lui era un soldato.

Sbandando, la barchetta finì in un canale di scolo dell’acqua, buio e maleodorante.
– Dove mai sarò adesso? – si chiese il Soldatino di Piombo – se almeno fosse qui con me la dolce Ballerina, avrei meno paura, e del buio non m’importerebbe…

La corrente divenne più veloce e forte, la barchetta girò su sé stessa tre, quattro volte, e si riempì d’acqua fino all’orlo: stava per affondare!
Il Soldatino di Piombo era in piedi con l’acqua fino al collo e pensò alla sua bella Ballerina di cui, probabilmente, non avrebbe mai più rivisto il dolce viso.

La barchetta si sfasciò proprio quando il canale di scolo si immetteva nel fiume con una piccola cascatella, e lì il Soldatino di Piombo si inabissò.
Ma proprio in quel momento passò di lì un grosso pesce che pensando di fare un buon pasto, lo inghiottì.

Com’era buio lì dentro, ancora più buio che nel tunnel, ma il tenace Soldatino di Piombo rimase fermo e impettito, con il fucile bene in spalla.

Il pesce nuotò su e giù per il fiume, ma il giorno seguente venne pescato e venduto al mercato. Fu poi portato in una cucina, dove la cuoca lo aprì con un grosso coltello.

La donna, stupita, vi trovò dentro il Soldatino di Piombo, lo prese tra l’indice e il pollice, lo sciacquò e lo portò nella sala da pranzo per farlo vedere al suo bambino.

Lo mise sul tavolo, e… non ci crederete, a volte succedono cose incredibili: il Soldatino di Piombo era nella stessa casa da dove era partito il giorno prima!

Vide lo stesso bambino e gli stessi giocattoli, e c’era ancora lo stesso grande castello con la graziosa Ballerina.
Era ancora lì in piedi su una gamba sola e con l’altra alta in aria.
Lui la guardò e lei ricambiò il suo sguardo; il suo cuore di carta, infranto per averlo perso di vista il giorno precedente, era ora pieno di gioia nel rivederlo.

Dentro la scatola intarsiata invece si sentì un grugnito e delle parole confabulate con rabbia: era il diavoletto, che non poteva sopportare di rivedere ancora il Soldatino di Piombo in quella casa.

– Adesso ti sistemo io… – disse il diavoletto, e pronunciò delle strane e magiche parole.

Improvvisamente e senza nessun motivo il bambino prese il Soldatino di Piombo e lo gettò nella stufa!
Sicuramente era stato il piccolo diavoletto a consigliare quel gesto sconsiderato al bambino…

Il Soldatino di Piombo dentro la stufa sentiva un calore davvero terribile, non sapeva se soffriva di più per il fuoco, o per la perdita della sua dolce Ballerina.
Lui guardò la sua piccola signora, lei guardò lui con le lacrime disegnate sugli occhi.

Il Soldatino di Piombo sentì che si stava sciogliendo, ma rimase saldo e fermo col fucile in spalla.

Il diavoletto voleva vederlo sciogliersi il più rapidamente possibile, così,
con una magia aprì la finestra per far entrare più aria.

Ma con la finestra aperta una folata di vento raggiunse la piccola Ballerina che, essendo fatta di carta iniziò a volare nell’aria, dolce e leggera come solo le ballerine possono fare.

Volò via, verso il suo Soldatino di Piombo fin dentro la stufa, dove divenne un’unica piccola ma scintillante fiamma…
Poco dopo anche il Soldatino di Piombo era ormai sciolto in un piccolo grumo di metallo.

Quando la mattina dopo il papà raccolse le ceneri della stufa, vi trovò dentro una piccola forma di cuore fatta di piombo, con incastonata al centro una minuscola rosa d’oro.

Posò lo strano cuoricino sul tavolo, proprio vicino alla scatoletta di legno intarsiato, dal cui interno una vocina irritata oltre misura non la finiva più di brontolare…

Senza volerlo, il diavoletto, aveva unito per sempre l’amore del fiero Soldatino di Piombo e della dolce Ballerina.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La Regina delle Nevi ❄

Kay é stato rapito dalla Regina delle Nevi, solo Gerda riuscità a riportarlo a casa.

Anche la Disney si è lasciata ispirare da questo bellissimo e profondo racconto di Andersen per realizzare il famosissimo film “Frozen”

Seguite Gerda nel suo lungo viaggio per ritrovare il suo caro Kay, e scoprirete come riuscirà a superare tutte le dure prove che dovrà affrontare per raggiungerlo e riportarlo finalmente a casa.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della Regina delle Nevi!

La Regina delle Nevi ❄ racconto completo


Indice dei capitoli


La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 1 – Lo specchio e le schegge


C’era una volta un perfido folletto che si dilettava a fare il mago e costruì uno specchio magico. Quel giorno era proprio di buon umore perchè aveva creato uno specchio capace di far sparire tutte le cose belle e buone che vi si specchiavano dentro.

Anche il paesaggio più incantevole, dentro lo specchio appariva come abbandonato e privo di bellezza. I volti delle persone venivano deformati e diventavano irriconoscibili, e anche le più belle persone apparivano repellenti.

E se lo specchio rifletteva qualcosa di brutto, lo rendeva persino orribile.

Il perfido folletto si divertiva un mondo a fare scherzi e a spaventare le persone, mostrando loro quello che lo specchio rifletteva.

E lui rideva, rideva così tanto che un giorno, per tenersi la pancia con le mani a causa delle troppe risate, fece scivolare lo specchio, che cadde a terra frantumandosi in mille pezzi.

Il perfido folletto gridò di rabbia. Il suo gioco preferito era ormai andato perduto.

Le schegge dello specchio erano così piccole e leggere che diventarono una piccola nuvola fatta di mille pezzettini scintillanti, grandi non più di un granello di sabbia, e il vento le sparse per tutto il mondo.

La più grande sfortuna era che ogni singola scheggia di specchio frantumato possedeva il medesimo malefico potere che aveva lo specchio intero.

Alcune schegge si conficcarono negli occhi delle persone, facendo sì che vedessero il mondo come un posto triste e insopportabile in cui dover vivere per forza. Altre schegge si posarono dentro i cuori, trasformando quelle povere persone in esseri privi di sentimenti e di amore.

Quando si rese conto di cosa i frammenti del suo specchio erano stati in grado di fare, il malefico folletto rise ancora di più e continuò a ridere per tutta la sua vita, perché sapeva che tutte quelle schegge sarebbero volate per il mondo e avrebbero portato la tristezza nelle persone per chissà quanto tempo ancora.

Ma non poteva immaginare l’avventura che i suoi frammenti di specchio avrebbero fatto affrontare a due bravi e cari bambini, il giovane Kay e la dolce Gerda…

… continua nel CAPITOLO 2: Kay e Gerda

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

😊

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La storia di Rudolph la renna 🦌 🎅

Sapete che Babbo Natale ha una renna col naso rosso? Ed è anche la più famosa nonostante sia la più giovane di tutte… Ma questo non è importante, perché la renna Rudolph ha un naso davvero speciale!

Rudolph la renna è stata creata da Robert L. May nel 1939, e da quel momento non ha mai smesso di essere la renna che col suo naso rosso è a capo della slitta di Babbo Natale.

Noi di fabulinis abbiamo preparato la nostra versione della sua storia, ascoltala o leggila qui con noi mentre aspetti il Natale!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Rudolph la renna!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Rudolph la renna raccontata da Silvia!

La storia di Rudolph la renna 🦌 🎅 storia completa


Le renne abitano lassù a nord, dove le notti d’inverno sono lunghissime e la neve è bianchissima. Babbo Natale va sempre lì a cercare quelle più forti e più veloci: gli servono per far volare la sua slitta.

Lì a nord viveva una famiglia di renne che aveva cinque piccoli. Il più giovane si chiamava Rudolph ed era un cucciolo particolarmente vivace e curioso.
Lui infilava il suo naso dappertutto. Ed era un naso veramente particolare. Infatti, quando Rudolph era felice, arrabbiato o si emozionava, il naso si illuminava e diventava rosso come un pomodoro.

I suoi genitori ed i suoi fratelli lo trovavano adorabile e lo amavano per questa sua particolarità, ma fin dall’asilo era diventato lo zimbello dei compagni.
“Rudolph ha il naso rosso! Rudolph ha il naso rosso!” lo prendevano in giro.
E alla scuola elementare andò anche peggio! Rudolph cercava con tutti i mezzi di nascondere il suo naso ma non ci riusciva.

Aveva provato a rimanere sempre serio, a metterci un cappuccio di gomma e addirittura a dipingerlo di nero, ma non c’era niente da fare. In qualche modo quel naso rosso e luminoso saltava sempre fuori e i suoi compagni ridevano a crepapelle. Rudolph ci restava molto male: piangeva amareggiato, e i suoi genitori e i suoi fratelli non riuscivano mai davvero a consolarlo.

Passarono gli anni e Rudolph divenne un giovane forte e agile. Finché fu abbastanza grande da poter partecipare alla selezione delle renne che avrebbero trainato la slitta di Babbo Natale.
Anche quell’anno, infatti, l’inverno era ormai alle porte e la visita di Babbo Natale visita si avvicinava. In vista di quell’appuntamento, le renne giovani e forti si facevano belle. Le loro pellicce venivano strigliate e spazzolate fino a brillare come il rame, le corna venivano lucidate fino a risplendere più della neve. Ed ecco che arrivò il gran giorno.

Tutte le renne si riunirono nel piazzale dove di solito atterrava Babbo Natale in quell’occasione e, nell’attesa, cercavano di intimorire e impressionare gli altri concorrenti. Ciascuno avrebbe infatti voluto essere scelto: trainare la slitta di Babbo Natale è un onore immenso!
Tra di loro c’era anche Rudolph, e bisogna ammettere che spiccava tra gli altri per bellezza e vigore.

Babbo Natale atterrò puntuale. Era partito da casa sua con la slitta leggera trainata solo da Donner, il suo fedele caporenna.
Babbo Natale si mise subito al lavoro ed esaminò ogni concorrente. Siccome le renne erano molte e Babbo Natale ne avrebbe scelte solo otto, ci volle molto tempo per guardarle tutte con attenzione e il tempo sembrava non passare mai. Anzi, a Rudolph sembrava un’eternità.

Quando finalmente toccò a lui, però, il suo naso diventò incandescente per l’agitazione, era quasi luminoso come il sole.
Babbo Natale lo guardò e sorrise amichevole, ma scosse la testa. – Sei grande e robusto. E sei un bellissimo giovanotto – disse – ma purtroppo non posso sceglierti. Il tuo naso rosso potrebbe spaventare i bambini.

Non potete immaginare la tristezza ed il dolore che queste parole diedero a Rudolph.
Corse nel bosco più veloce che poteva, scalpitando e ruggendo per la rabbia. A tutti gli scoiattoli che venivano a chiedergli cosa succedesse, rispondeva: – Guarda come brilla il mio naso. Nessuno ha bisogno di una renna con il naso rosso! – e piangeva per la tristezza.

Piano piano si calmò e tornò a casa, dove i suoi genitori e i suoi fratelli lo abbracciarono forte. Lui riprese le sue normali attività, cercando di non badare a quanto si vantavano i suoi compagni che erano stati scelti da Babbo Natale. Spesso tornava nel bosco a salutare gli scoiattoli che l’avevano aiutato quel giorno che era stato tanto triste.

Intanto il Natale si avvicinava e tutti erano così occupati con i preparativi per le feste, che nessuno si accorse che il tempo peggiorava ogni giorno di più.
Al punto che Babbo Natale, quando lesse le previsioni per la notte della Vigilia, disse preoccupato: – Come potrò trovare la strada per arrivare alle case dei bambini? Nevicherà così tanto che rischio di non vedere nemmeno le mie renne!

Quella notte non riuscì a dormire. Doveva trovare una soluzione. Perciò decise di tornare al paese delle renne, forse loro avrebbero potuto aiutarlo.
Ma nevicava così tanto che Babbo Natale non riusciva a vedere niente tranne una luce rossa. Tutto ciò che era intorno a lei era illuminato a giorno.

Babbo Natale si avvicinò e si accorse che quella luce proveniva dal naso della renna che lui aveva scartato. La ricordava benissimo.
– Ciao – le disse – mi ricordo ti te. Ti dissi che il tuo naso avrebbe spaventato i bambini, ma mi rendo conto che è eccezionale. Illumina a giorno la strada anche nella bufera. Ti va di essere la prima delle renne attaccate alla mia slitta e di mostrarmi così la strada per raggiungere i bambini?

Rudolph non credeva alle sue orecchie: per l’emozione inciampò nella neve e il suo naso divenne ancora più rosso.
Finalmente rispose: – Naturalmente, lo farò volentieri. Mi fa un enorme piacere.
– Allora ti aspetto domani sera con tutti gli altri. Dobbiamo partire puntuali per essere sicuri che i bambini ricevano i loro doni a mezzanotte.

Figuratevi la faccia dei compagni di Rudoplh quando lo videro a capo della squadra di renne. Loro l’avevano sempre preso in giro per il suo naso bizzarro, ma proprio quel naso si era rivelato indispensabile per permettere a Babbo Natale di portare a termine la sua missione.
Nonostante la bufera di neve, la slitta partì puntuale e fece tutto il suo giro senza intoppi. La luce del naso di Rudolph aveva guidato le renne sane e salve.

Il giorno dopo Rudolph venne festeggiato come un eroe. Le renne ballarono e cantarono felici perché una di loro era entrata nella storia.
Da allora Rudolph è sempre a capo della slitta di Babbo Natale, per illuminargli la strada e far sì che tutti i bambini ricevano il loro regalo di Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il primo albero di Natale 🎄

Tanto tempo fa non c’erano gli alberi di Natale perchè nessuno li aveva ancora inventati! Ma chi sarà mai stato quindi ad avere questa splendida idea?!

Questa simpatica fiaba risponde in modo semplice e allegro a questa domanda; è stata ripresa da una leggenda nordica che noi di fabulinis abbiamo pensato di riscrivere usando un po’ di immaginazione.

Ecco allora una storia natalizia, adatta a questo periodo dell’anno in cui i bambini sognano e sperano di vedere realizzare i loro desideri.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del primo albero di Natale!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il primo albero di Natale raccontata da Silvia!

Il primo albero di Natale 🎄 racconto completo


La vigilia di Natale, nel tardo pomeriggio, Babbo Natale camminava nel bosco col suo sacco in spalla, tutto nervoso…
Tra poco sarebbe dovuto partire con la sua slitta per portare i doni ai bambini di tutto il mondo, ma un pensiero lo tormentava.
Rifletteva su come lo spirito del Natale fosse cambiato negli ultimi anni.

Certo, i bambini erano felici di ricevere giocattoli e dolci, ma lui avrebbe voluto che cantassero e ballassero con le loro famiglie per festeggiare il Natale, cosa che purtroppo ormai accadeva sempre più raramente.
Avrebbe voluto riportare di nuovo tutta questa gioia ai bambini, ma non gli era venuta nessuna bella idea.
“Adesso ne parlerò con il mio aiutante Gimpy.” pensò. “Dobbiamo incontrarci per organizzare la distribuzione dei regali, magari insieme riusciamo a trovare una soluzione anche per questa cosa.”

Gimpy stava già aspettando Babbo Natale nella casetta in mezzo al bosco da dove partivano tutti i regali. Appena vide Babbo Natale gli corse incontro, ma si fermò, vedendolo così cupo.
– Cosa succede, Babbo Natale? Non sei pronto per andare a portare i regali ai bambini?-
– Non lo so – rispose Babbo Natale. – Quest’anno mi sento tanto stanco, forse è successo qualcosa che mi ha fatto perdere l’entusiasmo. Cibo e giocattoli vanno bene, ma bisognerebbe trovare un’idea nuova per rendere davvero felici le persone, per farle di nuovo cantare e ridere di gioia…

– Ci avevo pensato anch’io sai, ma non è così facile – disse Gimpy pensieroso.
– Lo so – continuò Babbo Natale, – E io ormai sono troppo vecchio. A forza di pensare ad inventare qualcosa, mi è perfino venuto mal di testa. Se si va avanti così, rischiamo che il Natale diventi una festa come tutte le altre, e questo mi renderebbe davvero molto triste.

Nel frattempo era arrivata la sera. La luna ormai saliva in cielo e il tempo iniziava a stringere, perciò decisero di fare una passeggiata: camminare nel bosco li avrebbe forse aiutati a trovare un po’ di ispirazione.
Cammina cammina, giunsero ad una grande radura circondata da piccoli e grandi abeti. Era un posto bellissimo. La neve brillava sui rami degli alberi e, sotto la luce della luna, sembrava fatta d’argento.
Gli abeti scuri per la notte e bianchi per la neve formavano un paesaggio incantato.

Rimasero però colpiti da un abete in particolare: aveva dei ghiaccioli che penzolavano dalla punta dei rami e che scintillavano per i riflessi di luce. Non avevano mai visto niente di simile.
Gimpy si avvicinò a quell’abete ed esclamò: – Che meraviglia! Babbo Natale, non è bellissimo quest’albero?
– Sì, davvero… – rispose Babbo Natale.

Erano lì incantati a guardarlo, quando Gimpy all’improvviso disse – Dammi delle mele!
– Mele? – chiese meravigliato Babbo Natale
– Su, veloce, ho avuto un’idea. Dobbiamo legarle con delle cordicelle in modo da poterle appendere all’abete.

Babbo Natale era molto perplesso, ma iniziò a cercare nel suo grande sacco e trovò sia delle mele che un po’ di corda.
Fabbricò dei piccoli lacci con la corda e, dopo averci legato le mele, le diede a Gimpy. L’elfo le prese, le lucidò bene fino a farle diventare di un rosso acceso e le appese all’albero. Quando finì sorrise soddisfatto.
– Già che ci siamo, attacchiamoci anche delle noci – continuò Gimpy.
Babbo Natale era sempre più confuso, non riusciva a capire dove l’elfo volesse andare a parare. Ma lo vedeva così deciso che non replicò.

Gimpy sfregò le noci su un panno speciale che portava sempre con sé, così da farle diventare dorate.
Quando ebbero finito, Gimpy chiese ancora: – Per caso nel tuo sacco hai delle luci, Babbo Natale?
– Purtroppo no, ma ho delle candeline, e dei fiammiferi per accenderle.
– Perfetto! – gridò Gimpy con gioia. Così presero anche tutte le candeline e le misero sui rami dell’abete e sulla sua cima. Poi le accesero.

Lo spettacolo era meraviglioso.

Nel buio, questo piccolo albero brillava come una stella, le mele mandavano riflessi rossi e le noci lo facevano splendere come se fosse d’oro. Gimpy batteva le mani e rideva felice, mentre Babbo Natale non era più arrabbiato.
Gimpy, serio ma felice, guardò Babbo Natale e disse – Ora portiamo l’albero giù in paese così com’è.
Così fecero. Giunsero in paese a notte fonda, quando tutti ancora dormivano. Gimpy indicò la porta della casa più povera del villaggio, la aprì piano e aiutò Babbo Natale a portare dentro l’abete.

Lo sistemarono in mezzo al salotto e Babbo Natale ci lasciò sotto anche un sacco di belle cose: dolci, giochi, mele e noci. Poi, sempre in silenzio, andarono via.
La mattina dopo, il più piccolo dei bambini che abitavano in quella casa si alzò per primo e, come sempre, andò in salotto.
Immaginate quanto grande fu lo stupore nel vedere lo spettacolo dell’albero addobbato!

Corse subito a svegliare mamma, papà e i fratelli, e tutti, sbalorditi per quella meravigliosa sorpresa, cominciarono a ballare e cantare intorno all’albero tenendosi per mano.
La gioia era talmente grande che non guardarono nemmeno i regali: l’albero era il vero dono per tutti.
I vicini, sentendo tutto quel cantare, corsero a vedere e a poco a poco tutto il paese si riversò in quella casa.

Rimasero tutti incantati e volevano tutti un abete così in casa loro!
Andarono nel bosco a prendere un abete e lo addobbarono con mele, noci e luci, proprio come quello fatto da Babbo Natale e Gimpy.
Quando fu sera, in ogni casa si poteva vedere brillare un albero e si potevano sentire canti di Natale.

Nel giro di pochi anni tutte le famiglie del mondo iniziarono ad addobbare un abete per Natale.
Ma la cosa più importante era che Babbo Natale era riuscito a rendere unica e indimenticabile la festa del Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Canto di Natale 🕯 di Charles Dickens

Lo Spritito del Natale vive in ognuno di noi, basta saperlo ascoltare.

Canto di Natale di Charles Dickens è uno dei racconti di Natale tra i più famosi e commoventi, incentrato sulla conversione dell’arcigno Ebeneezer Scrooge da vecchio avaro ed egoista a uomo generoso e altruista pronto ad aiutare il prossimo. Ci penserano lo spirito del suo ex socio in affari e tre bei fantasmi a riportarlo sulla retta via.

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del Canto di Natale!

Canto di Natale 🕯 racconto completo


Indice dei capitoli

  1. Primo canto: il fantasma di Marley
  2. Secondo canto: il fantasma del Natale passato
  3. Terzo canto: il fantasma del Natale presente
  4. Quarto canto: il fantasma del Natale futuro
  5. Quinto canto: lo spirito del Natale

Canto di Natale 🕯 PRIMO CANTO:
Il fantasma di Marley


Sette anni erano passati da quando Jacob Marley era morto, eppure il suo socio in affari Ebeneezer Scrooge non era per nulla cambiato. L’unica cosa a cui teneva per davvero erano i soldi.

Anche nel giorno della vigilia di Natale, il vecchio e avaro Scrooge se ne stava seduto nell’ufficio della “Scrooge & Marley”, una ditta di cambi e prestiti, tutto preso dai suoi affari.

Era una giornata nebbiosa e cupa, fuori faceva molto freddo e nell’ufficio di Scrooge non faceva molto più caldo rispetto all’esterno.
Scrooge teneva sempre un occhio sul suo commesso, Bob Cratchit, che era intento a copiare delle lettere, riscaldato da un unico pezzo di carbone che ardeva nella stufa. La cassetta del carbone era nell’ufficio di Scrooge, e lui non avrebbe dato al commesso un altro pezzo per tutto il resto della giornata.

– Buon Natale, zio! Un allegro Natale! Dio vi benedica! – gridò una voce allegra.
Era la voce di Fred, nipote di Scrooge, piombato nell’ufficio così all’improvviso che lo zio non lo aveva sentito arrivare.
– Bah! – disse Scrooge – sciocchezze!
– Come, zio, Natale sarebbe una sciocchezza?! – esclamò Fred.
– Al diavolo il Natale con tutta l’allegria! – ribatté Scrooge – Cos’altro è il Natale se non un giorno in cui ci si trova più vecchi di un anno e nemmeno di un’ora più ricchi?!

– Ma perchè siete così amaro, ricco come siete? – continuò il nipote.
– E che ragione hai tu di esser così felice, povero come sei?! – lo zittì Scrooge.
– Ma zio, il Natale… – lo pregò Fred.
– Nipote! – lo rimbeccò Scrooge – Tu festeggia il Natale come vuoi tu, che io lo festeggio come voglio io! – sentenziò Scrooge.
Fred non si perse d’animo e per rallegrare lo zio lo invitò a cena il giorno di Natale, come aveva fatto per tutti i Natali precedenti.
Ma Scrooge rispose di no a tutte le suppliche di suo nipote e infine lo salutò facendogli capire che la conversazione era finita. Così Fred se ne andò, scambiandosi gli auguri con Bob Cratchit.

Poco dopo, entrarono nell’ufficio due distinti signori per raccogliere denaro da dare ai poveri che non avevano un posto dove andare in quel freddo inverno.
Scrooge li accolse in malo modo, non diede loro nemmeno un soldo bucato e anzi, chiese sarcasticamente ai due gentiluomini di lasciare l’ufficio. I due, capito che non avrebbero ricavato nulla, se ne andarono.

Quando fu il momento di chiudere l’ufficio, Scrooge si rivolse al suo impiegato, Bob Cratchit:
– Vuoi tutto il giorno libero domani, vero?
– Se per lei va bene, signore – rispose l’impiegato.
– Non va bene e non è giusto – disse Scrooge – dopotutto, devo pagarti la giornata anche se non lavori. Ma se così deve essere, vedi di iniziare a lavorare molto presto la mattina seguente…
Cratchit promise che l’avrebbe fatto e i due tornarono ognuno a casa propria.

Scrooge viveva tutto solo in una casa vecchia e decrepita. Quella sera il cortile sembrava più buio e scuro del solito e, quando Scrooge cercò di aprire la porta, ebbe l’impressione di vedere nel battiporta dell’ingresso il viso del suo vecchio socio in affari Marley, morto sette anni prima.

La cosa lo scosse per un attimo, ma Scrooge non si lasciava spaventare facilmente e, strizzati gli occhi, si accertò che il battiporta fosse tornato quello di sempre. Ripresosi da quella singolare visione, aprì ed entrò chiudendo a chiave la porta, cosa che di solito non faceva.
Ancora sgomento per l’accaduto, Scrooge fece il giro delle stanze per controllare che tutto fosse a posto.

Non trovò nulla di diverso dal normale, perciò si infilò la camicia da notte e le pantofole e si mise seduto comodo davanti al fuoco del camino a sorseggiare una tisana.
Improvvisamente, proprio quando stava iniziando a rilassarsi, Scrooge udì un rumore cupo, come se qualcuno stesse trascinando delle pesanti catene.

Il rumore saliva per le scale di casa e si faceva sempre più vicino, fino a sembrare appena dietro la porta della stanza, dove cessò di colpo. Scrooge si voltò. Uno spettro stava attraversando la porta e, per la paura, il suo viso diventò bianco tanto quanto lo spettro.
– Ma io ti conosco! Sei il fantasma di Marley! – esclamò Scrooge.
Era proprio lo spettro del suo vecchio socio in affari.

– Cosa vuoi da me? – continuò Scrooge con tono di freddo distacco.
– Sono Marley, e sono venuto per darti un avvertimento… le vedi queste pesanti catene che mi cingono il corpo? Me le sono fabbricate io in vita grazie alla mia avarizia e taccagneria. Non ho mai pensato ad altro se non al mio tornaconto, e questo è il peso che debbo pagare per la mia misera vita egoista.

Scrooge tremava mentre il fantasma continuava a parlare.
– Ora sono qui per avvertirti: tu hai ancora una possibilità, Ebenezer. Questa notte, già dal primo rintocco delle campane, tre spiriti verranno a farti visita. Se non vuoi fare la mia stessa fine, seguili e ascoltali.
Non appena ebbe detto queste parole, il fantasma di Marley scomparve, e la notte tornò tranquilla.

Scrooge andò subito a letto, e forse per la stanchezza della giornata e le troppe emozioni appena vissute, cadde subito in un sonno profondo.

… continua nel SECONDO CANTO

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Il rapimento di Babbo Natale 🎅😈

E se Babbo natale non può consegnare i regali, cosa succede?

I diavoletti hanno deciso di rapire Babbo Natale per far arrabbiare tutti i bambini del mondo, ma il loro astuto piano non andrà come previsto…

Ispirata al racconto di Frank Baum, già autore de “Il mago di Oz” (che potete leggere anche nella nostra versione di fabulinis) questa fiaba vi terrà compagnia in attesa della magica notte di Natale.

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del rapimento di Babbo Natale!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il rapimento di babbo natale raccontata da William!

Il rapimento di Babbo Natale 🎅😈 – racconto completo


Babbo Natale viveva nella Valle Ridente insieme ai suoi cari amici folletti e fate che, dentro alla sua grande casa sempre sommersa dalla neve, fabbricavano i giocattoli da regalare ai bambini.

In tutta la Valle Ridente di Babbo Natale la felicità regnava sovrana.

Tutta questa felicità fa pensare che il caro buon vecchio Babbo Natale, così gentile e
affettuoso, non abbia nemici. E invece non è così!

Rintanati nelle cinque grotte delle montagne intorno alla Valle Ridente, vivono cinque piccoli Diavoletti, a cui Babbo Natale non piaceva per niente.

Ciascun Diavoletto viveva in una grotta tutta sua, e ognuno di loro aveva una caratteristica ben precisa; c’era il Diavoletto dell’Egoismo, il Diavoletto dell’Invidia, il Diavoletto dell’Odio, il Diavoletto dell’Inganno e infine il Diavoletto del Pentimento.

Questi Diavoletti delle caverne, pensando di avere un buon motivo per non amare il caro Babbo Natale, un giorno si riunirono per discutere la questione.

‒ Sono davvero arrabbiato! ‒ disse il Diavoletto dell’Egoismo ‒ Babbo Natale distribuisce così tanti bei regali di Natale a tutti i bambini, che diventano felici e generosi e non ascoltano più i miei consigli egoisti.

‒ Sto avendo lo stesso problema ‒ rispose il Diavoletto dell’Invidia ‒ I più piccoli sono così contenti di Babbo Natale, che in effetti riesco a convincerne pochi a diventare invidiosi.

‒ E questo mi fa infuriare! ‒ dichiarò il Diavoletto dell’Odio ‒ Perché se un bambino non prova egoismo o invidia, non può diventare odioso…‒

‒ E non pensa a ingannare il prossimo… ‒ aggiunse il Diavoletto dell’Inganno.

‒ Se è per quello ‒ disse il Diavoletto del Pentimento ‒ se nessun bambino ha bisogno di voi, figuratevi di me…

‒ E tutto a causa di Babbo Natale! ‒ esclamò il Diavoletto dell’Invidia ‒ Sta semplicemente rovinando il nostro lavoro. Bisogna fare qualcosa subito!

Approvarono tutti queste ultime parole e decisero di cercare di turbare le belle convinzioni di Babbo Natale con le loro cattiverie, per farlo diventare molto meno buono…

Così il giorno dopo, mentre Babbo Natale era impegnato al lavoro, circondato dai suoi piccoli assistenti, il Diavoletto dell’Egoismo gli spuntò vicino ad un orecchio e gli disse:

‒ Questi giocattoli sono meravigliosi! Perché non li tieni per te? È un peccato darli a quei ragazzi che li rompono e li distruggono così in fretta.

‒ E’ una cosa senza senso! ‒ disse Babbo Natale ‒ se riesco a renderli felici anche per un solo giorno all’anno, sono contento.

Il Diavoletto capì che non sarebbe riuscito a far cambiare idea a Babbo Natale e tornò dagli altri dicendo:

‒ Ho fallito, perché Babbo Natale non è affatto egoista.

Il giorno seguente il Diavoletto dell’Invidia fece visita a Babbo Natale e gli disse nell’orecchio:
‒ I negozi di giocattoli sono pieni di giocattoli belli quanto quelli che stai facendo tu. Li vendono per denaro, mentre tu non ottieni nulla per il tuo enorme lavoro.

Ma Babbo Natale si rifiutò di essere invidioso dei negozi di giocattoli.

‒ Il mio lavoro è fatto di amore e gentilezza, mi vergognerei di ricevere denaro per i miei piccoli doni. E poi io faccio i regali una volta sola l’anno, ma durante tutto l’anno i bambini devono divertirsi in qualche modo. I negozi di giocattoli sono in grado di portare molta felicità ai miei piccoli amici. Mi piacciono i negozi di giocattoli e sono felice di vederli prosperare.

Il Diavoletto dell’Invidia andò via sconsolato. Così il giorno dopo il Diavoletto dell’Odio entrò nell’affollata officina e disse all’orecchio di Babbo Natale:

‒ Nel mondo ci sono molte persone che non credono in Babbo Natale! Dovresti odiarle da tanto sono cattive!

‒ Ma io non li odio! ‒ esclamò positivamente Babbo Natale ‒ Queste persone non mi fanno nessun male, semplicemente rendono infelici se stesse e i loro figli. Preferirei di gran lunga aiutarle in qualche modo piuttosto che ferirle.

I Diavoletti capirono che, cercando di instillare sentimenti cattivi in Babbo Natale, non avrebbero ottenuto nulla. Così abbandonarono le parole dolci e decisero di usare la forza.

Era risaputo che Babbo Natale, finchè si trovava nella Valle Ridente, era ben protetto dalle fate e dagli elfi. Ma alla vigilia di Natale guidava le sue renne nel grande mondo, portando una slitta carica di regali per i bambini. Era questo il momento migliore per colpirlo. Così i Diavoletti prepararono i loro piani e aspettarono l’arrivo della vigilia di Natale.

La luna splendeva grande e bianca nel cielo, e la neve giaceva fresca e scintillante sul terreno, mentre Babbo Natale si allontanava a tutta velocità dalla Valle Ridente per andare nel grande mondo.

Assieme a lui erano partiti quattro fedeli aiutanti elfi, che stavano seduti sotto il sedile di guida, felici ed emozionati.

Babbo Natale rideva, fischiava e cantava per la gioia. Perché in tutta la sua vita allegra questo era il giorno dell’anno in cui era più felice, il giorno in cui con amore donava i tesori della sua bottega ai bambini.

Improvvisamente, però, accadde una cosa strana: una fune schizzò al chiaro di luna, un grosso cappio si posò sulle braccia e sul corpo di Babbo Natale e si strinse, legandolo stretto. Prima che potesse resistere o anche solo gridare, fu strattonato via dal sedile della slitta e ruzzolò con la testa in avanti in un cumulo di neve.

Le renne che trainavano la slitta non si accorsero di nulla e continuarono il loro viaggio, allontanandosi velocemente. Neppure gli elfi si accorsero di nulla, da sotto il sedile non potevano vedere cosa fosse successo.

I Diavoletti tirarono fuori Babbo Natale dal cumulo di neve e lo legarono per bene, per portarlo nelle loro grotte nascoste sulla montagna

‒ Ah, ah, ah! ‒ risero i Diavoletti con gioia crudele ‒ Cosa faranno adesso i bambini? Come piangeranno e si arrabbieranno quando scopriranno che non ci sono giocattoli sotto i loro alberi di Natale! Vedrai come esploderà in loro l’egoismo, l’invidia, l’odio e l’inganno!

Intanto i piccoli elfi sistemati sotto il sedile di guida iniziarono a sentire la mancanza della voce allegra di Babbo Natale, e siccome lui cantava o fischiava sempre durante tutti i suoi viaggi, il silenzio faceva intendere che qualcosa non andava.

Sporsero la testa da sotto il sedile e videro che Babbo Natale era sparito, nessuno stava guidando il volo delle renne.
Il più vicino alle briglie le prese in mano e gridò alle renne di fermarsi.

‒ Che cosa facciamo adesso? ‒ chiese uno di loro.

‒ Dobbiamo tornare subito indietro e trovare Babbo Natale ‒ disse il secondo con molta determinazione.

‒ No, no! ‒ esclamò il terzo ‒ Se ci fermiamo a cercarlo o torniamo indietro, non ci sarà tempo per portare i giocattoli ai bambini prima dell’alba, e questo addolorerebbe Babbo Natale più di ogni altra cosa.

‒ Hai ragione, dobbiamo prima compiere la nostra missione, poi cercheremo Babbo Natale! ‒ concluse l’ultimo.

Così presero le redini della slitta e ripartirono a tutta velocità per consegnare i regali a tutti i bambini del mondo.

Ma gli elfi non conoscevano bene i bambini quanto Babbo Natale. Quindi non c’è da meravigliarsi che abbiano commesso alcuni piccoli errori.

Ad una bambina che voleva una bambola consegnarono un un tamburo. Mentre un bambino che voleva degli stivali di gomma nuovi per giocare all’aperto, ricevette una scatola da cucito piena di fili colorati e aghi.

Se avessero fatto molti di questi errori, i Diavoletti avrebbero realizzato il loro malvagio scopo e reso infelici i bambini. Ma i piccoli amici di Babbo Natale si impegnarono moltissimo, cercando di concentrarsi su quello che Babbo Natale in persona avrebbe fatto, e commisero meno errori di quanto ci si potesse aspettare in circostanze così insolite.

Lavorando il più rapidamente possibile, riuscirono a distribuire tutti i regali e a tornare nella Valle Ridente. Dopo aver messo le renne e la slitta nella stalla, il piccolo popolo degli elfi e delle fate cominciò a chiedersi come avrebbe potuto salvare Babbo Natale. Tutti si resero conto che la prima cosa da fare era scoprire cosa gli fosse successo e dove si trovasse.

Tutte le fate cominciarono a sorvolare la Valle Ridente e i suoi confini, finché una di loro non notò un andirivieni strano tra le caverne dei piccoli Diavoletti. Si intrufolò in una grotta senza farsi vedere e scoprì… Babbo Natale legato come un salame! Subito tornò indietro a riferire quanto aveva visto.

Babbo Natale per tutta la notte appena trascorsa non era stato per niente allegro. Sebbene avesse fiducia nel buon cuore dei suoi piccoli amici bambini, non poteva non essere preoccupato per la delusione che una notte di Natale senza regali avrebbe portato loro.

I Diavoletti, che lo sorvegliavano a turno uno dopo l’altro, non mancavano di prenderlo in giro, e all’alba del giorno di Natale, il Diavoletto dell’Inganno gli disse:

‒ I bambini si stanno svegliando Babbo Natale! E non stanno trovando regali sotto l’albero! Vedrai come verranno a cercarci tutti i bambini arrabbiati!

Ma Babbo Natale lo guardò senza dire nulla. Vedendo che Babbo Natale non avrebbe risposto ai suoi scherni il Diavoletto dell’Inganno se ne andò e chiamò il Diavoletto del Pentimento a prendere il suo posto.

Quest’ultimo Diavoletto non era così sgradevole come gli altri. A volte era gentile, e la sua voce aveva un tono dolce e cortese.

‒ Buongiorno Babbo Natale ‒ disse ‒ ormai è mattina e la notte di Natale è andata. Non potrai più far visita ai bambini per tutto un intero anno.

‒ Vero ‒ rispose Babbo Natale quasi allegramente ‒ La vigilia di Natale è passata, e per la prima volta in molti secoli non ho portato i regali ai bambini.

‒ I piccoli saranno molto delusi ‒ mormorò il Diavoletto del Pentimento, quasi con rammarico ‒ È probabile che il loro dolore renda i bambini egoisti, arrabbiati, invidiosi e pieni di odio, e verranno a cercare noi Diavoletti. Poi forse qualcuno verrà anche da me, ma sai sono poche le persone che si pentono per davvero…

‒ Ma tu non ti penti mai? ‒ chiese Babbo Natale, curioso.

‒ Oh, sì, a volte capita ‒ rispose il Diavoletto ‒ Anche adesso mi pento di aver contribuito alla tua cattura. Naturalmente è troppo tardi per rimediare al male che ti abbiamo fatto; ma il pentimento, sai, può venire solo dopo un pensiero o un’azione cattiva, perché all’inizio non c’è niente di cui pentirsi.

‒ Ho capito ‒ disse Babbo Natale ‒ se non si fa del male, nessuno viene mai a cercarti per parlare con te. Sei sempre tanto solo…

‒ Vero… ‒ rispose il Diavoletto pensieroso ‒ tu però sei qui con me e mi stai parlando senza odio o rancore perchè non hai fatto alcun male… è la prima volta che succede… per dimostrarti che mi pento sinceramente ti permetterò di scappare.

Questo discorso sorprese molto Babbo Natale, finché non rifletté che era proprio quello che ci si poteva aspettare dal Diavoletto del Pentimento. Il tipo si diede subito da fare per sciogliere i nodi che legavano Babbo Natale quindi gli fece strada attraverso un lungo tunnel finché entrambi emersero dalla Grotta del Pentimento.

‒ Spero che mi perdonerai ‒ disse il Diavoletto ‒ Non sono un cattivo ragazzo e credo che pentirsi ogni tanto faccia molto bene alle persone.

Babbo Natale annusò l’aria fresca con gratitudine.
‒ Non porto rancore ‒ disse con voce gentile ‒ e sono sicuro che il mondo sarebbe un posto molto triste senza di te. Quindi buon Natale a te!”

Con queste parole uscì per salutare il luminoso mattino, e un attimo dopo stava fischiettando verso la sua casa nella Valle Ridente.

A camminargli incontro sulla neve c’era una colonna di elfi circondati dalle fate, partiti per salvare Babbo Natale dalle grinfie dei Diavoletti.

Non appena lo videro gli corsero incontro e iniziarono a ballare e danzare di gioia

‒ È inutile dare la caccia ai Diavoletti ‒ disse Babbo Natale ‒ Saranno pure fastidiosi, ma hanno anche loro un compito in questo mondo, e non si possono togliere di mezzo…

Gli elfi raccontarono a Babbo Natale di come avevano distribuito i giocattoli. Raccontarono anche dei piccoli errori che erano stati commessi.

Babbo Natale si mise a ridere sonoramente, poi li abbracciò tutti ringraziandoli per il grande lavoro fatto, ordinando prontamente di andare a sostituire o aggiungere regali là dove ce ne fosse stato bisogno. Così che anche quei pochi bimbi delusi dal regalo sbagliato, diventarono felici.

Per quanto riguarda i Diavoletti delle Caverne, si riempirono di rabbia e dispiacere quando scoprirono che la loro astuta cattura di Babbo Natale non era servita a nulla per colpa degli elfi.

In effetti, nessuno in quel giorno di Natale sembrava essere diventato egoista, invidioso o pieno di odio.

Fu così che i Diavoletti delle caverne non tentarono mai più di interferire con la consegna dei regali di Babbo Natale, ma si limitarono a brontolare mentre guardavano i bambini di tutto il mondo diventare molto felici nel giorno di Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Un ciuccio per Babbo Natale 🎅

Come faccio a togliere il ciuccio al mio bambino? Questa domanda tormenta tante mamme e papà, ma questa storia di Natale potrà venirvi in aiuto.

Per molti bambini, infatti, il ciuccio è un oggetto molto prezioso ed amato. Eppure per crescere bisogna lasciarlo andare…

Ma una bella storia con un po’ di magia può far superare al piccolo (e a te…) questa fase delicata: c’è chi lo regala a una fatina o chi lo regala ai delfini al mare.

Noi di fabulinis ti proponiamo questa bella fiaba in cui il ciuccio viene donato a Babbo Natale. L’ha scritta Gabriella Arcobello, psicopedagogista esperta di fiabe, e siamo sicuri che ti aiuterà in questo momento così delicato!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di un ciuccio per Babbo Natale!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare un ciuccio per Babbo Natale raccontata da Silvia!

Un ciuccio per Babbo Natale 🎅 storia completa


Mancavano solo due giorni al Natale e nella casa di Leo era davvero tutto pronto: il presepe preparato nel camino e pieno di lucine; l’albero con le sue decorazioni scintillanti; il vischio verde, un po’ fatato…
Leo aveva quasi cinque anni e non vedeva l’ora che arrivasse il giorno di Natale.
L’attesa era stata lunga ma eccitante.

In quei giorni, alla scuola materna, spesso sognava ad occhi aperti l’arrivo di Babbo Natale con la sua slitta volante, tirata dalle amiche renne e stracolma di doni e pacchettini.
Con l’aiuto della mamma gli aveva scritto una letterina, chiedendogli un robot, una macchinina, un puzzle e un peluche.
Anche nel paese di Babbo Natale era ormai quasi tutto pronto.

Babbo Natale con i suoi folletti aveva lavorato tanto e a lungo per preparare e confezionare tutti i doni per tutti i bambini della terra. Ora stava facendo le ultime conte, perché guai a dimenticarsi di qualcosa e soprattutto di qualcuno.
Il pianto di un folletto piccolo piccolo però disturbava i suoi calcoli…
Conta e riconta, era costretto tutte le volte a rifare la somma. E questo era un bel problema.

Non la conta, ma quel tenero folletto di pochi mesi che piangeva così tanto: piangeva quando doveva addormentarsi; piangeva quando si svegliava; piangeva quando aveva freddo e piangeva quando aveva caldo; piangeva quando qualcuno gli si avvicinava e piangeva quando qualcuno se ne andava; piangeva, piangeva, piangeva!

Babbo Natale decise che era ora di fare qualcosa per aiutare il suo folletto più piccolo, che si chiamava Tendy.
Aveva sentito dire da qualche parte che, sul pianeta Terra, le mamme offrivano ai bambini un ciuccio per consolarli e per calmarli.
Doveva assolutamente chiedere aiuto a una mamma del pianeta Terra. E fu così che scelse proprio la mamma di Leo.

Questa gli spiegò che il ciuccio, per i bambini piccoli, è un oggetto morbido che li consola, li distrae e li aiuta ad addormentarsi.
Babbo Natale le disse: «Ora comprendo! Ne vorrei uno anch’io per regalare un po’ di serenità al mio folletto Tendy».
Pensa e ripensa, alla mamma venne un’idea:
– Stai tranquillo Babbo Natale. Chiederò a Leo, il mio bambino, e forse lui potrà aiutarti.

Il giorno dopo la mamma disse a Leo:
– Sai, Babbo Natale stanotte arriverà con i doni. Nel suo paese c’è un folletto piccolo piccolo che ha bisogno di un ciuccio. Che ne dici di offrirgli il tuo? Babbo Natale sarà contento e ti sarà grato per averlo aiutato!
Leo la guardò un po’ perplesso e molto indeciso, perché lui era davvero affezionato al suo ciuccio.

Ma alla fine accettò. La sera, prima di andare a letto, impacchettarono il ciuccio con una bella carta rossa e un fiocco dorato. Lo misero sotto l’ albero, insieme al latte per le renne e a qualche delizioso biscotto per Babbo Natale.
La mattina seguente il pacchettino che aveva preparato era sparito, insieme con il latte e i biscotti.

Leo trovò sotto l’ albero tutti i doni che aveva chiesto; anzi, c’era un pacchetto in più, proprio per lui.
Lo scarto per ultimo e dentro Vi trovò un grande lecca-lecca rosso a forma di cuore, al sapore di fragola.
C’era anche un bigliettino che diceva:
– Grazie Leo! Donando il tuo ciuccio hai fatto una cosa molto generosa. Tu hai un cuore grande grande. Per ringraziarti, io ti nomino mio FOLLETTO SPECIALE del pianeta Terra.
Firmato: Babbo Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia la psicopedagogista Gabriella Arcobello per aver condiviso con noi questa fiaba molto educativa.

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Sara alla ricerca di Babbo Natale 🎁

La piccola Sara vuole scoprire dove vive Babbo Natale, anche perchè a furia di non vederlo mai per davvero sta iniziando a credere che non esiste! Ma per fortuna alla fine ascolterà il suo cuore…

Nel periodo di Natale è sempre bello raccontare delle favole che parlano di sogni e di desideri che si realizzano.

Quello di Sara alla ricerca di Babbo Natale lo abbiamo scrito noi di fabulinis per insegnare ai bamibini che ad ascoltare il proprio cuore non si sbaglia mai.

Sara lo ha fatto ed ha ricevuto una bellissima sorpresa!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Sara alla ricerca di Babbo Natale!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Sara alla ricerca di Babbo Natale raccontata da Silvia!

Sara alla ricerca di Babbo Natale 🎁 storia completa


C’era una volta una bimba che non era per niente convinta dell’esistenza di Babbo Natale.
Sara, questo era il suo nome, aveva sempre chiesto di essere portata a vedere la casa di Babbo Natale, ma nessuno era mai riuscito ad accontentarla.

La sera della Vigilia di Natale, mamma e papà le avevano messo il pigiamino e portata in cameretta per darle il bacio della buona notte.
Quando fu tutta sola, Sara iniziò a parlare al suo caro orsacchiotto.

– Io non capisco perché nessuno mi riesce a dire dove abita Babbo Natale… io vorrei tanto incontrarlo di persona!
L’orsacchiotto la fissava con i suoi grandi occhioni neri, ma non poteva darle una risposta.
– Nessuno sa dove sia Babbo Natale, e nessuno l’ha mai visto… secondo me non esiste…
In quel momento nella stanza si sentì come il suono di un campanellino.
– Ne sei proprio sicura? – disse una vocina leggera che non si sapeva da dove arrivasse.
Sarà si guardò intorno per capire chi avesse parlato, poi guardò il suo orsacchiotto, che la guardava col solito sorriso.

– Sei sicura che Babbo Natale non esista? – continuò la vocina.
– Bè no, non ne sono sicura, è che vorrei tanto vederlo, ma nessuno mi sa dire dove sia…
– E cosa ti dice il tuo cuore…?
Sara esitò un attimo.
– Che esiste…
– Allora infilati le pantofole, forse questa sera il tuo desiderio verrà esaudito…

Sara balzò giù dal letto e infilò le pantofole, che però non erano proprio le sue, erano pantofole magiche! Ma Sara non ci fece nemmeno caso.
Una volta infilate le pantofole, la finestra della cameretta si aprì, e come per magia i suoi piedini si staccarono dal pavimento e Sara uscì dalla stanza volando leggera come un soffio di vento.

Sara era tutta circondata da piccole scintille, e continuò a salire sempre più in alto, finché le luci delle case del paese diventarono piccole piccole.
Sara iniziò a sorvolare prati innevati, foreste e pianure, finché ad un certo punto arrivò ad una vallata tutta piena di abeti addobbati con luci e festoni. In mezzo c’era una piccola casetta, tutta illuminata.

Piano piano Sara cominciò a scendere verso la casetta, fino a posarsi proprio di fronte alla porta.
Sara era ancora tutta emozionata per il volo appena fatto e per i meravigliosi paesaggi visti, ed era rimasta davanti alla porta con la bocca aperta.
Dalla casetta tutta illuminata si sentivano provenire dei bellissimi canti di Natale.

Sara alzò la manina per bussare, ma la porta si aprì ancor prima di averla toccata. Davanti a lei c’era un elfo vestito di verde, tutto sorridente.
– Ciao! – esclamò l’elfo – benvenuta nella casa di Babbo Natale!
Sara, sempre più meravigliata e piena di gioia, entrò.

Si ritrovò in un enorme e fiabesco salone, dove c’era l’albero di Natale più grande che avesse mai visto.
Nella sala cantavano e saltellavano un sacco di elfi, tutti indaffarati per i preparativi della Vigilia di Natale, e tutt’intorno all’albero era un tripudio di regali, dolci, festoni e colori.
Sara era talmente sbalordita da tutta quella meraviglia che continuava a guardarsi intorno ancora a bocca aperta.

Finché, da una porta laterale, entrò un grande omone, tutto vestito di rosso e bianco. Era Babbo Natale!
Sara non credeva ai propri occhi, era lui, era veramente lui! Finalmente ogni dubbio era svanito.
Babbo Natale le andò incontro per salutarla.
– Ciao piccolina, come ti chiami? – le chiese con la sua vociona bella e calda.
– Io mi chiamo Sara.. Ma tu… ma tu.. sei Babbo Natale!? – chiese esitante Sara.
– Certo, mia piccola Sara! – e ridendo per la domanda, Babbo Natale fece un “Oh oh oh” che rimbombò per tutto il salone.

La bocca di Sara si spalancò dalla gioia come mai si era spalancata prima.
– Ma allora esisti!
Babbo Natale annuì con un gran sorriso, e accarezzandole i capelli, le rispose:
– Mi spiace solo di non poterti dedicare molto tempo mia piccola Sara. Purtroppo stasera è la Vigilia di Natale, e io e i miei amici Elfi siamo molto indaffarati a preparare tutti i regali da consegnare ai bambini, vedi? – e indicò con la mano il grande salone e tutti i doni posti intorno all’albero.

Sara si voltò a guardare gli elfi che correvano come matti in ogni dove a prendere e spostare i pacchi regalo.
“Con tutto quello che ha da fare, Babbo Natale è riuscito a trovare un momento tutto per me e salutarmi”.
Sara era commossa da tanta gentilezza.
– Scusami piccola Sara, ma ora devo proprio andare – disse Babbo Natale sorridendole.
Sara lo guardò, ed in un impeto di coraggio gli chiese:
– Posso venire con te sulla tua slitta? Sono piccolina, mi metto in un angolino e prometto di non disturbare…!

Babbo Natale guardò il suo aiutante elfo, che sorrise.
– Va bene, vieni con me! – la prese per mano e la portò fuori sul retro della casa, dove c’era la grande slitta di Babbo Natale.

Era la più grande slitta che avesse mai visto, strapiena di regali, con le renne scalpitanti pronte a partire.
Babbo Natale prese Sara e la fece sedere accanto a lui.
– Tieniti forte al mio braccio! – le disse facendole l’occhiolino. Partirono veloci veloci sulla neve finché, come per magia, la slitta cominciò a volare sopra gli alberi della vallata, e poi sempre più su!

A Sara sembrava di vivere in un sogno. Sotto di lei il mondo era piccolo piccolo, e la slitta andava così veloce che in un attimo furono sopra una città.
Babbo Natale si fermava sopra i tetti, spariva giù per i camini a consegnare i regali e, in un batter di ciglia, era di nuovo accanto a lei.

E continuarono così di città in città, fino ad arrivare al paesello dove viveva Sara.
Babbo Natale accostò la slitta alla finestra ancora aperta della cameretta di Sara, la accompagnò dentro e le rimboccò le coperte.
Sara sentì gli occhietti chiudersi dalla stanchezza: quante emozioni aveva vissuto in così poco tempo…
– Buon Natale mia piccola Sara, e sogni d’oro.

Mentre Sara chiudeva gli occhi, Babbo Natale le fece un’altra carezza, e prima di ripartire con la sua grande slitta a consegnare tutti i regali, andò dove c’era l’albero di Natale di Sara…

Così arrivò il mattino di Natale. Non appena sveglia, Sara infilò le pantofole, prese il suo orsacchiotto e corse in salone, dove c’era l’albero di Natale.
E il suo regalo era proprio lì sotto, una bellissima scatola rossa con un fiocco d’oro sopra.

Papà e mamma la presero in braccio e le augurarono buon Natale.
Lei li abbracciò entrambi tutta felice e raccontò loro la meravigliosa avventura della notte appena trascorsa. I suoi genitori erano un po’ confusi, non si erano accorti di niente e stentavano ad immaginare la loro bambina in compagnia di Babbo Natale a consegnare i regali… Ma non importava.

Per Sara quello era stato il Natale più bello della sua vita, già non vedeva l’ora che arrivasse quello successivo!
Perché ora sapeva che Babbo Natale esiste veramente, le era bastato ascoltare il suo cuore.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il secondo lavoro di Babbo Natale

Il secondo lavoro di Babbo Natale

Nevina e Solleone ❄ 🌞

Riuscirà Nevina, figlia di re Gennaio a raggiungere e vedere il mare? Per lei che non è mai uscita dal paese dei ghiacci potrebbe essere una pericolosa avventura, ma per fortuna un nuovo amico l’aiuterà.

La storia di “Nevina e Solleone” spiega come grazie agli amici possiamo realizzare i nostri desideri, aiutandoci a vicenda. Per scrivere questo racconto noi di fabulinis ci siamo ispirati ad una fiaba di Guido Gozzano, speriamo tanto che vi piaccia!

Illustrazione di copertina di Chiara Castellarin

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Nevina e Solleone ❄ 🌞 storia completa


La Principessa Nevina viveva da sola con suo padre Gennaio, il fabbrica neve.

Re Gennaio preparava la neve che Nevina raccoglieva nelle sue tasche e poi spargeva sulle terre fredde del ghiaccio.
Nevina era una bambina bravissima, ma tanto triste. Quando padre Gennaio dormiva e non produceva più la neve, Nevina fissava la fredda notte stellata sognando le terre calde del mare che non aveva mai potuto vedere.

Ma un giorno prese coraggio e, senza farsi vedere, partì, lasciando le terre dei ghiacci.

Giunse a valle. Lì l’aria era più calda e Nevina iniziava a sentirsi affannata, ma continuò a camminare per i prati pieni di fiori e alberi. Non si accorgeva che dalle sue tasche usciva ancora la neve, e alle sue spalle si formavano nuvoloni grigi e un vento di aria gelida.

Cammina cammina, arrivò sul ciglio di una collina dove fu abbagliata dai riflessi di una sterminata distesa azzurra: era il mare!
All’improvviso le corse incontro un bimbo, il suo nome era Solleone. Le disse che doveva fermarsi, perché quello non era il suo regno e non poteva andare oltre perché stava portando neve e gelo per tutte le sue terre.

Ma a Nevina si formarono delle grosse lacrime agli angoli degli occhi, voleva toccare solo per una volta le cose che non aveva mai potuto vedere. Solleone si commosse e, invece di bloccarle la strada, si offrì di farle vedere tutto il suo regno. Tenendosi per mano, i due bambini cominciarono a scendere verso la spiaggia.

Fu così che Nevina riuscì finalmente a toccare il mare!

Ma le tasche di Nevina erano ormai senza più un fiocco di neve, e lei si sentiva così stanca che cadde sulla sabbia sfinita.
Solleone capì che doveva riportarla al più presto nelle sue terre del ghiaccio e della neve. Se la caricò sulle spalle e iniziò a correre.
Mano a mano che si avvicinavano alle terre fredde Nevina si sentiva meglio, ma Solleone cominciava a fare sempre più fatica, finché, pieno di brividi, non si fermò e la posò a terra.

Nevina gli prese le mani e lo ringraziò per quella giornata così bella che le aveva regalato, però capì che Solleone non poteva resistere ancora molto con tutto quel freddo e lo pregò di ritornare di corsa verso il mare.

Ma, prima di lasciarsi, si promisero che ogni anno, per un intero giorno, si sarebbero incontrati di nuovo per tornare a tenersi per mano.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il pupazzo di neve

Il pupazzo di neve

Stella di Neve ❄

E se un pupazzo di neve diventasse una bambina? Sarebbe un regalo bellissimo, soprattutto per la sua mamma e il suo papà che desideravano tanto avere un figlio.

“Stella di neve” è una rielaborazione della leggenda russa che ha per protagonista Sneguročka, la fanciulla di neve, che nel periodo natalizio porta i doni assieme al Nonno Gelo (il nostro Babbo Natale). Viene citata anche nel cartone animato Masha e Orso nell’episodio intitolato “Buon Natale”.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Stella di Neve!

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Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Stella di Neve raccontata da Silvia!

Stella di neve ❄ storia completa


C’era una volta un vecchietto ed una vecchina che abitavano in una casetta isolata, in cima ad una collina.
Non avevano avuto figli, e perciò, per passare in tranquillità gli ultimi anni della loro vita, avevano scelto di isolarsi dal resto del mondo.

Passarono molti anni in cui i due, felici, non avevano avuto più contatti con nessuno, finché, in un freddo giorno d’inverno, con la neve alta fino alle ginocchia, andarono a cercare legna nel bosco vicino.
Il buon vecchietto sapeva che nei paraggi c’era anche un piccolo lago, e voleva vedere se era ghiacciato per il freddo.
Una volta arrivati sulle sponde del laghetto, videro che effettivamente era completamente ghiacciato, e ci si poteva camminare sopra!

Ma la vera sorpresa fu quella di vedere un piccolo gruppo di bambini che si divertiva a pattinare, o semplicemente a scivolare il più a lungo possibile senza cadere sbattendo il muso.
Altri bambini, invece, stavano sulla riva facendo pupazzi di neve. I due rimasero lungo a guardare la scena: avrebbero sempre voluto avere dei bambini e vederli giocare in quel modo!

La vecchina guardò suo marito sorridendogli e gli disse:
– Caro, perché non facciamo anche noi un pupazzo di neve come quei bambini?
Il vecchino rispose di sì con un cenno del capo, e subito si misero ad accumulare la neve.

Piano piano quello che doveva essere un semplice pupazzo di neve diventava una figura sempre più elaborate, finché, dopo quasi un’ora di lavoro, il pupazzo somigliava molto ad una bambina con cappellino, sciarpa e guanti.
Era la bambina che avevano sempre sognato di avere ma che non era mai arrivata…

I due vecchi guardavano la loro creazione con le lacrime agli occhi. Quanto avrebbero voluto che fosse reale!
Ma non si erano accorti che, sul ramo di un pino, li stava osservando una fata. Commossa da quella scena emozionante, la fata decise di avverare il loro sogno. Dalle sue mani partì una scintilla che volò leggera leggera fino sulla punta del naso della bimba fatta di neve.

I due vecchini videro quella minuscola stella posarsi sul nasino di neve, e… Meraviglia! Davanti ai loro occhi la bimba di neve, piano piano, stava prendendo colore!
Ma ancora più sbalorditi furono quando la bimba di neve, che ormai era una bimba in carne ed ossa, aprì gli occhi e sorrise loro.

I due vecchini scoppiarono a piangere dalla gioia, l’abbracciarono e la coprirono di baci. Decisero di chiamarla Stella.
Stella era una bimba piena di vita, correva, saltava ed era sempre sorridente. Ma, soprattutto, Stella cresceva in fretta, in un solo anno era quasi diventata una ragazzina, e ai due vecchini non sembrava vero di veder crescere la loro bimba.

A Stella, però, non piaceva l’estate. Si sentiva fiacca e svogliata e non voleva mai uscire di casa; si sentiva meglio e più felice solo quando arrivavano i grandi temporali che rinfrescavano l’aria.

Giunse quindi un altro inverno e poi un’altra estate. I tre vivevano felici e contenti ma, abitando lontani dal paese, Stella passava le sue giornate sempre da sola. Vedendola anche un poco triste, visto che era estate, la convinsero ad andare alla grande festa che si teneva giù in paese, dove alla sera avrebbero acceso anche un grande falò.
Stella non voleva andare, ma dopo le insistenti preghiere della vecchina, si mise il vestitino più bello e prese la strada che portava al paese.

– Ciao mia cara Stella, divertiti stasera!
Stella le sorrise e incominciò a camminare.

Quel giorno il sole era particolarmente forte e l’aria molto calda, Stella doveva riposarsi spesso all’ombra dei grandi alberi, beveva molto e poi ripartiva.
Giunse in paese, che aveva visto solo un paio di volte in occasione delle feste invernali, quando con la vecchina andava a comprare il cibo.

Il paese era tutto addobbato a festa, e le persone ballavano ad ogni angolo delle strade, molti giovani danzavano a gruppi i balli popolari. Stella si avvicinò a loro, e dopo qualche timido sorriso tra lei ed altre ragazze del gruppo, fu trascinata nelle danze.
Stella ballava e ballava, senza mai fermarsi, finché poco a poco giunse la sera.
L’aria era diventata di colpo fresca e Stella nonostante fosse da ore che ballava, si sentiva ancora piena di energie, e continuava a ballare.

Fu il momento di accendere l’enorme falò per concludere in bellezza la festa del paese; era talmente grande che tutte in cerchio, prendendosi per mano, servivano quasi cento persone per circondarlo.
Stella e le altre ragazze presero a danzare tutta la notte intorno al falò che aveva fiamme alte fino al cielo.

Il falò però era caldo, troppo caldo per Stella, che iniziava a sudare e sentirsi male. Lei non voleva smettere di ballare, ma ad un certo punto, guardandosi le mani, si accorse che erano diventate quasi trasparenti!
Si guardò i piedi ed anche loro erano trasparenti! Si toccò il viso e sentì come se stesse toccando dell’acqua gelatinosa…

Stella si rese conto che si stava lentamente sciogliendo, di quel passo si sarebbe sicuramente trasformata in una pozzanghera!
Raccolse tutte le sue forze e corse fuori dal paese e il più lontano possibile da quel falò, voleva tornare a casa ma era buio e si sarebbe sicuramente persa.
Cercò quindi del refrigerio in riva al fiume immergendosi quasi completamente. Il fiume era freddo, ma per Stella il freddo significava la vita.

Fu in quel momento che capì che non poteva più rimanere in quel paese dove le estati erano così calde e afose. Doveva andare più a nord, verso le terre dei ghiacci, solo lì avrebbe potuto vivere serena ed essere veramente felice.

Poco dopo, sul fiume, comparve un tremulo bagliore. Era la barca di un pescatore che risaliva la corrente.
– Scusi signor pescatore, dove sta andando? – chiese Stella.
– Sto andando verso nord, verso il regno roccioso. Ma tu, che ci fai qui in riva al fiume e a quest’ora della notte?!
– Cerco un po’ di refrigerio… visto che va verso nord posso chiederle un passaggio?

Il pescatore sembrava un po’ confuso, ma le disse che non c’era nessun problema, che l’avrebbe portata fino al regno delle rocce, poi lui sarebbe tornato indietro.
A Stella andava benissimo, saltò sulla barchetta e si sedette rannicchiata sulla panchetta davanti, pensando ai due vecchini, mamma e papà, che non vedendola arrivare avrebbero avuto un grande dispiacere.

Ma Stella sentiva che stava per intraprendere una grossa avventura, l’avventura della sua vita.
Dalla riva del fiume una piccola scia luminosa fluttuò fino a lei, era una piccola fata, che le si posò sulla spalla.

– Ciao, io sono la fata Thea, tu non lo sai ma io ti conosco fin da quando eri piccina…
– Ciao fata Thea, piacere di conoscerti… – Stella e Thea si sorrisero, e capirono che erano destinate ad un lungo e meraviglioso viaggio assieme.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Fiocco di neve

Fiocco di neve

L’arrivo dei Magi 🎁

Sicuri che valga veramente la pena litigare con una persona e rischiare di perderla anche se le si vuole veramente bene…?

“L’arrivo dei Magi” è una fiaba creata da noi di fabulinis ispirandoci al racconto di O. Henry “Il dono dei Magi”.

E’ ambientata nel periodo dell’epifania e della festa della Befana.

Spiega ai bambini come la generosità venga sempre premiata, ed é un racconto con un po’ di nostalgica magia da raccontare ai nostri bambini durante tutto il periodo delle feste natalizie.

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare dell’arrivo dei Magi!

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L’arrivo dei Magi 🎁


Era il giorno prima dell’arrivo dei Magi, i grandi saggi che venivano da oriente a portare i doni ai bambini, e in paese si stavano facendo i preparativi per le feste.
In questo piccolo paesino vivevano due fratellini, Delia e Gioele, che si volevano tanto bene e stavano sempre insieme.
Ma anche loro, come tutti i fratellini, ogni tanto bisticciavano, e a volte si facevano dei dispetti veramente tremendi.

E quel giorno Delia e Gioele litigarono furiosamente. I due si azzuffarono talmente tanto che quando la mamma li divise, li sgridò così sonoramente che Delia e Gioele piansero tantissimo.
– Se non fate subito la pace i Magi penseranno che siete due bambini cattivi, e saranno veramente dispiaciuti! – disse loro la mamma.
Ma Delia e Gioele non volevano ascoltarla. Ognuno di loro pensava di aver ragione e non avrebbe mai chiesto scusa all’altro.
Così la mamma li mise in castigo, a riflettere sul loro comportamento.

Delia stringeva forte la sua bambola, era il suo giocattolo preferito e non la lasciava mai.
Gioele stringeva forte il suo inseparabile trenino di legno, che trascinava col cordino per tutta la casa.
Dopo un po’ la mamma tornò e chiese:
– Avete riflettuto bene sulla vostra condotta?
– Sì… – risposero i due con un tono non molto convinto.
– Fate la pace?
– Sì… – sempre con lo stesso tono.
– Allora datevi un bell’abbraccio e fate pace.
Delia e Gioele si avvicinarono lentamente, si diedero un abbraccio velocissimo e poi si allontanarono sempre col broncio.

La mamma, che aveva notato questo finto abbraccio di pace, li riprese:
– Bimbi miei, ricordatevi che i Magi sanno leggere nel vostro cuore, e se le vostre scuse non sono sincere loro lo sapranno, e ne saranno veramente dispiaciuti!
Delia e Gioele furono molto colpiti da queste parole.
I Magi venivano una volta sola l’anno, e per i bambini avevano sempre dei bei regali, ma sapevano anche che ai bambini monelli portavano solo del carbone…

I due si guardarono di nuovo negli occhi, ma l’orgoglio ferito bruciava ancora troppo, e corsero via nelle rispettive camerette.
Le parole della mamma continuavano a ronzare nelle loro teste. In fin dei conti Delia e Gioele si volevano veramente un gran bene, e iniziavano a sentirsi veramente dispiaciuti per come si erano comportati.
Delia teneva in mano un disegno che Gioele le aveva fatto e a cui era tanto affezionata. Più lo guardava e più si sentiva in colpa per quello che era successo.

Decise che doveva andare a scusarsi. Lasciò andare il disegno, che scivolò per terra, e in punta di piedi andò verso la cameretta di Gioele.
Gioele stava per fare la stessa cosa, ma mentre infilava una delle ciabatte inciampò e cadde per terra. Guardando furioso la ciabatta disse:
– Cattiva!
Ma Delia era lì sulla porta e, sentendo quelle parole, credette che Gioele fosse ancora arrabbiato con lei. Perciò corse via.

– Gioele è davvero arrabbiato con me, devo farmi perdonare ad ogni costo! – si disse la bimba con le lacrime agli occhi, mentre stringeva a sé la sua amata bambola.
Gioele sentì correre, capì che era Delia, e quando uscì in corridoio vide la sua cameretta vuota col disegno per terra.
– Delia non avrebbe mai buttato a terra il mio disegno se non fosse veramente arrabbiata con me… devo assolutamente farmi perdonare! – si disse Gioele, mentre tirando il suo trenino di legno correva a vedere dove fosse andata Delia. Ma di lei in casa non c’era più nessuna traccia…

Delia era uscita. Per le vie del paese c’erano tante bancarelle, piene di cose bellissime: dolci, vestiti, leccornie e chi più ne ha più ne metta.
– Per farmi perdonare da Gioele potrei fargli un super regalo… – pensò Delia.
Cammina cammina, Delia arrivò alla bancarella di un rigattiere, che tra le altre cose aveva un sacco di giocattoli usati ma ancora tenuti bene.

Delia si avvicinò e tra tutte le cose notò una piccola stazioncina ferroviaria in legno, che sarebbe stata benissimo col trenino di Gioele.
Delia guardò il rigattiere e indicò la stazioncina di legno.
– Sono venti soldini piccola mia – disse il rigattiere.
Ma Delia venti soldini non li aveva… l’unica cosa che aveva era la sua amata bambola, e la porse al rigattiere.
L’uomo fu molto colpito da quel gesto.

– Vuoi fare a cambio con la stazioncina?
Delia fece di sì con la testa.
Il rigattiere prese la bambola e diede la stazioncina alla bimba, che dando un ultimo sguardo alla sua amata bambola, corse via.
Il rigattiere, ancora stupito per quel gesto, guardò la bambola, e poi la mise sotto il suo banchetto, in modo che non si potesse vedere.

Anche Gioele era uscito in cerca di un regalo da fare a Delia per farsi perdonare, e anche lui capitò alla bancarella del rigattiere.
Vide tra tutti i giocattoli una bella culla per le bambole. Lì dentro Delia avrebbe potuto mettere la sua e giocare tutta felice.
Gioele guardò il rigattiere e indicò la culla.
– Sono venti soldini piccolo mio – disse il rigattiere.

Ma Gioele venti soldini non li aveva… l’unica cosa che aveva era il suo trenino, e lo porse al rigattiere.
– Vuoi fare a cambio con la culla?
Gioele fece di sì con la testa.
Il rigattiere prese il trenino e diede la culla al bimbo, che dando un ultimo sguardo al suo amato giocattolo, corse via urtando una signora che passava.

– Gioele! Attento a dove corri! – lo sgridò la signora, ma Gioele ormai era lontano per sentirla.
– Conosce quel bambino signora? – chiese il rigattiere.
– Si, è il figlio di una mia cara amica…
Il rigattiere annuì, e ripose il trenino sotto il suo banchetto, proprio accanto alla bambola di Delia.

Quando Gioele tornò a casa c’era Delia ad aspettarlo, aveva le mani dietro la schiena e sembrava molto emozionata.
Gioele non vedeva l’ora di fare pace con la sorellina ed era così emozionato che inciampò e cadde a terra insieme alla culla.
Delia gli corse incontro – ti sei fatto male?
– No no… tutto a posto – e prendendo la culla da terra gliela porse – tieni Delia, questa è per la tua bambola… scusami tanto per prima… mi perdoni?

Delia guardò la culla dove avrebbe potuto mettere la sua bambola, poi prese la stazioncina e la porse a Gioele.
– Perdonami tu fratellino, anche a me dispiace tanto per prima… ma dov’è il tuo trenino?
Gioele, mentre rimirava la stazioncina in legno, le disse:
– L’ho scambiato per la culla… ma dov’è la tua bambola?
Delia indicò la stazioncina e Gioele capì.

I due si abbracciarono forte forte piangendo di gioia e si promisero che non avrebbero mai più litigato, non ricordavano nemmeno il motivo…
Avevano sacrificato entrambi la cosa più preziosa che avevano per far felice l’altro, e i Magi sarebbero stati fieri di loro.

Delia e Gioele andarono a nanna felici, stringendo forte forte i loro nuovi giocattoli, e fecero sogni bellissimi.
Al mattino la mamma li svegliò di buon’ora – Delia, Gioele, sveglia che è pronta la colazione!
I due corsero in cucina dove li aspettava la mamma che subito chiese loro:
– Ma come mai questa notte avete lasciato la bambola e il trenino fuori dalla porta di casa a prendere il freddo?
Delia e Gioele si guardarono stupiti, i Magi erano passati per davvero a dare i regali, e che regali! Avevano riportato i loro amati giocattoli!
Per Delia e Gioele fu uno dei giorni più felici della loro vita, e da quel momento non smisero mai più di volersi bene.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Giacomino il piccolo elfo 🧝

Come si sente un elfo alla sua prima consegna dei regali di Natale?

Beatrice di 10 anni ha scritto questa dolce fiaba in cui parla dell’elfo Giacomino e delle sue emozioni nella prima notte in giro con Babbo Natale a consegnare regali

Giacomino il piccolo elfo 🧝


Tutti gli elfi e le fatine di Babbo Natale erano allegri e ubbidienti e non disubbidivano mai alle sue indicazioni.
Gli elfi erano di gran lunga più golosi delle loro amiche fate, ogni volta che si sedevano a tavola, divoravano tutto il cibo così in fretta, da non lasciare il tempo a Babbo Natale neanche di sedersi, a contrario delle fatine, che erano così educate da aspettare tutti prima di iniziare a mangiare.

Quando si trattava di costruire giocattoli, gli elfi erano precisi e ordinati nel loro lavoro, ad eccezione di uno, si chiamava Giacomino ed era il più piccolo.

La Vigilia di Natale, Babbo Natale, elencò i nomi degli elfi che lo avrebbero aiutato a consegnare tutti i doni a tutti i bambini, indovinate un po’?

Giacomino fu chiamato, era la prima volta per lui e non sapeva come comportarsi, cosa fare e dove andare, Babbo Natale gli disse che sarebbe andato insieme a lui a consegnare i doni, giusto per imparare.

Quella sera, Giacomino era super terrorizzato, aveva paura di fare qualcosa di sbagliato e di rallentare Babbo Natale, il quale in quel periodo, era un po’ stanco per l’enorme quantità di letterine con troppi desideri da parte dei bambini.

Dopo aver salutato i loro amici rimasti al Polo Nord, gli elfi partirono e furono impegnati tutta la notte, mentre Giacomino andò dalla nonna per farsi rassicurare. Appena giunto da lei, si vergognò a dire che aveva paura, poiché lo guardava orgogliosa e quindi, proprio non se la sentiva.

Arrivò il momento in cui Giacomino, con Babbo Natale, salì sulla loro slitta magica e gli altri elfi sulle loro.
Incominciarono dal Canada, Babbo Natale mostrò a Giacomino come infilare i pacchetti nei camini e come scendere giù senza farsi sentire e vedere.

Dopo toccò all’Alaska, Babbo Natale disse a Giacomino di infilare i pacchi nei caminetti e a entrare nelle case senza farsi scoprire, Giacomino si divertì nel farlo e nel riuscirci.

Andarono in tutti i Continenti insieme agli altri elfi e portarono i regali in tutto il mondo.

Quando tornarono al Polo Nord, la mamma, la nonna e gli amici di Giacomino lo applaudirono per aver consegnato i regali la prima volta e Babbo Natale gli disse che aveva sentito tutto quello che diceva nella sua mente, che non doveva agitarsi così tanto e che doveva avere più fiducia in sé stesso.

Giacomino annuì e gli chiese come facesse a sapere quello che stava pensando, allora Babbo Natale gli disse… beh… che lui era
Babbo Natale!

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Beatrice Bonizzoni di 10 anni per aver condiviso con tutti noi questo bel racconto sulla notte di Natale.
Beatrice ha anche un canale youtube in cui racconta le sue storie.

Lo scoiattolo Coda mozza 🐿️

Un racconto di Natale per imparare a essere più felici, anche quando ci manca qualcosa…

Capita nella vita di perdere qualcosa, e il nostro piccolo scoiattolo è tanto triste perché ha perso un pezzo di coda in un incidente… ma grazie a tutti gli amici che gli sono rimasti vicino, ritroverà il sorriso.

Lo scoiattolo Coda mozza 🐿️


C’era una volta uno scoiattolo molto triste perché, a differenza di tutti gli altri, compresi i suoi fratelli, aveva una coda cortissima, come se fosse stata mozzata a metà. Per questo era sempre deriso dagli altri animali del bosco e aveva pochi amici in quanto si isolava spesso, in seguito al suo problema.

Un giorno andò dalla sua mamma e gli chiese:
«Mamma, io voglio essere come tutti. Perché la mia coda non cresce più? Non mi piace e tutti mi prendono in giro per questo.»
«Figlio mio…» disse la mamma «lo sai che la tua bellissima coda alcuni mesi fa è rimasta incastrata tra i rami dell’albero da cui saltavi ogni giorno. Devi rassegnarti, hai un bellissimo pelo morbido e lucente, due stupendi occhi, delle forti zampette, sei molto agile e simpatico. Devi vedere quello che possiedi non quello che non hai.»

Il piccolo scoiattolo si rassegnò: la sua mamma proprio non lo capiva. Nessuno riusciva a comprendere il malessere che aveva dentro. I suoi numerosi fratelli erano orgogliosi della loro coda mentre lui si vergognava di farla vedere.

Si stava avvicinando il Natale e tutti gli animali del bosco avevano parlato con i loro amici gnomi perché comunicassero a Babbo Natale il regalo desiderato ma coda mozza, come lo soprannominavano tutti, non aveva richieste da fare. Nulla gli interessava.

Lo gnomo incaricato di portare tutte le richieste di doni si accorse che quest’anno, per la prima volta, il suo amico scoiattolo non era andato da lui come sempre aveva fatto.

Ma le voci nel bosco girano veloci e la storia di coda mozza la conoscevano tutti. Come poteva fare? La cosa più ovvia era parlarne con Babbo Natale che sicuramente avrebbe trovato una soluzione.

Era giunta la notte del Santo Natale e tutti gli animali andarono nelle loro tane appena si fece buio, in attesa di vedere il regalo richiesto alle prime luci dell’alba.

Il mattino dopo, il giorno di Natale, il bosco si animò velocemente. Tutti gli animali, grandi e piccoli, trovarono i loro doni: castagne, noci, bucce di banane, funghi, semi ma anche cappelli, bastoni, scope, ecc. Le richieste inviate erano varie.

Tutti si radunarono per fare festa ma coda mozza non uscì dal suo nido nell’albero. Era troppo triste per festeggiare. Fino a quando un pacchettino dal fiocco rosso attirò il suo sguardo. Cosa poteva contenere? Lui non aveva chiesto nulla. La curiosità prevalse per cui scartò il pacco e… sorpresa. Conteneva una coda! Ogni animale aveva donato alcuni dei suoi peli perché Babbo Natale potesse costruirgliene una.

Era troppo bello ed eccitante. Inserì l’elastico della nuova coda nel suo moncone e voilà, finalmente si sentiva di nuovo uno scoiattolo, e addirittura super dotato.

Saltò da un albero all’altro, saltellando in mezzo a tutti i suoi amici. Cosa poteva desiderare di più? Sentiva il calore della loro amicizia.

Era di nuovo, finalmente, felice!

⚜ Fine della fiaba ⚜

Chi sono

Lulù - fabulinis.com

Ciao sono Lulù, sono una nonna con molteplici passioni fra cui quella di attingere da esperienze quotidiane spunti per scrivere una fiaba o una filastrocca. Sono appassionata di tutto ciò che è bello. Non mi pongo obiettivi ma mi piacerebbe un giorno riuscire a pubblicare un libretto con i miei racconti. 😊

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Continua la magia del Natale con un altro bel racconto! 🎅🎄

Freddy, il pupazzo di neve ☃️

I momenti belli della vita non scompaiono, ma si portano con gioia nel cuore per sempre.❤️

A volte anche i pupazzi di neve parlano! e ci ricordano che se anche si dovessero sciogliere per il sole, basterà un’altra nevicata per ritrovare la magia di farne un altro!

Freddy, il pupazzo di neve ☃️


Candidi fiocchi iniziavano a scendere sul paesino di Arcobaldo. I bambini non attendevano altro, tanta neve per poter finalmente giocarci.
Caterina e Lorenzo avevano passato tutto il pomeriggio al parco, dopo l’abbondante nevicata, per costruire con cura il loro pupazzo di neve: due tappi di bottiglia per gli occhi, una carota per il naso, un pezzo di stoffa rosso per la bocca.
Sulla testa un vecchio cappello nero e una sciarpa scolorita al collo, al corpo cicciotto avevano applicato una fila di bottoni marroni e una fibbia di metallo per cintura.

«Che carino questo pupazzo, siamo stati bravi, vero sorellina?» esclamò felice Lorenzo.
«Bellissimo, pare quasi vero, gli manca solamente… la parola!» disse Caterina.
«La parola… chi dice che i pupazzi di neve non parlino, eh?» fece una voce roca.

I bimbi sul momento pensarono ad uno scherzo degli amici. Si guardarono intorno, ma non videro nessuno.
«Ehi, piccoli! Dico a voi!» tuonò nuovamente la voce roca.
Caterina e Lorenzo si girarono entrambi in direzione del pupazzo di neve e videro che la sua bocca si era spostata lievemente dalla posizione originale.

«Si, si, sono proprio io che vi parlo! L’amico di neve che avete appena costruito» fece il pupazzo.
«Ma i pupazzi di neve non parlano… o almeno…» mormorò Lorenzo.
«Io sono speciale, mi chiamo Freddy! Sono veramente felice di fare la vostra conoscenza, mi avete modellato davvero bene» disse il pupazzo.

Iniziò a farsi buio.
«Ciao Freddy, domani torneremo a trovarti!» fecero i due fratelli.
«Va bene, ma dovete farmi una promessa. Spero di rivedervi presto, ma se questo non dovesse accadere, non rattristatevi: ritornerò con la prossima nevicata e voi mi ricostruirete più grande e più bello!».

Caterina e Lorenzo scossero la testa, il giorno dopo si sarebbero ritrovati tutti e tre nello stesso punto, nello stesso parco.
Il mattino seguente i bambini si alzarono presto, fecero colazione, si infilarono il cappotto e uscirono. La giornata era fredda ma soleggiata. Corsero dal loro pupazzo di neve… ma una brutta sorpresa li attendeva: Freddy non c’era più. Il sole lo aveva sciolto quasi completamente.

«Che tristezza, il nostro amico è sparito!» disse Lorenzo con le lacrime agli occhi.
Caterina si ricordò allora della promessa fatta a Freddy.
«Dai, Lorenzo, non piangere! Il nostro amico ritornerà, vedrai, ritornerà!».

Alzando lo sguardo al cielo, la bimba vide alcune nuvole scure avanzare nascondendo il sole. Sorrise.
«Ora andiamo fratellino! Mamma e papà ci stanno aspettando per il pranzo! Vediamo chi arriva primo!».
Iniziarono a correre veloci, lungo la stradina che portava alla loro casa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Rita Bimbatti, Pedagogista Clinico e autrice di racconti per l’infanzia, per aver condiviso con tutti noi questa storia, per far capire con delicatezza ai piccoli che i momenti belli della vita non scompaiono, ma si portano con gioia nel cuore per sempre.

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Il pupazzo di neve

Il pupazzo di neve

Il buon falegname

Donare quel poco che si ha, porta sempre a grandi ricompense!

Beatrice di 10 anni ha scritto questo bel racconto natalizio in cui si parla di generosità e buon cuore, anche se si ha poco da dare.

Il buon falegname


C’era una volta un anziano falegname molto solo, abitava in un paesino di montagna, vicino ad una grande foresta dove andava ogni mattina all’alba.

Il falegname non incontrava mai nessuno con cui poteva scambiare, anche solo uno sguardo, le uniche volte in cui aveva contatti con le persone, era quando andava a comprare del vino o del pane.

La sua casetta, si trovava in un piccolo prato in montagna, da cui si poteva vedere il paese.
La casa del vecchietto, profumava di legna, aveva tende di puro lino, c’era un tappetino di lana vicino a un caminetto al centro del salotto. Vedere le sue fiamme scoppiettare, la legna bruciare e le sfumature dal rosso all’arancione, erano l’unica cosa che dava calore al cuore dell’anziano signore.

Era la settimana prima di Natale, tutte le famiglie si stavano già preparando alla festa tanto attesa, solo il falegname sarebbe rimasto tutto solo nella magica notte.

Una sera, un uomo con la barba bianca più della neve, si presentò alla porta del falegname, era vestito con un abito un po’strappato e rattoppato, aveva degli stivali sporchi di fango e con sé, c’erano due cagnoloni di nome Stella e Fulmine.

Il falegname lo guardò un attimo, pensando cosa ci facesse una persona davanti alla sua porta, erano passati anni da quando qualcuno andava a casa sua.


Il signore gli chiese se avesse del latte e dei biscotti, il falegname rispose che aveva solo il latte, ma non i biscotti, allora l’uomo gli disse che la sera dopo si sarebbe ripresentato alla sua porta e gli avrebbe richiesto le stesse cose e che se lui avesse detto che non ce le aveva, non si sarebbe mai più presentato.

Il falegname non capiva, nessuno lo andava a trovare da anni e solo per dei biscotti e del latte si era presentato un uomo alla sua porta.

Quella notte, dopo che il falegname si fu addormentato, magicamente, nella sua casa apparve un albero addobbato con oro e argento. La mattina seguente, il falegname si stupì nel vedere l’albero tutto agghindato e sopra il camino, vide del latte e dei biscotti.

Quella sera, si ripresentò il signore povero, bussò alla porta e il falegname gli aprì, l’uomo gli chiese se avesse del latte e dei biscotti, allora il falegname gli diede ciò che aveva chiesto.

Gli chiese se volesse entrare dentro la sua casa, l’uomo entrò, si tolse le scarpe e vedendo che erano rotte, il falegname provò ad aggiustargliele come poteva, per i vestiti strappati non c’era molto da fare, quindi gli regalò una coperta di lana che usava d’inverno quando doveva andare a tagliare la legna.

L’uomo lo ringraziò e gli disse che era una brava persona.
Uscì dalla casa e rientrò con due renne, giubbotto e cappello rossi e un pacco regalo.

Il falegname, stupito, accettò il dono e gli chiese perché avesse finto di essere povero, l’uomo rispose di averlo fatto per sapere se fosse una persona generosa, che dava il poco che aveva a una persona che ne aveva più bisogno, o se fosse una persona avara che pensava solo a sé stessa.

Allora il falegname, gli domandò chi fosse veramente, l’uomo rispose di essere Babbo Natale…

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Beatrice Bonizzoni di 10 anni per aver condiviso con tutti noi questo bel racconto di Natale.
Beatrice ha anche un canale youtube in cui racconta le sue storie.

Continua la magia del Natale con un altro bel racconto! 🎅🎄

Il lavoro degli Elfi 🧝

Gli Elfi di Babbo Natale sono sempre al lavoro!

Su nel freddo nord, c’è chi prepare i giocattoli da regalare ai bambini di tutto il mondo, sono gli Elfi! Andiamoli a scoprire!

Il lavoro degli Elfi 🧝


Vicino al Polo Nord si trova la casa di Babbo Natale, dove vive indisturbato con i suoi amici Elfi.

Gli Elfi sono creature buone, pacifiche ed immortali, con grandi orecchie appuntite, sensibili a suoni e rumori lontanissimi: sono molto legati a Babbo Natale, che li considera i suoi adorati figli. In questo periodo, vista la quantità di letterine che stanno arrivando in prossimità delle feste, i piccoli Elfi sono già al lavoro.

Hanno idee geniali, ogni giorno costruiscono centinaia di divertimenti di ogni tipo: bambole, trenini, macchinine e tanto ancora.
Appena terminato di costruire un giocattolo gli spruzzano sopra un po’ di polvere di stelle per renderlo più leggero, altrimenti Babbo Natale non riuscirebbe a trasportare il grande sacco con milioni di regali per i bambini di tutto il mondo.

I piccoli Elfi lavorano con grande dedizione, precisione e velocità. Quando si sentono stanchi, si riposano un pochino su minuscoli lettini intrecciati con la paglia, oppure si ricaricano gustando morbidi panini al latte farciti di cioccolata, di cui vanno ghiotti.

Nella fabbrica delle magie tutti sono già ai loro posti: tra poco Babbo Natale inizierà il lungo viaggio, con la sua slitta ricolma di doni trainata dalle renne volanti.

Bisogna sbrigarsi, i bimbi buoni quest’anno sono molti e devono essere accontentati.
Buon lavoro, miei cari Elfi!

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Rita Bimbatti, Pedagogista Clinico e autrice di racconti per l’infanzia, per aver condiviso con tutti noi questa storia sugli aiutanti magici di Babbo Natale che sono già al lavoro per preparare i tanti regali…

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La pallina canterina 🟢🎶

Che noia le fredde e silenziose serate invernali… molto meglio cantare tutti assieme!

E se gli addobbi dell’albero di Natale si mettessero a cantare tutti assieme? Che grande festa sarebbe!

La pallina canterina 🟢🎶


Laggiù, ai piedi della montagna, c’è un paesello piccino piccino chiamato Magicondolo dove gli abitanti si preparano ad addobbare con cura l’abete della piazza: ognuno ha acquistato un oggetto da appendere al grande albero per le festività natalizie, chi un filo dorato o argentato, chi una pallina colorata, chi un angioletto, una stella, altri più poveri hanno impastato in casa un biscotto e poi agganciato un cordoncino.

Terminati i lavori, l’albero risplende in tutta la sua bellezza al centro del paese, a pochi passi dalla chiesetta.
Mancano pochi giorni al Natale; gli abitanti di Magicondolo attendono con ansia l’evento. Tutt’intorno, un grande silenzio.
Anche le campane della chiesa tacciono. Ad un certo punto, la sera della vigilia di Natale, si sente una vocina acuta canticchiare nella piazza:

– Astro del ciel, Pargol divin, mite Agnello Redentor! Tu che i Vati da lungi sognar, tu che angeliche voci nuziar, luce dona alle genti, pace infondi nei cuor!
E’ una piccola pallina color verde, stanca di questo silenzio.

– E allora, è lunga? – sbuffa l’angioletto vestito di azzurro, appeso vicino la cima dell’abete.
– Ma ragazzi, queste feste devono portare allegria e gioia, non tristezza! – esclama convinta la pallina.
– Ma noi siamo stanchi e raffreddati qui fuori, non abbiamo voglia di cantare – fa una stellina.

La pallina invece insiste:
– Jingle bells, jingle bells, jingle all the way…
– Ma che noiosa! – mormora un filo dorato.
– Invece la pallina ha ragione! Perché questo silenzio? Noi dobbiamo portare la gioia del Natale, amici! – urla la stella cometa dall’alto del grande albero.
– Rallegriamo la piazza e tutte le persone! – dice un filo argento.

La piccola pallina ha finalmente convinto gli addobbi dell’abete a cantare con lei.
Tutti insieme iniziano un coro festoso, per la gioia degli abitanti del paesino di Magicondolo:
– Tu scendi dalle stelle o Re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo!

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Rita Bimbatti, Pedagogista Clinico e autrice di racconti per l’infanzia, per aver condiviso con tutti noi questa storia di una pallina colorata che rallegra con la sua vocina l’albero di Natale

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Gli Acciacchi della vecchia Befana 🧦

Più aumenta l’età, più la Befana ha problemi di salute. Riuscirà a consegnare in tempo i regali ai bambini?

Se avete fatto i bravi la Befana non vi porterà il carbone, ma delle buone caramelle, e per ringraziarla basteranno una minestra calda e un buon bicchier di vino.

Gli Acciacchi della vecchia Befana 🧦


Anche quest’anno l’anziana Befana sta sistemando le ultime cosette all’interno del sacco ed eseguito la revisione alla scopa volante, visto i migliaia di chilometri percorsi nel cielo.

Per lei l’età sta diventando un problema: è ingrassata una decina di chili per via di un’alimentazione troppo ricca di grassi, ha sviluppato un leggero diabete, un’artrosi importante a piedi e mani, una gobba ancor più pronunciata e dolorante, oltre un perenne raffreddore dovuto all’aria gelida sul viso durante le consegne dei regali.

Quest’estate è stata dal medico, che le ha prescritto una cura a base di farmaci antinfiammatori.
Ora deve ricominciare il giro del globo per lasciare caramelle e regali ai bambini. Ma non crediate sia semplice, le insidie sono all’ordine del giorno!

Le case moderne non hanno più i camini e bisogna stare attenti a non finire risucchiati nei termosifoni, o peggio ancora, far scattare improbabili allarmi antifurto e finire scambiati per ladruncoli.
Lo scorso anno poi, durante l’atterraggio sul tetto di una casa di un bambino meritevole, la Befana si è slogata una caviglia.

Per fortuna Babbo Natale si trovava nei paraggi: è andato in suo soccorso cercando di aiutarla a rialzarsi, tra le urla della poveretta.
Gli ultimi regali ai bimbi sono stati recapitati i primi giorni di Marzo: un notevole ritardo!
Quest’anno, i “grandi supervisori del cielo” le hanno consigliato di trovarsi un’aiutante, magari più giovane e magra.

Quindi, miei cari fanciulli, prepariamoci ad accoglierla nel miglior modo possibile la notte tra il cinque e sei Gennaio: sistemiamo la tavola, stendiamo il tovagliolo con sopra un piatto di minestra calda (visto che non ha più denti), un bicchiere di buon vino, qualche dolcetto, mandarini e magari un’aspirina, visto i suoi innumerevoli acciacchi!
Appendiamo le calze e se la nostra casa è provvista di camino, cerchiamo di pulire bene la cappa prima della sua discesa.

Buon lavoro, mia cara Befana!

⚜ Fine della fiaba ⚜

fabulinis ringrazia Rita Bimbatti, Pedagogista Clinico e autrice di racconti per l’infanzia, per aver condiviso con tutti noi questa simpatica storia sulla Befana.

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