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Autore: William

La storia di San Nicola 🎁

San Nicola è il santo che ha ispirato la figura di Babbo Natale, e questa è la sua storia…

Lo sapete che non tutti i bambini aspettano Babbo Natale e Gesù Bambino per ricevere i regali?

In molte case, la notte tra il 5 ed il 6 Dicembre passa San Nicola, conosciuto anche come San Nicolò!

Chi è San Nicola?

San Nicolò è un anziano signore dalla lunga barba grigia, vestito da vescovo che, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, riempie di regali i bambini.

San Nicola è vissuto veramente: fu il vescovo di Myra, città nell’attuale Turchia, durante il III-IV sec. Fu molto importante perché il suo nome compare nei registri del consiglio di Nicea, una “riunione” di vescovi che allora discutevano su come porre le basi per la religione cristiana.

Per tutta la vita si prese cura della sua comunità e si narra che abbia continuato anche dopo la morte, avvenuta in modo semplice e non da martire. Morì infatti di vecchiaia nella sua Myra e pare che dalle sue reliquie sgorgasse un olio profumato dai poteri miracolosi, che veniva distribuito alla popolazione.

Le sue spoglie rimasero a Myra fino a circa il 1100 d.C., quando un gruppo di marinai provenienti da Bari prelevò parte dei suoi resti e li portò via per salvarle dalla presa musulmana di Myra.

Ma anche un gruppo di veneziani riuscì a portare via una parte delle sue reliquie, perciò il culto di San Nicola è molto radicato anche a Venezia e nei territori che un tempo erano sotto il suo dominio.

Venezia e Bari si sono contese per anni la proprietà della vera salma di San Nicola, finché non è stato fatto il test del DNA da cui si è scoperto che… tratta della stessa persona!
Il santo divenne, però, il patrono di Bari e lì è festeggiato più volte durante il corso dell’anno.

Le opere buone di San Nicola

Ma come mai è diventato così caro ai bambini e alle loro famiglie?
Ci sono molte versioni su come questo sia successo, alcune più dolci altre un po’ più cruente… ma una delle più belle racconta che questo vescovo abbia donato tre sacchi di monete d’oro a tre bambine povere.

Il primo sacco lo lasciò di notte attraverso una finestra aperta. La notte seguente fece la stessa cosa. La terza notte, dal momento che trovò la finestra chiusa, calò il sacco attraverso il camino… (questa cosa non vi suona nuova, vero?)

Con questi tre sacchi la vita di queste bambine e della loro povera famiglia cambiò in meglio! Divenne perciò il protettore delle fanciulle in età da marito e, per quanto riguarda i bambini più piccoli, si narra che ne salvò tre da un macellaio riportandoli a casa sani e salvi.

Così San Nicola è diventato il protettore dei bambini e porta sempre regali a quelli più buoni… quindi praticamente a tutti! 😉

Questa tradizione è particolarmente sentita in Trentino ed in Friuli Venezia Giulia, ma è diffusa in molte altre zone d’Italia e nel resto del mondo.

Le feste per San Nicola

Ad Ortisei, in Val Gardena, come Cortina d’Ampezzo in provincia di Belluno, la sera del 5 Dicembre, il Santo percorre le vie cittadine regalando dolci e caramelle, e bussa alle porte per premiare i bambini buoni o rimproverare bonariamente i bambini un po’ più birbanti.

Ad accompagnarlo ci sono anche alcuni diavoletti, i Krampus, che muniti di corde e catene hanno il compito di cercare i bambini “monelli” e dare loro una punizione adeguata.
Questa sfilata è molto conosciuta e attesa da tutti i bambini della zona (ma anche dai grandi ;-))

A Narni invece, in provincia di Terni, si organizzano grandi banchetti e la popolazione, vestita in abiti medioevali, attende l’arrivo di San Nicola ed il suo sacco pieno di dolci e regali.

A Lecco i bambini scrivono una letterina da lasciare sul tavolo della cucina. Al suo posto la mattina del 6 dicembre trovano una mela, biscotti, dei regali e, se sono stati un pochino “cattivelli”, del carbone dolce.

San Nicola viene festeggiato anche a Friburgo, a Magonza, a Bruxelles, a Nancy, dove il corteo a lui dedicato è certamente il più importante di tutta Europa.

Ad Amsterdam, in Olanda, sapete come viene chiamato San Nicola? Sinterklaas!
E il suono di questo nome ricorda qualcosa…
San Nicola è molto venerato anche in Russia, tanto che alcuni hanno cercato di spostare le sue origini proprio in questo paese, e spesso è raffigurato con la pelle scura, perciò si è anche pensato che fosse nato in Africa.

A Bari San Nicola viene festeggiato anche a maggio: per tre giorni consecutivi si celebra l’arrivo delle sue spoglie in città, con la rievocazione del suo arrivo in barca e addirittura una processione in mare: la statua del Santo viene portata al porto, dove viene imbarcata su un peschereccio che la ospiterà per tutta la giornata, circondato da un via vai di barchette che arrivano per onorare il Santo.

Ed è anche il protettore dei marinai, grazie ai miracoli da lui compiuti quando i marinai in difficoltà lo invocavano.

San Nicola è quindi un Santo che è entrato nel cuore di tante tante persone e che viene venerato in molte occasioni diverse.

Ma la sua storia, per noi, è particolarmente interessante perché ci sono tante somiglianze con quella di un altro personaggio molto caro ai bambini…

Abbiamo infatti parlato di doni ai bambini e di un sacco calato attraverso il camino… e se gli mettiamo una lunga barba bianca, un bel vestito rosso e una magica slitta che serve a fare il giro del mondo in una sola notte, abbiamo già capito di chi stiamo parlando…

Ma com’è che San Nicole è Diventato Babbo Natale? Scoprilo nel nostro articolo “La storia di Babbo Natale“, resterai stupefatto!

Quindi, aspettando che la notte del 6 dicembre passi San Nicola, potete leggere una delle nostre fiabe di Natale, oppure ascoltare le bellissime audiofiabe di natale 😉

A presto!

Il Soldatino di Piombo 💞

Il Soldatino di Piombo si è innamorato della dolce Ballerina ma…

Il perfido diavoletto è molto geloso del rapporto che si sta formando tra due e fa di tutto pur di impedire che il loro sogno d’amore si realizzi, ma dovrà arrendersi al fatto che l’amore trionfa sempre su tutto!

Questo è il nostro adattamento della famosa fiaba “Il soldatino di stagno” di Hans Christian Andersen, in cui lo struggente finale racchiude in sè un bellissimo messaggio di speranza e amore.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del Soldatino di Piombo

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe classiche, puoi ascoltare il Soldatino di Piombo raccontata da Silvia!

Il Soldatino di Piombo 💞


C’erano una volta venticinque soldatini di piombo, tutti uguali. La loro uniforme era rossa e blu, imbracciavano il fucile e guardavano dritto davanti a loro.

Quando fu tolto il coperchio della scatola in cui giacevano, le prime parole che udirono in questo mondo furono:
– Evviva, i soldatini di piombo! – dette da un bambino che batteva le mani.

Tutto felice il bambino cominciò a sistemarli sulla tavola. Ogni soldatino era esattamente uguale all’altro, tutti tranne uno, a cui mancava una gamba; forse era stato fatto per ultimo quando il metallo ormai stava finendo.

Eppure stava fermo su una gamba sola, come gli altri stavano fermi su due, ed è per questo che attirò subito l’attenzione del bambino.

Sul tavolo però c’erano anche altri giocattoli, tra cui un grazioso castello tutto fatto di cartone. Davanti al castello, sempre ritagliati nella carta, c’erano degli alberelli e vicino al portone una Ballerina, che stava con la gamba sollevata così in alto che sembrava anche lei avere una gamba sola.
Ad adornare i suoi capelli di carta c’era una piccola rosellina di metallo dorato.

Una volta fuori dalla scatola il Soldatino di Piombo notò subito la bellissima Ballerina, e se ne innamorò all’istante.
“E’ la donna più bella del mondo!” pensò, “ma è così delicata, e vive in un castello, mentre io possiedo solo una scatola con dentro altri ventiquattro soldati uguali a me… devo comunque conoscerla!”

Si nascose quindi dietro una strana scatoletta di legno tutta intarsiata, che stava anch’essa sul tavolo. Da lì poteva osservare la graziosa Ballerina, che continuava a stare su una gamba sola senza perdere l’equilibrio.

Il Soldatino di Piombo non se ne accorse, ma anche la Ballerina lo guardò di sfuggita, rimanendo colpita dal suo aspetto fiero e dignitoso.

Quando fu notte, e tutte le persone nella casa furono andati a dormire, i giocattoli iniziarono a vivere la loro vita, giocando ballando e combattendo.

I soldatini di piombo fremevano nella loro scatola perché volevano uscire anche loro, ma non riuscivano ad alzare il coperchio, gli schiaccianoci giocavano saltando qua e là, mentre i gessetti correvano su e giù per la lavagna di ardesia.

Gli unici due che non si mossero dai loro posti furono il Soldatino di Piombo e la piccola Ballerina. Lei ferma in punta di piedi, con entrambe le braccia tese, lui fermo su una gamba sola, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso.

Il tempo passò, l’orologio a cucù suonò la mezzanotte e d’improvviso, dalla scatoletta intarsiata poggiata sul tavolo, volò via il coperchio: dal suo interno balzò fuori un piccolo diavoletto che si guardò intorno furtivo e, per primo, vide il Soldatino di Piombo.

– Ciao Soldatino di Piombo! – disse il diavoletto – cosa stai guardando con quella faccia imbambolata? – seguì il suo sguardo e si accorse che guardava la Ballerina.
Ma il Soldatino di Piombo non fece caso al diavoletto e sembrò non sentirlo proprio.

– Ciao Soldatino di Piombo! – ripeté il diavoletto, ma il Soldatino di Piombo ancora rimase immobile e non disse nulla.
– Come osi ignorarmi in questo modo! – disse furioso il diavoletto verso il Soldatino di Piombo – Vedrai domani cosa ti combino, vedrai!
E detto questo se ne ritornò nella sua scatoletta intarsiata.

Quando fu mattina, il bambino giocò un poco col Soldatino di Piombo, poi lo poggiò sul davanzale della finestra. D’un tratto la finestra si spalancò e il Soldatino di Piombo cadde giù sulla strada, infilandosi tra due pietre del selciato e rimanendo così nascosto alla vista.
Una perfida vocina, dentro la scatola di legno intarsiata sul tavolo, ridacchiava felice…

Il bambino scese subito a cercare il Soldatino di Piombo, ma, sebbene gli passò così vicino quasi da calpestarlo, non lo vide.
Presto cominciò a piovere e il bambino tornò dentro casa.

Poco dopo passarono di lì due ragazzini, stavano anche loro correndo a casa per la pioggia e notarono il Soldatino di Piombo.

– Guarda! – gridò uno dei due – un Soldatino di Piombo!
Lo presero, lo guardarono ed ebbero un’idea: visto che, a causa della pioggia, al lato della strada si era formato un rigagnolo d’acqua, decisero di provare a farlo navigare su una barchetta di carta.

Così presero un foglio di giornale e fecero una barchetta, vi misero sopra il Soldatino di Piombo e lo fecero navigare giù per la strada.
La barchetta di carta iniziò a sballottare veloce su e giù in mezzo al ruscello, andava così veloce che il Soldatino di Piombo per la paura tremò. Ma rimase fermo, non mostrò emozione e continuò a guardare dritto davanti a sé, impugnando il fucile, perché lui era un soldato.

Sbandando, la barchetta finì in un canale di scolo dell’acqua, buio e maleodorante.
– Dove mai sarò adesso? – si chiese il Soldatino di Piombo – se almeno fosse qui con me la dolce Ballerina, avrei meno paura, e del buio non m’importerebbe…

La corrente divenne più veloce e forte, la barchetta girò su sé stessa tre, quattro volte, e si riempì d’acqua fino all’orlo: stava per affondare!
Il Soldatino di Piombo era in piedi con l’acqua fino al collo e pensò alla sua bella Ballerina di cui, probabilmente, non avrebbe mai più rivisto il dolce viso.

La barchetta si sfasciò proprio quando il canale di scolo si immetteva nel fiume con una piccola cascatella, e lì il Soldatino di Piombo si inabissò.
Ma proprio in quel momento passò di lì un grosso pesce che pensando di fare un buon pasto, lo inghiottì.

Com’era buio lì dentro, ancora più buio che nel tunnel, ma il tenace Soldatino di Piombo rimase fermo e impettito, con il fucile bene in spalla.

Il pesce nuotò su e giù per il fiume, ma il giorno seguente venne pescato e venduto al mercato. Fu poi portato in una cucina, dove la cuoca lo aprì con un grosso coltello.

La donna, stupita, vi trovò dentro il Soldatino di Piombo, lo prese tra l’indice e il pollice, lo sciacquò e lo portò nella sala da pranzo per farlo vedere al suo bambino.

Lo mise sul tavolo, e… non ci crederete, a volte succedono cose incredibili: il Soldatino di Piombo era nella stessa casa da dove era partito il giorno prima!

Vide lo stesso bambino e gli stessi giocattoli, e c’era ancora lo stesso grande castello con la graziosa Ballerina.
Era ancora lì in piedi su una gamba sola e con l’altra alta in aria.
Lui la guardò e lei ricambiò il suo sguardo; il suo cuore di carta, infranto per averlo perso di vista il giorno precedente, era ora pieno di gioia nel rivederlo.

Dentro la scatola intarsiata invece si sentì un grugnito e delle parole confabulate con rabbia: era il diavoletto, che non poteva sopportare di rivedere ancora il Soldatino di Piombo in quella casa.

– Adesso ti sistemo io… – disse il diavoletto, e pronunciò delle strane e magiche parole.

Improvvisamente e senza nessun motivo il bambino prese il Soldatino di Piombo e lo gettò nella stufa!
Sicuramente era stato il piccolo diavoletto a consigliare quel gesto sconsiderato al bambino…

Il Soldatino di Piombo dentro la stufa sentiva un calore davvero terribile, non sapeva se soffriva di più per il fuoco, o per la perdita della sua dolce Ballerina.
Lui guardò la sua piccola signora, lei guardò lui con le lacrime disegnate sugli occhi.

Il Soldatino di Piombo sentì che si stava sciogliendo, ma rimase saldo e fermo col fucile in spalla.

Il diavoletto voleva vederlo sciogliersi il più rapidamente possibile, così,
con una magia aprì la finestra per far entrare più aria.

Ma con la finestra aperta una folata di vento raggiunse la piccola Ballerina che, essendo fatta di carta iniziò a volare nell’aria, dolce e leggera come solo le ballerine possono fare.

Volò via, verso il suo Soldatino di Piombo fin dentro la stufa, dove divenne un’unica piccola ma scintillante fiamma…
Poco dopo anche il Soldatino di Piombo era ormai sciolto in un piccolo grumo di metallo.

Quando la mattina dopo il papà raccolse le ceneri della stufa, vi trovò dentro una piccola forma di cuore fatta di piombo, con incastonata al centro una minuscola rosa d’oro.

Posò lo strano cuoricino sul tavolo, proprio vicino alla scatoletta di legno intarsiato, dal cui interno una vocina irritata oltre misura non la finiva più di brontolare…

Senza volerlo, il diavoletto, aveva unito per sempre l’amore del fiero Soldatino di Piombo e della dolce Ballerina.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 7 – Nel castello della Regina delle Nevi

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della Regina delle Nevi!

La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 7 – Nel castello della Regina delle Nevi.


Nessuno stava di guardia al cancello d’entrata del castello. Avvicinandosi, Gerda vide che le pareti erano fatte di neve pressata e ghiaccio. Salì i gradini che portavano alla porta d’entrata, che era spalancata, ed entrò.

Un lugubre silenzio aleggiava in tutte le gelide stanze che formavano il castello. Erano più di cento stanze fatte di ghiaccio e neve, tutte illuminate dall’aurora boreale.

Il salone principale sembrava infinito, al suo centro c’era addirittura un lago ghiacciato. Appena oltre il lago svettava l’imponente trono di ghiaccio della Regina delle Nevi, alto decine di metri, vuoto e ricoperto di neve fresca. Sembrava che il palazzo fosse completamente deserto.

Gerda camminava con passo lento ma deciso, al suo passaggio il lago ghiacciato si crepava leggermente, ma non cedeva e solo dopo averlo attraversato tutto, guardando ai piedi del maestoso trono, vide qualcosa rannicchiato alla sua base.
Era Kay, inginocchiato per terra che cercava di ricomporre alcuni pezzi di ghiaccio come se fossero un puzzle, ma non ci riusciva.
Era completamente blu in viso per via del freddo, ma non se ne accorgeva minimamente perché la Regina delle nevi aveva steso su di lui un incantesimo che gli impediva di sentire freddo.

Gerda cominciò a correre più veloce che poteva, quasi cadde, ma continuò finchè non arrivò da lui e lo abbracciò più forte che poteva. Era ghiacciato.

– Kay! Kay! Mio piccolo Kay finalmente ti ho ritrovato! – singhiozzava tra le lacrime Gerda.
Gli occhi di Kay la guardavano vuoti e privi di qualunque emozione.

Gerda lo abbracciò ancora più forte, i loro visi erano così vicini che le sue lacrime si posarono sulle guance di Kay ghiacciando all’istante. Ma una di queste lacrime, come per miracolo, cadde nei suoi occhi.

Gli occhi di Kay ebbero un barlume di vita, quasi sembravano aver riconosciuto Gerda, la guardarono, si inumidirono e finalmente piansero. Piansero così tanto che le sue lacrime riuscirono a portare via la scheggia di vetro che ancora aveva negli occhi.

Per l’emozione Gerda strinse ancora più forte Kay e pianse ancora di più. Un’altra sua lacrima cadde sul suo cuore di ghiaccio e portò via l’altra scheggia di vetro che vi albergava dentro.

Kay poco a poco diventava sempre meno freddo, le sue guance riprendevano colore e cominciava a muoversi finché alla fine, con la poca energia che aveva in corpo, abbracciò Gerda.
Fu in quel momento che la riconobbe.

– Gerda… – disse Kay con un filo di voce.
– Kay… – rispose Gerda sorridendo e accarezzandogli il viso.
– … perdonami, ti ho fatto soffrire… – continuò il ragazzo.
– Non importa, ora siamo di nuovo insieme…

Kay stava ritornando il ragazzo gentile e spensierato che era sempre stato. Iniziò a raccontare a Gerda di come, quando era stato rapito dalla Regina delle Nevi, non riuscisse a ribellarsi a lei nè a contrariarla, anzi gli sembrava che quel gelido e tetro castello dove lo aveva portato fosse il posto più bello del mondo.

Spiegò alla ragazza che la Regina delle Nevi erano ormai giorni che era andata via dal castello, e non sapeva nemmeno lui dove. Forse era andata a cercare divertimento portando il gelo nel cuore di altre persone…

Gerda e Kay si presero per mano e, fianco a fianco, uscirono dal castello. Ai piedi della scalinata d’entrata li stava aspettando la renna, che li fece salire in groppa e li portò dalla donna della Lapponia.

La donna della Lapponia li sfamò e li fece riposare. Il giorno successivo, sempre in groppa alla renna, viaggiarono fino alla donna di Finlandia, che li abbracciò e diede loro tutte le provviste per tornare a casa. Gerda e Kay salutarono lei e la renna e s’incamminarono.

Giunsero nella foresta, dove su un maestoso destriero incontrarono una ragazza: era Paska, la figlia della brigantessa. Aveva deciso di viaggiare il mondo da sola alla ricerca delle avventure che aveva sempre sognato, e li accompagnò ai confini del regno.

Gerda e Kay furono accolti dalla Principessa e dal Principe, che li vestirono riccamente e diedero loro due cavalli per tornare a casa.
Lungo il viaggio di ritorno incontrarono la piccola casetta della Maga dei Fiori, che li abbracciò e li benedisse.

Finalmente, dopo tanto viaggiare, ritornarono nella loro città, nelle loro case.
Gerda e Kay si tenevano mano nella mano.
Lì ritrovarono la nonna e tutto il resto, esattamente come lo avevano lasciato, come se il tempo non fosse passato mai.

Ma invece per loro il tempo era passato, perché quando entrarono dalla porta, scoprirono di essere cresciuti.
Scoprirono di volersi ancora più bene di quando tutta la loro avventura era iniziata, e scoprirono che non potevano più fare a meno l’una dell’altro.

Nel cortile di casa ritrovarono le loro piccole seggioline, e si sedettero tenendosi per mano. Erano diventati adulti, eppure sembravano ancora due bambini, bambini nel cuore,

C’erano le rose sui davanzali delle finestre ed era già estate, una calda e splendida estate.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

😊

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 6 – La donna di Finlandia e la donna di Lapponia

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 6 – La donna di Finlandia e la donna di Lapponia


La renna, con in groppa Gerda, correva così veloce che sembrava letteralmente volare in mezzo alla foresta. In lontananza si sentivano gli ululati dei lupo, sopra di loro un’aurora boreale di fuoco illuminava la strada.

Si fermarono solo quando giunsero presso una piccola casetta in Finlandia, così piccola che per entrarci bisognava accucciarsi.

Dentro c’era solo una vecchia donna della Finlandia, che stava cucinando del pesce sul fuoco. La donna le accolse e le invitò ad accomodarsi. Dentro la casetta faceva così freddo che Gerda batteva i denti e non riusciva a parlare.

Fu la renna a raccontare tutta la loro storia alla vecchia, che la ascoltò con attenzione.
– Povere creature! – esclamò la vecchietta dopo aver sentito tutta la storia di Gerda e Kay – avete ancora molta strada da fare, dovete arrivare fino in Lapponia, è lì che vive la Regina delle Nevi nel suo castello di ghiaccio, e ogni notte accende il cielo con i suoi magici fuochi azzurri.

La vecchina porse del cibo a Gerda, che mangiò tutto.
– Vi mando da una mia amica, vive in Lapponia e troverete la sua casa proprio lungo il cammino, dovete portarle un messaggio da parte mia!
Detto questo la donna di Finlandia, che non aveva carta su cui scrivere, prese un pesce essiccato sotto sale e vi incise sopra un messaggio, poi lo diede a Gerda – Ora andate!

Gerda e la renna ringraziarono la vecchina e partirono di corsa alla volta della donna di Lapponia.
Trovarono la sua casetta dopo molte ore di viaggio. Bussarono alla porta e, una volta entrate, videro una vecchietta con indosso giusto una vestaglia leggera; dentro la casa faceva effettivamente un caldo infernale.

Gerda si tolse praticamente tutti i vestiti, mentre la renna poverina faceva fatica a stare in piedi per l’eccessivo caldo, tanto che la vecchina le posò un pezzo di ghiaccio sulla fronte.

Gerda diede poi il pesce secco alla donna che lo lesse attentamente fino ad impararlo a memoria. Poi lo gettò nella pentola a cuocere perché il cibo non andava sprecato.

Ascoltò anche lei la storia di Gerda narrata dalla renna, poi diede del cibo alla ragazza e con un cenno della testa indicò alla renna di seguirla in un’altra stanza.

Quando furono sole la renna disse:
– Tu sei una maga vero? Potresti dare una pozione magica a Gerda che le infonda la forza di dodici uomini così che possa sconfiggere la Regina delle Nevi?
– La forza di dodici uomini non le sarebbe di grande aiuto, cara mia… il piccolo Kay vive ormai da molto tempo con la Regina delle Nevi, e pensa di essere nel posto più bello del mondo, ma solo perché nel suo cuore e nei suoi occhi ci sono delle schegge di vetro magiche. Se non togliamo quelle, non sarà mai libero e la Regina delle Nevi lo avrà sempre in suo potere…

La renna ascoltò, poi aggiunse:
– Non puoi darle qualcosa che dia a Gerda del potere su di lei?
– Non posso darle più potere di quanto già ne abbia! Non vedi quanto è grande? Non vedi come tutti quelli che incontra la aiutano, e quanto ha camminato nel mondo con le sue sole gambe? Il potere si trova nel suo cuore innocente. Solo lei può togliere le schegge di vetro dal piccolo Kay, noi non possiamo aiutarla!
Tornarono quindi da Gerda.

– Il giardino della Regina delle Nevi è a pochi chilometri da qui, porta Gerda fino al grande cespuglio di bacche rosse che cresce in mezzo alla neve nel giardino del castello. Poi devi tornare qui più in fretta che puoi! – disse la donna rivolgendosi alla renna.
La donna della Lapponia aiutò Gerda a risalire sulla renna, si salutarono e la renna corse via più veloce che poteva. In breve tempo lo scintillante castello di ghiaccio della Regina delle Nevi fu all’orizzonte.

Il freddo era insopportabile e stava per iniziare anche una tormenta di neve. Riuscirono a raggiungere il cespuglio di bacche rosse, dove la renna fece scendere Gerda dal suo dorso.
Gerda abbracciò al collo la renna, si salutarono con le lacrime agli occhi, poi la renna si girò e corse più veloce che poteva per tornare indietro dalla donna della Lapponia.

Gerda era rimasta sola nella fredda e gelida tormenta di neve.
Di fronte a lei si stagliava in tutta la sua maestosità il castello di ghiaccio.
Facendosi coraggio Gerda decise di entrare.

… continua nel CAPITOLO 7: Nel castello della Regina delle Nevi

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

😊

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 5 – La figlia del brigante

🖌 Disegno da colorare 🎨

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 5 – La figlia del brigante


Gerda stava attraversando la foresta buia, la sua carrozza sfavillava e brillava, e non ci volle molto prima che attirasse l’attenzione dei banditi.

L’attesero in un punto in cui la strada era stretta, e assalirono la carrozza gridando:
– Oro! Oro!
Afferrarono i cavalli e legarono il cocchiere, poi aprirono la carrozza e tirarono fuori Gerda.

– Guarda guarda che bel bocconcino! – esclamò la Regina dei Briganti sguainando la spada.
– No mamma! Non farle del male – gridò una ragazza che stava in mezzo ai banditi – voglio che diventi la mia compagna di giochi, e che mi dia tutti i suoi vestiti!

Era Paska, la figlia della Regina dei Briganti. Tutti si misero a ridere, e sua madre fece fatica a nascondere l’imbarazzo, ma alla fine acconsentì perfino a regalarle la carrozza.

Portarono Gerda al loro accampamento nei boschi, Paska la prese e la condusse in disparte.
– Sei una principessa? – le chiese.
– No, non lo sono… – rispose Gerda.
– E cosa ci facevi tutta sola su una carrozza ricoperta d’oro?!
Gerda tra le lacrime iniziò a raccontare la sua storia.

Paska la ascoltava in silenzio, poi alla fine le asciugò le lacrime.
– Questa notte dormirai con me, ho un sacco di animaletti da farti conoscere – le disse indicando alcuni colombi appollaiati su un albero lì vicino.

Andarono nella tenda di Paska e, mentre entravano, Gerda notò un coltello appeso alla sua cintola.
– Tieni il coltello con te anche quando dormi? – le chiese guardandola un po’ impaurita.
– Dormo sempre col coltello, non si sa mai quello che può succedere… rispose Paska.

Gerda si coricò accanto a Paska. Faceva fatica ad addormentarsi, tanti pensieri si affollavano nella sua testa. Paska si addormentò subito e russava ormai sonoramente quando un colombo bianco si posò vicino alla loro tenda e iniziò a tubare “Tuuuu… tuuuu… tuuuu…” faceva il colombo.

Gerda, infastidita dal richiamo del colombo, gli gridò a mezza voce:
– Basta! Cosa vuoi? Non si riesce a dormire!
Il colombo smise di tubare, aspettò qualche istante e poi disse:
– Tu sei alla ricerca di un ragazzo di nome Kay?

Gerda si alzò di scatto e lo raggiunse fuori dalla tenda.
– Cosa sai di Kay?! – gli chiese.
– Lo abbiamo visto seduto accanto alla Regina delle Nevi sulla sua slitta, prova a chiedere anche alla renna… – e la indicò legata ad un albero.

La renna, sentendosi chiamata in causa, si girò verso Gerda.
– E’ sicuramente andata al nord, nel regno delle nevi, lì ha il suo castello di ghiaccio – disse.
Gerda sospirò.

– Cos’è tutto questo baccano?! Gerda torna dentro! – era Paska mezza addormentata ma con la mano sull’impugnatura del coltello.
Gerda guardò i colombi e la renna, poi ubbidì.

Al mattino Gerda raccontò a Paska tutto quello che aveva saputo.
– Renna, vieni qua! E’ vero quello che hai detto a Gerda? Tu sai come arrivarci?
Alla renna brillarono gli occhi – certo che so come arrivarci! Ci sono nata e cresciuta là!

Paska diede uno sguardo al campo dei briganti, erano tutti belli svegli, soprattutto sua madre.
– Ascoltami – disse Paska a Gerda – adesso non c’è possibilità, ma nel primo pomeriggio, subito dopo pranzo di solito fanno tutti un sonnellino, anche mia madre, forse allora potrò aiutarti…
Gerda l’abbracciò e la ringraziò in lacrime.

Aspettarono che tutti si fossero addormentati, poi Paska si avvicinò alla renna – E’ ora che tu ritorni da dove sei venuta… – le disse.
La renna capì subito cosa intendeva e iniziò a saltare di gioia – devi portare Gerda con te – e aiutò la ragazza a montare in groppa alla renna, poi tagliò la corda che la teneva legata all’albero.

Paska ridiede a Gerda i suoi vestiti e anche del cibo per il viaggio.
Gerda le prese le mani e la ringraziò di cuore in lacrime.
– Non è il momento di piangere… E ora và! E tu stai attenta a Gerda! – disse rivolgendosi alla renna e dandole una pacca. La renna cominciò a correre per il bosco innevato.

Gerda si voltò a guardarla per un ultimo saluto, di fronte a lei ora si stagliava il cielo illuminato dalle aurore boreali.

… continua nel CAPITOLO 6: La donna di Finlandia e la donna di Lapponia

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 4 – Il principe e la principessa

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 4 – Il principe e la principessa


Dopo aver corso a lungo per i boschi, Gerda si riposò sotto un grande albero.

Saltellando nella neve arrivò da lei un grosso corvo nero, si fermò a guardarla e poi disse:
– Cra! Cra! Buongiorno! Cosa ci fai qui sola nel bosco, bimba mia?

Gerda si sentiva sola e stanca e, meravigliata che il corvo potesse parlare, gli confidò tutta la sua storia. Infine gli chiese se avesse visto Kay.
– Può essere… – rispose il corvo.
– Dimmi dove! – esclamò la ragazza.
– Credo di aver visto il giovane che descrivi… vive nel castello, insieme alla principessa. Ma non illuderti, ti ha completamente dimenticato…

Colpita da quest’ultima frase Gerda rimase in silenzio. Nel suo cuore però si faceva largo uno sprazzo di felicità: ora sapeva dov’era Kay.
– Quindi adesso vive con una principessa… ma almeno sta bene? E lei come lo tratta?

Il corvo la guardò profondamente a lungo, poi riprese la parola:
– Devi sapere che in questo regno c’era una volta una principessa straordinariamente intelligente, dolce e gentile, che amava imparare ogni cosa. Leggeva ogni libro di sapienza e studiava le regole che governavano il mondo. Poi giunse il momento per lei di diventare regina, e quindi di prendere marito. Ma non voleva far da compagna ad un re tutto impettito, altezzoso e noioso, no, lei voleva un uomo a cui far domande e da cui ricevere risposte.

Gerda ascoltava il corvo rapita.

– La principessa quindi decise di andare in giro per il suo regno a cercare qualcuno che fosse degno di diventare il suo compagno.
– E lo ha trovato in Kay… è sempre stato molto intelligente, parlare con lui era meraviglioso… – concluse la frase Gerda.
Il corvo la guardò senza dire nulla.

– Devi portarmi al castello, subito! – esclamò Gerda.
– Devo prima chiedere consiglio a una cornacchia mia amica che vive lì dentro perché, devo dirtelo, una ragazzina come te non la lascerebbero mai entrare – le rispose il corvo – aspettami qui, tornerò al più presto – poi allargò le ali e prese il volo in direzione del castello.
Quando il corvo tornò era ormai sera. Nel becco aveva del pane e del formaggio e li pose nelle mani di Gerda – tieni, avrai fame – le disse.
Gerda lo ringraziò molto e iniziò a mangiare. Aveva molta fame.

– Sei riuscito a trovare il modo di farmi entrare nel castello? – gli chiese.
– Tutti gli ingressi sono difesi dalle guardie d’argento, da lì è impossibile passare…
A Gerda cominciarono a formarsi le lacrime agli occhi, pensando che non avrebbe mai più potuto rivedere Kay. Il corvo però continuò a parlare.

– Aspetta a piangere mia cara… la cornacchia mia amica mi ha detto che esiste un passaggio nascosto che dalle stalle permette di entrare direttamente nel castello. Seguimi, ti accompagnerò.
A Gerda non sembrava vero, finalmente avrebbe ritrovato Kay!

Camminò veloce seguendo il corvo in volo. Arrivarono al giardino posteriore del castello, poi si infilarono nelle stalle e in fondo, mezza coperta dalla paglia, trovarono una piccola porta. In quel momento comparve anche la cornacchia, che portava un mazzo di chiavi nel becco. Lo fece cadere proprio ai piedi di Gerda, lei prese le chiavi e aprì la porta.

Davanti a loro si apriva uno stretto corridoio, attraverso il quale Gerda seguì la cornacchia. Camminarono attraversando piccoli stanzini e ampi saloni, finché non furono in una camera da letto. Lì qualcuno stava dormendo, ma Gerda intravedeva solo una nuca di un giovane illuminata dalla fioca luce della luna.

– Kay! – gridò sottovoce Gerda.
Il giovane si voltò di soprassalto, ma non era Kay… subito dopo si alzò anche una giovane ragazza ed entrambi erano molto sorpresi per la singolare visita.

Erano in realtà la principessa e il principe del castello. Il corvo, sentendo il racconto di Gerda, si era sbagliato in buona fede, convinto che Kay fosse davvero il ragazzo che la principessa aveva cercato.
Gerda si mise a piangere disperata, la principessa ed il principe la consolarono e la invitarono a raccontare la sua storia. Una volta finito il racconto, decisero di aiutarla.

La fecero dormire nel castello, la vestirono come una dama di corte e le diedero una carrozza con cui poter andare alla ricerca di Kay.
– Grazie mille, non vi dimenticherò mai! – disse Gerda salutandoli.
– Ti auguriamo di ritrovare al più presto il tuo Kay! – le risposero.

Così Gerda partì e, poco dopo, si ritrovò fuori dal regno alla ricerca delle tracce di Kay.

… continua nel CAPITOLO 5: La figlia del brigante

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

Speriamo che la nostra versione vi piaccia!

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 3 – Il giardino della Maga dei Fiori

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 3 – Il giardino della Maga dei Fiori


Kay sedeva di fianco alla Regina delle Nevi, e nonostante lei gli sorridesse, lui iniziava ad avere sempre più paura.

La neve scendeva copiosa, e loro scivolavano veloci nella foresta buia. Kay iniziava anche ad avere molto freddo, di quel passo in poco tempo si sarebbe congelato.

La Regina delle Nevi se ne accorse e gli disse:
– Ti stai congelando ragazzo mio, vieni sotto il mio mantello – e aprendo il suo mantello di candida pelliccia, lo abbracciò – hai ancora freddo? – chiese lei.

Kay fece cenno di sì col capo, la signora di ghiaccio sorrise:
– Adesso ti darò un altro bacio sulla fronte, e dimenticherai tutto, anche di avere freddo – e mentre gli accostava le labbra sulla fronte, gli occhi di Kay divennero grigi e freddi. In un istante aveva perso del tutto la memoria di sé e di tutte le persone a lui care, Gerda compresa.

La Regina delle Nevi continuò il suo viaggio verso il suo castello di ghiaccio. Intorno a loro il vento fischiava e la neve sibilava, mentre Kay riposava nel suo abbraccio.

Gerda pianse tutta la notte e non riuscì a dormire. Tutto il paese aveva preso parte alle ricerche di Kay, ma nessuno ne trovò la benché minima traccia.

Per Gerda quello fu un inverno lungo e buio.

Quando arrivò la primavera, la ragazza prese coraggio e si disse: “devo ritrovare Kay!” e, infilandosi le sue scarpette rosse, partì.

Viaggiò a lungo, finché non arrivò ad un fiume dov’era attraccata una barchetta: sembrava la stesse aspettando.

Gerda salì sulla barca e, come d’incanto, la corrente la portò via. “Forse il fiume sa dove posso trovare Kay” pensò.

La barca oltrepassò campi e alberi, fino ad arrivare ad un giardino con un ciliegio e una strana casetta, che aveva strane finestre rosse e blu e il tetto di paglia. Lì la barchetta si accostò alla riva e si fermò.

Gerda scese dalla barca mentre dalla casetta uscì una donna molto anziana. Si appoggiava a un bastone e indossava un ampio cappello di paglia con sopra dipinti degli splendidi fiori.

– Vieni, raccontami chi sei e come sei arrivata qui – le disse la vecchina.
Gerda sulle prime ne ebbe paura, poi guardandola negli occhi capì che era una signora buona e le raccontò tutto.

L’anziana signora l’ascoltò e le disse di non essere triste. La invitò poi a stare da lei per qualche tempo, avrebbe potuto raccogliere le ciliegie e sentire il profumo del suo giardino pieno di fiori.

Gerda iniziò a mangiar ciliegie, e la vecchina prese a spazzolarle gli splendidi capelli dorati. Più glieli spazzolava, e più Gerda si sentiva serena e tranquilla.

L’anziana signora la ospitò nella sua casetta per la notte e il giorno seguente portò Gerda a vedere il suo giardino pieno di fiori. Erano di tutti i tipi ed erano tutti meravigliosi. C’era solo una piccola porzione di giardino senza fiori e di terra brulla, ma Gerda non vi fece caso.

Mentre passavano la giornata a raccontarsi le loro vite, la vecchina continuava a spazzolare i capelli di Gerda, e la ragazza era ogni giorno sempre più serena e pensava sempre meno a Kay. Finché non se ne scordò del tutto.

La vecchina era in realtà la Maga dei Fiori, una strega buona che cercava soltanto un po’ di compagnia. Ascoltando la storia di Gerda aveva fatto sprofondare le rose del giardino sotto terra, in modo che lei non potesse vederle. E con un incantesimo, mentre le pettinava i capelli, le faceva perdere il ricordo di Kay.

Le giornate passavano veloci e spensierate, Gerda curava il giardino e la vecchina col cappello di paglia le stava accanto.

“Le dona proprio quel cappello di paglia” pensò Gerda mentre innaffiava dei gerani. Poi guardò meglio i fiori dipinti sul cappello, e vide una rosa proprio come quelle che stavano nel suo giardino di casa e che piacevano tanto anche a Kay.

– Kay!! – gridò Gerda come risvegliandosi da un sogno – devo trovare Kay!! – si guardò intorno, spaesata, era ormai quasi autunno e non aveva ancora trovato Kay.

Si inginocchiò in lacrime proprio nel pezzo di giardino privo di fiori, una goccia cadde sul terreno e subito sbocciò una rosa.

Gerda la guardò incredula, era una rosa bella e splendida, che sembrava volerle dire qualcosa. La ragazza avvicinò l’orecchio e sentì sussurrare:
– Cerca dove sorge il castello di ghiaccio…

Gerda salutò di fretta la Maga dei Fiori che la pregò invano di rimanere, e corse via per il bosco più veloce che poteva. Dal cielo stava iniziando a cadere qualche piccolo fiocco di neve.

… continua nel CAPITOLO 4: Il principe e la principessa

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 2 – Kay e Gerda

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La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 2 – Kay e Gerda


Nella periferia della grande città vivevano due poveri bambini, si conoscevano fin da quando erano nati, essendo i loro genitori vicini di casa, e passavano tutti i giorni assieme.
Lui si chiamava Kay e lei si chiamava Gerda.

Le loro case erano molto vicine, tanto vicine che bastava scavalcare una grondaia e attraversare una finestra per passare da una soffitta all’altra.

D’estate i due bambini prendevano le loro seggiole e si sedevano all’ombra dei ciliegi e delle rose nel giardino vicino, dove facevano giochi meravigliosi.

D’inverno, quando faceva troppo freddo per giocare fuori nel cortile, pulivano ben bene i vetri delle finestre per potersi guardare dalle rispettive case. Si salutavano sempre prima di andare a dormire.

Un pomeriggio in cui fuori stava nevicando fitto, Kay e Gerda si erano raccolti vicino alla stufa a fare compagnia alla vecchia nonna.

– Vedete miei piccoli – disse la nonna – quella neve è come le api bianche che sciamano!
Kay, pensieroso e colpito dall’affermazione della nonna, rispose:
– Anche le api bianche hanno una regina?
– Certo che ce l’hanno! E vola proprio dove le api sono più fitte. É la più grande di tutte e non si posa mai a terra. Dove vola lei il cielo è sempre più scuro e, se per caso si avvicina ad una finestra, la fa ghiacciare in modo strano, come se volesse disegnare un fiore. Si chiama la Regina delle Nevi!

I bambini guardavano incantati i fiocchi di neve scendere fuori dalla finestra. Ad un certo punto Gerda chiese:
– Ma la Regina delle Nevi può entrare anche nelle case?
Subito Kay rispose – lasciala pure entrare, ci penserò io a infilarla nella stufa per scioglierla!
Risero tutti, poi la nonna continuò raccontando altre storie.

Quella sera Kay, prima di addormentarsi, pulì con la mano il vetro ghiacciato della finestra e guardò fuori. Dalla casa di fronte Gerda aveva già fatto lo stesso e i due bambini si salutarono.

Gerda spense la candela della sua stanzetta mentre Kay rimase ancora qualche minuto a guardare la neve scendere copiosa. Guardò in particolare un grosso fiocco di neve posarsi sulla fioriera appesa al davanzale della finestra.

Quel fiocco di neve si era posato con una delicatezza inusuale, facendo uno svolazzo molto elegante prima di fermarsi. Dopo qualche istante il fiocco di neve iniziò a ingrandirsi, crescendo fino a diventare una elegante donna fatta di ghiaccio e tutta di bianco vestita.

I suoi occhi splendevano come le stelle e dopo un battito di ciglia incrociò lo sguardo incredulo di Kay. Gli fece un cenno con la mano, che tese quasi ad invitarlo a uscire di casa e seguirla in mezzo alla tormenta di neve.

Kay fece un balzo all’indietro per lo spavento e cadde per terra. Riuscì a vedere una grande ombra che passava davanti alla finestra, sembrava un enorme uccello che aveva spiccato il volo.

Quando Kay ebbe di nuovo il coraggio di avvicinarsi alla finestra e guardare fuori sulla fioriera, vide che la donna di ghiaccio era svanita.
“Che fosse la Regina delle Nevi…?” pensò Kay.

Quel freddo inverno passò senza che la donna di ghiaccio si facesse più vedere. Arrivarono finalmente la primavera e poi la calda estate, le rose del roseto sbocciavano ed erano profumate più che mai.

Kay e Gerda stavano all’ombra, sfogliavano un libro illustrato. Erano completamente assorti nella lettura quando Kay all’improvviso esclamò:
– Ahi! Ho una fitta al cuore, mi fa molto male… e mi è entrato qualcosa nell’occhio e mi brucia!

Gerda prese subito il capo di Kay e guardò bene mentre sbatteva gli occhi, ma non vide niente. Il ragazzo, per tranquillizzarla, le disse che forse il granello di polvere se n’era andato, anche se in realtà gli faceva ancora tanto male.

Kay non poteva immaginare che nel suo occhio si fosse conficcata proprio una delle minuscole schegge dello specchio fabbricato dal folletto malvagio. E, per ironia della sorte, una scheggia aveva raggiunto anche il suo cuore.

Gerda, in lacrime per lo spavento, corse a prendere una pezzuola bagnata con cui pulire bene l’occhio di Kay. Lui si calmò un poco, poi guardò in viso Gerda e le disse in modo sgarbato:
– Perché stai piangendo?! Sei proprio brutta quando piangi!

Gerda rimase di stucco per il tono tutt’altro che gentile di Kay. Il ragazzo guardandosi intorno iniziò a dire cose cattive e malevoli:
– Ma guarda quella mela sull’albero, viene mangiata da un verme… e poi queste rose sono proprio brutte e orribili… e quel libro illustrato è solo uno stupido passatempo per bambini!

– Kay! Ma cosa stai dicendo!? – Urlò Gerda al ragazzo. Non si era mai comportato in quel modo e non lo aveva mai visto così arrabbiato.

Kay la guardò con disprezzo e corse via. Da quel momento diventò insopportabile, trattava male anche la povera nonna quando gli raccontava le storie della buonanotte.

La piccola Gerda a poco a poco si allontanò da lui, non capiva il perché la prendesse sempre in giro e usasse sempre parole scortesi con lei. Non poteva sapere che era tutta colpa delle schegge malvagie conficcate nel suo occhio e nel suo cuore…

Tornò quindi l’inverno e, nonostante tutto, prima di dormire Kay puliva ancora il vetro dal ghiaccio e salutava brevemente Gerda.

Una di quelle sere entrambi rimasero a guardare la neve cadere fuori dalle loro finestre. Ad un certo punto qualcosa attirò l’attenzione di Kay, che come un fulmine aprì la finestra e si sporse sul davanzale.

Sulla fioriera si era posato un fiocco di neve molto speciale, più grande degli altri, e Kay lo prese fra le mani. Gerda, che osservava la scena, pensò che il ragazzo volesse buttarsi giù dalla finestra, allora gli urlò:
– Cosa stai facendo Kay!? Attento!!

Ma Gerda non credette ai propri occhi quando vide il grande fiocco di neve tra le mani di kay trasformarsi in una bellissima e maestosa donna di ghiaccio. Era la Regina delle Nevi.

La donna prese il ragazzo per mano e magicamente lo accompagnò fino a terra, volando con dolcezza. Lì apparve dal nulla una slitta di ghiaccio trainata da cavalli, anch’essi fatti di ghiaccio.

– Kay!!! – gridò disperata Gerda, ma il ragazzo non la sentiva.

La Regina delle Nevi, prese la testa di Kay e gli diede un bacio sulla fronte. D’improvviso il ragazzo sembrò diventare di ghiaccio anche lui. Salirono sulla slitta e sparirono nella buia notte in mezzo alla tormenta di neve.

– Kay!!! – gridò ancora più forte Gerda, ma ormai Kay non c’era più…

… continua nel CAPITOLO 3: Il giardino della Maga dei Fiori

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

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La Regina delle Nevi ❄

Kay é stato rapito dalla Regina delle Nevi, solo Gerda riuscità a riportarlo a casa.

Anche la Disney si è lasciata ispirare da questo bellissimo e profondo racconto di Andersen per realizzare il famosissimo film “Frozen”

Seguite Gerda nel suo lungo viaggio per ritrovare il suo caro Kay, e scoprirete come riuscirà a superare tutte le dure prove che dovrà affrontare per raggiungerlo e riportarlo finalmente a casa.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della Regina delle Nevi!

La Regina delle Nevi ❄ racconto completo


Indice dei capitoli


La Regina delle Nevi ❄ CAPITOLO 1 – Lo specchio e le schegge


C’era una volta un perfido folletto che si dilettava a fare il mago e costruì uno specchio magico. Quel giorno era proprio di buon umore perchè aveva creato uno specchio capace di far sparire tutte le cose belle e buone che vi si specchiavano dentro.

Anche il paesaggio più incantevole, dentro lo specchio appariva come abbandonato e privo di bellezza. I volti delle persone venivano deformati e diventavano irriconoscibili, e anche le più belle persone apparivano repellenti.

E se lo specchio rifletteva qualcosa di brutto, lo rendeva persino orribile.

Il perfido folletto si divertiva un mondo a fare scherzi e a spaventare le persone, mostrando loro quello che lo specchio rifletteva.

E lui rideva, rideva così tanto che un giorno, per tenersi la pancia con le mani a causa delle troppe risate, fece scivolare lo specchio, che cadde a terra frantumandosi in mille pezzi.

Il perfido folletto gridò di rabbia. Il suo gioco preferito era ormai andato perduto.

Le schegge dello specchio erano così piccole e leggere che diventarono una piccola nuvola fatta di mille pezzettini scintillanti, grandi non più di un granello di sabbia, e il vento le sparse per tutto il mondo.

La più grande sfortuna era che ogni singola scheggia di specchio frantumato possedeva il medesimo malefico potere che aveva lo specchio intero.

Alcune schegge si conficcarono negli occhi delle persone, facendo sì che vedessero il mondo come un posto triste e insopportabile in cui dover vivere per forza. Altre schegge si posarono dentro i cuori, trasformando quelle povere persone in esseri privi di sentimenti e di amore.

Quando si rese conto di cosa i frammenti del suo specchio erano stati in grado di fare, il malefico folletto rise ancora di più e continuò a ridere per tutta la sua vita, perché sapeva che tutte quelle schegge sarebbero volate per il mondo e avrebbero portato la tristezza nelle persone per chissà quanto tempo ancora.

Ma non poteva immaginare l’avventura che i suoi frammenti di specchio avrebbero fatto affrontare a due bravi e cari bambini, il giovane Kay e la dolce Gerda…

… continua nel CAPITOLO 2: Kay e Gerda

Note alla Regina delle Nevi

La Regina delle Nevi è forse il racconto più lungo e complesso scritto da Hans Christian Andersen.

Racconta la storia di crescita e maturità di due ragazzi, Kay e Gerda, che dovranno affrontare le loro paure più profonde per poter alla fine essere finalmente felici insieme.

Il significato profondo di questa storia lo si intuisce già daslla suddvisione in sette capitoli, che in realtà possono essere letti quasi come storie assolutamente indipendenti tra loro, ma che insieme formano una elaborata storia in cui Gerda dimostrerà di riuscire ad affrontare il mondo contando solo sulle proprie forze, e un pizzico di fortuna (che non guasta mai).
In fondo Gerda ha sempre avuto tutte le capacità di cui aveva bisogno, solo non sapeva ancora di possederle.

Mentre Kay, grazie all’amore di Gerda, solo alla fine si renderà conto di quanto illusorie e pericolose siano state le sue ambizioni.

Questo racconto è stato alla base dell’ispirazione per il famoso film della Disney “Frozen”.

Una precisazione, nel racconto originale di Andersen, Gerda incontra prima la donna di Lapponia e poi la donna di Finlandia, che però è un controsenso in quanto, ipotizzando un viaggio verso nord, si incontra prima la Finlandia e poi la Lapponia (che è una regione della stessa Finlandia).
Per essere il più coerenti possibile con la geografia, abbiamo volutamente scambiato i nomi dei due personaggi.

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La storia di Santa Lucia 👁

Tutti a nanna, arriva Santa Lucia!

Santa Lucia bella
dei bimbi sei la stella,
tu vieni a tarda sera
quando l’aria si fa nera.
Tu vieni con l’asinello
al suon del campanello,
e le stelline d’oro
che cantano tutte in coro:
“Bimbi, ora la Santa é qui…

Quelli che avete appena letto sono i primi versi di una famosa filastrocca dedicata ad una Santa molto importante, soprattutto per i bambini, in molte zone d’Italia e del resto del mondo.
Stiamo parlando proprio di Santa Lucia, la protettrice della vista. E sapete perché è amata così tanto dai bambini?
Per chi di voi ancora non lo sapesse, l’avrà sicuramente intuito: Santa Lucia porta sempre dei regali!

Da Siracusa (che è la città in cui Lucia nacque nel III sec. e la cui festa è tra le più importanti dell’anno) a Bergamo, fino ad arrivare in Svezia, la sera del 12 Dicembre, i bambini preparano una tazza di latte, un piattino con qualche biscotto, un po’ di fieno per l’asinello che accompagna Santa Lucia e corrono subito a letto.
Devono subito addormentarsi perché Santa Lucia non vuole che i bambini la vedano.

La tradizione vuole addirittura che Santa Lucia butti della cenere negli occhi dei bimbi che cercheranno di vederla mentre arriva con i suoi doni…

Al loro risveglio, i bambini troveranno la tazza ed il piattino vuoti ed il fieno sparito, ma, in cambio, ci saranno dolci e regali.
Ma come fa Santa Lucia a sapere cosa portare ad ogni bambino?
Semplice, esattamente come lo sa Babbo Natale: ha letto la letterina che ciascun bambino le ha scritto.

E arriva per moltissimi bambini in Italia…

A Bergamo, una delle città italiane in cui Santa Lucia è quasi più attesa di Babbo Natale, già all’inizio di Dicembre i bambini scrivono una letterina alla Santa raccontando i loro desideri promettendo di essere più buoni ed ubbidienti.

La devono poi portare nella Chiesa di Santa Lucia, in centro città, così la Santa la può leggerle.
Ma non è detto che porti i regali richiesti… se non si è stati abbastanza buoni, Santa Lucia lascerà un bel po’ di carbone! (Ma di quello dolce 😉)

Ma anche a Verona la mattina del 13 Dicembre è tanto attesa dai bambini. La tradizione veronese ci fa fare un viaggio nel tempo e ci porta nel XIII secolo e ci fa capire come probabilmente è nata questa tradizione…
Vi ricordate che all’inizio abbiamo detto che Santa Lucia è la protettrice degli occhi?

La leggenda narra che a Verona nel XIII secolo, scoppiò in Dicembre un’epidemia che chiamarono del “male agli occhi”, che colpiva soprattutto i più piccoli. La popolazione decise di chiedere la grazia a Santa Lucia portando i bambini, scalzi e senza mantello, nella chiesa a lei dedicata.

Ma fuori casa faceva tanto freddo e i bambini non volevano uscire.
Allora le mamme e i papà, fecero loro una promessa, molto utilizzata anche ai nostri giorni:
”Se fai il bravo, ti prendo un regalo!”.

I bambini si decisero quindi ad andare in chiesa e l’epidemia di lì a poco finì.
Da allora, la notte del 12 dicembre, Santa Lucia passa con il suo asinello a portare i regali, mentre il 13 i bambini vengono portati in chiesa per la benedizione degli occhi.

E se ci fate caso “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”, si festeggia proprio il 13 Dicembre. In realtà il giorno più corto dell’anno sarebbe il 21 dicembre, solstizio d’inverno, ma questo detto popolaro è nato quando Santa Lucia si festeggiava proprio a ridosso del solstizio, e la poca luce di un giorno così corto potrebbe simboleggiare il vederci poco.

Mentre in giro per il mondo…

Prima abbiamo scritto che la festa di Santa Lucia è molto sentita anche in Svezia.
Ci sono diverse versioni su come questa festa di origini italiane sia arrivata in Svezia.

E’ noto che l’aristocrazia svedese nel ‘700, la mattina del 13 dicembre si facesse servire la colazione a letto dalla figlia maggiore vestita da Lucia. Questa tradizione proseguì, tanto che nel 1927, un quotidiano di Stoccolma, lanciò un concorso tra i lettori per votare la “Lucia” più bella.

Da allora, ogni anno, in ogni città svedese, si incorona una Lucia.
Sempre il 13 dicembre in tutta la Svezia, ma anche Norvegia e Finlandia, si svolgono processioni guidate da una bimba con delle candele accese ornate di ghirlanda sulla testa seguita da damigelle e paggetti, tutti in abito bianco con in testa una coroncina di stelle dorate.
E tutti donano biscotti allo zenzero e focaccine allo zafferano, cantando Luciasangen, la canzone di Santa Lucia, che altro non è che la versione svedese della canzone napoletana Santa Lucia.

Ma dovete anche sapere che la festa di Santa Lucia è arrivata addirittura in Brasile!
Ce l’hanno portata agli inizi del ‘900 gli emigranti italiani.
Anche lì, la notte del 12 Dicembre, i bambini preparano un piatto con biscotti e fieno e vanno a nanna in attesa, la mattina seguente, di trovare i regali tanto desiderati.

Quindi, aspettando che la notte di Santa Lucia arrivi, potete leggere una delle nostre fiabe di Natale, oppure ascoltare le bellissime audiofiabe di natale 😉

A presto!

La storia di Rudolph la renna 🦌 🎅

Sapete che Babbo Natale ha una renna col naso rosso? Ed è anche la più famosa nonostante sia la più giovane di tutte… Ma questo non è importante, perché la renna Rudolph ha un naso davvero speciale!

Rudolph la renna è stata creata da Robert L. May nel 1939, e da quel momento non ha mai smesso di essere la renna che col suo naso rosso è a capo della slitta di Babbo Natale.

Noi di fabulinis abbiamo preparato la nostra versione della sua storia, ascoltala o leggila qui con noi mentre aspetti il Natale!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Rudolph la renna!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Rudolph la renna raccontata da Silvia!

La storia di Rudolph la renna 🦌 🎅 storia completa


Le renne abitano lassù a nord, dove le notti d’inverno sono lunghissime e la neve è bianchissima. Babbo Natale va sempre lì a cercare quelle più forti e più veloci: gli servono per far volare la sua slitta.

Lì a nord viveva una famiglia di renne che aveva cinque piccoli. Il più giovane si chiamava Rudolph ed era un cucciolo particolarmente vivace e curioso.
Lui infilava il suo naso dappertutto. Ed era un naso veramente particolare. Infatti, quando Rudolph era felice, arrabbiato o si emozionava, il naso si illuminava e diventava rosso come un pomodoro.

I suoi genitori ed i suoi fratelli lo trovavano adorabile e lo amavano per questa sua particolarità, ma fin dall’asilo era diventato lo zimbello dei compagni.
“Rudolph ha il naso rosso! Rudolph ha il naso rosso!” lo prendevano in giro.
E alla scuola elementare andò anche peggio! Rudolph cercava con tutti i mezzi di nascondere il suo naso ma non ci riusciva.

Aveva provato a rimanere sempre serio, a metterci un cappuccio di gomma e addirittura a dipingerlo di nero, ma non c’era niente da fare. In qualche modo quel naso rosso e luminoso saltava sempre fuori e i suoi compagni ridevano a crepapelle. Rudolph ci restava molto male: piangeva amareggiato, e i suoi genitori e i suoi fratelli non riuscivano mai davvero a consolarlo.

Passarono gli anni e Rudolph divenne un giovane forte e agile. Finché fu abbastanza grande da poter partecipare alla selezione delle renne che avrebbero trainato la slitta di Babbo Natale.
Anche quell’anno, infatti, l’inverno era ormai alle porte e la visita di Babbo Natale visita si avvicinava. In vista di quell’appuntamento, le renne giovani e forti si facevano belle. Le loro pellicce venivano strigliate e spazzolate fino a brillare come il rame, le corna venivano lucidate fino a risplendere più della neve. Ed ecco che arrivò il gran giorno.

Tutte le renne si riunirono nel piazzale dove di solito atterrava Babbo Natale in quell’occasione e, nell’attesa, cercavano di intimorire e impressionare gli altri concorrenti. Ciascuno avrebbe infatti voluto essere scelto: trainare la slitta di Babbo Natale è un onore immenso!
Tra di loro c’era anche Rudolph, e bisogna ammettere che spiccava tra gli altri per bellezza e vigore.

Babbo Natale atterrò puntuale. Era partito da casa sua con la slitta leggera trainata solo da Donner, il suo fedele caporenna.
Babbo Natale si mise subito al lavoro ed esaminò ogni concorrente. Siccome le renne erano molte e Babbo Natale ne avrebbe scelte solo otto, ci volle molto tempo per guardarle tutte con attenzione e il tempo sembrava non passare mai. Anzi, a Rudolph sembrava un’eternità.

Quando finalmente toccò a lui, però, il suo naso diventò incandescente per l’agitazione, era quasi luminoso come il sole.
Babbo Natale lo guardò e sorrise amichevole, ma scosse la testa. – Sei grande e robusto. E sei un bellissimo giovanotto – disse – ma purtroppo non posso sceglierti. Il tuo naso rosso potrebbe spaventare i bambini.

Non potete immaginare la tristezza ed il dolore che queste parole diedero a Rudolph.
Corse nel bosco più veloce che poteva, scalpitando e ruggendo per la rabbia. A tutti gli scoiattoli che venivano a chiedergli cosa succedesse, rispondeva: – Guarda come brilla il mio naso. Nessuno ha bisogno di una renna con il naso rosso! – e piangeva per la tristezza.

Piano piano si calmò e tornò a casa, dove i suoi genitori e i suoi fratelli lo abbracciarono forte. Lui riprese le sue normali attività, cercando di non badare a quanto si vantavano i suoi compagni che erano stati scelti da Babbo Natale. Spesso tornava nel bosco a salutare gli scoiattoli che l’avevano aiutato quel giorno che era stato tanto triste.

Intanto il Natale si avvicinava e tutti erano così occupati con i preparativi per le feste, che nessuno si accorse che il tempo peggiorava ogni giorno di più.
Al punto che Babbo Natale, quando lesse le previsioni per la notte della Vigilia, disse preoccupato: – Come potrò trovare la strada per arrivare alle case dei bambini? Nevicherà così tanto che rischio di non vedere nemmeno le mie renne!

Quella notte non riuscì a dormire. Doveva trovare una soluzione. Perciò decise di tornare al paese delle renne, forse loro avrebbero potuto aiutarlo.
Ma nevicava così tanto che Babbo Natale non riusciva a vedere niente tranne una luce rossa. Tutto ciò che era intorno a lei era illuminato a giorno.

Babbo Natale si avvicinò e si accorse che quella luce proveniva dal naso della renna che lui aveva scartato. La ricordava benissimo.
– Ciao – le disse – mi ricordo ti te. Ti dissi che il tuo naso avrebbe spaventato i bambini, ma mi rendo conto che è eccezionale. Illumina a giorno la strada anche nella bufera. Ti va di essere la prima delle renne attaccate alla mia slitta e di mostrarmi così la strada per raggiungere i bambini?

Rudolph non credeva alle sue orecchie: per l’emozione inciampò nella neve e il suo naso divenne ancora più rosso.
Finalmente rispose: – Naturalmente, lo farò volentieri. Mi fa un enorme piacere.
– Allora ti aspetto domani sera con tutti gli altri. Dobbiamo partire puntuali per essere sicuri che i bambini ricevano i loro doni a mezzanotte.

Figuratevi la faccia dei compagni di Rudoplh quando lo videro a capo della squadra di renne. Loro l’avevano sempre preso in giro per il suo naso bizzarro, ma proprio quel naso si era rivelato indispensabile per permettere a Babbo Natale di portare a termine la sua missione.
Nonostante la bufera di neve, la slitta partì puntuale e fece tutto il suo giro senza intoppi. La luce del naso di Rudolph aveva guidato le renne sane e salve.

Il giorno dopo Rudolph venne festeggiato come un eroe. Le renne ballarono e cantarono felici perché una di loro era entrata nella storia.
Da allora Rudolph è sempre a capo della slitta di Babbo Natale, per illuminargli la strada e far sì che tutti i bambini ricevano il loro regalo di Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il primo albero di Natale 🎄

Tanto tempo fa non c’erano gli alberi di Natale perchè nessuno li aveva ancora inventati! Ma chi sarà mai stato quindi ad avere questa splendida idea?!

Questa simpatica fiaba risponde in modo semplice e allegro a questa domanda; è stata ripresa da una leggenda nordica che noi di fabulinis abbiamo pensato di riscrivere usando un po’ di immaginazione.

Ecco allora una storia natalizia, adatta a questo periodo dell’anno in cui i bambini sognano e sperano di vedere realizzare i loro desideri.

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

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Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del primo albero di Natale!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il primo albero di Natale raccontata da Silvia!

Il primo albero di Natale 🎄 racconto completo


La vigilia di Natale, nel tardo pomeriggio, Babbo Natale camminava nel bosco col suo sacco in spalla, tutto nervoso…
Tra poco sarebbe dovuto partire con la sua slitta per portare i doni ai bambini di tutto il mondo, ma un pensiero lo tormentava.
Rifletteva su come lo spirito del Natale fosse cambiato negli ultimi anni.

Certo, i bambini erano felici di ricevere giocattoli e dolci, ma lui avrebbe voluto che cantassero e ballassero con le loro famiglie per festeggiare il Natale, cosa che purtroppo ormai accadeva sempre più raramente.
Avrebbe voluto riportare di nuovo tutta questa gioia ai bambini, ma non gli era venuta nessuna bella idea.
“Adesso ne parlerò con il mio aiutante Gimpy.” pensò. “Dobbiamo incontrarci per organizzare la distribuzione dei regali, magari insieme riusciamo a trovare una soluzione anche per questa cosa.”

Gimpy stava già aspettando Babbo Natale nella casetta in mezzo al bosco da dove partivano tutti i regali. Appena vide Babbo Natale gli corse incontro, ma si fermò, vedendolo così cupo.
– Cosa succede, Babbo Natale? Non sei pronto per andare a portare i regali ai bambini?-
– Non lo so – rispose Babbo Natale. – Quest’anno mi sento tanto stanco, forse è successo qualcosa che mi ha fatto perdere l’entusiasmo. Cibo e giocattoli vanno bene, ma bisognerebbe trovare un’idea nuova per rendere davvero felici le persone, per farle di nuovo cantare e ridere di gioia…

– Ci avevo pensato anch’io sai, ma non è così facile – disse Gimpy pensieroso.
– Lo so – continuò Babbo Natale, – E io ormai sono troppo vecchio. A forza di pensare ad inventare qualcosa, mi è perfino venuto mal di testa. Se si va avanti così, rischiamo che il Natale diventi una festa come tutte le altre, e questo mi renderebbe davvero molto triste.

Nel frattempo era arrivata la sera. La luna ormai saliva in cielo e il tempo iniziava a stringere, perciò decisero di fare una passeggiata: camminare nel bosco li avrebbe forse aiutati a trovare un po’ di ispirazione.
Cammina cammina, giunsero ad una grande radura circondata da piccoli e grandi abeti. Era un posto bellissimo. La neve brillava sui rami degli alberi e, sotto la luce della luna, sembrava fatta d’argento.
Gli abeti scuri per la notte e bianchi per la neve formavano un paesaggio incantato.

Rimasero però colpiti da un abete in particolare: aveva dei ghiaccioli che penzolavano dalla punta dei rami e che scintillavano per i riflessi di luce. Non avevano mai visto niente di simile.
Gimpy si avvicinò a quell’abete ed esclamò: – Che meraviglia! Babbo Natale, non è bellissimo quest’albero?
– Sì, davvero… – rispose Babbo Natale.

Erano lì incantati a guardarlo, quando Gimpy all’improvviso disse – Dammi delle mele!
– Mele? – chiese meravigliato Babbo Natale
– Su, veloce, ho avuto un’idea. Dobbiamo legarle con delle cordicelle in modo da poterle appendere all’abete.

Babbo Natale era molto perplesso, ma iniziò a cercare nel suo grande sacco e trovò sia delle mele che un po’ di corda.
Fabbricò dei piccoli lacci con la corda e, dopo averci legato le mele, le diede a Gimpy. L’elfo le prese, le lucidò bene fino a farle diventare di un rosso acceso e le appese all’albero. Quando finì sorrise soddisfatto.
– Già che ci siamo, attacchiamoci anche delle noci – continuò Gimpy.
Babbo Natale era sempre più confuso, non riusciva a capire dove l’elfo volesse andare a parare. Ma lo vedeva così deciso che non replicò.

Gimpy sfregò le noci su un panno speciale che portava sempre con sé, così da farle diventare dorate.
Quando ebbero finito, Gimpy chiese ancora: – Per caso nel tuo sacco hai delle luci, Babbo Natale?
– Purtroppo no, ma ho delle candeline, e dei fiammiferi per accenderle.
– Perfetto! – gridò Gimpy con gioia. Così presero anche tutte le candeline e le misero sui rami dell’abete e sulla sua cima. Poi le accesero.

Lo spettacolo era meraviglioso.

Nel buio, questo piccolo albero brillava come una stella, le mele mandavano riflessi rossi e le noci lo facevano splendere come se fosse d’oro. Gimpy batteva le mani e rideva felice, mentre Babbo Natale non era più arrabbiato.
Gimpy, serio ma felice, guardò Babbo Natale e disse – Ora portiamo l’albero giù in paese così com’è.
Così fecero. Giunsero in paese a notte fonda, quando tutti ancora dormivano. Gimpy indicò la porta della casa più povera del villaggio, la aprì piano e aiutò Babbo Natale a portare dentro l’abete.

Lo sistemarono in mezzo al salotto e Babbo Natale ci lasciò sotto anche un sacco di belle cose: dolci, giochi, mele e noci. Poi, sempre in silenzio, andarono via.
La mattina dopo, il più piccolo dei bambini che abitavano in quella casa si alzò per primo e, come sempre, andò in salotto.
Immaginate quanto grande fu lo stupore nel vedere lo spettacolo dell’albero addobbato!

Corse subito a svegliare mamma, papà e i fratelli, e tutti, sbalorditi per quella meravigliosa sorpresa, cominciarono a ballare e cantare intorno all’albero tenendosi per mano.
La gioia era talmente grande che non guardarono nemmeno i regali: l’albero era il vero dono per tutti.
I vicini, sentendo tutto quel cantare, corsero a vedere e a poco a poco tutto il paese si riversò in quella casa.

Rimasero tutti incantati e volevano tutti un abete così in casa loro!
Andarono nel bosco a prendere un abete e lo addobbarono con mele, noci e luci, proprio come quello fatto da Babbo Natale e Gimpy.
Quando fu sera, in ogni casa si poteva vedere brillare un albero e si potevano sentire canti di Natale.

Nel giro di pochi anni tutte le famiglie del mondo iniziarono ad addobbare un abete per Natale.
Ma la cosa più importante era che Babbo Natale era riuscito a rendere unica e indimenticabile la festa del Natale.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Jack e il fagiolo magico 🌱

Jack ha trovato un fagiolo magico, ma ancora non sa quali avventure gli toccherà affrontare per salvare sè stesso e la sua mamma dal terribile gigante!

Jack e il fagiolo magico, conosciuto anche come Jack e la pianta di fagioli, è un racconto popolare di origine inglese ma famoso anche da noi, a volte in italiano “Jack” viene tradotto come “Giacomino”.

Ne esistono molte varianti tra cui una molto elaborata scritta da Andrew Lang, noi di fabulinis abbiamo voluto renderla il più semplice e scorrevole possibile, così che anche i più piccoli possano divertirsi a leggerla!

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Jack e il fagiolo magico!

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🌟 Favola breve 🤏

Giornata stancante? Vai di fretta? Abbiamo preparato anche la versione breve di Jack e il fagiolo magico!

Jack e il fagiolo magico 🌱


C’era una volta una povera vedova che viveva in una casetta sperduta in una valle con il suo unico figlio Jack, uno scavezzacollo dal cuore molto gentile e affettuoso.

Era appena finito un duro inverno e la mamma, che era rimasta malata per molto tempo, mandò Jack a vendere la loro unica mucca al mercato. Contava così di avere un po’ di denaro per andare avanti, in attesa di rimettersi in sesto e poter riprendere a lavorare.

Jack si recò quindi a vendere la mucca al mercato. La sua attenzione fu attirata da un vecchio mercante con una lunga barba bianca, che gli si avvicinò con in mano qualcosa.

Erano degli strani fagioli e raccontò al ragazzo che erano magici:
– Se li pianti oggi, domani avrai una pianta così alta da toccare il cielo! – gli disse, e persuase Jack a scambiare la mucca con quei fagioli.

Quando sua madre, invece dei soldi che si aspettava per la mucca, vide in mano a Jack solo dei fagioli, andò su tutte le furie. Li prese e li gettò in giardino e per punizione mandò Jack a letto senza cena.

All’alba Jack si svegliò e d’istinto uscì in giardino, dove scoprì con stupore che uno dei fagioli era cresciuto durante la notte, ed era così alto che scompariva tra le nuvole!

“Sarebbe facile scalarlo” si disse Jack e, senza pensarci due volte, iniziò immediatamente a salire. Salì finchè persino l’alto campanile della chiesa sembrava piccolo, e ancora non riusciva a vedere la cima della pianta di fagioli!

Finalmente raggiunse la cima della pianta e si ritrovò in un bosco con al centro un grande castello.

Jack decise di entrare. Bussò forte e, poco dopo, la porta fu aperta da una spaventosa Gigantessa che, sorpresa, gli disse:
– E tu da dove sbuchi fuori?

Non appena Jack la vide cercò di scappare, ma lei fulminea lo prese per la collottola e lo trascinò nel castello tutta felice.

– Oh che bello, finalmente ho trovato un nuovo sguattero e io sarò libera da tutte le faccende domestiche! Pulirai la casa, sistemerai il giardino e farai tutto quello che ti dico quando il Gigante mio marito è fuori dal castello – poi si fermò e lo guardò dritto negli occhi – però, quando lui è a casa, devo nasconderti, perché finora ha divorato tutti i miei sguatteri e tu saresti un boccone molto delizioso, ragazzino – e trascinò Jack fino alle cucine.

Il povero ragazzo era spaventato a morte…
– Sono pronto ad aiutarvi e a fare tutto il possibile per servirvi, mia signora – disse – solo vi prego di nascondermi bene da vostro marito, perché non mi piacerebbe affatto essere mangiato…

– Sei un ragazzo molto intelligente – disse la gigantessa, annuendo – ora devo nasconderti, tra poco mio marito arriverà per colazione – e lo rinchiuse in un grande armadio con un’enorme serratura, da cui Jack poteva vedere cosa succedeva nella stanza.

Poco dopo si sentirono dei passi pesanti avvicinarsi alla cucina, e poi una grossa voce tuonare:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a colazione!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di una bella bistecca di elefante… siediti e fai una buona colazione – e gli mise davanti un piatto enorme di carne saporita e fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Jack osservava tutto dal buco della serratura.

Finita la colazione ordinò alla moglie di portargli la sua gallina che deponeva le uova d’oro. La Gigantessa tornò presto con una gallinella marrone, che posò sulla tavola davanti al marito che disse:
– Deponi! – e immediatamente la gallina depose un uovo d’oro.

Jack non credeva ai suoi occhi, se avesse avuto una gallina del genere lui e sua madre non avrebbero mai più patito la fame…

Poco dopo il Gigante posò la gallina sul pavimento, e subito dopo si addormentò profondamente, la moglie invece aveva preso alcuni panni ed era andata al fiume per lavarli.

Jack allora aprì l’anta dell’armadio e sgattaiolò fuori con molta cautela, prese in braccio la gallina, e si affrettò a lasciare il castello il più velocemente possibile, scendendo dal gigantesco tronco del fagiolo magico come un fulmine.

Quando sua madre lo vide ritornare pianse di gioia, perché aveva temuto che Jack fosse scappato di casa per colpa della punizione della sera precedente.

Ma Jack posò la gallina marrone davanti a lei e le raccontò della scalata sul fagiolo magico, di come era entrato nel castello del Gigante e tutte le sue avventure. La madre fu molto contenta di vedere la gallina, che li avrebbe certamente tolti dalla povertà.

Passavano i giorni e il fagiolo magico era sempre lì, gigantesco e alto fino al cielo. Jack lo guardava e pensava a quali altri tesori poteva trovare dentro il castello del Gigante, così un giorno ebbe un’idea.

Si tinse i capelli e si travestì, risalì il tronco del fagiolo e bussò alla porta del castello. La Gigantessa non lo riconobbe, lo prese e lo trascinò dentro come aveva fatto la prima volta per farsi aiutare a fare i lavori di casa. Quando arrivò il marito lo nascose nell’armadio, senza pensare che fosse lo stesso ragazzo che aveva rubato la gallina.

Il Gigante entrò dicendo:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a pranzo!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di un arrosto succulento… siediti e fai un buon pranzo – e gli mise davanti un piatto enorme, pieno di arrosto fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Jack osservava tutto dal buco della serratura.

Finito il pranzo ordinò alla moglie di portargli i sacchi con i denari, che voleva contarli. La Gigantessa tornò presto con due grandi sacchi, che posò sulla tavola davanti al marito.

– Tieni – disse la Gigantessa – questo è tutto ciò che resta del denaro del barone che viveva nel castello, quando l’avrai speso tutto dovremo andare a prendere il castello di qualcun’altro – e uscì dalla stanza.

Il Gigante scrollò le spalle, tirò fuori mucchi e mucchi di monete d’oro, e iniziò a contarle finché non fu stanco. Poi rimise tutto nei sacchi e, appoggiandosi allo schienale della sedia, si addormentò profondamente.

Jack sgusciò fuori piano piano dall’armadio e, prendendo i sacchi di denaro, corse via. Ridiscese dal fagiolo magico e corse da sua madre.

– Guarda madre, ti ho portato due sacchi pieni d’oro!
– Oh, Jack… tu sei un bravissimo ragazzo, ma non devi più mettere a rischio la tua preziosa vita nel castello del Gigante! Non devi andarci mai più!
Jack annuì per far felice sua madre, ma era deciso a tornare ancora nel castello del Gigante.

Così, qualche giorno dopo, si arrampicò ancora una volta, entrò nel castello senza farsi vedere e si nascose dentro l’armadio.

Poco dopo il Gigante tornò a casa, e appena varcò la soglia ruggì:
– Moglie! Sento profumo di giovanotto nel castello! Fammelo mangiare a cena!

– Sei invecchiato caro mio – gli rispose la gigantessa a voce alta – È solo il profumo di un porcellino grigliato… siediti e fai un buona cena – e gli mise davanti un piatto enorme con sopra un porcellino fumante, cosa che gli fece molto piacere e gli fece dimenticare la sua idea di un giovanotto nel castello.

Quando ebbe mangiato tutto il Gigante disse:
– Moglie, portami la mia arpa farò un po’ di musica mentre tu farai la tua passeggiata.

La Gigantessa obbedì e tornò con una bella arpa tutta scintillante di diamanti e rubini e con le corde d’oro.

Il Gigante disse rivolgendosi all’arpa – suona! – e l’arpa, che era magica, si mise a suonare una dolce melodia che ben presto lo fece addormentare.

Jack sgattaiolò fuori dall’armadio, controllò che la Gigantessa fosse uscita, afferrò l’arpa dalle mani del Gigante e corse via come il vento.
Ma proprio mentre stava per uscire dal castello, l’arpa magica gridò:
– Aiuto! Aiuto!

Il Gigante si svegliò, con un tremendo ruggito balzò dalla sedia e in due passi raggiunse il portone. Voleva acciuffare il ladro che stava cercando di rubargli l’arpa magica.

E stava per riuscirci! Jack, però, era molto agile, sfuggì alle grinfie del Gigante e corse giù dal tronco del fagiolo magico.

Il Gigante cercò di inseguirlo ma, data la sua stazza, si muoveva in modo molto lento e goffo.
Jack fece quindi in tempo ad arrivare a casa e prendere l’ascia, con la quale diede tre colpi ben assestati al tronco del fagiolo magico. La pianta, abbattuta, cadde a terra ma, non appena il tronco del fagiolo magico toccò il terreno, svanì come per magia, e con esso sparirono il Gigante, la Gigantessa e il loro Castello.

Jack e sua madre non credevano ai loro occhi.
Si misero a cantare e ballare dalla gioia di essersi liberati del Gigante cattivo, e grazie alla gallina dalle uova d’oro, i sacchi di denaro e l’arpa magica che gli avevano sottratto, vissero per sempre felici e contenti.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il Presepe e la sua storia 🌠

E’ la notte di Natale dell’anno 1223…

Da dove nasce la tradizione di fare il presepe prima di natale?
Oggi faremo un altro dei nostri viaggi nel tempo alla scoperta di qualcosa di speciale.
E questa volta possiamo davvero definire “speciale” il protagonista del nostro viaggio.

Guarda l’articolo raccontato da Silvia e William, oppure leggilo più sotto!

In questo periodo dell’anno è presente in molte case, nelle Chiese, nelle piazze, nelle vetrine dei negozi. Realizzato con materiali semplici oppure ricercati, a grandezza naturale o piccolissimo (alcuni addirittura dentro il guscio di una noce).
Può essere “vivente”. Può essere moderno oppure tramandato di padre in figlio, con statuine che vengono conservate con la massima cura perché ricche di ricordi.

Potremmo andare avanti ancora per chissà quanto, ma ma adesso scopriremo come è nato…

Il Presepe e la rappresentazione della Natività

Torniamo alla notte di Natale del 1223 ed incontriamo un giovane che ha un posto nel cuore di tutti noi, un giovane che sarebbe poi diventato uno tra i Santi più amati, San Francesco d’Assisi. Sì, dobbiamo proprio a San Francesco la nascita della tradizione del presepe a Natale.

Nel 1219 era partito per l’Oriente come Crociato ed aveva visitato i luoghi in cui Gesù aveva vissuto. Tra questi luoghi c’era Betlemme, il villaggio in cui Gesù era nato. Betlemme lasciò un segno importante in San Francesco, tanto che una volta tornato in Italia, pensando a quel luogo così importante, decise, insieme ai frati che predicavano con lui, di provare a celebrare il Natale in modo diverso dalla tradizione precedente.
E questo modo diverso, nuovo, non poteva che essere la rappresentazione della Natività.

Il primo Presepe della storia

All’epoca, il Papa in carica era Onorio III, il quale fu subito d’accordo con questa proposta.
Il luogo prescelto per il primo presepe fu Greccio, un borgo medievale (si trova nella provincia di Rieti ed oggi è annoverato tra i borghi più belli d’Italia) alle pendici del monte Lacerone, che a San Francesco ricordava in qualche modo la vera Betlemme.

Venne preparata una mangiatoia e portati un bue ed un asinello, che secondo la tradizione si trovavano vicino al bambino. Non c’erano statue, non c’erano raffigurazioni di altro tipo, ma si dice che quella notte di Natale del 1223, insieme ai frati e a San Francesco, fossero presenti alla celebrazione uomini e donne provenienti non solo da Greccio, ma anche dai paesi vicini.

Nel luogo in cui avvenne la rappresentazione, in seguito venne costruito un Santuario, il Santuario del Presepe, la cui cappella è stata realizzata nella grotta usata da San Francesco. Quel Natale in seguito, ha portato alla rappresentazione della Natività come la conosciamo noi oggi, con immagini e simboli, che ogni anno ricreiamo nelle nostre case.

Semplicità di casa

In ogni presepe tradizionale compaiono una grotta o una capanna, la mangiatoia in cui fu deposto il Bambino dalla sua mamma, Maria e da suo papà, Giuseppe, il bue e l’asinello, gli angeli, i pastori e le pecore.

La statuina di Gesù, di solito, viene messa nella mangiatoia la notte di Natale, tra il 24 ed il 25 Dicembre. Mentre bisognerebbe aspettare il 6 Gennaio per veder comparire le statuine dei tre Re Magi, che arrivarono ad adorare Gesù il giorno dell’Epifania.

Questo è quello che simpaticamente possiamo considerare il “modello base”, al quale la fantasia popolare, oppure la tradizione locale, ha da sempre aggiunto una miriade di particolari, a volte molto suggestivi.

Il paesaggio viene arricchito con cieli stellati, con ruscelli o laghetti (io, da piccola, a casa dei miei nonni, mettevo uno specchio in mezzo al muschio e ci mettevo a nuotare delle piccole ochette. E voi?), e delle piccole casette per ricreare l’atmosfera dei borghi. E non ci sono solo pastori tra le statuine, ma anche altri personaggi che svolgono i più diversi mestieri.

Presepi speciali

Sapete che esistono dei presepi molto particolari?
A Bologna, nella Basilica di Santo Stefano è conservato il presepe, con statue “a tutto tondo”, più antico di cui si abbia notizia. Venne scolpito, usando legno di olmo e tiglio, verso la fine del XIII secolo, ma venne poi colorato nel 1370.

Dopo aver subito vari restauri nel corso dei secoli, nel 2006, a Natale, è stato messo in una teca protettiva di vetro, perché lo si possa continuare ad ammirare in tutto il suo splendore.

Lasciamo Bologna ed andiamo a Roma dove, in Santa Maria Maggiore, è conservato il più antico presepe in altorilievo. E’ stato scolpito da Arnolfo di Cambio e risale al 1289!

Restiamo in Centro Italia e andiamo ad Urbino dove, tra le meraviglie artistiche della città, c’è anche un presepe del 1555 in stucco, pietra pomice e tufo, con statue a grandezza naturale. Lo si può visitare nell’Oratorio di San Giuseppe ed è collocato in una cappella il cui soffitto è stato rivestito anch’esso di stucco e tufo per ricreare una grotta.

E se volessimo andare a visitare uno sterminato presepe, con statuine di ogni tipo che raffigurano anche i personaggi famosi di oggi? Basta andare nella…

La via dei Presepi di Napoli

A Napoli, in Via San Gregorio Armeno, dal 1700 questa strada è nota in tutto il mondo per le botteghe artigiane in cui si realizzano statuine per il presepe. Si possono visitare tutto l’anno, ma è durante il periodo natalizio che vengono realizzate delle vere e proprie esposizioni. E si possono acquistare delle vere e proprie opere d’arte!

Per creare i presepi ci sono artigiani incredibilmente abili. Accanto a questa abilità, troviamo spesso una notevole eccentricità, che ci fa trovare, vicino alle statuine “classiche”, anche altre che ripropongono personaggi famosi e protagonisti della cronaca mondana.

Napoli è molto legata alla tradizione del presepe, tanto che esiste il cosiddetto “presepe napoletano”, diffuso in tutto il Sud dell’Italia. Si tratta di presepi ambientati in paesi o città, particolarmente ricchi di personaggi (soprattutto in terracotta), con scene decisamente sfarzose ed elaborate.

Ci sono anche dei personaggi ricorrenti come la zingara (che prevede la passione di Gesù), i dodici venditori (che rappresentano i mesi dell’anno), il vinaio, il pescatore e Benino, un pastorello che dorme e che, nei sogni, dà origine al presepe.

Statu(in)e vive!

Ma il presepe non è solo realizzato con le statuine.
In tutta Italia è diffusa, come accennato all’inizio, la tradizione del presepe vivente. In qualunque regione vi possiate trovare, sono sicura che sono molti i paesi che, coinvolgendo gli abitanti del luogo, mettono in scena delle vere e proprie rappresentazioni teatrali per raccontare la Natività.

Incredibilmente suggestivo è quello messo in scena a Matera, in Basilicata. Dentro un centro storico che ricorda Betlemme, ogni viuzza è animata da artigiani e da pastori che indicano al turista la via verso la grotta della Natività.

Molto coinvolgente è anche quello di Dogliani, in provincia di Cuneo. Pensate, ben 350 figuranti animano il centro storico del paese trasformando le abitazioni in tante piccole botteghe.

E a San Biagio, in provincia di Mantova, sono 150 gli abitanti del paese che ricreano un vero e proprio villaggio attorno alla capanna di Gesù.

Sarebbero ancora tantissimi i luoghi da visitare e non solo in Italia (la tradizione del presepe è diffusa praticamente ovunque), perché ogni paese ha il suo presepe tradizionale in chiesa o in piazza.

E quasi in ogni casa, ogni anno accanto all’albero illuminato, c’è un presepe magari realizzato dai bimbi di casa, cosa che aggiunge magia alla festa più attesa dell’anno.

E aspettando che questo momento magico arrivi, potete leggere una delle nostre fiabe di Natale, oppure ascoltare le bellissime audiofiabe di natale 😉

A presto!

I mercatini di Natale e la loro magia 🎄

Odore di vin brulé, luci scintillanti, addobbi, decorazioni di Natale e in sottofondo la dolce nenia delle zampogne… E’ la magia dei mercatini di Natale, e ora vi raccontiamo la loro storia…

La festa più amata dai bambini si sta avvicinando e non c’è occasione migliore per trovare specialità gastronomiche ed ogni tipo di oggetto che riguardi il Natale. Luci, palline per l’albero, statuette per il presepe e decorazioni di ogni tipo ci fanno immergere nell’atmosfera natalizia che i bambini aspettano tutto l’anno, ma che anche noi adulti amiamo.

Non c’è luogo migliore dei Mercatini per trovare originali idee regalo e gustare tipiche specialità gastronomiche.
Ma vi siete mai chiesti quale sia la loro origine? Dove furono messe le prime casette di legno e le prime bancarelle? Beh, sapete che noi di fabulinis siamo molto curiosi, quindi vogliamo portarvi indietro nel tempo per scoprire la storia dei Mercatini di Natale!

Questo viaggio inizia in Germania tanto tempo fa…

Nel secolo XIV (quindi stiamo parlando del 1300 più o meno…) tra Germania ed Alsazia (Francia) sembra che sia stato organizzato il primo mercatino di cui si abbia notizia e si chiamava Mercato di San Nicola, Santo che si festeggia il 6 Dicembre e che è molto amato in Germania.

Ma il primo “vero” Mercatino di Natale documentato è stato fatto a Dresda, sempre in Germania, nella regione della Sassonia. Un documento che risale al lunedì che precedette il Natale del 1434 (avete letto bene: 1434!), parla di un mercato di dolci tipici tedeschi, gli Striezel, tanto che il mercato stesso si chiamava Striezelmarkt.

Ma accanto ai mastri pasticceri, c’erano anche gli artigiani del luogo che esponevano le loro “creazioni” legate all’Avvento ed al Natale. Le loro opere erano decisamente costose e per questo motivo solo le classi più agiate se le potevano permettere. Ma il Mercatino era talmente bello, che la sua fama uscì dai confini della Sassonia ed iniziò a richiamare visitatori anche da altre regioni della Germania.

La tradizione si diffonde in Germania

Nel corso dei decenni, la tradizione del Mercatino di Natale si diffonde su tutto il territorio tedesco e non solo. Il Mercatino di Strasburgo, per esempio, risale al 1570, e quello di Norimberga al 1628.

Al Museo Nazionale di Norimberga è conservata una scatola in abete rosso con la scritta: ”Donato alla Regina Susanna Harßdörfferin da Susanna Eleonora Erbsin (o Elbsin) in occasione del Mercato di Natale del 1628”.

Avete notato che non si parla mai di Mercato di San Nicola? Infatti, con la Riforma Protestante di Martin Lutero nel 1517, si decise di togliere tutti i riferimenti ai Santi e chiamare questi mercatini semplicemente “Christkindlmarkt”, ossia Mercato di Gesù Bambino.

Alcuni sostengono addirittura che fu proprio in questa occasione che Lutero suggerì che i bambini ricevessero regali da Gesù Bambino in occasione del Natale.

Il Mercato di Gesù Bambino divenne poi quello che tutti chiamiamo Mercatino di Natale e la tradizione è proseguita nei secoli, fino ad oggi. In Germania i Mercatini sono diffusi su tutto il territorio, ma i più famosi restano sempre quelli di Dresda e di Norimberga. Pensate, ogni anno sono circa due milioni le persone che li visitano!

A questi si sono poi aggiunti quelli di Augusta e di Colonia, che ne ospita addirittura sette, in diverse zone della città. Uno di questi sette Mercatini lo possiamo visitare su di una barca navigando sul fiume Reno!

C’è poi quello di Dortmund, con più di tre milioni e mezzo di visitatori, che si aggirano incantati tra circa trecento casette di legno e bancarelle. Il tutto sotto la magia di una albero di Natale alto 45 metri!

E in Italia?

Si deve arrivare fino al 1990, quando gli organizzatori del Mercato di Natale di Norimberga, decisero che Bolzano, nell’Alto Adige, fosse la sede perfetta per ospitare il primo Christkindlmarkt “ufficiale” italiano.

Ed in pochissimo tempo si è affermato come una delle mete preferite dai turisti in questo periodo dell’anno. Persone di tutte le età in cerca di decorazioni natalizie in legno, in feltro, in vetro, immersi nel profumo di strudel di mele, di Zelten (un dolce tipico tirolese a base di frutta secca), di Lebkuchen (famosi biscotti speziati).

Volete sapere una curiosità che riguarda questi biscotti?
Al Mercatino si impara anche questo: secondo la tradizione, vengono preparati in cinque forme diverse, una per ogni città dell’Alto Adige. E così Bolzano diventa un angioletto speziato, Bressanone un agnello, Brunico una stella, Merano una campana e Vipiteno una torre.

In realtà però, in Alto Adige come in altre zone, la tradizione di particolari mercati nel periodo dell’Avvento era già consolidata da molto tempo. I contadini che vivevano sulle montagne scendevano a valle in questo periodo, cercando di vendere, in mercati appositamente organizzati, oggetti intagliati nel legno, lavori fatti a maglia e prodotti agricoli di vario genere. Nelle città di fondo valle vivevano i commercianti, gli artigiani e gli impiegati in grado di acquistare questi prodotti.

Ma la tradizione vuole che questi mercati diventassero un’occasione di festa per tutti. Ciascuno, infatti, partecipava con ciò che aveva a disposizione. Chi metteva a disposizione il luogo più adatto, chi le luci, chi le decorazioni. Addirittura si organizzavano piccoli cori e concertini.

Atmosfera natalizia…

Questa tradizione è ancora fortemente sentita da queste comunità ed è per questo motivo che, soprattutto in queste zone, i Mercatini di Natale sono diventati un appuntamento importante, praticamente imperdibile! Ma ve ne sono su tutto il territorio italiano, perché ormai ogni città, grande o piccola che sia, ci fa immergere, con queste casette di legno, nella magia del Natale.

Tra profumi e decorazioni, tra prodotti di artigianato, dolci tipici, cori e luci accese e anche un po’ di vin brulè per non sentire il freddo, lasciatemelo scrivere, i Mercatini contribuiscono a creare parte di quella magia che rende il Natale la festa più attesa dell’anno, e non solo dai bambini, vero?

A questo punto non resta altro da fare che visitare il mercatino di Natale più vicino! 😉

E aspettando che arrivi il Natale, potete leggere una delle nostre fiabe di Natale, oppure ascoltare le bellissime audiofiabe di natale 🎅🎄

A presto!

Lo scherzetto della strega Greta 🎃

Chi la fa l’aspetti, dice il proverbio… infatti Adele insieme ai suoi amici (ed anche ad una simpatica zia strega…) riuscirà a dare una bella lezione a chi si prende gioco dei bambini.

Halloween è una tradizione che ormai conosciamo bene anche in Italia, e “Dolcetto o scherzetto” è una frase familiare a tutti. Così noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia tutta nostra, simpatica ed adatta a tutti i bambini.

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare della strega Greta!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare lo scherzetto della strega Greta raccontata da Silvia!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Lo scherzetto della strega Greta 🎃


Nella notte di Halloween, una strega pazzerella volava sulla sua scopa sopra i tetti del paese.

Greta, questo era il suo nome, stava andando dalle sue amiche, e siccome era in gran ritardo, volava via talmente veloce che perfino i gatti neri avevano paura di lei.
Lei e le altre sue compari avrebbero fatto grande festa, perché quella era la notte di Halloween, la notte delle streghe!

Vola sopra un tetto, vola attorno ad un campanile, vola dentro un vicolo, ecco che per la strada vide una compagnia di bambini tutti mascherati.
Erano tutti bimbi che andavano di casa in casa a chiedere “dolcetto o scherzetto”, per riempirsi le tasche di caramelle.
Incuriosita, Greta si fermò dietro ad un albero a guardare la scena. Dovete sapere che anche lei aveva una nipotina grande come loro. Si chiamava Adele ed era tanto simpatica.

I bimbi stavano bussando ad una grande porta di legno, e dopo poco uscì un uomo grande e grosso, con la barba lunga così.
Quando l’uomo si sentì chiedere “dolcetto o scherzetto”, fece una grossa risata. I bambini porsero comunque i loro sacchettini per raccogliere le caramelle, ma quel cattivone grande e grosso ci mise dentro solo dei piccoli pezzi di pane raffermo. Dopodiché chiuse loro la porta in faccia, ridendo sonoramente.

I bambini ci rimasero molto male, i più piccoli di loro avevano le lacrimone agli occhi. Non si aspettavano una cattiveria simile.
La strega Greta, dopo aver visto tutta quella brutta scena, decise che quell’omone si meritava una bella lezione.

Con due parole magiche si trasformò in una bambina travestita da piccola strega, e si avvicinò alla compagnia di bimbi.
– Ciao bambini, io mi chiamo Greta!
I bimbi, ancora un po’ tristi per l’accaduto, la guardarono chiedendosi da dove saltasse fuori.
– Ho visto tutta la scena – continuò Greta – e penso che quel cattivone grande e grosso si meriti una bella lezione!
Gli occhi dei bimbi più grandi si ravvivarono subito – Quella bimba ha ragione! – disse uno di loro, e corsero tutti incontro a Greta.
– Guardate qui – disse Greta.

Dalla sua borsa tirò fuori una boccetta color giallo fosforescente, versò un paio di gocce su una zucca intagliata che stava lì vicino, e… magia! La zucca iniziò a fare delle facce bruttissime!
Alcuni bimbi furono molto impressionati da quella magia e stavano per mettersi a piangere dalla paura.
– Non temete, questa zucca adesso andrà a far morire di paura quel cattivone!
– Siiiii! – gridarono insieme tutti i bambini.

Mentre la zucca piano piano si avviava verso la porta della casa, Greta versò un altro paio di gocce su un grande lenzuolo, su un secchio di latte ed infine su un rastrello.
Ed ecco che una piccola squadra di oggetti fluttuanti nell’aria stava per bussare alla porta della casa.
Greta e tutti i bambini, intanto, si erano nascosti dietro ad un muretto, per gustarsi la scena.
Quando finalmente il rastrello bussò alla porta, da dentro la casa si sentì una grossa risata, e poco dopo l’omone grande e grosso aprì la porta.

Immaginate che spavento quando di fronte a sé trovò una zucca intagliata che fluttuava a mezz’aria, un lenzuolo che sembrava un fantasma e un rastrello ed un secchio che sbattevano tra di loro, facendo un gran fracasso!
L’uomo, per quanto fosse grande e grosso, non riuscì nemmeno a gridare per la paura, e corse via dentro casa.
Ma la zucca, il lenzuolo, il rastrello e il secchio lo inseguirono ululando per tutte le stanze.

Il pover’uomo correva da una stanza all’altra terrorizzato, gridando:
– Scusate! Scusate! Ho capito, sono stato cattivo! Scusate!
Finché non andò in cucina, aprì la dispensa, prese tutti i dolci che aveva e li portò fuori ai bambini.
– Scusatemi bambini, scusatemi! Sono stato cattivo! Eccovi tutti i miei dolci!

I bambini, vedendo l’omone portare fuori tutti quei dolci, scattarono da dietro il muretto e corsero a prenderli. Ma non li presero tutti, ne lasciarono un poco anche all’uomo grande e grosso, perché così anche lui poteva festeggiare la notte delle streghe!
L’omone promise che l’anno successivo li avrebbe aspettati con ancora più dolci e caramelle, e i bambini tutti contenti poterono finalmente andare a bussare alla porta della casa vicina.

“Dolcetto o scherzetto?”

Nella confusione e felicità generale, i bambini non si erano accorti che Greta era sparita in groppa alla sua scopa, riprendendo il suo normale aspetto.
Meglio così. Per la strega Greta quello che davvero era importante era il sorriso di quei bambini in festa.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il pipistrello Brighello 🦇🎃

Questo simpatico pipistrello ci insegna che, per migliorare la propria vita e trovare la felicità, bisogna avere il coraggio di credere nelle proprie forze senza arrendersi.

I racconti di Halloween spesso sono storie di paura, e non a torto! Noi di fabulinis, però, abbiamo voluto inventare una storia simpatica, per i più piccolini, che possono così divertirsi senza per forza spaventarsi 😉

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del pipistrello Brighello!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il pipistrello Brighello raccontata da Silvia!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Il pipistrello Brighello 🦇🎃 storia completa


C’era una volta un pipistrello che si chiamava Brighello.
Lui Abitava tutto solo in una torre alta alta di un castello vicino ad un bosco, questa torre però era tutta piena di buchi, di spifferi e ci entrava tanto freddo, e quando faceva il temporale il povero pipistrello si ritrovava sempre zuppo e fradicio.
Brighello, poverino, non ce la faceva più, così sentì che ne aveva abbastanza e una notte decise di andare via dalla sua torre umida e sgangherata.

Quella notte era proprio quella di Halloween ed era tanto buia, c’era anche qualche lampo in lontananza, ma Brighello prese coraggio e volò via lo stesso, deciso a trovare una nuova casetta.
Cominciò a cercarla dal bosco vicino al castello e, vola vola, nel bosco incontrò un gufo.

– Buona sera signor gufo!
– Buona sera a te pipistrellino mio, dimmi, cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween, non vedi che là ci sono dei lampi? Forse arriverà il temporale…

Il pipistrello decise quindi di raccontare tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signor gufo?

Il gufo gli rispose:
– Io abito in quest’albero, dentro quel buco, però per te caro pipistrello mio non c’è posto…
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signor gufo!

Salutò il gufo e continuò a volare nel bosco finché non incontrò una volpe.
– Buonasera signora volpe!
– Buonasera pipistrello, cosa ci fai in giro con questcon questo buio nella notte di Halloween ?
Brighello allora raccontò la sua storia anche alla volpe:

– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora volpe?
La volpe allora gli rispose:
– Io ti darei anche un lettino nella mia piccola tana, però sta sotto terra, e i pipistrelli come te non riescono a volare li dentro… Sarebbe una trappola per te!
Brighello ci rimase un po’ male.
– Vabbè andrò in cerca di un’altra casetta… grazie lo stesso signora volpe!

Salutò la volpe e continuò a cercare. Questa volta uscì dal bosco e si ritrovò sopra un grande prato, dove la luna ogni tanto riusciva a farsi vedere in mezzo alle nuvole scure e minacciose.
Vola vola e vola a Brighello venne in mente un’idea:
– Chiederò aiuto alla luna!
Così Brighello volò sempre più in alto finché non riuscì a vedere in viso la luna che stava sonnecchiando.

– Buona sera signora luna!
– Buona sera a te pipistrellino mio – disse la luna sbadigliando – cosa ci fai in giro con questo buio nella notte di Halloween?
Il pipistrello prese coraggio e raccontò tutta la sua storia.
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta. Mi puoi aiutare signora luna?

La luna gli rispose:
– Buon pipistrello mio, vola verso la montagna, li dovresti trovare una grotta dove abitano tanti pipistrelli come te, sono sicura che accetteranno ben volentieri la tua compagnia e ti lasceranno stare con loro!
– Grazie! Grazie infinite signora luna, non so come ringraziarla!

E, salutata la luna, Brighello iniziò a volare verso la montagna. Arrivato lì, vide la grotta e vide che dentro c’era della luce.
Fu subito fermato però da un pipistrello che faceva la guardia all’ingresso!
– Chi sei tu?! Cosa ci fai qui?!
– Io mi chiamo Brighello e abito nella torre del castello, che ha un sacco di buchi, è brutta, rotta, e piena di spifferi. Ci abito tutto solo e sto cercando una nuova casetta…

Sentito il racconto di Brighello, la guardia gli disse:
– Allora penso proprio che tu abbia trovato la tua nuova casetta! Entra dentro alla nostra grotta, sono sicuro che tutti i miei amici pipistrelli ti accoglieranno ben volentieri, tra pipistrelli ci si deve sempre aiutare!
– Davvero posso stare con voi? – rispose tutto emozionato Brighello.
– Ma certo! Anzi, proprio stasera stiamo facendo una festa per Halloween, e la festa diventerà ancora più bella se si aggiunge un nuovo amico! Vieni con me!

Il pipistrello di guardia prese Brighello e lo portò al centro della grotta, dove si stava cantando, ballando e festeggiando.
– Fermi tutti! – disse la guardia – Voglio presentarvi Brighello, un pipistrello solo soletto in cerca di una nuova casa.
Dal gruppo di pipistrelli parlò uno di loro, che doveva essere l’anziano saggio, capo della tribù.
– Se vuoi, caro pipistrello mio, questa sarà la tua nuova casa, e questa la tua nuova famiglia.
Brighello non stava più in sé dalla gioia, tanto che riuscì solo a dire un fortissimo:
– Siiiiiii!

Allora tutti i pipistrelli corsero ad abbracciarlo e salutarlo, e subito dopo ripresero le danze in suo onore!
Da quel giorno Brighello non fu più solo, aveva finalmente trovato una bella casetta, e, cosa più importante aveva trovato tantissimi amici!

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Mr Zukky e il pipistrello

Mr Zukky e il pipistrello

Audiofiabe di fabulinis ⭐

Tutte le più belle audiofiabe originali di fabulinis sono qui!

Scorri la pagina per trovare l’audiofiaba della buonanotte che preferisci, per accompagnare dolcemente i tuoi bimbi verso una splendida e serena nanna 😊

Le nostre fiabe sono ispirate ai racconti della buonanotte che le nostre nonne ci raccontavano da piccoli prima di addormentarci, siamo sicuri piaceranno anche a voi! ❤

🔊 Playlist Audiofiabe 😴

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Fiabe di fabulinis

⚜ Fine delle audiofiabe ⚜

FrankenPlush 🧸

Anche i pelouche brutti e birichini possono avere un cuore d’oro…

Noi di fabulinis abbiamo voluto scrivere una storia di Halloween che fosse anche carica di un significato più profondo: solo perchè non si è perfetti non vuol dire che non si abbia un cuore a cui poter dare tanto amore e affetto.

Ma soprattutto che se impariamo ad andare oltre le apparenze possiamo essere tutti più felici, perché l’abito non fa il monaco… 😉

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di FrankenPlush!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare FrankenPlush raccontata da Silvia!

FrankenPlush 🧸


Stano era un bambino molto curioso, non stava mai con le mani in mano e amava trafficare smontando e rimontando i suoi giochi.

Era quasi il giorno di Halloween e a Stano venne una bizzarra idea: per fare uno scherzo alla sua sorellina Sveva, avrebbe realizzato uno spaventosissimo peluche e gliel’avrebbe messo nel lettino prima della nanna. Lei si sarebbe spaventata moltissimo e lui avrebbe riso a crepapelle!

Allora andò nella sua cameretta, prese alcuni dei suoi pupazzi, i più rovinati e maltrattati, li scucì e li ricompose con ago e filo.
Il risultato era alquanto bizzarro.

Questo nuovo pupazzo aveva la testa di un gatto blu a cui mancava un occhio (sostituito da un bottone attaccato male), con un orecchio di un orsetto e l’altro di un cagnolino.

Il corpo era quello di un panda a cui avevano fatto qualche strana operazione chirurgica, ricucito alla fine con del filo di lana rosso. Un braccio era quello di una zebra mentre l’altro era di un topolino.

Come gambe, Stano aveva usato due robuste zampette di elefante, mentre sulla schiena del pupazzo regnava trionfante la pinna di uno squalo.
Stano ammirava compiaciuto la sua creazione.

“Sono stato proprio bravo!” si diceva tra sè, “bravo come il dottor Frankenstain!” ridendo in modo sguaiato “ah! ah! ah!”.
Ricordando in modo vago la storia del dottor Frankenstein, raccontatagli da suo cugino Corrado proprio quell’estate, voleva ricopiare fedelmente il momento in cui “la creatura” prendeva vita.

Prese tutta una serie di cianfrusaglie, cavi, fili e tubetti per costruire una finta centrale elettrica con cui dare vita alla sua creazione.
Come fosse un segno del destino, in lontananza si sentiva il rombo di alcuni tuoni e qualche lampo iniziava a farsi vedere. Stava arrivando un bel temporale.

Stano accese tutte le luci della stanza e infilò un paio di occhiali da sole, dopodichè afferrò una levetta di legno e l’abbassò.
– E ora prendi vita mio FrankenPlush!

Ci fu un lampo fortissimo fuori dalla finestra e poi un fragoroso rombo di tuono. Per un paio di secondi la luce andò via.

Per lo spavento Stano si rifugiò sotto le coperte del suo lettino. Quando sbirciò fuori dalle coperte il suo FrankenPlush era sparito.
“Dov’è finito il mio FrankenPlush?!” si chiese.
Un agghiacciante urlo di Sveva arrivò dal soggiorno.

Stano preoccupato per la sorellina, ma allo stesso tempo terrorizzato, si precipitò a vedere cos’era successo in soggiorno.
Non poteva credere ai suoi occhi: Sveva, con in mano una spada laser giocattolo, cercava di togliersi dalla gamba qualcosa… FrankenPlush!
Il pupazzo era aggrappato alla gamba di Sveva e con il braccio da zebra cercava di toccarle il viso.

Stano si precipitò a salvare sua sorella, afferrò con forza FrankenPlush e lo strattonò via.
– Lascia stare la mia sorellina, cattivo pupazzo! – gli urlò contro.

FrankenPlush per tutta risposta gli fece la linguaccia e una pernacchia e scappò via, infilando la porta di casa.

Stano non fece in tempo a capire che cosa fosse successo che sentì l’anziana vicina di casa urlare per lo spavento. Guardò allora fuori di casa e vide la vecchina semistesa a terra che, mentre si faceva aria col fazzoletto, per lo spavento gridava “Un mostro! Un mostro!”

Mentre Stano si infilava le scarpe, un altro urlo si udì poco lontano. Doveva fare in fretta! Inforcò la bici e partì all’inseguimento.

FrankenPlush aveva già sconvolto un paio di vicini, la signora del chiosco di fiori (a cui aveva rubato un mazzetto di fiori), il panettiere (dove aveva dato un morso ad una focaccia con le olive, sputazzando poi le olive…) e il bar, dove la barista per lo spavento si era rovesciata addosso un caffè macchiato caldo in tazza di vetro col manico in metallo e senza zucchero, che stava servendo al bancone.

“Ma è velocissimo! Meno male che gli ho messo delle zampette di elefante, pensa se usavo quelle del giaguaro…” pensava Steno tra sé, mentre lo inseguiva.
In meno di dieci minuti FrankenPlush aveva già terrorizzato mezzo quartiere.

Stano, mentre pedalava in cerca di una pista da seguire, sentì d’improvviso il pianto di una bambina che proveniva dal parchetto. La raggiunse e le chiese cosa fosse successo.

– Un mostriciattolo mi ha rubato la bambola… – e continuò a piangere tra i singhiozzi.
– Hai visto dov’è andato? – le chiese Stano, la bambina gli indicò la strada che portava al fiume. Stano la consolò, l’abbracciò e le promise che avrebbe cercato di riportarle la bambola, poi prese la bici e pedalò veloce giù al fiume.

Lo trovò lì, seduto immobile sulla riva con la bambola in mano. La stava fissando con uno sguardo intenso e curioso.

Stano si avvicinò cautamente per non farsi sentire, ma FrankenPlush non sembrava badargli. Arrivò fino al suo fianco, il pupazzo ruotò la testa dando uno sguardo veloce verso di lui, poi tornò a guardare la bambola.

FrankenPlush mostrò la bambola dal sorriso raggiante, gli occhi dolci e la faccia paffutella a Stano, poi con la sua zampetta di topolino indicò il suo viso ricucito e raffazzonato, e anche tutto sé stesso.

Cercò pure di farfugliare qualcosa, i suoi occhi erano tristi e se avessero potuto avrebbero versato qualche lacrima.
Stano capì: – Mi stai chiedendo perchè ti ho fatto così… ?
FrankenPlush annuì debolmente.

Stano non sapeva cosa rispondergli, per lui era stato un semplice scherzo, ma ora la sua creazione era lì davanti a lui, brutta e fatta male, ma piena di vita. E non capiva perché tutti avessero così paura di lui.

Stano si sedette vicino a FrankenPlush in silenzio, poi gli accarezzò la testolina. Il pupazzo si inclinò leggermente verso di lui, finché Stano non lo abbracciò forte forte.

– Ti voglio bene FrankenPlush, sei il pupazzo più straordinario che io abbia mai avuto – disse Stano.
FrankenPlush si strinse forte al suo braccio, ringraziandolo.

– Dobbiamo riportare la bambola alla bambina! – disse di soprassalto Stano ricordandosi della promessa fatta.
Corsero allora con la bici al parchetto, la bambina stava attendendo ansiosa la sua cara bambola.

Quando vide FrankenPlush la bimba si ritrasse paurosa, ma poi il pupazzo gliela porse gentilmente e cercò di scusarsi a suo modo. La bambina prese fra le braccia la sua bambola e guardando in faccia FrankenPlush, vide che aveva lo sguardo buono di chi vuole scusarsi.

La bimba gli sorrise, ora non aveva più paura di lui, anzi chiese come si chiamava.
– FrankenPlush! – rispose orgoglioso Stano.

Passarono quindi da tutte le persone che FrankenPlush aveva spaventato per scusarsi delle marachelle e rimediare se possibile.

La signora del bar, all’inizio molto arrabbiata, dopo le scuse lo prese in braccio e lo coccolò con amore. Il panettiere finì per regalargli una focaccia, la fioraia dopo una bella chiaccherata con Stano disse che FrankenPlush era il pupazzo più straordinario del quartiere e la vicina di casa, colpita dalla dolcezza di Frankenplush gli chiese se voleva passare ogni tanto a farle compagnia.

Tutti dopo che lo ebbero conosciuto per davvero, non ebbero più paura di lui.

Neppure Sveva, che appena lo rivide scappò a nascondersi dietro al divano, ma poi dopo che FrankenPlush la abbracciò dolcemente facendo le fusa, iniziò a riempirlo di bacetti e carezze.

E tutte le volte che poteva cercava di rubarlo al fratello per giocarci insieme.
Non capita tutti i giorni di avere un pupazzo che salta, balla, fa le linguacce e anche le pernacchie!

FrankenPlush era finalmente felice, e la sera Stano lo prendeva con sé, lo metteva nel lettino e gli teneva forte la zampetta.
Così tutti e due avrebbero fatto di sicuro dei magnifici e stupendi sogni.

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀

Che barba e che noia stare tutto il tempo da soli al cimitero…

Scheletrino e il suo nuovo amico Fantasmino si lanciano in un’avventura alla ricerca del Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore, ma il “Grande Mago” non sembra volerli accontentare…

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare di Scheletrino!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare Sheletrino raccontata da William!

Scheletrino e la maledizione di Halloween 💀 racconto completo


Era una notte buia buia e Scheletrino stava guardando il primo spicchio di luna crescente nel cielo pieno di stelle.

Scheletrino abitava in un piccolo e sgangherato cimitero di montagna, talmente piccolo che praticamente c’erano solo mamma, papà e le due bisbetiche zie… Una noia mortale.

A fargli compagnia c’erano solo gli animaletti del bosco e la luna d’argento.

Ma quella sera buia buia, mentre guardava la luna spostarsi piano piano nel cielo, sentì uno strano rumore provenire da appena fuori il cancello del cimitero.

Scheletrino corse a vedere cosa succedeva, e dietro ad una delle siepi vide qualcosa color bianco etereo che si muoveva.

Si avvicinò piano piano, senza far rumore, quando all’improvviso, dalla siepe…

‒ Bhoooooo!

Scheletrino fece un balzo all’indietro per lo spavento, mentre il Fantasmino che era saltato fuori dalla siepe ridacchiava per lo scherzo riuscito.

‒ Ti sei spaventato? ‒ chiese il Fantasmino mentre lo aiutava a rialzarsi da terra.
‒ Un po’…. ma tu chi sei?
‒ Sono Fantasmino, passavo di qua per caso e volevo vedere se c’era qualcuno con cui passare un po’ di tempo, sto facendo un lungo viaggio sai…

‒ Ci sono solo io sveglio… gli altri dormono tutti, ma che viaggio stai facendo?
‒ Sto andando dal Grande Mago della Foresta Oscura per chiedergli un favore.
‒ E cosa vuoi chiedergli?

‒ Di ritornare in carne ed ossa, mi ha raccontato una strega che lui può farlo… Vuoi venire con me?
‒ no… non posso, se vado via senza dire nulla a mamma e papà poi si arrabbiano ‒ disse poco convinto Scheletrino.
‒ Ma va’, vedrai ci mettiamo un attimo, domani mattina saremo di ritorno e nessuno si sarà accorto di nulla! ‒ gli sorrise Fantasmino.

Scheletrino ci pensò un attimo, pensò alla sua noiosa vita nel piccolo cimitero sgangherato e alle sue zie insopportabili.
‒ Ok vengo! ‒ e iniziarono a correre per il sentiero che portava al Bosco Oscuro.

Dopo poco sentirono un rumore metallico non molto lontano da loro. Era un treno che si stava fermando alla stazione.

Scheletrino disse a Fantasmino:
‒ E se prendiamo il treno? Così arriviamo Prima!
‒ Ottima idea compagno! rispose Fantasmino.

Così salirono sul treno, Scheletrino dalla porta del vagone, Fantasmino attraversando il finestrino della carrozza, sbucando e sedendosi di fianco ad un distinto uomo d’affari di ritorno dal lavoro.

L’uomo, avvertendo qualcosa di strano al suo lato, si voltò verso Fantasmino che…

‒ Bhoooooo!

L’uomo urlò talmente forte per lo spavento che tutti nel vagone si girarono a guardarlo mentre fuggiva via a gambe levate dalla carrozza.
Poi quando gli altri occupanti della carrozza videro Scheletrino che li salutava felice, scapparono tutti urlando anche loro.

‒ Perchè vanno via urlando? ‒ chiese Scheletrino deluso.
‒ Penso perchè non gli piace il nostro aspetto ‒ rispose Fantasmino che stava ancora ridendo per la scena divertente della gente che scappava terrorizzata ‒ meglio così, viaggeremo comodi comodi.
Scheletrino e Fantasmino si sedettero e il treno ripartì.

Arrivarono finalmente alla stazione di Foresta Oscura, dove scesero tra le urla spaventate di tutti i viaggiatori, ma loro non ci fecero caso e proseguirono per il sentiero che attraversava il bosco.

‒ Ma tu sai dove stiamo andando? ‒ chiese Scheletrino.
‒ Certo! Dobbiamo trovare la grande Quercia Maledetta, ha un grande buco proprio al centro del tronco, e dentro ci vive il grande Mago.
“Dev’essere proprio grande questa quercia se dentro ci vive addirittura un mago!” pensò Scheletrino.

Si addentrarono nel bosco, e man mano che camminavano incontravano tanti animaletti, tutti che scappavano via urlando di paura non appena li vedevano passare.

Solo una civetta dagli occhi gialli che brillavano nel buio non ebbe paura di loro, anzi domandò dall’alto del suo ramo:
‒ Cosa ci fate qui nella Foresta Oscura?
‒ Stiamo cercando la grande Quercia Maledetta, dobbiamo parlare col grande Mago! ‒ rispose Fantasmino.
‒ Il grande Mago? Mai sentito nominare… però se cercate la grande Quercia Maledetta siete sulla strada giusta, la troverete poco più avanti non farete fatica a notarla, i suoi rami argentei brillano nel buio ‒ e detto questo volò via.

Cammina cammina i due erano ormai arrivati nel profondo della Foresta Oscura, dove era più buio della notte buia, e il silenzio era talmente denso che metteva i brividi anche a due come Scheletrino e Fantasmino.

Poi la videro, i suoi rami d’argento brillavano nel buio come aveva detto la civetta! Finalmente erano arrivati alla grande Quercia Maledetta.

‒ Scusi grande Mago è in casa? ‒ disse Fantasmino.
Nessuno rispose.
‒ Grande Mago?! ‒ Dal buco della grande quercia si udì un rumore, poi due occhi di fuoco immersi nel buio spuntarono dal buco al centro dell’albero.

‒ Chi siete voi, e cosa volete!? ‒ rispose un vocione grosso e rauco.
‒ Siamo Fantasmino e Scheletrino e volevamo chiederti un favore…
‒ No! ‒ Rispose il vocione socchiudendo gli occhi di fuoco.

‒ Ma la Strega Griselda mi ha detto che tu esaudisci i desideri…
Ci fu un momento di silenzio assoluto nella foresta, poi:
‒ Si ma solo nella notte di Halloween.
‒ Domani è Halloween! ‒ esclamò Scheletrino ‒ aspetteremo qui!

Dall’interno dell’albero si sentì un rumoraccio tipo imprecazione.
‒ Ma serve che ci sia anche la luna piena! ‒ rispose il vocione.

Scheletrino e Fantasmino si guardarono sconsolati in faccia, la prossima luna piena sarebbe stata tra 28 giorni e Halloween sarebbe passato da un pezzo.
‒ Ma non puoi aiutarci lo stesso? abbiamo fatto tanta strada…
‒ No! E ora sparite da qui!
‒ Ma dai, sei un grande Mago tu, facci un piccolo piacere…
‒ No! Sparite! ‒ e visto che i due non sembravano per nulla intenzionati ad andarsene, dal buco nella Quercia Maledetta vennero lanciate delle ghiande. Una colpì in testa Scheletrino, l’altra trapassò senza problemi il corpo di Fantasmino.

“Ghiande?” pensarono entrambi.
Fantasmino si avvicinò a Scheletrino e sottovoce gli disse:
‒ Adesso gli faccio lo scherzetto… ‒ e ridendo sotto i baffi scivolò veloce fin sotto la Quercia maledetta e attraversò il tronco sbucando all’interno del buco.

‒ Bhoooooo!
‒ AHHHHRRRRGGGGG ‒ si sentì urlare da dentro il buco, e poi veloce come un fulmine sbucò un opossum che saltò giù dal tronco terrorizzato

‒ E tu saresti il grande Mago?! ‒ chiese Scheletrino sconcertato.
‒ No! sono il vecchio Opossum e non faccio nessuna magia, volevo solo prendere in giro due sprovveduti come voi! ‒ gridò.
‒ Ma la Strega Griselda mi aveva detto che…
‒ Di’ alla tua amica strega di aggiornarsi… il grande Mago è già da un secolo che non abita più qui, si era stufato di tutto questa noiosa foresta e ora vive su una spiaggia dei Caraibi… e ora tornatevene a casa che sta per diventare mattino!

Scheletrino e Fantasmino, tristi per la notizia e per il fatto che nessuno avrebbe esaudito i loro desideri, tornarono mestamente a casa.

Arrivati all’ingresso del cimitero si salutarono.
‒ Ciao Scheletrino, mi ha fatto piacere averti come compagno di viaggio.
‒ Ciao Fantasmino, anche a me è piaciuta la nostra avventura, sai qui è una noia mortale, non succede mai niente…
‒ Allora vorrà dire che andremo a fare qualche altro viaggetto io e te… ‒ sorrise furbamente Fantasmino.
‒ Ma certo! Ora però devo andare, che sennò chi la sente mia mamma…

Ma Scheletrino non fece in tempo a mettere piede nel suo sgangherato cimitero, che dal fondo di una tomba arrivò tonante la voce della mamma che lo chiamava per nome…
‒ Scheletrinooooooooooo…

Chissà che scusa avrà inventato Scheletrino 😉

⚜ Fine della fiaba ⚜

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Il libro dei mostri

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Filastrocche sui nonni 👵🧓

Le filastrocche che parlano dei nostri amati nonni.

Queste filastrocche per bambini parlano di una delle figure tra le più importanti per i nostri piccoli: la nonna. Le nonne sono incredibili ed a volte indispensabili, e non si pensa mai a quanti sacrifici facciano ogni giorno. Ma a loro basta solo un sorriso dei loro nipotini che gli si riempie il cuore di gioia.

Potrebbe essere un bel pensiero dedicarglene una proprio per la festa dei nonni!

Queste filastrocche le ha scritta Lulù, forse descrivendo un po’ di sè e delle sue giornate piene di cose da fare.

Indice delle filastrocche

La contentezza di una nonna 😘

Ciao nonna, dice il bambino,
con uno sguardo un po’ birichino,
forse qualcosa ha combinato
e non vuole esser sgridato?

Le porge una sedia, le infila il cappello,
le porta il bastone che fa anche da ombrello,
le vuol dire che vuole giocare,
ma non sa proprio come può fare.

La nonna, furbetta, capisce l’imbroglio,
ma sta al gioco e lo guarda con orgoglio,
è troppo furbo il suo nipotino,
e sta crescendo, non è più piccino.

Quel bambinetto è proprio carino
e le vien voglia di dargli un bacino,
però lo sa che non lo può fare,
è troppo grande per farsi baciare.

Pensa e ripensa, ce la può fare,
come penitenza un bacio deve dare,
lei si impegna a farlo giocare,
ma una ricompensa deve poi donare.

Il bimbo accetta, che cosa può dare,
non ha soldini, lei non può barare,
e giocano insieme con grande armonia,
alla nonna le basta, sono proprio in sintonia

La casa dei nonni 🏠

La casa dei nonni
è un posto fatato,
ci sono molti oggetti
legati al loro passato.

Con alcuni di essi
ci possiamo giocare,
ma la maggior parte
si posson solo guardare.

C’è un album di cuoio
con foto sbiadite,
un pendolo che batte
le ore, scandite…

Oggetti di legno
e libri datati
foto appese
dei nostri antenati.

Ma quel che è più bello
è la pace e l’amore,
quel dolce tepore
che riscalda il cuore.

Questo è quel
che vorrebbero sentire,
o forse è quello
che ci vogliono dire.

Le necessità della vita 🌟

Non chiedere a una stella,
se vuole brillare,
è l’unica cosa
che riesce a fare.

Non chiedere al sole,
se vuole scaldare,
gli riesce facile
e lo sa fare.

Non chiedere a un fiore,
se vuole sbocciare,
ti dirà che è giusto
e che i semi deve fare.

Non chiedere a un alpinista,
se vuole scalare,
è un necessità
che deve soddisfare.

Non chiedere a un prete,
se vuole pregare,
è nato per questo,
non c’è da obiettare.

Non chiedere a un bimbo
se vuole giocare,
ti dirà subito
che lo vuol fare.

Non chiedere a una nonna,
se è capace di amare,
guarderà il nipotino
e inizierà a cullare.

Auguri ai nonni 👵👴

Auguri ai nonni che sono soli,
auguri a quelli che hanno dolori,
auguri a quelli abbandonati
o che in casa di cura sono lasciati.

Auguri a quelli che oggi festeggiano,
a quelli che una telefonata attendono,
a quelli che non sono dimenticati
ma che la vita li ha allontanati.

A chi sta male, a chi aspetta un perdono,
a chi guarda nel vuoto,
a chi si sente solo,
a chi è in famiglia a festeggiare
e a quelli che non lo possono fare.

Auguri a quelli che sono in cielo,
a tutti essi va il nostro pensiero,
i nipotini sanno che da lassù,
i loro nonni non li lasciano più.

E allora che venga questo nuovo giorno,
per chi lo attende e ne ha bisogno,
a quelli che lo senton nel cuore,
a chi invece dà solo dolore.

A tutti voi, vicini e lontani,
vi abbraccio tutti a piene mani

Imparare ad amare 💗

Se tu chiedi a un uccello
che ti insegni a volare,
egli ti saprà dire
che non si può imparare.

Se tu chiedi a una talpa
che t’insegni a scavare,
ella ti saprà dire
che non lo sa spiegare.

Se tu chiedi a una stella,
che t’insegni a brillare,
ella ti saprà dire
che non lo puoi fare.

Se tu chiedi a una nonna
che t’insegni ad amare,
ti prenderà in braccio
e comincerà a parlare…

Il vuoto di una nonna 👰‍♀️🤵‍♂️

I capelli bianchi,
gli occhi stanchi,
una ruga accentuata
su una faccia scavata.

I suoi passi sono lenti,
le parole sono assenti,
vive in un mondo tutto suo,
a che pensa…non è affar tuo.

Sente un vuoto dentro sé,
ma non sa spiegarsi il perché,
vede che il posto non le appartiene,
non sa capire, ma non ci sta bene.

Ogni giorno è sempre uguale,
ogni giorno la devono alzare,
mani invisibili la devono spogliare
e in una vasca la devon lavare.

Lei si ricorda che era bella,
due occhi splendidi come una stella,
le gambe snelle per camminare
e correr veloce, nel vento vibrare.

Uno “splash”, un ricordo,
era proprio bella quel giorno,
davanti a un altare a consacrare,
due giovani vite che si volevan legare.

E poi il buio, l’assenza di tutto,
un brutto periodo ha cancellato tutto,
e ora vive di qualche ricordo,
ma non sa più chi era da quel fatidico giorno.

La mia stella 🌟

C’è una stella su nel cielo
che mi guarda, per davvero…
se mi sposto qua e là
anche essa lo farà.

È una stella luminosa
che fa luce su ogni cosa
ma mi viene da pensare
che vicina mi vuol stare.

E ripenso alla nonnina
che mi svegliava ogni mattina,
un bacino sul visino
e poi giù dal mio lettino.

Che ricordi che io ho,
dei suoi gesti, del suo amor,
del suo cuore così grande
dal calore inebriante.

Quante cose mi ha insegnato,
quante volte mi ha abbracciato,
non la potrò mai più scordare
e quella stella me la fa ricordare.

La soddisfazione di una nonna 👵

“Nonna ma oggi cos’hai?
Sei proprio strana, lo sai?
Vai avanti e indietro in giardino
e parli con un uccellino.

Mi sembri di buonumore
ma mi si stringe il cuore,
quello che fai non ha senso,
anzi, mi lascia sgomento!

Poi ti rivolgi a un topino
E gli dici che ha un bel visino.
E alzi gli occhi al creato
con uno sguardo beato.”

Tu noti il mio turbamento,
mi abbracci e in un momento
io ho capito ogni cosa,
per te la vita è gioiosa.

Sei grata di quello che hai,
null’altro ti interessa ormai,
dalla vita hai avuto e hai dato
e il tuo cuore ora è appagato”.

Il nonnino allegro 🥳

Mio nonno è un gran burlone,
lui ride sempre, a tutte le ore,
la gente dice che è un po’ strano
che ha qualche rotella fuorimano.

Se un giorno ridi ti danno del matto,
se invece piangi hai il cuore affranto,
se stai in silenzio sei un emarginato,
se parli troppo sei mal giudicato.

Qualsiasi cosa non va mai bene,
ma al mio nonnino forse conviene
pensare sempre a cose belle
e ridere sempre a crepapelle.

Si sa che la risata è contagiosa
e tutti quanti ridiamo a iosa,
più io lo guardo e più m’innamoro.
È proprio bello e io lo adoro!

La nonnina instancabile 👵

Ahimè la schiena della nonnina,
quando ti prende la mattina,
scende le scale con un fardello
che non è proprio leggerello.

Ma le nonnine questo san fare
e non si posson lamentare
e non si debbono nemmeno ammalare,
sennò i nipotini chi li può guardare?

Ogni mattina al levar del sole,
ben riposata o di malumore,
la calda casa deve lasciare
e con qualsiasi tempo se ne deve andare.

Varca la soglia di quella dimora,
non fa rumore perché dormono ancora.
No, non si debbono ancora svegliare
i due tesori che vuole abbracciare.

In quella casa, che non le appartiene,
ci sono ricordi e mille atmosfere,
tanti giocattoli con cui giocare
e tante foto da ammirare.

Ora le deve proprio svegliare,
i loro sogni devon lasciare.
È giunta l’ora di dare il buongiorno
e salutare il nuovo giorno.

La nonna è come un fiore 🌼

Una nonna è come un fiore
appassisce ma non muore,
i suoi petali cadranno
ma nel cuore resteranno.

Il ricordo del bel fiore
resta impresso dentro il cuore
dei nipoti e dei figlioli,
non saranno mai da soli.

Se un canto sentiranno
a una frase assoceranno,
un disegno o una foto
riempiranno il loro vuoto.

E la sera, mentre scende
un silenzio che ti prende,
verso il cielo guarderanno
solo allora capiranno.

Quella luce tanto strana
dalla forma quasi umana,
la potran sempre guardare
senza gli occhi abbagliare.

Quella luce non è un errore,
se la guardi dà calore,
nella notte che verrà
sul loro sonno veglierà.

Ora dormi bel tesoro,
fai la nanna perché coloro
che per sempre ti ameranno,
mai e poi mai ti lasceranno!

Chi sono

Lulù - fabulinis.com

Ciao sono Lulù, sono una nonna con molteplici passioni fra cui quella di attingere da esperienze quotidiane spunti per scrivere una fiaba o una filastrocca. Sono appassionata di tutto ciò che è bello. Non mi pongo obiettivi ma mi piacerebbe un giorno riuscire a pubblicare un libretto con i miei racconti. 😊

www.tiraccontounastoriablog.com

Il fantasma golosone 👻

Ma i fantasmi sono tutti cattivi? A volte ce ne sono alcuni che sono solo molto golosi di dolci…

Noi di fabulinis questa volta abbiamo giocato a inventare una storia su Halloween ispirandoci un po’ alla tradizione e un po’ alla nostra fantasia. Divertiti ad ascoltare la storia del fantasma golosone, e attento a non farti mangiare le caramelle!

🔊 Audiofiaba 😴

Nella pagina delle Audiofiabe, puoi ascoltare il fantasma golosone raccontata da Silvia!

Guarda la videofiaba raccontata da Silvia

Il fantasma golosone 👻 storia completa


C’erano quattro piccoli amici che il pomeriggio del 31 ottobre, prima della notte di Halloween, si erano ritrovati al parchetto del paese.
Erano già vestiti pronti per andare a fare “dolcetto o scherzetto” in tutte le case, ma prima volevano decidere che giro fare, e dove era meglio bussare…

– Io so che i genitori di Giorgino hanno la dispensa piena zeppa di dolci! – disse Lino.
– Ma anche Anita ha le tasche sempre piene di caramelle, e va in giro a vantarsene! – disse Adele.
– Bene – disse Dino, il fratello di Lino – inizieremo a bussare proprio da loro.
– E non dimentichiamoci dei vecchietti in fondo alla strada, ogni volta che li incontro mi allungano sempre un cioccolatino! – disse infine Tamara, e tutti annuirono.

Ma da nord arrivò una folata di vento gelido che li fece rabbrividire, e in pochi minuti tante nuvolone grigie iniziarono a formarsi sopra le loro teste.
– Mi sa che sta per piovere… – disse preoccupata Adele.
– Speriamo di no! – dissero in coro gli altri tre – sennò stasera niente “dolcetto o scherzetto”!
– Conviene tornare a casa, prima che piova – disse Tamara.

Il parchetto dove si erano ritrovati, non era proprio in centro al paese, anzi, era più vicino al bosco, che alle case. E se si fosse messo a piovere, avrebbero dovuto correre a gambe levate!
Ma proprio in quel momento si sentì il rombo di un tuono. I quattro bimbi non ebbero nemmeno il tempo di alzare lo sguardo al cielo, che già pioveva a dirotto.
– Scappiamo! – gridò Dino.
– Ma arriveremo a casa bagnati fradici! – rispose Tamara.
– Dobbiamo trovare un riparo. Guardate la! – disse Adele indicando una casetta malconcia e dalle finestre sempre chiuse, appena fuori dal boschetto.

– Ma quella è una casa infestata dai fantasmi! – disse Lino.
Ma gli altri tre stavano già correndo verso la casetta, così anche Lino si mise a correre, prima di ritrovarsi zuppo d’acqua.

I quattro si erano riparati sotto la veranda di quella casetta, che avevano sempre visto disabitata. Le finestre erano sempre state chiuse, e non avevano mai visto nessuno uscire o entrare da quella porta.
Proprio per questo tutti i bambini del paese la chiamavano “la casa dei fantasmi”.
Adele, che era abituata a frequentare case dove succedevano un sacco di cose strane (sua zia Greta era una strega, ma lei ancora non lo sapeva), non aveva mai dato peso a tutte quelle storie. L’importante era trovare un riparo per non bagnarsi e sgualcire il bellissimo costume da streghetta che indossava per Halloween.

– Speriamo che smetta di piovere presto – disse Tamara, stringendosi nel suo costume da zucca per il freddo.
– Guardate qui! – disse Dino – la porta è aperta! – e aprì per bene la porta d’ingresso per darci uno sguardo dentro.
– Ma lì dentro ci sono i fantasmi! Stai attento Dino! – gli gridò suo fratello Lino.
– Io non credo ai fantasmi – disse Adele, e fece due passi per sbirciare dentro anche lei.

La casetta era buia, ma un po’ di luce filtrava dalle persiane mezze rotte. Dentro c’erano un tavolo e alcune sedie, una cucina e un divano. In fondo alla stanza si intravedevano le scale per andare al piano di sopra.
– C’è nessuno? – disse timidamente Tamara, ma nessuno rispose.

Al piano di sopra, però, stava dormendo un fantasmino, che sentito tutto quel baccano decise di sbirciare al piano di sotto. Per lui era facile: siccome era un fantasma, gli bastava attraversare con la faccia il soffitto.
– Quei monelli sono venuti a disturbarmi, devo mandarli via subito di qui! – disse sottovoce il piccolo fantasma.

Poi guardando meglio, vide che i quattro bimbi erano tutti vestiti per la notte di Halloween.
– Se sono vestiti per Halloween, vuol dire che sono pieni di dolcetti e caramelle! Mmm… che voglia di dolci che ho, devo prenderglieli tutti!

Così il fantasma, senza farsi vedere, scivolò dietro di loro e con un colpo chiuse la porta alle loro spalle.
I quattro bimbi gridarono tutti per lo spavento! Si precipitarono alla porta per uscire, ma la trovarono chiusa e non riuscivano ad aprirla.

Lino iniziò a piagnucolare: – Lo sapevo che questa casa è infestata dai fantasmi…
Proprio in quel momento si sentì un “Buuuuuuuuuu” provenire dal piano di sopra.
Tamara, Lino e Dino si strinsero forte forte tra loro, sussultando.

– Bimbi monelli, siete venuti a disturbarmi! Se volete che vi lasci in pace dovete darmi tutte le vostre caramelle!
– Ma noi non abbiamo caramelle! – rispose Adele.
– Non dite bugie, siete vestiti per Halloween e ad Halloween ci si riempie le tasche di dolcetti! – rispose il fantasma.

– Ma noi non siamo ancora andati in giro per le case! E’ ancora presto e siamo entrati qui solo perché fuori è cominciato il temporale – continuò Adele.
– Ma davvero? – rispose il fantasmino, che non sapeva esattamente che ore erano.
I quattro annuirono e risposero in coro – Siii…

Il fantasma decise allora di farsi vedere. Era bianco, pallido e semitrasparente, e Lino per la paura si nascose dietro a suo fratello Dino.
Tutti e quattro i bimbi rimasero comunque impressionati.

– Ma allora i fantasmi esistono veramente… – esclamò Tamara.
– Certo che esistono! –rispose il fantasma.
Adele ci rimase un po’ male, lei era convinta che i fantasmi non esistessero.

– Ma tu sei un fantasma cattivo? – chiese Tamara leggermente impaurita.
– Io cattivo? Ma no! Io sono un fantasma buono. Vi ho fatto paura solo perché avevo una gran voglia di dolci… è un sacco che non ne mangio, sapete sono tanto goloso…

– Come ti chiami? – chiese Dino.
– Mi chiamo Bruno.
– Io sono Dino, questo bimbo pauroso è mio fratello Lino e queste sono le mie amiche Adele e Tamara.
Si presentarono tutti.

– Scusaci se siamo entrati in casa tua senza il permesso – disse Adele – ma forse possiamo aiutarci a vicenda…
Gli altri bimbi e il fantasmino Bruno la guardarono con curiosità.
– Questa sera potresti farci compagnia mentre andiamo per le case a chiedere “dolcetto o scherzetto”, e sono sicura che tu sarai bravissimo a spaventare la gente! Sai quanti dolci riusciremo a racimolare?! – propose Adele.

Si guardarono tutti in faccia, era un’ottima idea! Anche Lino, che ormai non aveva più paura di Bruno, ne fu entusiasta.
Bruno aprì la porta e tutti guardarono fuori. Il temporale era passato e il cielo era diventato tutto arancione per il tramonto.
Così poterono tornare a casa di corsa a prepararsi per la serata. Tutti assieme andarono a bussare alle porte delle case del paese, e quando aprivano Bruno faceva dei “buuuuu” spaventosissimi.

Così le loro tasche si riempirono di caramelle e dolci, e passarono tutti una bellissima serata.

⚜ Fine della fiaba ⚜

Il piccolo principe 💫 CAPITOLO 9

🖌 Disegno da colorare 🎨

Alla fine del racconto troverai anche il disegno da colorare del piccolo principe!

Il Piccolo Principe 💫 CAPITOLO 9


C’era, accanto al pozzo, un rudere di un vecchio muro di pietra.
contro ogni speranza ero riuscito a riparare il mio aereo e, quando tornai la sera successiva, vidi da lontano il mio piccolo principe seduto lassù, con le gambe penzoloni. Stava parlando con qualcuno:
– Quindi non ricordi? – disse – Non è proprio qui!

Qualcuno gli rispose, perchè poi aggiunse:
– Sì! Sì! Il giorno è giusto, ma non il posto…
Camminai verso il muro, ancora non vedevo né sentivo nessuno, eppure il piccolo principe rispose ancora:
– … certo… Vedrai la mia traccia nella sabbia, devi solo aspettarmi lì. Ci vediamo stasera…

Ero a pochi metri dal muro e ancora non riuscivo a vedere nulla.
Il piccolo principe dopo un breve silenzio disse ancora:
– Hai del buon veleno? Sei sicuro che non mi farai soffrire a lungo?

Mi fermai. Il mio cuore sprofondava, ma continuavo a non capire.
– Ora vattene – disse – voglio tornare giù!

Così abbassai gli occhi anch’io e saltai dallo spavento!
C’era uno di quei serpenti gialli che se ti mordono ti uccidono in trenta secondi. Il serpente si lasciò sprofondare dolcemente nella sabbia e sparì.

Arrivai al muro giusto in tempo per prendere al volo il mio piccolo principe, pallido come la neve.
– Cosa significa?! Perché parlavi col serpente?!

Lo feci bere, non osavo chiedergli altro. Mi guardò cupo in viso e mi mise le braccia al collo. Sentivo il suo cuore battere come quello di un uccello morente a cui hanno sparato con un fucile.

Lui mi disse:
– Sono contento che tu abbia abbia riparato il tuo aereo, ora puoi tornare a casa…
– Come lo sai?
Non mi rispose, ma ha aggiunse:
– Anche io oggi vado a casa… – poi malinconicamente – è molto più lontano… è molto più difficile…

Sentivo che stava accadendo qualcosa di straordinario. Lo stringevo forte fra le braccia come un bambino, eppure mi sembrava che stesse sprofondando in un abisso senza che io potessi fare nulla per trattenerlo…

Aveva uno sguardo serio, perso molto lontano:
– Ho le tue pecore, e ho la cassetta e la museruola… – sorrise malinconicamente.

Aspettai a lungo, sentivo che a poco a poco si stava scaldando:
– Hai paura…? – aveva molta paura, ovviamente! Ma sorrise:
– Sarò molto più spaventato stasera…

Di nuovo mi sentii congelare al pensiero di quello che poteva succedere, e capii che non potevo sopportare l’idea di non sentire mai più quella risata. Per me era come una fontana nel deserto.

– Piccolo principe, voglio ancora sentirti ridere…
Ma lui mi disse:
– Stasera, sarà un anno che ho lasciato il mio pianeta, la mia stella sarà proprio sopra dove sono caduto l’anno scorso…

– É solo un brutto sogno… il serpente, l’appuntamento con una stella… vero?
Ma senza rispondermi disse:
– Ciò che è importante, non si vede…
– Certo…
– È come il fiore. Se ami un fiore che è su una stella, è dolce di notte guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite.
– Certo…

– Guarderai le stelle di notte. La mia stella è troppo piccola per mostrarti dov’è, meglio così… sarà per te una delle tante stelle, e ti piacerà guardarle… saranno tutte tue amiche. E poi ti faccio un regalo… – e rise di nuovo.
– Ah! Piccolo uomo… mi piace sentire quella risata!

– Sarà questo il mio regalo… sarà come per l’acqua…
– Cosa intendi?
– Le stelle non sono tutte uguali per le persone: per quelli che viaggiano, le stelle sono guide. Per altri non sono altro che piccole luci. Per altri ancora sono problemi. Per il mio uomo d’affari erano oro. Ma tutte quelle stelle tacciono… tu, avrai stelle che nessuno ha…

– Cosa intendi?
– Quando guarderai il cielo, di notte, visto che io vivrò su una di esse e riderò, allora sarà per te come se ridessero tutte le stelle. Avrai stelle che sanno ridere!
E rise di nuovo.

– Sarai felice di avermi conosciuto, tu sarai sempre mio amico. Avrai voglia di ridere con me, e a volte aprirai la tua finestra, proprio così, per divertirti… e i tuoi amici saranno molto sorpresi di vederti ridere mentre guardi il cielo. Allora dirai loro: “Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!” E penseranno che sei pazzo. Ti ho fatto uno scherzo molto brutto…
E rise di nuovo.

– Sarà come se ti avessi dato, al posto delle stelle, mucchi di sonagli che sanno ridere…
E rise di nuovo. Poi tornò serio:
– Questa notte…sai, non venire.

– Non ti lascerò.
– Sembrerà che io stia soffrendo… sembrerà un po’ come se stessi morendo… non venire a vederlo, non ne vale la pena…

– Non ti lascerò.
Era preoccupato per me.
– È per via del serpente… i serpenti sono cattivi, potrebbe morderti…

– Non ti lascerò.
Ma qualcosa lo rassicurò:
– È anche vero però che non hanno veleno per un secondo morso…

Quella notte non lo vidi partire, era scappato senza far rumore. Quando riuscii a raggiungerlo, camminava deciso con passo rapido.
Mi disse solo:
– Ah! Sei tu…
E mi prese per mano, ma si rabbuiò:
– Stai sbagliando, ne soffrirai… sembrerò morto, ma non sarà vero…

Rimasi in silenzio.
– Capisci… è troppo lontano! Non posso portare con me questo corpo, è troppo pesante…

Rimasi in silenzio.
– Sarà come una vecchia scorza abbandonata. Non sarà che una triste vecchia scorza…

Rimasi in silenzio.
Si scoraggiò un poco, ma si fece forza:
– Sarà bello, sai? Anch’io guarderò le stelle… tutte le stelle saranno pozzi con una carrucola arrugginita, tutte le stelle mi verseranno da bere…

Rimasi in silenzio.
– Sarà così divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonaglietti, io avrò cinquecento milioni di fontane…
E anche lui tacque, perché piangeva…

– È qui. Lasciami andare da solo.
E si sedette perché aveva paura.

Poi disse:
– Sai… il mio fiore… ne sono responsabile! Ed è così debole! Ed è così ingenuo… ha quattro spine inutili per proteggersi dal mondo…
Mi sedetti pure io, perché non riuscivo più a stare in piedi.

– Questo è tutto… – concluse il piccolo principe.
Esitò ancora un po’, poi si alzò.
Fece un passo.
Io non riuscivo a muovermi.

Non ci fu che un lampo giallo vicino alla sua caviglia.
Rimase immobile per un momento.
Non gridò.
Poi cadde dolcemente senza nemmeno un rumore, sulla morbida sabbia.

EPILOGO

Sono già passati sei anni… Non ho mai raccontato questa storia prima.
Gli amici che mi hanno rivisto tornare sono stati molto felici di vedermi vivo.
Ero triste, ma dissi loro che era per la stanchezza…

So benissimo che è tornato sul suo pianeta, perché, all’alba, non trovai il suo corpo. Non era un corpo così pesante…
Adesso mi piace ascoltare le stelle di notte, sono come cinquecento milioni di sonaglietti…

Guardai il disegno della museruola: l’avevo disegnata senza il cinturino in pelle! Non avrebbe mai potuto legarla al muso delle pecore.
“Cosa sarà successo sul suo pianeta? Forse le pecore hanno mangiato il fiore… ma certo che no! Il piccolo principe ogni notte rinchiude il suo fiore sotto una teca di vetro, e guarda attentamente le sue pecore…”

Quindi sono felice.

E tutte le stelle sorridono dolcemente.

È un grande mistero questo. Per te che ami il piccolo principe, come per me, niente nell’universo è uguale se da qualche parte, non sappiamo dove, una pecora che non conosciamo ha mangiato una rosa, o forse no…

Guarda il cielo. Chiediti: le pecore hanno mangiato il fiore o no? E vedrai come tutto cambia…

E nessun adulto capirà mai perché conta così tanto!

Un giorno disegnai il paesaggio più bello e più triste del mondo: un deserto.
È lo stesso paesaggio in cui il piccolo principe è apparso sulla terra, e poi è scomparso.

Se mai viaggerai in Africa, nel deserto, ti prego di non avere fretta, aspetta solo un po’ sotto le stelle!

Se poi un bambino viene da te, se ride, se ha i capelli d’oro e se non risponde mai quando viene interrogato, indovinerai chi è.
Quindi sii gentile, non lasciarmi così triste: scrivimi presto che il piccolo principe è tornato…

⚜ Fine della fiaba ⚜

Note al piccolo principe

La versione del piccolo principe che avete appena letto non è una rielaborazione di una fiaba o racconto classico come di solito facciamo, ma una vera e propria traduzione/riduzione dall’originale francese.

Il piccolo principe in realtà e un’unica lunga, magnifica e immensa poesia, che se fosse stata riassunta in forma di racconto avrebbe perso tutto il significato e la magia che contiene.

Non si può arrivare alla frase “l’essenziale è invisibile agli occhi” senza aver raccontato e descritto tutti i passaggi che sono serviti al piccolo principe per arrivare fin lì…

Il piccolo principe è un’opera abbastanza inscindibile dai dolci acquarelli dello stesso Saint-Exupery, molte parti del racconto original efanno direttamente riferimento ai disegni che bisogna guardare e “inserire” all’interno della storia. Non potendo inserirli su fabulinis, è qui che abbiamo deciso di rimaneggiare più “pesantemente” il piccolo principe, descrivendo dove possibile i disegni in modo che entrassero a far parte del racconto, facendo in modo di poterli immaginare anche senza poterli vedere.

Speriamo che questo adattamento vi sia piaciuto!

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Il piccolo principe 💫 CAPITOLO 8

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Il Piccolo Principe 💫 CAPITOLO 8


– Buongiorno – disse il piccolo principe.
– Buongiorno – disse il controllore dei treni.
Dopo tanto viaggiare il piccolo principe aveva trovato una stazione dei treni, e finalmente, gli uomini.

– Cosa stai facendo qui?
– Smisto i viaggiatori in pacchi da mille – disse il controllore.
Passò un treno veloce che fece tremare la cabina del controllore.

– Hanno fretta. – disse il piccolo principe – Cosa stanno cercando?
– Anche chi guida il treno lo ignora – disse il controllore.
E passò un altro treno veloce nella direzione opposta.

– Stanno già tornando? – chiese il piccolo principe.
– Non è lo stesso treno… – rispose il controllore.
– Non erano felici dov’erano?
– Non si è mai felici dove si è – disse il controllore.

E passò rombando un terzo treno veloce.
– Inseguono il primo treno? – chiese al piccolo principe.
– Non stanno inseguendo proprio niente – disse il controllore – dormono lì dentro, oppure sbadigliano. Solo i bambini schiacciano il naso contro i vetri per guardare fuori.

– Solo i bambini sanno quello che cercano… – disse il piccolo principe – perdono tempo per una bambola di pezza e lei diviene così importante che, se gli viene tolta, piangono…
– Sono fortunati – disse il controllore.

E il piccolo principe continuò il suo viaggio.

– Buongiorno – disse il piccolo principe.
– Buongiorno – disse il venditore caramelle dissetanti.
– Perché vendi queste caramelle?
– È un grande risparmio di tempo, ne prendi una e per una settimana non senti più il bisogno di bere. Facendo i calcoli si risparmiano cinquantatré minuti a settimana.

– E cosa se ne fa di cinquantatré minuti?
– Ci fai quello che vuoi…
“Io, si disse il piccolo principe, se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei molto lentamente verso una fontana”. Il piccolo principe se ne andò…

Era ormai l’ottavo giorno nel deserto e avevo ascoltato la storia del mercante bevendo l’ultima goccia della mia scorta d’acqua:
– Sono molto belli, i tuoi ricordi, ma non ho ancora riparato il mio aereo e non ho più niente da bere… sarei felice anch’io se potessi camminare molto lentamente verso una fontana!

Lui mi guardò e rispose: – Ho sete anche io… cerchiamo un pozzo.

Feci un gesto di stanchezza: è assurdo cercare un pozzo, a caso, nell’immensità del deserto. Tuttavia partimmo.

Dopo aver camminato per ore in silenzio arrivò la notte e le stelle cominciarono ad illuminarsi. Le vidi come in sogno, con un po’ di febbre, per la mia sete.

Le parole del piccolo principe danzavano nella mia memoria:
– Anche tu hai sete? – Gli chiesi.
Ma non mi rispose, mi disse semplicemente:
– L’acqua può fare bene anche al cuore…
Non capivo la sua risposta ma rimasi zitto, sapevo benissimo che non bisognava interrogarlo.

Era stanco, si sedette e io mi sedetti accanto a lui. Dopo un po’ di silenzio disse ancora:
– Le stelle sono belle, per via di un fiore che non puoi vedere…
– Certo – risposi e guardai, senza parlare, le pieghe della sabbia sotto la luna.

– Il deserto è bellissimo – aggiunse…
Ed era vero. Ho sempre amato il deserto. Stavamo su una duna di sabbia, senza vedere niente, senza sentire niente, eppure qualcosa risplendeva nel silenzio…

– Ciò che rende bello il deserto – disse il piccolo principe – è che da qualche parte nasconde un pozzo…
Fui sorpreso di capire improvvisamente questo misterioso splendore della sabbia.
– Sì – dissi – che sia una casa, le stelle o il deserto, ciò che le rende belle è invisibile…
– Sono contento – disse – che tu sia d’accordo con la mia volpe.

Quando il piccolo principe si addormentò, lo presi in braccio e ripartii. Mi sembrava di portare un fragile tesoro. Mi sembrava persino che non ci fosse niente di più fragile sulla Terra. Guardai, alla luce della luna, quella fronte pallida, quegli occhi chiusi, quelle ciocche di capelli che tremavano al vento, e mi dissi: “quello che vedo è solo apparenza, quello che più conta è invisibile…”

Mentre le sue labbra semiaperte abbozzavano un sorriso, mi dicevo ancora: “Ciò che mi commuove così tanto di questo piccolo principe addormentato è la sua fedeltà ad un un fiore, è l’immagine di una rosa che brilla in lui come la fiamma di una lampada, anche quando dorme…”

E intuii come fosse ancora più fragile. Bisogna proteggere bene le lampade, una folata di vento può spegnerle…

E camminando, all’alba, trovai il pozzo.

Il pozzo che avevamo raggiunto non assomigliava ad altri pozzi del Sahara, i pozzi sahariani sono semplici buchi scavati nella sabbia. Questo sembrava un pozzo di villaggio, ma lì non c’era nessun villaggio, e pensavo di sognare.

– È strano – dissi – è tutto pronto: la carrucola, il secchio e la fune…
Il piccolo principe rise, tirò la corda e la carrucola cigolò.
– Lascia fare a me – gli dissi – è troppo pesante per te.

Lentamente sollevai il secchio fino al bordo, nell’acqua ancora tremante vidi tremare il sole.
– Ho sete, dammi da bere – disse il piccolo principe.
E capii cosa stava cercando!

Portai il secchio alle sue labbra, bevve con gli occhi chiusi. L’acqua era dolce, era nata dal camminare sotto le stelle tutta la notte, dal cigolare della carrucola, dallo sforzo delle mie braccia. Faceva bene al cuore, come un regalo.
Come quand’ero bambino e la luce dell’albero di Natale, la musica della messa di mezzanotte e la dolcezza dei sorrisi facevano risplendere i regali che ricevevo.

– Gli uomini del tuo pianeta – disse il piccolo principe – coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano…

– Non riescono a trovarlo – risposi.
– Eppure quello che stanno cercando potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua… – disse, e poi aggiunse: – Ma gli occhi sono ciechi, bisogna cercare con il cuore!

Bevvi anche io, stavo bene. La sabbia all’alba è color del miele.
– Devi mantenere la tua promessa – mi disse piano il piccolo principe, che si sedette di nuovo accanto a me.
– Quale promessa?
– Sai…una museruola per la mia pecora…sono responsabile di quel fiore!

Tirai fuori dalla tasca i miei schizzi. Il piccolo principe li vide e disse ridendo:
– I tuoi baobab assomigliano un po’ ai cavoli…
– Oh! – dissi sottovoce, ero così orgoglioso dei miei baobab!

– La tua volpe…le sue orecchie…sembrano un po’ corna…e sono troppo lunghe! – e rise di nuovo.
– Sei ingiusto, ometto, non sapevo disegnare…
– Oh! andrà bene – disse – i bambini capiranno i tuoi disegni.

Quindi disegnai una museruola. Avevo il cuore pesante quando glielo diedi dicendogli:
– Hai progetti che ignoro…

Senza rispondermi mi disse:
– Sai, domani sarà un anno che sono arrivato qui sulla terra… ero caduto qui vicino… – e arrossì.

Senza capire perché provai uno strano dolore e gli domandai:
– Quindi non è un caso che la mattina che ti ho incontrato, otto giorni fa, stavi camminando così, tutto solo, a mille miglia da tutte le regioni abitate… stavi tornando dove sei caduto?

Il piccolo principe arrossì di nuovo. Non ha mai risposto alle mie domande, ma quando arrossiva significava “sì”, vero?
– Ora devi lavorare… torna al tuo aereo, ti aspetto qui. Torna domani sera…

Ma non ero per nulla rassicurato, mi ricordai della volpe: si rischia di piangere un po’ se ci lasciamo addomesticare…

… continua nel CAPITOLO 9

Note al piccolo principe

La versione del piccolo principe che avete appena letto non è una rielaborazione di una fiaba o racconto classico come di solito facciamo, ma una vera e propria traduzione/riduzione dall’originale francese.

Il piccolo principe in realtà e un’unica lunga, magnifica e immensa poesia, che se fosse stata riassunta in forma di racconto avrebbe perso tutto il significato e la magia che contiene.

Non si può arrivare alla frase “l’essenziale è invisibile agli occhi” senza aver raccontato e descritto tutti i passaggi che sono serviti al piccolo principe per arrivare fin lì…

Il piccolo principe è un’opera abbastanza inscindibile dai dolci acquarelli dello stesso Saint-Exupery, molte parti del racconto original efanno direttamente riferimento ai disegni che bisogna guardare e “inserire” all’interno della storia. Non potendo inserirli su fabulinis, è qui che abbiamo deciso di rimaneggiare più “pesantemente” il piccolo principe, descrivendo dove possibile i disegni in modo che entrassero a far parte del racconto, facendo in modo di poterli immaginare anche senza poterli vedere.

Speriamo che questo adattamento vi sia piaciuto!

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Il piccolo principe 💫 CAPITOLO 7

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Il Piccolo Principe 💫 CAPITOLO 7


Fu allora che apparve la volpe.
– Buongiorno – gli disse.
– Buongiorno – rispose il piccolo principe, che si voltò ma non vide nulla.
– Sono qui, sotto il melo – continuò la volpe.
– Chi sei? – disse il piccolo principe vedendola – sei piuttosto carina…
– Sono una volpe – rispose.

– Vieni a giocare con me – aggiunse il piccolo principe – sono così triste…
– Non posso giocare con te, non sono addomesticata.
– Ah! Scusa – disse il piccolo principe che, dopo averci riflettuto, aggiunse:
– Cosa significa “addomesticata”?

– Non sei di qui vero? – disse la volpe – cosa stai cercando?
– Sto cercando gli uomini – disse il piccolo principe – Cosa significa addomesticata?

– È una cosa ormai dimenticata – disse la volpe – Significa “creare legami”
– Creare legami?
– Certo… per me tu sei solo un ragazzino simile a centomila altri ragazzini, e non ho bisogno di te. E neanche tu hai bisogno di me, ma, se mi addomestichi, avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai unico al mondo per me e io sarò unica per te.

– Comincio a capire… c’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…
– È possibile – disse la volpe – succede di tutto sulla Terra…

– Oh, non è sulla Terra! – disse il piccolo principe. La volpe sembrava molto incuriosita:
– Su un altro pianeta?
– Sì.

– Interessante! – concluse la volpe, che poi continuò il suo discorso:
– La mia vita è monotona, io caccio i polli, gli uomini danno la caccia a me. Tutti i polli sono uguali e tutti gli uomini sono simili, quindi sono un po’ annoiata. Ma, se mi addomestichi, la mia vita diventerà luminosa. Riconoscerò il tuo passo, che sarà diverso da tutti gli altri… e poi guarda i campi di grano laggiù, Il grano per me è inutile, ma tu hai i capelli d’oro come il grano, e questo mi farà ricordare di te.

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
– Per favore…addomesticami… – gli disse.
– Volentieri – rispose il piccolo principe – ma non ho molto tempo. Ho amici da scoprire e tante cose da sapere.

– Conosciamo solo le cose che addomestichiamo. Gli uomini non hanno più il tempo di sapere nulla e comprano le cose già pronte… ma gli amici non si trovano in negozio e ormai gli uomini non hanno più amici… se vuoi un amico, addomesticami!
– Cosa dovrei fare? – disse il piccolo principe.
– Devi essere molto paziente – rispose la volpe – Per prima cosa ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e non dirai niente. La lingua è fonte di incomprensione, ma man mano che passano i giorni potrai sederti un po’ più vicino…

Il giorno dopo il piccolo principe tornò.
– Sarebbe stato meglio tornare alla stessa ora – disse la volpe – Se vieni, per esempio, alle quattro del pomeriggio, alle tre comincerò ad essere felice. Più passa il tempo, più mi sentirò felice, e alle quattro sarò agitato e preoccupato; questo è il prezzo della felicità!
Ma se ti presenterai in un momento qualsiasi, non saprò mai a che ora preparare il mio cuore… ci vogliono i riti.

– Cos’è un rito? – disse il piccolo principe.
– È qualcosa di troppo dimenticato. – disse la volpe – Il rito è ciò che rende un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, tra i cacciatori: il giovedì ballano con le ragazze del villaggio, e quindi per loro il giovedì è una giornata meravigliosa! Se i cacciatori ballassero in qualsiasi momento, le giornate sarebbero tutte uguali…

Così il piccolo principe addomesticò la volpe, finchè non arrivò l’ora della sua partenza.
– Piangerò – disse la volpe.
– È colpa tua, tu hai voluto che ti addomesticassi… — disse il piccolo principe.
– Hai ragione – disse la volpe.
– Però ora piangerai! – continuò il piccolo principe.
– Certo – rispose la volpe.
– Quindi, cosa ci hai guadagnato?!
– Ho guadagnato il colore del grano – disse la volpe – Vai a vedere di nuovo le rose, capirai che la tua è unica al mondo… poi torna a salutarmi e io ti farò dono di un segreto.

Il piccolo principe tornò a vedere le rose e capì che non erano affatto come la sua rosa, non erano niente di niente per lui.

– Voi siete belle, ma siete vuote per me – disse alle rose – La mia rosa vi somiglia, ma solo lei è importante per me, perché è lei che ho annaffiato, che ho protetto dal vento, che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi. Solo lei è la mia rosa.

E ritornò dalla volpe:
– Addio… – le disse.
– Addio… – disse la volpe – Eccoti il mio segreto, è molto semplice: si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

– L’essenziale è invisibile agli occhi – ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
– È il tempo che hai passato con la tua rosa che la rende così importante.
– È il tempo che ho passato con la mia rosa… – ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.

– Gli uomini hanno dimenticato questa verità – disse la volpe – non devi dimenticarlo: diventi responsabile per sempre di ciò che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…
– Io sono responsabile della mia rosa… – ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.

… continua nel CAPITOLO 8

Note al piccolo principe

La versione del piccolo principe che avete appena letto non è una rielaborazione di una fiaba o racconto classico come di solito facciamo, ma una vera e propria traduzione/riduzione dall’originale francese.

Il piccolo principe in realtà e un’unica lunga, magnifica e immensa poesia, che se fosse stata riassunta in forma di racconto avrebbe perso tutto il significato e la magia che contiene.

Non si può arrivare alla frase “l’essenziale è invisibile agli occhi” senza aver raccontato e descritto tutti i passaggi che sono serviti al piccolo principe per arrivare fin lì…

Il piccolo principe è un’opera abbastanza inscindibile dai dolci acquarelli dello stesso Saint-Exupery, molte parti del racconto original efanno direttamente riferimento ai disegni che bisogna guardare e “inserire” all’interno della storia. Non potendo inserirli su fabulinis, è qui che abbiamo deciso di rimaneggiare più “pesantemente” il piccolo principe, descrivendo dove possibile i disegni in modo che entrassero a far parte del racconto, facendo in modo di poterli immaginare anche senza poterli vedere.

Speriamo che questo adattamento vi sia piaciuto!

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